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Terre Madri: Selezione in italiano dalle news di RadioMundoReal

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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 24 AL 30 APRILE 2006

"Oggi stiamo sopravvivendo con mezzo litro di acqua al giorno"
Venerdì, 28 Aprile 2006

Circa 200.000 persone della città argentina di Jujuy, capitale della stessa provincia che si trova nella parte nord occidentale del paese, hanno scarsità di acqua potabile da otto giorni e dovranno ancora continuare ad aspettare prima di poter contare su un servizio normale.
Il governo della provincia di Jujuy ha decretato l’emergenza idrica e sanitaria in vari quartieri della capitale provinciale, che mantengono un servizio minimo di acqua potabile.
Il problema è sorto quando si è rotto il rubinetto principale che rifornisce di acqua la città, e dopo essere stato riparato nei giorni successivi si è nuovamente rotto. Si spera di dover aspettare solo altri due o tre giorni affinché la popolazione possa avere un’idonea fornitura di acqua.
La compagnia che fornisce i servizi di acqua potabile a Jujuy è la statale Agua de los Andes.
Il governatore provinciale, Eduardo Fellner, e varie organizzazioni sociali stanno distribuendo acqua minerale in bidoni e tetrapack affinché gli abitanti di Jujuy colpiti possano placare la loro sete. Anche il governo ha inviato autocisterne.
La Defensoría del Pueblo di Jujuy ha già richiesto delle relazioni sulla mancanza di acqua, mentre il Tribunale Penale numero uno della capital ha avviato un procedimento d’ufficio per indagare sull’accaduto e determinare così le responsabilità.
Secondo La Nación, tra coloro che dovranno dare delle spiegazioni per la mancanza di approvvigionamenti di acqua ci sono il governo della capitale della provincia, la Polizia e la Sopraintendenza ai Servizi Pubblici di Jujuy e l’Agua de los Andes.
D’accordo con il quotidiano argentino Página 12, Fellner ha assicurato che una volta che sarà ristabilita l’erogazione dell’acqua “impartiremo ordini affinché ogni ripartizione pubblica faccia giungere alla giustizia le relative relazioni al fine di identificarei responsabili e i colpevoli di questi fatti”.
Tuttavia, Miguel Ramos, membro dell’Assemblea dei Lavoratori Disoccupati dell’Alto Comedero, uno dei quartieri più colpiti, ha dichiarato agli inviati di Radio Mundo Real in Argentina, Raquel Schrott ed Ezequiel Miodownik, che “il governo irresponsabilmente finora non ha dato risposte concrete”.
“Al momento stiamo sopravvivendo con mezzo litro di acqua al giorno. Le autocisterne che hanno mandato sono camion con le cisterne ossidate, che provocano più problemi che soluzioni”, ha aggiunto.
Secondo Ramos, in questi giorni si sono manifestati molti casi di diarrea che stanno curando in ospedale ed esistono serie possibilità che si diffondano nuovamente malattie come l’epatite ed il colera.
“Stiamo chiedendo le dimissioni immediate dell’attuale gestore dell’impresa, Osvaldo Del Grosso, come anche che ci sia un responsabile politico a fronteggiare questa situazione”, ha sentenziato Ramos.

* Raquel Schrott ed Ezequiel Miodownik sono membri della organizzazione ambientalista Amigos de la Tierra Buenos Aires (capitale dell’Argentina). La loro intervista a Miguel Ramos è stata realizzata nell’ambito del Programma Argentina Sostenibile, iniziativa portata avanti da varie organizzazioni ambientaliste di quel paese.

Foto: http://www.lahora.com.gt
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Presidente della Banca Mondiale non è benvenuto in Guatemala
Venerdì, 28 Aprile 2006

Organizzazioni sociali del Guatemala preparano per oggi una serie di mobilitazioni contro la visita del presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz.
In base a quanto denunciato dal Coordinamento Nazionale delle Organizzazioni Contadine e del Collettivo ecologista MadreSelva, che sono i principali organizzatori della protesta, l’intenzione di Wolfowitz durante la sua visita nel paese è quella di “promuovere lo sfruttamento minerario”.
Al suo arrivo questa mattina in Guatemala, Wolfowitz ha dichiarato che uno dei “problemi significativi” del paese è la disuguaglianza, che secondo quanto da lui sostenuto è “radicato da molto tempo”.
Il presidente dell’organismo finanziario internazionale ha detto che visiterà le comunità indigene all’interno del paese, e che prevede di incontrarsi con il presidente Oscar Berger e con i funzionari del governo.
Il neoconservatore Wolfowitz continua ad essere fischiato in tutte le ultime sue pubbliche apparizioni.
Uno dei principali argomenti contro la sua figura ha a che vedere con la sua partecipazione alla strategia militare relativa all’ultima invasione degli Stati Uniti in Iraq.
Il presidente della Banca Mondiale è un ex funzionario del governo statunitense e uno dei referenti più vicini al presidente repubblicano George W. Bush.
Nonostante le contestazioni che ha suscitato in tutte le sue visite, Wolfowitz non sembra voler correggere il tiro: ieri durante la sua ultima conferenza in Messico ha detto che i principali problemi del paese – tra cui la migrazione, la violenza e la disoccupazione– non è responsabilità degli organismi internazionali.
Secondo la sua opinione, la crisi del Messico “ha a che vedere più con la mancanza di investimenti e di competitività che con le raccomandazioni del Consiglio di Washington e degli organismi multilaterali”.

Fonte informativa: La Jornada- Prensa Latina

Tradotto da Sonia Chialastri - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Proteste contro la diga El Tigre
Venerdì, 28 Aprile 2006

Organizzazioni ambientaliste dell’Honduras e di El Salvador stanno preparando mobilitazioni per questo fine di settimana, dopo che i presidenti di entrambi i paesi, rispettivamente Manuel Zelaya e Antonio Saca, hanno annunciato lunedì scorso che “avrebbero ripreso” il progetto della diga idroelettrica El Tigre.
In base a quanto riportato nel comunicato del Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras (COPINH sigla in spagnolo), uno dei gruppi che si oppone da dieci anni al megaprogetto, la costruzione della centrale El Tigre provocherà degli impatti sulle popolazioni “più povere”.
Stimano che l’attività della diga, che verrà costruita al confine tra i due paesi, solo in Honduras porterà all’evacuazione di circa 20 mila persone, e alla formazione di settanta chilometri quadrati di bacini artificiali che distruggeranno l’habitat delle comunità rivierasche.
Gli ambientalisti prevedono che gli alti livelli di sedimentazione accumulata dall’attività idroelettrica avrà effetti negativi su tutti gli affluenti del fiume Lempa, su cui si pensano di realizzare le opere.
“Verranno trascinate da questi fiumi tutte le acque reflue, bollenti, inquinate da feci e prodotti chimici”, aggiungono nel comunicato.
Il COPINH mette in guardia che tale inquinamento che andrà in circolo tra gli affluenti esporrà a rischio la salute di circa tre milioni di salvadoregni.
Secondo quanto segnalato da questa organizzazione, i benefici economici di tale impresa “saranno minimi” se comparati con i danni che avrà su “migliaia e migliaia di famiglie”.
Gli ambientalisti avvertono inoltre che con la costruzione della diga “aumenterà la dipendenza del paese” dal settore privato, dalle multinazionali e dagli organismi di credito.
“Aumenterà anche la dipendenza politica, a partire dalla sicurezza e dalla sovranità nazionale fino alla violazione di convenzioni internazionali sui diritti delle popolazioni indigene” aggiungono.
Secondo le conclusioni degli oppositori del progetto, il cui costo della costruzione è stimato sui 500 milioni di dollari, tutto ciò si tradurrà in un accumulo del “debito estero non necessario”.

Fonte informativa: COPINH

Tradotto da Sonia Chialastri - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Bolivia: è stato inaugurato a Cochabamba il progetto di raccolta dell’acqua gestito dal popolo
Venerdì, 28 Aprile 2006

Domenica è stato inaugurato nel municipio boliviano di Tiquipaya, nel dipartimento centrale di Cochabamba, il progetto “Red de Aguas”, che garantirà l’accesso a questa risorsa a circa 1.500 famiglie di questo municipio nonché del cochabambino municipio di Cercado.
Il progetto è stato inaugurato nella comunità di Chilimarca, a Tiquipaya, una delle principali beneficiarie dell’impresa. Sono stati posati in maniera simbolica i primi metri di tubo, che successivamente daranno vita ad una rete fognaria di 25 chilometri.
Red de Aguas è finanziato da un fondo di solidarietà di AATO Laguna di Venezia, ente che pianifica e controlla il sistema di raccolta dell’acqua nella provincia italiana di Venezia, capoluogo della regione settentrionale del Veneto.
Tuttavia, la novità del progetto Red de Aguas consiste nel fatto che si tratta di un’impresa condivisa da varie organizzazioni che sarà attuato dagli stessi abitanti di Tiquipaya e Cercado.
Radio Mundo Real ha avuto modo di parlare questo venerdì con Oscar Olivera, il principale rappresentante del Coordinamento dell’Acqua e della Vita di Cochabamba, il quale ci ha spiegato le relazioni che intercorrono tra le diverse organizzazioni e fondazioni che hanno reso possibile tale progetto.
Red de Aguas è un progetto dell’associazione A Sud, con sede in Italia, che collabora con il lavoro dei movimenti sociali del sud del mondo. Appoggiano il progetto il Coordinamento dell’Acqua e della Vita di Cochabamba, l’impresa cochabambina Agua Tuya e la Fondazione Abril, che sostiene il lavoro dei movimenti sociali boliviani e si è trasformata nel braccio operativo del Coordinamento dell’Acqua e della Vita.
Il municipio di Tiquipaya, il comitato tecnico del sistema fognario della comunità di Chilimarca, Agua Tuya, il Coordinamento dell’Acqua e della Vita e la Fondazione Abril hanno firmato domenica una convenzione con la quale hanno dato vita al progetto Red de Aguas.
“Siamo disposti a dimostrare al paese e al mondo che è possibile costruire tra uguali altre forme di relazioni e soluzioni alle nostre necessità, senza chiedere l’elemosina al governo nazionale, né ai partiti politici, senza accettare imposizioni da parte degli organismi internazionali, o sottomettersi alla cooperazione delle agenzie internazionali che impongono condizioni di pagamento insostenibili con il fine di privatizzare non solo l’acqua ma anche il nostro diritto a decidere”, dice la convenzione.
La comunità di Chilimarca si incaricherà di dare esecuzione alla Red de Aguas e di gestire il sistema idrico sanitario, di cui saranno gli unici proprietari.
In base ad un comunicato di A Sud, durante la conferenza stampa svoltasi mercoledì, Oscar Olivera ha dichiarato: “Stiamo dimostrando che è possibile costruire un nuovo tipo di convivenza sociale, che è possibile dare una risposta alle nostre difficoltà e sofferenze in maniera collettiva e senza intermediazione di partiti e padroni. Questo è il futuro della umanità, basato su forme di autogestione e autogoverno”.

Tradotto da Sonia Chialastri - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Nuovo conflitto minerario in Perù
Giovedì, 27 aprile 2006

I lavoratori dell’azienda mineraria Yanacocha, operativa nel dipartimento settentrionale di Cajamarca in Perù, hanno iniziato uno sciopero a tempo indeterminato ed esigono che la dirigenza della società risponda finalmente, a distanza di anni, alle loro rivendicazioni.
Il comunicato del Sindacato di lavoratori delle miniere afferma che i lavoratori “vengono trattati come animali, e secondo usanze di epoca coloniale”.
Secondo questo testo, l’azienda licenzia i lavoratori che si ammalano per cause legate alla loro attività in miniera. Denunciano inoltre che molti di questi licenziamenti vengono effettuati senza nessun rispetto della legislazione sul lavoro.
I lavoratori affermano che gli abusi sono permanenti e che includono delle pressioni a firmare delle lettere “volontarie” di licenziamento.
Nel comunicato si dichiara anche che alcuni responsabili di Yanacocha sono arrivati perfino a “vietare l’ammalarsi” sotto minaccia di licenziamento immediato.
Denunciano anche il caso di un altro superiore che possiede un ristorante e che obbliga i lavoratori a frequentare il suo locale.
In un altro caso, uno degli azionisti locali dell’azienda mineraria che è tra l’altro imprenditore nella sanità, obbliga i lavoratori della miniera a sottoscrivere un’assicurazione al suo centro di salute.
“Molti tra di noi sono rimasti soli perché i nostri famigliari non hanno sopportato lo stress dovuto alle pressione di cui siamo vittime”, hanno concluso i lavoratori delle miniere.
Yanacocha è la più grande azienda produttrice d’oro in America Latina e la seconda nel mondo. L’ azionista principale è la multinazionale nordamericana Newmont.
Il dipartimento di Cajamarca produce l’oro meno caro del mondo. Circa 100 dollari l’oncia, mentre nel mercato internazionale l’oncia raggiunge i 640 dollari.

Yanacocha ha prodotto nel 2005 circa tre milioni trecento mila oncie d’oro.

Informazione di Red Voltaire.

Traduzione Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org

Organizzazioni sociali e popolari della Colombia e del Perù raddoppiano a maggio le campagne contro il TLC
Giovedì, 27 aprile 2006

Organizzazioni sociali e popolari di Colombia e Perù raddoppiano campagne contro il TLC a maggio
Red de Acción frente al Libre Comercio y el ALCA - RECALCA

Bogotá, 21 aprile 2006

Nonostante il governo si ostini a nascondere il testo del TLC sottoscritto con gli Stati Uniti e abbia realizzato una campagna pubblicitaria multimilionaria sui supposti vantaggi dello stesso, molte delle cose pattuite sono filtrate e sono sufficienti a scandalizzare l’opinione pubblica.
La distruzione della Comunidad Andina è stato il suo effetto più recente, ma anche l’imminente rovina della produzione di alimenti di prima necessità, il fallimento dell’industria, la difficoltà di accesso alle medicine generiche, la diminuzione del potere dello stato nella promozione dello sviluppo, le privatizzazioni, sono tra le altre conseguenze del Trattato.
Il movimento popolare man mano che viene a conoscenza di nuovi aspetti si prepara per proseguire la lotta tentando di impedire la firma e la ratifica al Congresso. Per questo l’insieme delle organizzazioni indigene, contadine e sindacali, il movimento degli utenti dei servizi pubblici, gli studenti, i professori e i lavoratori delle università, i maestri, tra gli altri, hanno convocato per una serie di mobilitazioni che inizieranno con quelle del primo maggio e continueranno a partire dal 15 maggio con intense giornate di protesta.
Il movimento sindacale preoccupato degli scandali per corruzione nelle alte sfere del governo e di fronte alla radicalizzazione di alcuni settori come la Telecom, l’annuncio della privatizzazione del Banco Cafetero, degli aumenti delle imposte e della diminuzione del salario minimo, hanno portato ad una rottura con il governo.
Si cerca, in attesa delle elezioni presidenziali, di evitare che nuovi settori della popolazione si rendano conto della verità sul trattato che il governo sta nascondendo per non danneggiare il progetto di rielezione.
Invitiamo tutte le persone che si preoccupano dell’avvenire della patria, a partecipare a queste giornate e ad impegnarsi attivamente nella spiegazione di pregiudizi del TLC.
Corporazione agricole, organizzazioni contadine, popolazioni e comunità indigene del Perù invitano alla Mobilitazione e allo Sciopero Nazionale contro il TLC.
Per il prossimo 24 maggio, si convocano le organizzazioni agrarie, i sindacati, i movimenti giovanili, le donne, i produttori, i piccoli imprenditori, i trasportatori, le comunità contadine, le comunità indigene, i professionisti e la popolazione in generale ad aderire allo Sciopero Nazionale contro la firma del TLC che viola la sovranità del paese.

I convocatori:

Confederación Nacional Agraria (CNA), Confederación Campesina del Perú (CCP). Frente Nacional Ganadero (FNG). Asociación Nacional Productores de Algodón (ANPAL). Asociación Nac. De Empresas Comunales (ANECOMSA). Confederación Nac. De Comunidades Afectadas por la Minería (CONACAMI). Central Nacional Agropecuaria Cocalera del Perú (CENACOP). Sociedad Nacional Ganadera del Perú (SONAGAN). Sociedad de Productores de Alpaca Registrada (ASPAR). Sociedad Nacional de la Vicuña (SNV). Asociación Nacional Productores de Caña de Azúcar. Comité Nacional de Productores de Arroz. Asociación de Comerciantes Mercado Mayorista N° 2. Asociación Nacional de Frutas. Coordinadora Nacional de Productores de Papa. Asociación Nacional de Productores de carne Bovina – (FONGICAVR), CONVEAGRO e 86 organizzazioni regionali e nazionali.

Traduzione di Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org

Gli Stati Uniti confermano di aver aumentato le attività di intelligence in America Latina
Mercoledì 26 aprile 2006

Il direttore dell’Intelligence statunitense, John Negroponte, ha ammesso che le attività di spionaggio degli Stati Uniti in America Latina sono aumentate in maniera considerevole.
In quanto direttore dell’Intelligence, Negroponte coordina le attività delle diverse agenzie statunitensi che si occupano di questo lavoro, come per esempio l’Agenzia Centrale di Intelligence (CIA – sigla inglese).
“Ci stiamo consolidando in zone dove non siamo mai stati, dove abbiamo lasciato che le cose si atrofizzassero dopo la fine della Guerra Fredda – in America Latina e Africa”, ha dichiarato Negroponte alla rivista statunitense Time in un’intervista pubblicata lunedì.
Secondo quanto rivela il quotidiano colombiano El Tiempo, l’aumento delle attività di intelligence statunitensi in America Latina sarebbe stato ordinato proprio dal presidente US, George W. Bush.
“Washington, preoccupata per l’ascesa di regimi di sinistra o per l’insediamento di gruppi terroristi nella regione, ha deciso di ampliare la propria base di spie e informatori in tutta l’America Latina”, spiega El Tiempo.
Il quotidiano colombiano ha rivelato che l’amministrazione US ha confermato un aumento delle operazioni degli Stati Uniti in America Latina il cui scopo è quello di intercettare comunicazioni da aerei e sottomarini. Spiega che il quotidiano statunitense The New London Day ha rivelato che un sottomarino nucleare è stato inviato dagli Stati Uniti verso l’America Latina, in una missione di appoggio alla “guerra contro il terrorismo” nella regione. Il sottomarino statunitense ha navigato per 90 giorni attraverso il Mar dei Caraibi.

http://www.theage.com.au

Tradotto da Arianna Ghetti Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Più di 200.000 persone sono morte come risultato della catastrofe di Chernobyl
Mercoledì 26 aprile 2006

Due persone rendono omaggio alle vittime di Chernobyl nel paese ucraino di Slavutych, costruito per ospitare i lavoratori dello stabilimento dopo l’esplosione
Un migliaio di persone rendono omaggio questo mercoledì alle vittime dirette o indirette dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl – situata vicino alla cittadina ucraina di Chernobyl – a 20 anni dal disastro, considerato la maggiore catastrofe nucleare della storia.
Verranno organizzate diverse cerimonie ufficiali di commemorazione e di omaggio alle vittime, soprattutto in Ucraina, Bielorussia e Russia, i paesi con il maggior numero di vittime a seguito del disastro, anche se non gli unici paesi colpiti.
Il 18 aprile l’’organizzazione ambientalista Greenpeace ha presentato un rapporto redatto da 60 scienziati che rivela che le cifre sulle conseguenze della catastrofe di Chernobyl sono molto più drammatiche rispetto a quanto viene detto.
Greenpeace denuncia soprattutto l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e l’Organizzazione Mondiale della Sanità per aver tentato di minimizzare le conseguenze dell’esplosione della centrale di Chernobyl.
Secondo l’organizzazione ambientalista, in Ucraina, Bielorussia e Russia, sarebbero già morte più di 200.000 persone.
Secondo il sito di notizie argentino Infobae, l’esplosione di Chernobyl ha disseminato circa 200 tonnellate di materiale radioattivo, pari all’esplosione di 100-500 bombe atomiche. Greenpeace sostiene che tale materiale ha avuto effetti su più di 2.000 milioni di persone nel mondo.
L’organizzazione internazionale cita anche un rapporto del Centro Indipendente di Valutazione Ambientale dell’Accademia Russa delle Scienze, basato su dati statistici del Centro Nazionale di Statistica sul Cancro di Bielorussia e Ucraina. Questo studio prevede che in tutto il mondo si verificheranno presto altri 270.000 casi di cancro causati da Chernobyl, dei quali circa 93.000 è probabile che si rivelino mortali.
Secondo il quotidiano messicano La Jornada, in Ucraina, Bielorussia e Russia sono notevolmente aumentati i casi di cancro alla tiroide, leucemia e altre malattie oncologiche. Queste malattie minacciano soprattutto i cosiddetti “liquidatori” delle conseguenze di Chernobyl, come vennero soprannominati le migliaia di lavoratori che nel 1986 si recarono nella zona del disastro per aiutare a minimizzare i danni. Le condizioni di salute di queste persone sono molto delicate ed è molto probabile che muoiano a causa delle conseguenze dell’esplosione.
Secondo le informazioni fornite dal nuovo rapporto di Greenpeace, la radiazione liberata in seguito all’esplosione di Chernobyl ha generato altri effetti devastanti sulla salute degli abitanti soprattutto di Bielorussia, Russia e Ucraina, oltre ai casi di cancro.
Tra queste malattie spiccano danni ai sistemi immunologico ed endocrino, accelerazione dell’invecchiamento, disturbi cardiovascolari e dell’apparato circolatorio, disturbi psicologici, aberrazioni cromosomiche e aumento delle malformazioni nei feti e nei bambini.
Tuttavia, alti funzionari dell’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno diffuso mercoledì un documento nel quale insistono a considerare infondate le dichiarazioni “allarmanti” sugli effetti dell’esplosione di Chernobyl per la salute umana e l’ambiente.

Tradotto da Arianna Ghetti Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Multinazionali: gli ecuadoriani fanno causa alla Chevron per gravi danni alla salute
Mercoledì 26 aprile 2006

Indigene colpite da contaminazione petrolifera in Ecuador

Quattro ecuadoriani affetti da cancro hanno promosso ieri un’azione giudiziaria contro la compagnia petrolifera statunitense Chevron, ex Texaco, di fronte ad una corte federale della città di San Francisco (USA).
Secondo quanto dichiarano i querelanti, i quali vivono nella zona del Rio delle Amazzoni – nel Nord del paese – la multinazionale “si è arricchita ingiustamente a spese delle loro malattie”, e mettendo a rischio quella di altri 30 mila ecuadoriani, che hanno anch’essi “risentito gli impatti”.
Coloro che hanno subito le conseguenze derivanti dall’operato della Chevron assicurano che durante il periodo in cui l’impresa ha sfruttato giacimenti in Ecuador, tra il 1973 e il 1992, si è servita di “tecnologia obsoleta”, che ha provocato elevati livelli di contaminazione. “Ora altre persone soffrono le conseguenze della contaminazione causata dalla Chevron, la quale si è arricchita e continua a farlo attraverso mezzi illegali, che le fanno fruttare miliardi di dollari”, indicano in un comunicato diffuso dall’agenzia Altercom.
La causa contro la Chevron comprende una richiesta indirizzata ai giudici statunitensi affinché la compagnia finanzi con i propri “profitti mal guadagnati” la costruzione di centri di salute pubblica nella zona dell’Ecuador dove ha operato la Texaco.
Secondo quanto affermano, le società petrolifere hanno cercato di nascondere i danni provocati attraverso campagne pubblicitarie, nelle quali “cercano di dimostrare” la propria responsabilità verso l’ambiente.
“Ciò che la Texaco ha fatto in Ecuador non ha precedenti in nessuna parte del mondo ed è arrivato il momento che tutto il mondo conosca la verità dei fatti. La campagna di falsità perpetrata dalla Chevron sviluppata a San Francisco dimostra al mondo la qualità morale dell’industria petrolifera”, ha fatto notare l’avvocato che rappresenta i querelanti.
Dall’altra parte, la compagnia statunitense ha avviato un processo a New York contro lo Stato ecuadoriano, chiedendo che la società statale petrolifera Petroecuador, che attualmente opera nei pozzi utilizzati un tempo dalla Texaco, si assuma le responsabilità per i danni causati.
Gli ecuadoriani che hanno subito i danni della contaminazione concludono nel comunicato: “La Chevron ha creato un disordine legale per evitare di assumersi le proprie responsabilità per tutti i cadaveri lasciati in Amazzonia, e per quelli che intende lasciare”.
Fonti: Altercom El Mercurio

http://www.chevrontoxico.com

Tradotto da Arianna Ghetti Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

L’Argentina "sta riprendendo la sua rotta verso il nucleare"
Mercoledì, 26 aprile 2006

Il programma Conosur Sustentable e l’organizzazione ambientalista Greenpeace Argentina hanno presentato lo scorso lunedì nella città di Rosario, situata nella provincia centrale di Santa Fe, un comunicato intitolato “A 20 anni da Chernobyl: i miti dell’energia nucleare”. Il comunicato verrà presentato mercoledì prossimo a Buenos Aires, capitale dell’Argentina.
Conosur Sustentable riunisce organizzazioni sociali ed ambientaliste di Brasile, Cile, Uruguay, Argentina e Paraguay. I primi tre Stati hanno lanciato il programma nel 1998 e da allora promuovono all’interno del proprio territorio e nella regione iniziative di sviluppo sostenibile.
Mercoledì prossimo ricorre il ventennio dalla duplice esplosione del quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl. L’esplosione ha provocato la maggior catastrofe nucleare della storia.
Solo in Ucrania, Bielorussia e Russia sono morte oltre 200.000 persone e milioni di esseri umani sono stati colpiti direttamente o indirettamente dalla nuvola di materiale radioattivo che si è sprigionata dopo l’esplosione della centrale nucleare.
Con il comunicato “A 20 anni da Chernobyl: i miti dell’ energia nucleare”, di Conosur Sustentable e Greenpeace Argentina, gli autori intendono ratificare la propria opposizione all’energia nucleare e mostrare le sue carenze. Sostengono che molte delle cose che si affermano sull’energia nucleare sono miti che devono essere chiariti.
Il Taller Ecologista di Rosario ha condiviso con Radio Mundo Real un’intervista realizzata ad uno degli autori del comunicato e coordinatore dell’area Energia di Conosur Sustentable e del Taller Ecologista, Pablo Bertinat.
Bertinat ha fatto riferimento soprattutto ai rischi di una centrale nucleare. “Il reattore di Chernobyl ha funzionato per due anni, quattro mesi e quattro giorni, ed ha creato una catastrofe che non si sa per quanto ancora farà patire le sue conseguenze alle regioni dell’Ucrania e della Bielorussia. Ci chiediamo se valga la pena correre il rischio di avere queste centrali”.
In Argentina ci sono due centrali nucleari già in funzione ed una terza in costruzione che potrebbe essere terminata nei prossimi anni. La centrale Atucha I è stata costruita dalla società tedesca Siemens Power Generation nel 1973 nella località di Zárate, provincia di Buenos Aires. Nella provincia centrale di Córdoba c’è un’altra centrale nucleare, mentre Atucha II, che la Siemens ha lasciato incompiuta per oltre un decennio, potrebbe essere terminata nei prossimi anni.
Bertinat ha detto che l’Argentina “sta continuando o riprendendo la sua rotta verso il nucleare. In realtà si tratta di un’avventura che stanno affrontando tanto il presidente Kirchner (Argentina), quanto Lula (mandatario in Brasile) e Chávez (presidente del Venezuela)”.
Uno degli obiettivi del comunicato di Conosur Sustentable e Greenpeace Argentina è di dimostrare che non è sicuro che l’energia nucleare sia redditizia.
“Una volta terminata si spenderanno ad Atucha II quattro miliardi di dollari, quando in realtà con la stessa cifra si potrebbe installare praticamente cinque volte la potenza che avrà Atucha II in energia eolica o in qualsiasi altra energia rinnovabile”, ha spiegato Bertinat.
Lo specialista ha aggiunto che in Argentina “non si sa ancora cosa si farà con i rifiuti (delle centrali nucleari) e si tratta di una grande ipoteca per le future generazioni”. Ha affermato inoltre che in pratica non esiste in questo Paese una politica di promozione delle energie pulite e rinnovabili.
“Crediamo che questo sia uno dei nostri maggiori fallimenti. Il nostro Paese dipende per un 90 percento da combustibili fossili, petrolio e gas, per quanto riguarda le fonti primarie. Questa dipendenza in un Paese al quale rimangono pochi anni di riserve, come è in realtà, è decisamente pericoloso, o attenta alla sovranità energetica del Paese”, ha detto il coordinatore dell’area Energia di Conosur Sustentable.
“In questo senso, ci sarebbe bisogno di una politica molto più audace di sostituzione dei combustibili fossili con fonti di energia rinnovabile, che è possibile installare con politiche attive dello Stato”, ha aggiunto Bertinat.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Comunicato di Via Campesina di fronte alla denuncia nel Rio Grande do Sul (Brasile)
Mercoledì, 26 aprile 2006

Riguardo alla denuncia presentata questo lunedì dal Pubblico Ministero, contro l’azione delle donne di Via Campesina l’ultimo 8 Marzo ai danni dell’azienda Aracruz, il movimento Via Campesina di Rio Grande do Sul ritiene:

1. La denuncia presentata dal Pubblico Ministero è basata su supposizioni dell’accusa e non possiede base giuridica. Si tratta di denunce infondate che cercano di rispondere alla pressione dei mass media, sponsorizzati dalla stessa Aracruz, più specificamente dal gruppo RBS, il quale si è dedicato sistematicamente a criminalizzare e perseguitare i movimenti sociali del Rio Grande do Sul. Durante il dibattito giudiziario, e con tranquillità, Via Campesina proverà l’assurdità delle denunce confidando nel fatto che il Potere Giudiziario si basi sul pubblico interesse piuttosto che sulla pressione delle grandi aziende e della stampa.
2. Via Campesina di RGS riafferma la sua intenzione di lottare contro la monocultura dell’ eucalipto, così come sempre ha lottato contro le monoculture pregiudiziali all’ambiente, alla vita dei lavoratori rurali e alla salute della popolazione. Non siamo contrari alla scienza, ma siamo coscienti del fato che ogni scienza ha dietro di se un progetto politico preciso. Per questa ragione, siamo contro i deserti verdi, queste coltivazioni enormi di eucalipto, acacia e pinus per la produzione di cellulosa che coprono migliaia di ettari in Brasile e in America Latina. Dove il deserto verde guadagna spazio, la biodiversità è minacciata, i terreni si deteriorano, i fiumi si asciugano, senza contare l’inquinamento prodotto dalle fabbriche di cellulosa che inquinano l’aria, l’acqua e minacciano la salute umana. L’azione delle donne di Via Campesina, realizzata durante il giorno internazionale della Donna, sarà un appuntamento memorabile per le future generazioni nella lotta per la difesa della vita nel pianeta.
3. Speriamo che il Pubblico Ministero del Rio Grande do Sul, così come negli stati del Espirito Santo, Minas Gerais e Bahia, dimostri la stessa attenzione nell’investigare i veri crimini commessi dall’azienda Aracruz: aggressione ai popoli indigeni, quilombas e contadini, infrazione della legislazione ambientale con effetti nocivi alla biodiversità e alle risorse idriche della regione dove si trova. Questa stessa azienda sarà giudicata nel “Tribunale Internazionale dei Popoli contro le multinazionali di origine europea e i sistemi di potere delle corporations in America latina e Caribe”, evento promosso dalla società civile che si svolgerà a Vienna (Austria) dal 10 Maggio al 13 Maggio. Ricordiamo che il Pubblico Ministero del Rio Grande do Sul ha appena richiesto alla Magistratura il divieto della coltivazione di eucalipto nel Parco Nazionale della Lagoa do Peixe, tenendo in considerazione i comprovati effetti nocivi provocati da questa monocultura.

VIA CAMPESINA DEL RIO GRANDE DO SUL
Movimento dei lavoratori Rurali Senza Terra
Movimento dei piccoli contadini
Movimento degli sfollati delle dighe
Movimento delle Donne contadine
Commissione pastorale della Terra
Pastorale della Gioventù rurale
Federazione degli studenti di agronomia in Brasile
Globalizzare la lotta! Globalizzare la speranza!

Traduzione Daniela Cabrera dei Traduttori per la Pace (Progetto Terre Madri-radiomundoreal-TPP)

Ancora denunce sugli effetti della produzione di soia in Paraguay
Lunedì 24 aprile 2006

Gli effetti del modello paraguaiano: nel gennaio del 2003 morì intossicato da agrotossici Silvino Talavera, un bambino di 11 anni che commise il “peccato” di vivere vicino a piantagioni di soia
Il sociologo e accademico paraguaiano Tomás Palau denuncia che il modello di sviluppo rurale del proprio paese, basato sulla monocoltivazione di soia transgenica, favorisce solo i dirigenti delle multinazionali che si occupano di agroindustria e aumenta la disuguaglianza sociale nell’ambiente rurale.
Secondo l’agenzia stampa Adital, l’area coltivata a soia nel Paraguay supera i 1.176.460 ettari, il che implica un aumento di 720.000 ettari negli ultimi quattro anni. Il 90 per cento della soia piantata è transgenica e i semi arrivano in Paraguay attraverso attività di contrabbando.
Secondo Adital, la produzione di soia in Paraguay sta provocando la distruzione della biodiversità e costituisce una minaccia alla salute dei consumatori, a causa della modificazione genetica della soia e dell’impiego di pesticidi nelle piantagioni.
Il modello di sviluppo rurale introdotto con la produzione di soia transgenica in Paraguay danneggia inoltre piccoli produttori di altre coltivazioni dediti all’agricoltura sostenibile, che vedono le proprie terre circondate da soia transgenica che contamina i loro prodotti.
Questo provoca un aumento della disuguaglianza sociale nell’ambiente rurale paraguaiano, di cui è responsabile il governo stesso di questo paese, con a capo Nicanor Duarte.
Secondo Adital, Palau ha dichiarato che l’attuale situazione rurale in Paraguay “è un problema molto complesso, che ha come effetto sociale finale più importante l’evacuazione dei contadini dalle zone rurali del paese”.
Adital sottolinea soprattutto i rischi legati alla soia transgenica, parte fondamentale del modello di sviluppo rurale in Paraguay.
L’agenzia di stampa spiega il rischio sanitario delle coltivazioni transgeniche, che, secondo studi di ricercatori indipendenti, potrebbero avere effetti negativi sulla salute umana, e mette in guardia sulla contaminazione genetica che queste provocano alle coltivazioni tradizionali.
Con questo modello lo Stato paraguaiano si sottomette anch’esso alle pressioni e alle richieste del maggior produttore di transgenici del mondo, la multinazionale Monsanto.
“Le coltivazioni con sementi transgenici, che sono resistenti agli erbicidi, vengono fumigati con biocidi, molti dei quali sono proibiti. Questi biocidi provocano morte e intossicazione negli esseri umani, poiché molte delle fumigazioni avvengono in maniera automatica o persino da aerei”, spiega Adital.
“Oltre a questo, distruggono coltivazioni di autoconsumo e la fauna domestica, ittica e la microfauna del suolo”, aggiunge l’agenzia stampa.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Brasile: i decessi causati da conflitti agrari sono aumentati di più del 100 per cento nel 2005
Lunedì 24 aprile 2006

Manifestanti brasiliani innalzano un’immagine della missionaria Dorothy Stang, membro della CPT assassinata nel febbraio 2005
La Commissione Pastorale della Terra (CPT) del Brasile ha diffuso martedì una relazione nella quale denuncia un aumento, nel 2005, del 106 per cento delle morti dovute a conflitti agrari nel paese. L’anno scorso sono morte 64 persone, mentre nel 2004 i decessi erano stati 31.
Queste cifre comprendono le persone decedute per denutrizione, mancanza di assistenza medica di base nelle zone rurali, cattive condizioni lavorative – tra le altre cause – ma non quelle uccise in conflitti per la terra.
Il numero di persone assassinate è rimasto praticamente invariato. Nel 2005 sono state uccise 38 persone nella campagna brasiliana e nel 2004 le morti erano state 39.
Da molti anni la CPT del Brasile gioca un ruolo fondamentale nella difesa e nell’appoggio dei contadini brasiliani che lottano per la terra.
L’organizzazione è stata una delle promotrici della nascita, nel 1984, del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (MST) del Brasile, che raccoglie più di 4 milioni di lavoratori di questo paese che lottano per una riforma agraria.
Secondo l’agenzia di stampa Adital, la concentrazione della terra in poche mani e la mancata realizzazione della riforma agraria in Brasile, oltre all’assenza di demarcazione delle terre indigene, sono alcuni dei motivi che spiegano l’aumento della quantità di persone morte nelle campagne brasiliane.
Secondo il rapporto della CPT, il numero di conflitti agrari registrati in Brasile ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 21 anni nel 2005. L’anno scorso ci sono stati 1.881 conflitti mentre nel 2004 1.801.
Il numero di famiglie allontanate dalla terra ha subito un aumento del 42,5 per cento l’anno scorso rispetto al 2004. Nel 2005 le famiglie cacciate dalle terre nelle quali abitavano sono state 4.366 e nel 2004 erano state 3.063. La CPT aggiunge che l’anno scorso le denunce di schiavitù sul lavoro sono state 276, quasi 17 per cento in più rispetto al 2004, anno in cui ne sono state registrate 236. Il numero di lavoratori che sono stati trovati in situazioni reali di schiavitù è arrivato a 7.707 nel 2005, quasi il 30 per cento in più rispetto al 2004.
Secondo la CPT, sono anche aumentate le cifre di supersfruttamento di lavoratori agricoli e di mancata applicazione delle leggi lavorative. La quantità di conflitti causati da problemi legati all’acqua è cresciuta l’anno scorso di circa il 20 per cento rispetto al 2004.
Foto: Commissione Pastorale della Terra (www.cptnac.com.br)

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

NEWS DELLA SETTIMANA DAL 17 AL 23 APRILE 2006

La Banca mondiale nel mirino
21 aprile 2006

Questa mattina il presidente della Banca mondiale Paul Wolfowitz è stato contestato nella capitale statunitense Washington DC. Wolfowitz è stato costretto a interrompere la conferenza stampa di apertura dell'"incontro di primavera" previsto per questo fine settimana tra l'agenzia di credito e il Fondo monetario internazionale (FMI).
Un gruppo di giovani ha interrotto il discorso di Wolfowitz, uno dei principali ideologi dell'invasione irachena da parte degli Usa, con striscioni che accusavano le istituzioni finanziarie internazionali di "promuovere la corruzione societaria".
Secondo il giornale messicano La Jornada, i giovani attivisti fanno parte della rete internazionale Jubilee, che durante l'incontro di Washington presenterà un rapporto su diversi casi di corruzione "sponsorizzati" dalle istituzioni finanziarie internazionali.
Il neo conservatore Wolfowitz ha colto l'occasione per modificare l'orientamento dell'incontro e ha parlato dell'importanza della lotta alla corruzione nei paesi che riceveranno prestiti dalla Banca mondiale nel corso della sua gestione.
"La corruzione è il risultato della non governabilità" ha affermato l'ex segretario alla difesa degli Stati Uniti.
L'obiettivo di Wolfowitz non è semplice: agenzie della Banca mondiale come la Corporazione finanziaria internazionale hanno sostenuto dittatori come Augusto Pinochet in Cile e Jean Claude Duvalier ad Haiti.
Vale anche la pena ricordare che negli anni scorsi la Banca mondiale è intervenuta nel settore privato, specializzandosi nella promozione di progetti di imprese transnazionali tra le quali Shell, Enron, Suez e Vivendi. La sua immagine pubblica tuttavia non è cambiata.
Gli attivisti che hanno interrotto il discorso di Wolfowitz con uno striscione che affermava "La Banca mondiale finanzia la corruzione" hanno dichiarato alla stampa che "è necessario e urgente cancellare il debito dei paesi poveri" e hanno aggiunto che "per combattere la corruzione nella finanza internazionale sono necessari maggiori controlli sull'attività della Banca mondiale".
Secondo gli attivisti, per oltre 60 anni la Banca mondiale ha "imposto condizioni attraverso i suoi prestiti", favorendo il controllo sulle infrastrutture e altri beni a vantaggio degli Stati Uniti.
Essi hanno fornito l'esempio dei prestiti milionari concessi a fronte di progetti energetici legati a episodi di corruzione, come la centrale elettrica della Enron in Guatemala e il gasdotto della Shell in Nigeria.

Fonte: La Jornada

Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per la Pace Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundorealwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Raddoppiano le denunce contro la politica antidroga di Colombia e Stati Uniti
Giovedì 20 aprile 2006

Il sito internet Mama Coca denuncia: “In Colombia la fumigazione da parte dello Stato è un atto di guerra”. (http://www.mamacoca.org/)

Diverse organizzazioni non governative statunitensi hanno definito la politica di sradicamento di piantagioni di coca mediante fumigazioni che avviene in Colombia un totale fallimento.
Le critiche sono sorte dopo che l’Ufficio di Politica Nazionale di Controllo della Droga del governo statunitense ha rivelato venerdì che nel dicembre 2005 la Colombia possedeva 144.000 ettari di piantagioni di coca, circa 30.000 ettari in più di quelli calcolati dal governo colombiano.
Il rapporto dell’ufficio statunitense aggiunge che le coltivazioni di coca sono aumentate anche in parchi nazionali e che le piantagioni stanno crescendo in zone dove prima non esistevano.
La politica antidroga colombiana si inserisce nel cosiddetto Piano Colombia, strategia militare congiunta con gli Stati Uniti per combattere il narcotraffico nel paese, anche se in realtà prevede anche un elevato intervento militare nel costante conflitto tra lo Stato colombiano e i gruppi della guerriglia.
Le fumigazioni per sradicare le coltivazioni di coca mediante l’utilizzo dell’erbicida glifosato, tossico per la salute umana, sono sempre state criticate, soprattutto dalle organizzazioni contadine colombiane e da organizzazioni in difesa dei diritti umani.
Le critiche sollevate ora contro la politica antidroga colombiano-statunitense sostengono inoltre che la strategia delle fumigazioni si basa in realtà su un mito, ovvero che dopo aver fumigato le coltivazioni di coca i contadini smetteranno di piantarle.
Tuttavia, l’assenza di opportunità economiche e sociali per i lavoratori porta ad una costante produzione di coca mentre le zone dove vivono non vengono fumigate.
Secondo il quotidiano colombiano El Tiempo, John Walsh, membro dell’organizzazione statunitense Ufficio per gli affari latinoamericani di Washington, ha affermato che “per il governo (degli Sati Uniti) dover ammettere ora che la coltivazione di coca è in crescita deve essere un tremendo colpo”.
Il governo statunitense presieduto da George W. Bush ha già investito più di 4.000 milioni di dollari nella lotta contro la droga in Colombia.
El Tiempo rivela che nel 2001 gli ettari piantati a coltivazioni di coca erano 169.000, per poi scendere a 144.000 nel 2002 e a 114.000 nel 2003.
Tuttavia, il governo colombiano ha sottovalutato il nuovo rapporto dell’Ufficio di Politica Nazionale di Controllo della droga degli Stati Uniti, e dichiara che l’aumento degli ettari coltivati a coca è una conseguenza del miglioramento del sistema di monitoraggio da parte dello Stato nordamericano, raggiungendo nuove zone.
Non sono pochi coloro che dubitano di questa dichiarazione. Un’altra agenzia non governativa statunitense che si occupa di questo tema – il Centro per la Politica Internazionale – ha dichiarato che i nuovi risultati rivelano che molto probabilmente le riduzioni annunciate nelle zone con coltivazioni di coca non hanno mai avuto luogo.

Tradotto da Arianna Ghetti Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Ecuador cerca in tutti i modi di riprendere i negoziati con gli Stati Uniti per firmare il TLC
mercoledì, 19 Aprile 2006

Il presidente ecuadoriano Alfredo Palacio ha ordinato alla cancelleria del suo paese di mettere in atto un insieme di azioni diplomatiche e di attivare tutti i meccanismi tecnici necessari per assicurare la ripresa dei negoziati con gli Stati Uniti, per la firma di un Trattato di Libero Commercio (TLC).
L’obiettivo di Palacio è di riprendere i negoziati entro la metà di maggio.
Secondo il quotidiano ecuadoriano La Hora, il capo dei negoziati del paese per il TLC, Manuel Chiriboga, ha reso noto che “se non si dà avvio al processo (di negoziazione avanzato) entro il 15 maggio, penso che i negoziati non si concluderanno entro l’anno”.
Chiriboga ha aggiunto che questo “ovviamente preoccupa, e immensamente, per gli effetti economici e sociali che si possono avere, soprattutto quando la Colombia e il Perù inizieranno ad attuare l’accordo con gli Stati Uniti”.
La Hora spiega che il governo ecuadoriano invierà una lettera al rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Rob Portman, per richiedere formalmente a questo paese la ripresa dei negoziati per la firma del TLC.
La lettera verrà inviata questa settimana e sarà firmata dal ministro del Commercio con l’Estero ecuadoriano, Jorge Illingworth, e dal cancelliere Francisco Carrión.
Chiriboga spera che all’inizio della prossima settimana gli Stati Uniti rispondano alla missiva definendo una data per riallacciare i negoziati.
Secondo La Hora, il Potere Esecutivo ecuadoriano rimane fermo sulla necessità da parte degli Stati Uniti di rispettare la sovranità ecuadoriana per poter proseguire i negoziati del TLC.
“La negoziazione del TLC non può essere subordinata alla sovranità che l’Ecuador esercita tramite la riforma della Legge sugli Idrocarburi e sulla possibilità di sanzionare qualsiasi compagnia petrolifera straniera che contravvenisse alle leggi ecuadoriane”, ha detto martedì il Segretario Generale per la Comunicazione della Presidenza, Enrique Proaño.
Rappresentanti delle confederazioni imprenditoriali dell’Ecuador ritengono responsabile Alfredo Palacio di avere “ostacolato” i negoziati del TLC con gli Stati Uniti, a causa delle riforme che sono state introdotte dalla Legge sugli Idrocarburi approvata dal Congresso Nazionale alla fine di marzo.
La legge stabilisce che lo Stato ecuadoriano debba ricevere il 60% delle entrate extra che le imprese petrolifere private operanti nel paese, percepiscono dall’incremento del prezzo per barile di greggio.
Le organizzazioni indigene ecuadoriane, capeggiate dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), si sono mobilitate contro il TLC tra il loro paese e gli Stati Uniti.
Tali organizzazioni hanno reso noto che veglieranno affinché il governo di Palacio rispetti la Legge sugli Idrocarburi già approvata, che per loro significa la redazione di un minimo di condizioni alle imprese petrolifere straniere a beneficio dello stato ecuadoriano e il suo diritto sulle proprie risorse naturali.

Vedi in Radio Mundo Real:
Ley de Hidrocarburos de Ecuador molesta a negociadores de Estados Unidos: "si no derogan la ley no hay TLC"

Tradotto da Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace

Indigeni occupano diga in Cile
mercoledì, 19 aprile 2006

Indigeni della etnia mapuche hanno occupato una centrale idroelettrica nella città cilena di Valdivia, nel centro del paese, ed esigono dagli amministratori la restituzione delle terre che sono state loro usurpate.
Secondo quanto affermato dai promotori della protesta, "nessuno si muoverà da lì" fin quando non otterranno una risposta da parte dell’impresa Eléctrica Panguipulli, che gestisce la diga.
I mapuche chiedono alla compagnia la restituzione di circa 600 ettari dati all’impresa in cambio dei quali non hanno ottenuto mai alcun beneficio.
"Continueremo a rimanere qui fino a quando non verrà un rappresentante dell’impresa per giungere ad un chiaro accordo. Se dovessero venire per mandarci via la nostra reazione non si farà attendere", ha dichiarato Julián Llancapi, uno dei portavoce degli indigeni.
In base a quanto dichiarato dal leader indigeno, sono 24 le comunità che sono state danneggiate da questo conflitto di dispute di terreni.
Llancapi ha aggiunto che alcuni mesi fa coloro che hanno subito dei danni hanno avviato una negoziazione con la compagnia erogatrice di energia elettrica, tuttavia nonostante si sia giunti ad un accordo non ci sono state novità. "Adesso vogliamo giungere ad una concretizzazione del problema e iniziare a parlare di cifre ", ha aggiunto.
Dei 600 ettari contesi, circa la metà sono al momento inondati per l’attività della centrale idroelettrica.
Durante la pacifica occupazione delle installazioni, i manifestanti hanno esortato la presidentessa del Cile, di recente eletta, Michelle Bachelet, a prendere una posizione in questo conflitto.
Le comunità mapuche di questa regione avevano già emanato un comunicato a marzo nel quale denunciavano la "grave violazione dei diritti collettivi, religiosi e spirituali" degli indigeni, in risposta ad una serie di iniziative turistiche annunciate dal governo.
In base a quanto dichiarato, le terre che le autorità pretendevano di distribuire si trovano in "centri cerimoniali e luoghi sacri".

Fonte informativa: La Segunda Diario El Gong

Tradotto da Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace

Dieci anni di impunità in Brasile: nessuno è ritenuto responsabile per il Massacro di Carajás
Martedì 18 aprile 2006

La sepoltura dei 19 contadini assassinati

Il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (MST) del Brasile ha commemorato ieri, lunedì 17 aprile, il decimo anniversario del “massacro di Eldorado dos Carajás” (comune brasiliano situato nello Stato del nord del Pará), nel quale 19 contadini sono stati uccisi per mano delle forze della polizia militare.
Il MST ha realizzato azioni commemorative in diverse parti del Brasile, ha chiesto che venga fatta giustizia e che i responsabili del massacro siano puniti e ha rinnovato la propria richiesta fondamentale, ovvero la realizzazione di una riforma agraria nel paese.
Le manifestazioni del MST si sono inoltre inserite nel quadro della Giornata Internazionale di Lotta Contadina, com’è chiamato il 17 aprile, in memoria dei lavoratori assassinati in quella data del 1996.
Quel giorno un gruppo di 155 uomini della polizia militare brasiliana ha ucciso a Eldorado dos Carajás 19 membri del MST e ne ha feriti più di 60, i quali avevano bloccato una strada della zona con una manifestazione per rivendicare il proprio diritto sulle terre improduttive.
Il MST ricorda che a dieci anni dal massacro i 155 poliziotti che presero parte all’operazione si trovano ancora in libertà. Solamente due persone sono state condannate - il colonnello Mário Collares Pantoja e il maggiore José Maria Pereira de Oliveira – ma sono ancora in stato di libertà.
I contadini senza terra aggiungono che i responsabili politici del massacro di Carajás – l’allora governatore di Pará, Almir Gabriel, e il segretario di Sicurezza Pubblica dello Stato, Paulo Sette Câmara – sono stati assolti. Il presidente del Brasile era Fernando Henrique Cardoso.
Secondo l’agenzia brasiliana Carta Maior, gran parte degli oltre 60 contadini senza terra che sono stati feriti dalla polizia militare del paese accusano ancora oggi gravi problemi di salute, per non parlare del fatto che molti di loro hanno pallottole conficcate nel corpo o non sono più in grado di lavorare a causa delle mutilazioni riportate.
Carta Maior aggiunge che, secondo i lavoratori rurali del MST e i loro rispettivi avvocati, lo Stato del Pará non ha fornito ai contadini feriti l’assistenza medica accordata legalmente.
Il MST ha organizzato lunedì azioni, manifestazioni, marce, veglie e incontri solenni in circa 20 Stati del Brasile.
Il movimento ha espresso in un comunicato quanto segue: “il MST ritiene che solo una riforma agraria integrale e autentica, che deconcentri la proprietà della terra e risolva i problemi dei poveri del campo, eliminerà la violenza delle aree rurali”.
Secondo il quotidiano argentino Página 12, Vía Campesina, una rete mondiale che raggruppa diverse decine di movimenti contadini, ha elaborato uno studio che rivela la situazione dei contadini di tutto il mondo: otto persone su dieci che soffrono la fame vivono nelle zone rurali e la metà dei denutriti del pianeta sono lavoratori contadini, coloro che, paradossalmente, producono gli alimenti.

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Diversi presidenti del Sudamerica prendono in esame la costruzione di un nuovo gasdotto
Martedì 18 aprile 2006

Tabaré Vázquez e Nicanor Duarte

I presidenti di Paraguay, Uruguay, Venezuela e Bolivia si riuniranno questo mercoledì ad Asunción, capitale paraguaiana, per analizzare la costruzione di un gasdotto che unirebbe i vicini Bolivia e Paraguay.
Nicanor Duarte, Tabaré Vázquez, Hugo Chávez ed Evo Morales, leader rispettivamente di Paraguay, Uruguay, Venezuela e Bolivia, saranno accompagnati dai propri rispettivi cancellieri e ministri dell’Energia.
Secondo il mezzo d’informazione argentino Argenpress, il nuovo gasdotto trasporterebbe gas naturale dalla città boliviana di Tarija, situata nel sud della Bolivia, fino alla località settentrionale paraguaiana di Puerto Casado.
Secondo l’agenzia di stampa Prensa Latina, i presidenti dei quattro Stati sudamericani analizzeranno principalmente, nel corso della riunione, questioni legate alle clausole economiche del progetto del gasdotto, il quale sarebbe finanziato dal Venezuela.
Argenpress rivela che la Bolivia è il secondo paese nella regione con riserve di idrocarburi, per un totale di 48.7 miliardi di piedi cubi.
Il nuovo gasdotto verrebbe integrato al cosiddetto “anello energetico”, progetto che coinvolge diversi paesi sudamericani e il cui scopo è quello di garantire la fornitura di gas naturale a tutto il continente attraverso una rete che ne garantisce l’indipendenza in termini di gas ed energia.
Il giacimento di gas naturale Camisea, situato nel sudest dell’Amazzonia peruviana, fornirebbe di gas, attraverso l’anello, quasi tutta l’America del Sud.
Argenpress aggiunge che il Ministro degli Esteri paraguaiano, Leila Rachid, ha dichiarato che la riunione di mercoledì ad Asunción servirà anche per cercare di rilanciare un’antica organizzazione regionale chiamata Urupabol, composta da Uruguay, Paraguay e Bolivia.
Secondo la Rachid, quest’organizzazione cercava di stimolare lo sviluppo economico e commerciale dei tre Stati attraverso accordi di cooperazione.

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Popolazioni locali del nord dell’Argentina inondate di petrolio
Martedì 18 aprile 2006

Resti di petrolio sul terreno

Pubblici ministeri e giudici della provincia argentina di Salta, situata nel nord del paese, non indagano le denunce avanzate più di 60 giorni fa da dirigenti ambientalisti e organizzazioni sociali di General Mosconi della località di Salta, in merito alla presenza di petrolio in zone della città in seguito ad alcune inondazioni.
L’inazione da parte della giustizia di Salta è ora denunciata da Copenoa, agenzia di stampa dell’Argentina del nord, che ha verificato e filmato la presenza di petrolio in pozzanghere d’acqua di zone periferiche di General Mosconi.
Due mesi fa l’ambientalista José Fernández e il Movimento dei Lavoratori Disoccupati di General Mosconi hanno denunciato la presenza di petrolio nella città e il disboscamento indiscriminato e incontrollato dei boschi della zona.
Secondo Copenoa, le abbondanti precipitazioni nella regione dove si trova General Mosconi, che stanno superando i 150 millimetri al giorno, fanno sì che le acque fluiscano dalle colline senza che i boschi disboscati siano in grado di trattenerle. Le crescenti piogge inondano le zone basse e povere di General Mosconi.
Rosa Torres, un’abitante della città, ha dichiarato a Copenoa che “l’acqua ci arrivava alla cintura, macchie di petrolio e rifiuti dell’industria petrolifera sono rimasti indelebili sui nostri vestiti impregnati dal combustibile, sulle mie braccia si vedeva petrolio e combustibile”.
“Le grandi pozzanghere testimoniano la presenza degli oli e dei derivati dell’industria petrolifera, quelli che sono fotografati per tenere nota di una nuova denuncia ambientale”, aggiunge Copenoa.
Secondo José Fernández, “la presenza di rifiuti contaminanti nelle zone di Mosconi è dovuta alle compagnie che sfruttano il gas e il petrolio nelle zone alte (...), e che starebbero scaricando questi rifiuti dalle sacche sotterranee alle fognature e ai ruscelli, così come ai pozzi di petrolio abbandonati inondati dalle abbondanti piogge”.
Copenoa aggiunge che dal decennio del 1990 le denunce di contaminazione ambientale a General Mosconi sono state continue, a causa dell’operato dell’industria petrolifera nella zona.
Tuttavia, gli abitanti di questa città si lamentano del fatto che la giustizia provinciale federale non adotta misure in merito; al contrario, criminalizza le proteste dei manifestanti.


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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 10 AL 16 APRILE 2006

Lettera contro il finanziamento pubblico del progetto di installazione in Uruguay dell’ impianto di cellulosa appartenente all’impresa spagnola ENCE
Venerdì, 14 aprile 2006

Quella che segue è una lettera, firmata da oltre 70 persone e organizzazioni spagnole e internazionali, inviata all’ Instituto de Crédito Oficial (ICO) di Spagna, la Compañia Española de Seguros de Crédito a la Exportación (CESCE) e il governo di quel paese, presieduto da José Luis Rodríguez Zapatero.
I firmatari hanno manifestato nella lettera la loro profonda preoccupazione per i prestiti che quegli organismi e il governo spagnolo pensavano di concedere all’ENCE per la costruzione di un grande impianto di cellulosa nella città uruguaiana di Fray Bentos, situata a ovest del paese.
Tuttavia, l’Instituto de Crédito Oficial ha già concesso all’ENCE 350 milioni di dollari. La Compañía Española de Seguros de Crédito a la Exportación deciderà la sua partecipazione finanziaria al progetto martedì 18 aprile.
La lettera è stata inviata al presidente dell’Instituto de Crédito Oficial, Aurelio Martínez Estévez, al presidente della Compañía Española de Seguros de Crédito a la Exportación, Joan Badosa, e ai segretari spagnoli dell’Economia e del Turismo e Commercio, rispettivamente David Vegara e Pedro Mejía.

Qui di seguito, il testo della Lettera:

“EgregiSignori,

Ci rivolgiamo a voi per comunicare la nostra più profonda preoccupazione nell’aver appreso che sia l’ICO che la CESCE, entrambi istituzioni pubbliche, stanno decidendo di sostenere finanziariamente il progetto dell’impresa spagnola ENCE di costruire un impianto per il trattamento della cellulosa a M'Bopicuá (Uruguay).
Migliaia di cittadini argentini e uruguaiani hanno manifestato in massa contro la realizzazione di tali fabbriche. Come voi dovreste sapere, l’opposizione locale è tale che sono state anche presentate istanze, tra le altre, all’Ombudsman e al Consigliere in Materia di Osservanza della CFI (CAO) del Gruppo della Banca Mondiale, e alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDU).
Di fatto, la CAO ha di recente reso note delle mancanze nella valutazione di impatto ambientale del progetto, all’interno della quale non sono stati adeguatamente considerati gli impatti ecologici (tra cui quelli sull’apicoltura e i danni al bestiame derivanti dalla conversione del terreno da pascolo in terreno da eucalipto), ritenendo che il processo di comunicazione della VIA insufficiente e pertanto necessario che la CFI ne riveda la proposta.
In definitiva, così come hanno dimostrato anche le numerose relazioni presentate da diverse ONG uruguaiane e argentine, il progetto non solo non ha l’appoggio delle comunità danneggiate, ma avrà degli impatti ambientali, sociali ed economici altamente negativi. Tra gli impatti ambientali più gravi emergono: l’estrazione di grandi quantità di acqua dal fiume Uruguay; la coltivazione di grandi estensioni di monocolture forestali e la conseguente perdita di biodiversità; la produzione di diossina nel processo di sbiancamento e nella fabbricazione del biossido di cloro pregiudizievole per la salute umana; la generazione e lo spargimento di residui che genererebbero concentrazioni di prodotti tossici nell’ambiente, con il conseguente rischio di inquinare l’acqua usata per bere e di distruggere le popolazioni di pesci, che danno sostentamento a molti pescatori della regione. Gli abitanti di entrambi le coste temono che la produzione di pasta di carta non solo causi un grave degrado ambientale e problemi alla salute alle loro comunità, ma che pregiudichi anche l’attività economica locale, basata sul turismo e sulle attività ricreative.
Il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto all’alimentazione e il diritto all’accesso all’acqua sono tutti diritti chiaramente raggruppati in questo caso, sanciti nel Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali (PIDESC) e in altri trattati di diritto internazionale ratificati dallo stato spagnolo. Capiamo che lo stato spagnolo, le sue istituzioni e le imprese pubbliche abbiano l’obbligo di rispettare il diritto internazionale. Un finanziamento pubblico spagnolo farebbe supporre una grave violazione dei PIDESC dei cittadini uruguaiani e argentini e retrocedere nella Strategia della Responsabilità Ambientale e Sociale intrapresa dal Summit di Río nel 1992. Per tutte queste ragioni, esigiamo che respingiate qualsiasi richiesta di appoggio pubblico al progetto dell’impresa ENCE di realizzare un impianto per il trattamento della cellulosa a M'Bopicuá (Uruguay).
Ci sembra indegno che istituzioni pubbliche spagnole come l’ICO oppure organismi a maggioranza pubblica come il CESCE sanciscano la possibilità di sostenere investimenti come quello che vuole impiantare l’ENCE in Uruguay, ignorando completamente gli impatti sociali, ambientali ed economici che da questo investimento derivano. Il progetto dell’ENCE in Uruguay non solo non contribuirà alla lotta contro la povertà, ma avrà sicuramente degli impatti negativi nello sviluppo umano e nel benessere delle popolazioni colpite. Bisogna tenere conto che il progetto avrebbe ben pochi benefici economici per i cittadini uruguaiani, in quanto si realizzerebbe in una Zona Franca che esonererebbe il progetto da qualsiasi imposta presente o futura per un periodo di 30 anni, estensibile a 50 anni. D’altra parte, il principale mercato della carta sarà quello europeo. E qui ci chiediamo: è legittimo realizzare attività con impatti tanto gravi nel Sud per nutrire il consumo del Nord?
Inoltre vogliamo mettere in risalto come questo caso evidenzi ancora una volta la necessità di una profonda riformulazione, revisione o, anche, eliminazione di meccanismi quali i crediti FAD e altri strumenti di appoggio alle imprese dell’ICO, così come a coperture realizzate dal CESCE, meccanismi di appoggio agli investimenti spagnoli all’estero che, oltre a non tenere conto degli impatti ambientali e sociali di tale investimento, sono responsabili della generazione del debito estero che i paesi del Sud hanno con lo stato spagnolo e sembrano essere stati costituiti unicamente con l’obiettivo di appoggiare l’internazionalizzazione dell’economia spagnola.
Per tutto questo, esigiamo che respingiate qualsiasi richiesta di appoggio pubblico al progetto dell’impresa ENCE di stabilire un impianto per il trattamento della cellulosa a M'Bopicuá (Uruguay) e, in ogni caso, da parte delle istituzioni pubbliche spagnole si accerti che questa e altre imprese che agiscono oltre le nostre frontiere, rispettino le leggi locali e internazionali, così come le convenzioni e i trattati relativi ai diritti umani e alla protezione dell’ambiente.

Organizzazioni firmatarie:
Stato spagnolo
Asociación de Mujeres Ítakas
Asociación Juvenil África en el corazón
Brigada Vallesana Simón Bolívar
Campaña ¿Quién debe a Quién?
Centre d'Estudis Africans de Barcelona
Co.bas
Col·lectiu de Solidaritat amb la Rebel.lio Zapatista
Comité de África Negra de Madrid-España
Comité de Empresa de CESCE (Secciones Sindicales de CCOO, CGT y UGT)
Comité Oscar Romero de Madrid
Comunidad de Vanguardia Obrera-España
Comunidades Cristianas Populares del Estado-España
Ecologistas en Acción
Enginyers Sense Fronteres (ESF)
Entrepobles
Federació Catalana d’ONGs per al Desenvolupament
Federació d'Ecologistes en Acció de Catalunya
Iglesia de Base de Madrid-España
Komité de Apoyo al MST (Movimiento de los Trabajadores Rurales sin Tierra de Brasil) de Madrid
Mans Unides (Barcelona)
Observatori del Deute en la Globalització (ODG)
Observatorio de las Multinacionales españolas en América Latina (Omal) – Paz con Dignidad
Organización de Cooperación y Solidaridad Internacional (OSCI)
Paz Ahora
Plataforma Rural (Amigos de la Tierra, Colectivos de Acción Solidarios, Caritas
Española, Coordinadora de Organizaciones Agrarias y Ganadera - COAG,
Sociedad Española de Agricultura Ecológica, CERAI, CIFAES, Confederación
Estatal de Consumidores y Usuarios, Sindicato de Obreros del Campo y del Medio Rural, Entrepueblos, Veterinarios Sin Fronteras, Sodepaz, Sodepau, Xarxa de Consum Solidari)
Red Ciudadana por la Abolición de la Deuda Externa (RCADE)
Red de Apoyo Zapatista de Madrid
Revista Ecología Política
Sección sindical de UGT de la Universitat Autònoma de Barcelona
Servei Civil Internacional (Catalunya)
Setem (Catalunya)
Veterinaris sense Fronteres (VSF)
Xarxa contra els Tancaments
Organizaciones Internacionales
Alianza de Pueblos del Sur Acreedores de Deuda Ecológica – Red Internacional
Justacia Ambiental, Deuda Ecológica y Sustentabilidad (JADES) – Red Internacional
Agrupación Vecinos de Colón - Argentina
Asociacion Ambientalista EcoLaPaz – Argentina
Centro de Derechos Humanos y Ambiente (CEDHA) – Argentina
Federacion Amigos de la Tierra – Argentina
El Foro Ecologista de Paraná – Argentina
M´Biguá, Ciudadanía y Justicia Ambiental – Argentina
Grupo Guayubira - Uruguay
REDES-Amigos de la Tierra de Uruguay – Uruguay
CENSAT Agua Viva - Amigos de la Tierra Colombia – Colombia
Centro de Estudios Regionales de Tarija (CER-DET) - Bolivia
Acción Ecológica - Ecuador
Consejo Indìgena Popular de Oaxaca "Ricardo Flores Magón" – México
Asia Pacific Movement for Debt and Development (Jubileesouth Asia/Pacific) - India
Centre National de Coopération au Développement (CNDC) -11.11.11 – Bélgica
Comité pour la Dette du Tiers Monde - Suiza
A SUD – Italia
Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM) – Italia
Servizio Civile Internazionale – Italia
Environmental Defense - Estados Unidos


A titolo personale
Joan Martinez Alier. Catedrático de Economía Ecológica en la Universitat Autònoma de Barcelona y Presidente de la Sociedad Internacional de Economía Ecológica
Gabriela Laura Alach, Docente e investigadora de la Universidad de Buenos Aires – Argentina
Lluís Alòs i Martí, professor del Dept Política Econòmica i Estruct. Economica Mundial a la UB
Cecchini Analia – Argentina
Fernando Arribas Portugués
Felip Artero Coordinador Catalunya ONG PAU ARA / Paz Ahora.
Mónica Aparicio Rueda
Julio César Aversa - Argentina
Javier Baltodano, Programa de Bosques, Amigos de la Tierra Internacional.
Carmen Hernandez Canossa
Gegorio Dávila. Economista y Presidente ONG "Paz Ahora"
Inmaculada Díaz. Enfermera. Tesorera ONG "Paz AHora".
Sandra Fabiana Nicosia – Argentina
Grace García, COECO, Ceiba-AT – Costa Rica
Jorge Mª Gracia Fernández-Casadoiro. Jefe de Servicio de Estadísticas Sociales del Instituto Nacional de Estadística
Lorena Gutiérrez Villar- Argentina
Alicia Lafuente Tomàs
Luis López Fernández
Feliu Madaula Canadell – Sabadell
Carmen Martínez. Vocal Junta Directiva ONG "Paz Ahora".
Tania Martínez
Helena Ocaña. Tesorera ONG "Paz Ahora".
Victoria Peralta. Vocal Junta Directiva OMG "Paz Ahora"
Gustavo F Piedimonte – Argentina
Ana Mª Porté Estop
Darío Hugo Rodríguez– Argentina
Julio Rodríguez . Portavoz Junta Directiva ONG "Paz Ahora"
Isaac Rojas, Programa de Bosques, Amigos de la Tierra Internacional.
Xavi Rosset Castells Lucía Soriano Martinez – Zaragoza
Pablo Sessano – Argentina
Daniele Valeri, Italia
Carlos Varea González, Profesor de Antropología de la Universidad Autónoma de Madrid

Tradotto da Sonia Chialastri - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Riciclatori paraguaiani in conflitto
Venerdì, 14 Aprile 2006

Organizzazioni di riciclatori di spazzatura del Paraguay denunciano i pregiudizi di cui sono oggetto a causa della chiusura della discarica municipale di Cateura, ad Asunción, capitale del paese, e assicurano che questa misura "mette a rischio" le entrate delle famiglie che vivono di quell’attività.
In base a quanto affermato da Carmelo Ortiz, segretario generale del sindacato che raggruppa i lavoratori del riciclaggio, questi ostruzionismi ostacolano le "migliaia di uomini e donne che lavorano quotidianamente nella selezione di oggetti riciclabili".
Ortiz ha chiesto alle autorità di "rivedere queste misure", e di condannare l’azione dei funzionari che impediscono l’entrata dei riciclatori a Cateura, la principale discarica del paese.
Il dirigente ha assicurato che il provvedimento preso martedì notte ha fatto sì che tutti i “gancheros", nome con cui vengono chiamati coloro che lavorano con la spazzatura in Paraguay, perdessero almeno una giornata
lavorativa.
Ortiz ha lamentato che la complessa situazione che stanno attraversando le organizzazioni "sia una cosa a cui nessuno intende porre rimedio", e che le autorità municipali non rispettano queste esigenze in quanto "già affrontate".
Negli ultimi anni si sono registrati vari conflitti tra i gancheros e le autorità, nella maggior parte dei casi per aver impedito l’ingresso e aver proibito la realizzazione di attività di riciclaggio.
Secondo l’organizzazione non governativa Alter Vida, che tutela i lavoratori di questo settore, solamente nella discarica Cateura la spazzatura viene riciclata da circa 1.200 gancheros, di cui 450 organizzati in quattro associazioni sindacali.

Fonte informativa: Jakueke

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"15.000 persone muoiono ogni giorno per malattie legate all’acqua"
venerdì, 14 aprile 2006

“Ci troviamo di fronte a una crisi dell’acqua dovuta al sistema economico mondiale. Un sistema che ha lasciato, tra le altre cose, più di 1.100 milioni di persone senza accesso all’acqua potabile, oltre 2.200 milioni di persone prive dei servizi igienici base, e 15.000 persone che muoiono ogni giorno a causa di malattie legate all’acqua”.
Con questa categorica affermazione e una presentazione di numeri che mettono paura, il direttore della organizzazione ambientalista Cesta-Amigos de la Tierra El Salvador, Ricardo Navarro, ha iniziato le sue riflessioni a Radio Mundo Real, in un’intervista che abbiamo realizzato a Città del Messico, capitale di quel paese.
La conversazione con Navarro ha avuto luogo il 19 marzo nella sede del Sindicato Mexicano de Telefonistas della capitale del Messico, proprio quando terminava il Foro Internazionale a Difesa dell’Acqua, la principale attività alternativa al IV Foro Mondiale dell’Acqua tenutosi dal 16 al 22 marzo nella medesima città.
Il sistema economico mondiale ha “una visione corporativa che ha generato una terribile crisi dell’acqua a livello planetario e noi stiamo tentando di sfidarlo”, ha aggiunto il direttore di Cesta.

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Aumentano le proteste contro l’attività mineraria in Perù
Venerdì, 14 Aprile 2006

La settimana scorsa i contadini del Perù si sono mobilitati nella città di Puno, nel sud del paese, per denunciare i forti impatti che provocano le imprese minerarie sul fiume Ramis, che attraversa l’intera regione.
Secondo quanto sostenuto dai manifestanti, negli ultimi anni gli indici di inquinamento “hanno raggiunto livelli mai visti”, e ritengono responsabili di tali danni le compagnie minerararie nazionali Rinconada, Ananea e San Rafael.
Vladimir Mamani, uno degli organizzatori della protesta, ha detto che il Comitato in favore della Difesa del fiume Ramis sta valutando di ricorrere a “mezzi più drastici”, quale l’organizzazione di uno sciopero a tempo indeterminato.
Mamani ha assicurato che circa 10 mila ettari di coltivazioni, gestite da 24 comunità contadine, sono state colpite dagli impatti dell’inquinamento di queste industrie.
In base a quanto detto, le proteste proseguiranno fino a quando le autorità peruviane decreteranno la “chiusura immediata” dei giacimenti minerari che danneggiano il Ramis.
Esige anche che il governo peruviano “acceleri il processo di decontaminazione”, e dichiari lo “stato di emergenza sanitaria” in tutte le zone colpite.
In un comunicato consegnato dai manifestanti, si attesta che circa tremila famiglie contadine e 80 mila capi di bestiame domestico “sofforno delle conseguenze della attività mineraria”.
Il testo aggiunge che sebbene il problema “già fosse evidente” da molto tempo, negli ultimi cinque anni la situazione “è diventata insostenibile”.
Portano come esempio i diversi casi di malattie congenite negli animali, affermando anche che “si sono già verificate circa 10 nascite di bambini con malattie alle ossa, al volto e in altre parti del corpo”.
D’altra parte, i contadini hanno denunciato anche che “l’alto grado di inquinamento sta facendo sparire i pesci”.
Inoltre ha concluso Mamani, le autorità regionali “non hanno fatto nulla per frenare l’inquinamento”, e nonostante diversi importanti gerarchi si sono impegnati a consegnare una relazione per novembre “finora ciò non è accaduto”.

Fonte informativa: http://www.losandes.com.pe

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Agrotossici provocano malformazioni in Paraguay
Giovedì, 13 Aprile 2006

Il Ministero della Sanità del Paraguay ha allertato sulla comparsa di nuovi casi di malformazioni congenite nella zona di Itapúa, nel sud del Paese, dovute all’utilizzo di prodotti agrotossici nelle coltivazioni di soia e grano.
Secondo quanto affermato dal dottor Joel Filártiga all’agenzia stampa paraguaiana Jakueke, lo stesso ministero “ha occultato per anni” questi casi di malformazioni nei neonati ed ha aggiunto che il numero delle persone colpite è maggiore a quello dichiarato.
Filártiga ha spiegato che queste malformazioni sono dovute all’uso del prodotto Glifosato. Lo specialista si è lamentato del fatto che le autorità sanitarie continuano a dire che questo agente chimico “non provoca alcun danno”, ed ha aggiunto “eccone le prove concrete”.
Ha asserito inoltre che gli imprenditori della regione colpita “negano la propria responsabilità”, giacché “per loro è importante solo il guadagno”.
Secondo Filártiga il settore delle esportazioni paraguaiano usa circa 45 milioni di litri di agenti agrotossici ogni anno, ed è “ovvio che questo prima o poi abbia delle ripercussioni”.
Il ricercatore paraguaiano ha sottolineato che nella regione di Itapúa “praticamente non c’è vita animale” e “muoiono persino i corvi, che riescono a tollerare il veleno più degli altri”.
Ha concluso che è necessario discutere queste tematiche, perché è “l’unico modo per fare pressione sulle autorità”.
Tuttavia, il dottor Narciso Fleitas, responsabile del Centro Nacional de Toxicología (Centro Nazionale di Tossicologia), ha rifiutato le accuse ed ha affermato che questo fenomeno si deve a fattori genetici e non a cause ambientali.
Fleitas ha riconosciuto che verificare una diagnosi per questi casi “è molto costoso”, in quanto si possono realizzare solo in Argentina e Brasile.

Informazione tratta da: ABC Color - Jakueke

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

"Secondo me la Suez deve lasciare la città di El Alto"
Giovedì, 13 Aprile 2006

Il Ministro delle Risorse Idriche della Bolivia, Abel Mamani,si è presentato di fronte al Tribunale Latinoamericano per l’Acqua, tenutosi a Città del Messico, capitale del Paese, dal 13 al 20 marzo, ed ha affermato che la Suez doveva “ritirarsi dalla città di El Alto”, situata nella regione ovest della Bolivia e vicino alla capitale La Paz.
Il Tribunale Latinoamericano per l’Acqua è un’istanza internazionale ed autonoma di giustizia ambientale, che riunisce diversi giudici della regione e che si è tenuta a Città del Messico nell’ambito delle attività parallele al IV Forum Mondiale sull’Acqua, tenutosi nella capitale messicana.
Secondo le informazioni contenute nella pagina web del Tribunale, il suo lavoro consiste nell’analisi dei “casi che comprendono presunti danni ambientali perpetrati o che minacciano importanti risorse idriche, a scapito delle popolazioni dell’America Latina”.
Le sue risoluzioni non hanno carattere vincolante per le parti coinvolte in ogni caso, tuttavia fanno parte di una banca dati tecnico-scientifica di professionisti, che può essere ripresa dalle giurisdizioni legali corrispondenti in ogni Paese.
Abel Mamani ha parlato di fronte al Tribunale il 15 marzo, nell’ambito della presentazione della campagna internazionale "Basta con gli Abusi della Suez”, nella quale una decina di rappresentanti di vari Paesi latinoamericani ha esposto la propria denuncia pubblica all’impresa dell’acqua.
Questa multinazionale dell’acqua, di origine francese, fornisce servizi di acqua potabile e fognature in vari Paesi della regione.
La denuncia pubblica è stata organizzata da la Red Vida, che riunisce centinaia di persone ed organizzazioni a livello internazionale che lavorano in difesa dell’acqua, intesa come bene pubblico e diritto umano.
Abel Mamani ha dichiarato che “purtroppo la Suez, in società con altri gruppi che hanno formato Aguas del Illimani a La Paz e ad El Alto, ancora esiste (nel Paese)”.
“Sicuramente avete sentito l’opposizione del Presidente Evo Morales quando ha assunto l’incarico. Ha letto il giuramento ed ha detto a tutto il mondo in un messaggio che il popolo boliviano non permetterà oltre il lucro sull’acqua potabile” ha aggiunto Mamani.
Il Ministro delle Risorse Idriche della Bolivia ha affermato inoltre che “questo processo di lotta contro la Suez in Bolivia sta per terminare. Il governo boliviano si sta interessando al problema e presumo che prenderà una decisione in tempi molto brevi”.
“Secondo me la Suez deve lasciare la città di El Alto, perché non ha rispettato il contratto, ha provocato dei danni alla popolazione e come tale il governo non può ignorare questa realtà”, ha sottolineato il Ministro boliviano delle Risorse Idriche

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Indigene del Guatemala contro l’attività mineraria e i transgenici
Mercoledì, 12 aprile 2006

Organizzazioni indigene del Guatemala denunciano “ogni tipo di manipolazioni e inganni” da parte della compagnia mineraria multinazionale Glamis Gold e della sua controllata Montana Exploradora, che operano nel dipartimento di San Marcos, nell’ovest del paese.
Gli indigeni assicurano che le imprese energetiche “hanno fatto tutto il possibile” per debilitare la resistenza comunitaria davanti alla “imposizione” del progetto Marlin, una miniera d’oro che dalla fine del 2005 viene sfruttata da queste imprese, che contano sull’appoggio della Banca Mondiale e dei governi di Guatemala e Canada.
Secondo un comunicato emesso da una coalizione di organizzazioni indigene, le comunità di San Marcos si oppongono “decisamente” all’appropriazione della “ricchezza genetica da parte di istituzioni private”.
Il documento aggiunge che stabilire brevetti sulle risorse fitogenetiche, la biodiversità e la conoscenza tradizionale è un “meccanismo delle multinazionali” per impadronirsi delle risorse.
“Ci opponiamo fermamente al commercio che le multinazionali stanno facendo dei semi che ci propongono come alimento”, sottolineano.
D’altra parte, le organizzazioni guatemalteche denunciano che il governo, che presiede Oscar Berger, ogni volta impiega “con maggior forza” la repressione, la paramilitarizzazione e la criminalizzazione della protesta sociale.
Inoltre assicurano, il governo del Guatemala “inventa crimini sui dirigenti ed esegue espropri violenti di terre per imporre la politica antipopolare e neoliberale”.
Gli indigeni mettono in guardia sui rischi della “imminente entrata in vigore” del Trattato di Libero Commercio tra Stati Uniti e sei paesi centroamericani (CAFTA sigla in inglese).
Affermano nel comunicato che con tali accordi di liberalizzazione commerciale i paesi centroamericani devono modificare “più di una decina di leggi” secondo la volontà degli Stati Uniti e al “limite degli interessi e delle richieste popolari".
Inoltre segnalano, i principali responsabili di questa situazione sono organismi finanziari internazionali quali la Banca Mondiale e la Banca Interamericana di Sviluppo, che “appoggiano i progetti di imprese multinazionali e dei loro soci nazionali”.
Gli indigeni condannano tutte quelle attività estrattive che “contaminano e distruggono”, e portano come esempio l’attività mineraria di metalli, petrolifera, raffinerie, megaprogetti idroelettrici, e l’entrata di semi transgenici.

Fonte informativa:
Minga Informativa de Movimientos Sociales - www.movimientos.org

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Repsol YPF opera a Neuquén "con la complicità del Governo della provincia che dà loro la sicurezza giuridica"
Mercoledì, 12 aprile 2006

La Campagna Repsol Mata, nata a dicembre 2003 e che raggruppa persone ed organizzazioni che operano a livello internazionale contro la multinazionale petrolifera Repsol YPF, sta dando vita insieme ad altre organizzazioni alla Controgiunta dei Danneggiati da tale impresa.
Secondo la pagina web della Controgiunta dei Danneggiati, il suo obiettivo è di riunire persone, comunità colpite, organizzazioni di ogni tipo per generare “un incontro di riflessione, generazioni di reti e denuncia” dell’azione di Repsol nel mondo.
La Controgiunta è stata creata come alternativa ai consigli di azionisti di Repsol YPF, all’interno delle quali i proprietari della compagnia decidono del suo futuro, e le due istanze si riuniranno in sessione a maggio nella capitale spagnola, Madrid. La Controgiunta svolgerà le sue attività dal 6 al 18 maggio.
Tra le organizzazioni che hanno aderito alla Controgiunta dei danneggiati dalla Repsol YPF emergono l’organizzazione ambientalista spagnola, Ecologisti in Azione e la campagna internazionale “¿Quién debe a Quién?”, che lavora sul debito estero e i meccanismi che lo generano.
I corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina, e i componenti di Amigos de la Tierra Buenos Aires, Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, hanno intervistato nei giorni passati un membro della comunità mapuche Lof Lonko Purán della provincia argentina di Neuquén, situata ad ovest del paese.
L’indigeno Martín Maliqueo ha raccontato a Radio Mundo Real le conseguenze del lavoro di Repsol YPF nelle terre della comunità Lof Lonko Purán, dove questa impresa ha oltre 100 pozzi petroliferi.
La comunità Lof Lonko Purán è stata inoltre invitata dalla Controgiunta dei Danneggiati da Repsol YPF a partecipare alle attività che si svolgeranno a Madrid.
Maliqueo ha detto che la comunità si è organizzata “da oltre dieci anni sulle problematiche ambientali e culturali provocate dalle imprese multinazionali che stanno operando all’interno del nostro spazio territoriale, come le imprese Repsol YPF, e a partire dal 2000 Pioneer Natural Resources”.
“Abbiamo incominciato la nostra lotta e questo ci ha portato a diverse istanze tra cui dover affrontare denunce penali e giudizi, che invece di rafforzare il nostro processo, molte volte ci ha debilitato”, ha aggiunto Maliqueo.
Il dirigente indigeno ha ricordato anche che le multinazionali del petrolio agiscono nelle terre della comunità Lof Lonko Purán “con la complicità del Governo della provincia di Neuquen, che dà loro la sicurezza giuridica (...) senza il consenso della parte danneggiata”.

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Ambientalisti cileni denunciano lo Stato di "occultare informazioni"
Martedì, 11 aprile 2006

Ambientalisti cileni hanno testimoniato davanti la Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDU) nel corso di un “giudizio aperto” contro lo Stato cileno, accusato di “occultare informazioni” sulle conseguenze di un progetto forestale, che alla fine non si è concretizzato, nella provincia australe di Magallanes.
In base a quanto riportato durante il giudizio dall’economista Marcel Claude, della fondazione ecologista Oceana, le prime denunce per impedire il progetto della impresa forestale statunitense Trillium sono state presentate nel 1998, e da quel momento il governo cileno “ha negato l’informazione in varie occasioni”.
Claude ha assicurato che il governo, in quel periodo presieduto da Eduardo Frei, ora presidente del Senato, si basava su informazioni che “potevano essere utili” al dibattito sugli impatti ambientali del progetto.
La produttrice di legname Trillium pretendeva di sfruttare circa 250 mila ettari di bosco in questa regione antartica del Cile, però l’opposizione delle organizzazioni ambientaliste ha impedito che il progetto si concretizzasse.
Secondo quanto detto da Claude, l’impresa forestale “ha contato sempre” sull’appoggio degli organismi ambientali, oltre all’esplicito sostegno del proprio presidente Frei.
“Ci è stato sempre negato l’accesso all’informazione pubblica, un elemento centrale delle democrazie moderne”, ha enfatizzato il rappresentante di Oceana.
Ha aggiunto che la decisione di adire alla Corte Interamericana pretende di arrestare questa “cultura della segretezza”.
Claude ha inoltre segnalato che i giudici hanno sei mesi per emettere la sentenza, e che si tratta di un “fatto senza precedenti“ nei giudizi contro un Stato per cause di questo tipo.
La corporazione Trillium opera principalmente nella provincia argentina della Terra del Fuoco, ed è stata denunciata a febbraio da gruppi ambientalisti di questa zona.
Dalle segnalazioni dei componenti dell’organizzazione Finis Terrea l’impresa forestale attua un “utilizzo irrazionale” delle risorse, e hanno reso noto che se continua il taglio indiscriminato, entro sette anni “non ci saranno più boschi”.

Fonte: Adital

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La Bolivia ridurrà la quantità di coltivazioni di coca ma non le eradicherà
Martes, 11 de Abril de 2006

Il cancelliere boliviano David Choquehuanca ha assicurato lunedì che le coltivazioni di foglia di coca eccedenti e illegali della regione di El Chapare e delle Yungas saranno ridotte ma non erradicate.
El Chapare è ubicato nel centrale dipartimento di Cochabamba e Yungas nel dipartimento di La Paz, che si trova ad ovest del paese.
Choquehuanca ha aggiunto che la Legge 1008 della Bolivia verrà rispettata finché sarà vigente, anche se ritiene debba essere riformata.
Questa legge, denominata “Legge del Regime della Coca e Sostanze Controllate”, è in vigore dal luglio 1988 per regolare la produzione di coca e l’attività del governo boliviano in merito a tali coltivazioni.
Secondo il mezzo informativo Narco News, la Legge 1008 riconosce la foglia di coca come un prodotto naturale e sancisce, tra le altre cose, che ogni erradicazione della sua coltivazione debba essere volontaria ed effettuata di concerto tra governo e produttori.
La norma non prevede l’uso della forza da parte del governo per erradicare le coltivazioni di coca. Tuttavia, le politiche di erradicazione forzosa di tali coltivazioni sono sempre state un’abitudine dei precedenti governi boliviani, pressati dagli Stati Uniti e dalla loro politica anti-droga.
Al quotidiano boliviano Los Tiempos, Choquehuanca ha dichiarato che “il governo ha deciso di ridurre le coltivazioni di coca. Non erradicheremo; erradicare significa far sparire la foglia di coca. La foglia di coca è parte della nostra cultura, è parte della nostra spiritualità”.
La riduzione di quantità di coltivazioni di foglia di coca si avrà, secondo Los Tiempos, spontaneamente in seguito al raggiungimento di alcuni accordi tra governo e produttori.
Il quotidiano boliviano della mattina spiega che ne El Chapare nello specifico gli affiliati alle federazioni dei produttori di coca conserveranno, rispettando un accordo tra governo e produttori, solo 1.600 metri quadrati di produzione di coca.
Ciononostante, la Legge 1008 considera illegali ed eccessive le coltivazioni di foglia di coca esistenti nella regione di El Chapare.
Anche nella zona di Yungas la riduzione sarà volontaria e Los Tiempos informa che in quella regione, nel rispetto della legge, la produzione di foglia di coca non potrà superare i 12.000 ettari.
Choquehuanca ha aggiunto che il governo, presieduto da Evo Morales, è pienamente d’accordo nel combattere il narcotraffico, ma che questa è una decisione sovrana dei boliviani. Ha spiegato che le relazioni con gli Stati Uniti in questo modo dovranno essere “orizzontali”.
La politica adottata dal governo boliviano è la conseguenza della lotta del suo presidente, ex leader cocalero prima dell’assunzione del suo mandato.
Secondo il quotidiano boliviano La Razón, Evo Morales ha dichiarato alla fine di dicembre 2005, poco dopo essere stato eletto presidente della Bolivia, che “la coca non è cocaina, il produttore di foglia di coca non è un narcotrafficante e il consumatore non è narcodipendente, questo deve essere ben chiaro”.

Vedi notizia sempre su Radio Mundo Real:
Estados Unidos advierte a Bolivia sobre su retraso en la lucha contra las drogas

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Nestlé minaccia l’agricoltura messicana con il caffè geneticamente modificato
Martedì, 11 aprile 2006

Alla fine di febbraio, la multinazionale agroalimentare Nestlé ha ottenuto in Europa un brevetto per il caffè geneticamente modificato che si presume migliori la solubilità del caffè in polvere, sebbene in molte regioni e paesi del mondo questa corporazione si sia impegnata a non utilizzare alimenti geneticamente modificati. Lo hanno denunciato il Coordinamento Nazionale delle Organizzazioni Cafeteleras (CNOC), il Coordinamento Latinoamericano e dei Caraibi di Piccoli Produttori del Commercio Equo e Greenpeace.
Questo brevetto è stato richiesto in Messico con il numero MXPA04003325A. Se verrà approvato nel nostro paese, i produttori di caffè saranno ancora più dipendenti da Nestlé. Inoltre, le varietà modificate geneticamente potrebbero contaminare il caffè convenzionale e, peggio ancora, il caffè organico di cui il Messico è il primo produttore al mondo, colpendo gravemente la fonte di entrate di oltre 480 mila famiglie cafetaleras in Messico e delle circa 500 organizzazioni contadine e indigene che dipendono dal caffè.
Con questo brevetto, hanno dichiarato le organizzazioni, si evidenzia come la multinazionale Nestlé pretende di usare l’ingegneria genetica per ottenere benefici economici e aumentare il suo controllo sulla produzione di alimenti.
Il brevetto concesso dall’Ufficio Europeo dei Brevetti il 22 febbraio 2006 è per una pianta di caffè con un enzima bloccato, creato per migliorare la solubilità del caffè in polvere. Il brevetto copre il processo tecnico, le piante geneticamente modificate e l’uso dei chicchi per l’elaborazione del caffè solubile.
“E’ prevedibile che Nestlé cerchi di dare impulso alla semina in Messico del caffè geneticamente modificato nel caso in cui ottenga il brevetto anche qui. Noi organizzazioni produttrici di caffè organico e convenzionale del Messico respingiamo in toto questa possibilità ed esigiamo che il governo non conceda tale brevetto, proibendo la sperimentazione e la semina di caffè modificati geneticamente nel nostro paese”, ha dichiarato Fernando Célis Callejas, consigliere della CNOC, che raggruppa circa 70 mila produttori di caffè del nostro paese.
“Per i produttori di caffè dell’America Latina costituirebbere un duro colpo ai suoi processi di miglioramento della qualità e la conversione ad una agricoltura organica. Nestlé non dovrebbe mettere i suoi interessi economici davanti al benessere di milioni di famiglie contadine che vivono delle entrate che derivano dalla commercializzazione dei semi e che ottengono risorse addizionali per farlo in maniera sana”, ha detto Víctor Perezgrovas, presidente del Coordinamento Latinoamericano e dei Caraibi del Commercio Equo.
“Il fatto che la Nestlé ottenga un brevetto di caffè geneticamente modificato è un tema di grande preoccupazione per i consumatori messicani che rifiutiamo di mangiare transgenico. In Messico questa compagnia non ha voluto assumere una posizione chiara sul NON utilizzo del transgenico nei suoi prodotti, per questo temiamo che in un futuro Nestlé possa usare il caffè modificato geneticamente tra i suoi marchi in vendita in Messico”, ha dichiarato Areli Carreón, coordinatrice della campagna dei consumatori di Greenpeace Messico.
“Nestlé ha fatto sapere che ha richiesto brevetti di transgenici di batteri di yogurt, cacao e caffè. A beneficio dei consumatori che rifiutano di mangiare organismi modificati geneticamente, Greenpeace chiede alla Nestlé di rinunciare pubblicamente all’uso di transgenici del caffè e di altri prodotti, perché i rischi che tali ingredienti creano all’economia, all’ecologia e alla salute sono inaccettabili”, ha aggiunto Carreón.
Le organizzazioni concludono esigendo dalle autorità messicane di rifiutare questo brevetto, in quanto rappresenta una diretta minaccia all’agricoltura messicana.

Coordinamento Latinoamericano e dei Caraibi dei Piccoli Produttori del Commercio Equo
Coordinamento Nazionale di Organizzazioni Cafeteleras (CNOC)
Greenpeace

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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 1 AL 9 APRILE 2006

Il BID riconosce "problemi seri" nel progetto Camisea
Giovedì, 06 Aprile 2006

Manifestazioni durante l’Assemblea del BID a Belo Horizonte

Il nuovo presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo (BID), il colombiano Luis Alberto Moreno, ha ammesso l’esistenza di “molti problemi” nel gasdotto Camisea in Perú, la cui costruzione è stata finanziata da questo organismo e che negli ultimi 18 mesi ha avuto ben 5 fughe di gas liquido.
Il rappresentante del BID si è lamentato delle “gravi conseguenze sociali ed ambientali” che ha provocato Camisea, ed ha aggiunto che “siamo molto lontani dall’approvazione del prestito di 400 milioni di dollari necessari per finanziare la seconda fase del contestato progetto.
Secondo una dichiarazione di Moreno, che ha concluso ieri la riunione annuale dei governatori del BID tenutasi nella città brasiliana di Belo Horizonte, è necessario realizzare una revisione approfondita della prima fase per poi valutare se l’organismo finanzierà la costruzione di un terminale per la liquefazione del gas. “Per il momento non approveremo il prestito”, ha aggiunto.
Diverse organizzazioni sociali hanno manifestato a Belo Horizonte contro le politiche dell’organismo di credito, che ha concesso prestiti nella regione per 50.000 milioni di dollari.
Nel caso di Camisea, i manifestanti hanno denunciato l’ “isolamento” al quale sono state costrette le popolazioni indigene che vivono nell’area amazzonica dove si sono tenute le operazioni.
Secondo gli attivisti, le cinque rotture delle tubature di Camisea hanno provocato un “aumento dell’erosione e perdita di pesci e fauna” nelle zone interessate.
Gli oppositori alle politiche di finanziamento del BID hanno affermato inoltre che questo gasdotto pregiudica la base alimentare delle comunità native, che vivono in una delle regioni “più ricche di biodiversità del bacino amazzonico”.
Aggiungono inoltre che “la cosa più grave” è che la Banca Interamericana ha approvato un prestito di 75 milioni di dollari quattro giorni dopo la prima rottura.
I rappresentanti delle organizzazioni si sono riuniti a Belo Horizonte con le autorità del BID, alle quali hanno presentato le loro preoccupazioni e chiesto la “sospensione” di nuovi prestiti per il progetto Camisea.
Secondo le dichiarazioni degli ambientalisti, è necessario che il governo peruviano sospenda le operazioni del gasdotto finché un “ente indipendente” non realizzi gli studi relativi.

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Basta repressione. Il paese non vuole il TLC
giovedì, 06 aprile 2006

Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE)

E’ ogni giorno più chiaro per il paese che il governo nordamericano non voglia rinunciare ai suoi interessi, per i diritti dell’ Ecuador. Questi negoziati sono una vergogna, mentre il regime continua a tenere nascoste le informazioni, per la clausola di riservatezza imposta dagli Stati Uniti. Non si riesce in pratica a concludere nessuna tavola rotonda, soprattutto quelle sull’agricoltura e sui diritti sulla proprietà intellettuale.
L’atteggiamento di Alfredo Palacio è irrazionale, non vuole ascoltare le nazionalità e le popolazioni indigene, gli allevatori, i produttori di riso, le università. Non vuole ascoltare gli ecuadoriani. Ascolta solamente il gruppetto dei grandi imprenditori che hanno vincolato il governo. La sua unica risposta sono le bugie e la repressione nei confronti dei diversi settori sociali.
Di fronte a tutto ciò la CONAIE, il governo delle Nazionalità e Popolazioni Indigene dell’Ecuador, riafferma che tutte le loro federazioni sono in assemblea permanente per proseguire i coordinamenti con i differenti settori sociali, per portare avanti nuove azioni in difesa della vita e del futuro della nostra patria. In questo senso manifestiamo la nostra solidarietà con la FENOCIN, la FEINE, e con tutte le organizzazioni, che come la CONAIE hanno sopportato l’irrazionalità, la repressione e la violenza del regime. Il governo mantiene l’ingiustificato stato di emergenza nelle 5 province montagnose, e starebbe approfittando di questo mezzo illegale per portare a termine compravendite illegali per svariati milioni di dollari, il che csostituisce reato.
La CONAIE accoglie l’approvazione della Legge sugli idrocarburi come un passo importante affinché il nostro paese possa recuperare in qualche modo la gestione delle proprie risorse naturali. I contratti precedenti favorivano solo le compagnie petrolifere e rappresentano una vergogna. Che l’Ecuador ottenga il 60% in più sui guadagni derivanti del proprio petrolio è il minimo che si possa sperare. Il recupero delle risorse energetiche è una esigenza delle popolazioni latinoamericane, come è stato fatto in Venezuela e si sta facendo in Bolivia, al fine di garantire la sovranità e il futuro delle nostre popolazioni. E non temiamo le minacce delle multinazionali petrolifere. Continueremo a tenergli testa, perché distruggono l’ambiente, invadono i nostri territori, corrompono i cattivi dirigenti, e saccheggiano il paese.
Riaffermiamo il nostro rifiuto alla campagna di bugie del regime, che dopo varie settimane non è stato capace di presentare alcuna prova delle sue ridicole accuse sul fatto che il governo venezuelano o le ONG abbiano finanziato le mobilitazioni indigene. Ed ancora torniamo ad esigere dal governo, che spieghi al paese perché gli Stati Uniti abbiano sostenuto le spese del gruppo di negoziatori ecuadoriani.
L’unità del movimento indigeno è più fermo e solido che mai, in quanto si basa sulle nazionalità e sulle popolazioni indigene di tutto il paese. Le nostre attività proseguiranno nonostante le repressioni del governo di marce e mobilitazioni. Ogni giorno si aggiungono nuovi settori sociali capeggiati dalla CONAIE per impedire la firma del TLC.

Shuk shunkulla, un solo cuore; shuk makilla, un solo pugno, shuk shimilla, una sola voce

Traduzione di Sonia Chialastri revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Semi, terra e acqua: le Idi di Marzo per Silvia Ribeiro
giovedì, 06 aprile 2006

Il sud del Brasile, culla dei movimenti sociali più importanti del paese e di tutta l’America Latina, è stato lo scenario, lo scorso mese, dello scontro frontale tra movimenti contadini e multinazionali, alla presenza delle Nazioni Unite. Dal 5 al 31 Marzo, si sono svolte una dopo l’altra, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo Rurale, la 3° Riunione delle parti firmatarie del Protocollo Internazionale di Cartagena sulla Biosicurezza e la 8° Conferenza delle parti firmatarie della Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite. Nel frattempo, si svolgeva in Messico il 4° Forum Mondiale dell’Acqua.
Senza avvertire nessuno, i “dannati della terra” nella forma di migliaia di contadini, braccianti senza terra, sfollati e profughi risultanti dalla costruzione di dighe, vittime della monocultura e della coltivazione di trasgenici in Brasile e nel mondo, hanno fatto irruzione nella scena della Conferenza delle Nazioni Unite che si svolgevano a Porto Alegre e Curitiba, mentre decine di migliaia hanno marciato in Messico in difesa dell’Acqua e contro la sua privatizzazione.

Traduzione di Daniela Cabrera- progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Radio comunitarie messicane contro la "Ley Televisa"
Giovedì 6 aprile 2006

La "Ley Televisa" elargisce benefici al monopolio informativo

Le organizzazioni delle radio comunitarie del Messico e della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) definiscono la Legge Federale sulla Radiotelevisione, attualmente in discussione al Senato, “incompatibile con la democrazia”.
Secondo quanto dichiarato attraverso un comunicato, il provvedimento definisce “un quadro normativo illegale e discriminatorio”, che pregiudica l’attività delle “radio che difendono gli interessi dei settori minoritari della popolazione”.
Gli oppositori della cosiddetta Ley Televisa affermano, citando uno dei gruppi mediatici più importanti del Paese, che la nuova normativa affonda le sue radici esclusivamente in “criteri economici”.
Sostengono, inoltre, che le disposizioni in materia di autorizzazioni, concessioni e licenze siano “discriminatorie per l’attività delle radio comunitarie”.
Il Segretario Esecutivo della CIDH, Ariel Dulitzky, conferma che tale progetto di riforma “potrebbe danneggiare” l’attività dei mezzi di comunicazione che “difendono gli interessi” dei settori minoritari, e al tempo stesso la diffusa rete di emittenti indigene attive sul territorio messicano. “Saranno i gruppi più vulnerabili a subire le maggiori conseguenze di questa legge”, sottolinea Dulitzky.
Secondo quanto afferma, fra gli obiettivi della CIDH figura l’affermazione della “garanzia per tutti all’accesso” al diritto alla libertà di espressione.
Il rappresentante della Commissione aggiunge che la Ley Televisa è “incompatibile con il concetto di democrazia partecipativa”.
Aleida Calleja, della filiale messicana dell’Associazione Mondiale delle Radio Comunitarie (AMARC), ritiene che la riforma in questione “rimette il dominio dello spettro radioelettrico” a Televisa, Televisión Azteca e Teléfonos de México.
Secondo Calleja, la legge costituisce un “grave attentato” alla pluralità in materia di radiodiffusione, e inscrive l’iniziativa nel quadro del “periodo elettorale”.

Informazione di: La Jornada

Tradotto da Orsetta Spinola – Revisione di Cecilia Silveri progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Interviste: “La mobilitazione continua punta all’affermazione di un’impresa statale che veda la partecipazione dell’utenza e dei lavoratori”
Giovedì 6 aprile 2006

Mobilitazione in difesa dell’acqua

La multinazionale dell’acqua Suez avrebbe già stabilito di ritirarsi dal consorzio Aguas Cordobesas, che fornisce acqua potabile alla città argentina di Cordoba, situata nel centro del Paese e capitale dell’omonima provincia.
Tale decisione sarebbe condivisa dall’impresa spagnola Aguas de Barcelona che, insieme alla Suez, è il socio maggioritario del consorzio.
La notizia è stata diffusa la scorsa domenica dal giornale cordobese La Voz del Interior, che ha dichiarato di aver ottenuto l’informazione da “affidabili fonti francesi al corrente delle decisioni prese a Parigi (capitale della Francia), e successivamente confermata da funzionari del Governo Provinciale (di Córdoba)”.
Tuttavia, nel numero di martedì di La Voz del Interior, il Ministro dei Lavori e dei Servizi Pubblici della provincia, Hugo Testa, sostiene che il governo non ha ancora ricevuto comunicazioni ufficiali da parte della Suez in cui si annuncia il ritiro da Aguas Cordobesas.
Eppure fra i movimenti sociali della zona e all’interno del governo stesso della provincia, si riscontra la convinzione che la Suez lascerà Cordoba.
La ditta, di base in Francia, ha già rescisso il contratto con la provincia argentina di Santa Fe, confinante ad est con Cordoba, e con quella di Buenos Aires, situata nella parte orientale del Paese, dove era operativa nella capitale federale (l’omonima città di Buenos Aires) e in diverse regioni dell’area suburbana della città.
I corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina e membri di Amici della Terra Buenos Aires, Raquel Schrott ed Ezequiel Miodownik, hanno intervistato Luis Bazán, coordinatore della Comisión Popular por la Recuperación del Agua [Commissione Popolare per la Riappropriazione dell’Acqua, N.d.T.] di Cordoba. Bazán è anche Segretario Generale del Sindacato delle Opere Sanitarie di Cordoba.
L’intervistato ha riferito a Radio Mundo Real che “il processo di Cordoba è giunto alla fase terminale di un periodo di consulte con il gruppo multinazionale condotto dalla Suez, dal momento in cui è stato confermato il suo ritiro anche da Cordoba”.
“Si apre una nuova epoca in cui la Commissione e il Sindacato, iniziano a pretendere la creazione immediata di una politica di gestione statale che preveda la partecipazione dell’utenza, dei lavoratori, degli organismi tecnici e scientifici, eccetera, per giungere alla riconquista di una sovranità popolare su una risorsa essenziale per la vita come l’acqua”, ha aggiunto Bazán.
Il nostro intervistato si è dimostrato soddisfatto giacché il governo provinciale, presieduto da José Manuel de la Sota, ha ritrattato sulla “rovinosa rinegoziazione che aveva istituito lo scorso dicembre”, che aveva sollevato “mobilitazione e indignazione popolari”.
Il 28 dicembre 2005 il parlamento cordobese ha approvato il rinnovo del contratto con Aguas Cordobesas.
Gustavo Spedale, un altro membro della Comisión Popular por la Recuperación del Agua, aveva riferito a Radio Mundo Real in marzo, che il 28 dicembre 2005 Aguas Cordobesas aveva prorogato il proprio contratto per altri 20 anni con facoltà di ritoccare le tariffe ogni sei mesi e di aumentare il costo dell’erogazione del servizio idrico.
La cittadinanza cordobese, però, si è organizzata, ha convocato assemblee in diversi quartieri della città per approfondire la questione dell’acqua.
Bazán ha affermato che “venerdì abbiamo tenuto un incontro aperto alla cittadinanza nella sede municipale della città in cui i delegati delle circoscrizioni hanno ratificato la necessità di annullare il contratto (con la Suez) e la statalizzazione del servizio”.
Il coordinatore della Comisión Popular por la Recuperación del Agua di Cordoba ha dichiarato che “il governo sta ritardando la conferma formale del ritiro (della Suez) con lo scopo di manipolare il trasferimento dei benefici da questo gruppo multinazionale ad altro settore”.
“Ma è chiaro che si tratti di una manovra squisitamente politica, visto che il panorama politico nazionale, e la mobilitazione continua puntano all’affermazione di un’impresa statale che veda la partecipazione dell’utenza e dei lavoratori”, ha sottolineato Bazán.

* Intervista realizzata nel contesto del Programma Argentina Sostenibile, iniziativa di varie organizzazioni ecologiste e sociali del Paese.

Vai alla relativa intervista su Radio Mundo Real:
Córdoba: la renegociación del contrato con Suez es "una estafa a la voluntad popular"

Tradotto da Orsetta Spinola – Revisione di Cecilia Silveri progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

La principale Università del Costa Rica avverte che l’approvazione del TLC sarà la rovina del Paese
Martedì, 4 Aprile 2006

L’Università del Costa Rica (UCR), principale centro di studi superiori del Paese, ha emesso lo scorso 28 marzo uno studio nel quale si afferma che con l’approvazione del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti la principale conseguenza sarà lo smantellamento dei servizi pubblici prestati dallo Stato. Il documento è stato inviato alla Commissione per gli Affari Internazionali ed il Commercio Estero dell’Assemblea Legislativa, affinché i deputati possano valutare l’effetto devastante del TLC.
"In questo trattato si viola l’ordinamento nazionale ed il modello di Stato e di società, a livello sociale e di benessere – prodotto dalle riforme sociali degli anni 40 –, per privilegiare il mercato ed il modello economico neoliberale, al di sopra dello Stato sociale (giustizia sociale, equità, servizi pubblici: istruzione, sanità, abitazioni)", afferma il documento.
Un’altra conseguenza diretta del TLC si avrà nell’ambito dell’agricoltura del Paese, dichiara lo studio, a causa dell’impossibilità di competere con i prodotti degli Stati Uniti.
I difensori del TLC del Costa Rica affermano che verranno creati nuovi posti di lavoro ed investimenti stranieri in settori strategici per l’economia del Paese.
Il documento dell’Università del Costa Rica informa anche sui pericoli che il TLC provoca nell’ambito della previdenza sociale, molto importante per migliaia di famiglie povere e di età avanzata nel Paese.
Il TLC “contiene trasformazioni radicali e profonde nella struttura e nel funzionamento dello Stato costaricense, in quanto limita e ridefinisce l’esercizio delle sue autorità principali. Queste trasformazioni si traducono nella perdita di sovranità e di autonomia per stabilire le proprie politiche di sviluppo” indica il documento in un altro passaggio.
In conclusione, lo studio della UCR afferma anche che mentre i Paesi dell’America Centrale stanno ratificando un Trattato – che si trova al di sopra delle leggi e di fatto in molti casi al di sopra delle stesse costituzioni –, negli Stati Uniti questo non avrà valore dal momento che “è al di sotto delle leggi federali, statali e locali”.
Ciò si traduce in “un’asimmetria giuridica, visto che il Costa Rica approva un trattato che è al di sotto della Costituzione Politica e al di sopra del resto dell’ordinamento giuridico. Dal canto loro, gli Stati Uniti approvano un accordo – agreement – subordinato a tutto il loro ordinamento giuridico”.
La conclusione a cui giunge il documento è che “ai Paese dell’America Centrale è stato detto che è stato negoziato un “accordo commerciale”. (Tuttavia) non riguarda solamente il commercio di beni, quanto piuttosto aree fondamentali dell’economia e della società come i servizi pubblici, la proprietà intellettuale, il lavoro, l’ambiente, il modo di risolvere le dispute tra le imprese e lo Stato, le politiche sulla concorrenza, gli investimenti ed i diritti degli investitori”.
I veri interessi degli Stati Uniti con il CAFTA – RD è stato quello di ottenere “l’apertura dei settori di servizi dei Paesi del Centroamerica ed una maggiore tutela dei loro investitori, lo sgravio accelerato o ampie quote di importazione di prodotti agricoli statunitensi, come la carne di maiale, alcuni tipi di frutta, ortaggi e loro derivati, mais e suoi derivati; e, più a lungo termine, riso, carne di pollo o bestiame”.

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Lettera di Solidarietà
Martedì, 4 Aprile 2006

Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE)

Quito, 3 Aprile 2006

La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), di fronte all’arresto arbitrario ed abusivo del compagno Pedro de la Cruz presidente della Federazione Nazionale delle Organizzazioni Indigene e Nere dell’Ecuador (FENOCIN) e di altri dirigenti, ci dimostriamo solidali e rifiutiamo il maltrattamento ed il razzismo vincolati al potere economico e politico neocolonialista del governo nazionale e dei loro imprenditori, contro gli indigeni.
Condanniamo questi eventi di aggressione e violenza da parte del governo di Palacio e degli imprenditori che provocano e violano i diritti delle popolazioni indigene,che difendono la sovranità del Paese; è per questo che pretendiamo l’immediata libertà dei detenuti. Allo stesso modo chiediamo al Governo e al Congresso Nazionale la deroga urgente dello Stato di Emergenza decretato nelle cinque province del Paese.
Le Nazionalità e le Popolazioni Indigene fanno un appello a tutti i settori organizzati: contadini, afroecuadoriani, piccoli commercianti, piccoli e medi agricoltori, risicoltori, maidici, studenti, casalinghe e professionisti ad unirsi a noi contro il TLC e chiediamo di eliminare la segretezza e la privacy sui documenti oggetto di negoziato a Washington e la loro immediata consultazione popolare, affinché sia il popolo a decidere democraticamente e sovranamente. Allo stesso tempo chiediamo la terminazione del contratto con la compagnia OXY.

”Shuk shunkulla, un solo cuore; shuk makilla, un solo pugno, shuk shimilla, una sola voce”

Santiago Dela Cruz
Vicepresidente CONAIE

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La legge sugli idrocarburi dell’Ecuador infastidisce i negoziatori statunitensi: “se la legge non verrà derogata, non ci sarà nessun TLC”
Martedì 4 aprile 2006

"TLC Ecuador: Il futuro non s’impone, si costruisce"

Ecuador e Stati Uniti hanno praticamente portato a termine lunedì a Washington, capitale dello stato nordamericano, una nuova serie di negoziazioni per la firma di un Trattato di Libero Commercio (TLC).
Tuttavia, è possibile che tale accordo non si firmi se gli Stati Uniti non cambieranno la propria posizione in merito alle condizioni della nuova Legge ecuadoriana sugli Idrocarburi.
La prossima riunione per discutere le trattative statunitensi ed ecuadoriane inizierà verso la fine di questo mese.
Il Congresso dell’Ecuador ha approvato mercoledì scorso un progetto di riforme alla Legge sugli Idrocarburi del Paese, che era stato presentato agli inizi di marzo dal presidente ecuadoriano, Alfredo Palacio.
La Legge sugli Idrocarburi indicherà ora, tra le altre cose, che lo Stato dell’Ecuador deve ricevere il 60 per cento dei profitti extra che le industrie petrolifere private operanti nel Paese percepiscono grazie all’incremento del prezzo al barile del greggio.
Secondo alcuni media ecuadoriani e internazionali, giovedì scorso, il giorno seguente all’approvazione da parte del Congresso dell’Ecuador delle riforme alla Legge sugli Idrocarburi, le negoziazioni di questo Paese con gli Stati Uniti hanno cominciato a ristagnare e si è venuto a creare un clima di tensione tra i funzionari governativi e i negoziatori di entrambi i Paesi.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, le riforme alla Legge sugli Idrocarburi sono trattate “apertamente” nelle riunioni sull’Agricoltura e sui Servizi nell’ambito delle trattative del TLC.
La posizione dell’Ecuador, che chiede di ottenere maggiori profitti dalle proprie risorse naturali, non piace agli Stati Uniti. I negoziatori statunitensi sarebbero anche preoccupati per la sicurezza dei propri investimenti in Ecuador e temono che il Paese non rispetti i contratti firmati con imprese energetiche di capitali statunitensi.
L’Ecuador potrebbe anche dichiarare la caducità del contratto con l’industria petrolifera statunitense Occidental Petroleum, conosciuta come Oxy, per negoziare la vendita di campi petroliferi senza il consenso statale.
Secondo una nota del quotidiano ecuadoriano El Universo di martedì: “gli imprenditori ecuadoriani credono che l’approvazione delle riforme alla Legge sugli Idrocarburi abbia influenzato il ritmo della trattativa (del TLC) e che inciderà sulla volontà degli Stati Uniti di riprendere il processo”.
Secondo un altro quotidiano ecuadoriano, La Hora, gli imprenditori del Paese, i cui nomi non vengono rivelati ma sembra abbiano seguito da vicino le negoziazioni tra Ecuador e Stati Uniti, hanno dichiarato che un negoziatore statunitense ha detto “Se non derogano la Legge sugli Idrocarburi, non ci sarà nessun TLC”.
Secondo La Hora, il negoziatore capo ecuadoriano del TLC, Manuel Chiriboga, si è mostrato preoccupato a causa dell’inquietudine che l’approvazione delle riforme alla Legge sugli Idrocarburi ha risvegliato negli animi dei negoziatori statunitensi.
“C’è preoccupazione per il cambiamento del quadro giuridico, però i negoziati non devono essere i canali per esprimere o affrontare questi temi”, ha affermato Chiriboga.

Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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L’imprenditore messicano Carlos Slim vuole l’Acquifero Guaranì
Martedì 4 aprile 2006

Il multimilionario messicano Carlos Slim – proprietario di numerose aziende sparse in tutta l’America Latina in diversi campi – è arrivato in Paraguay con l’idea di investire in infrastrutture e in diverse opere per trarre profitto dalle risorse d’acqua dolce sotterranea dell’Acquifero Guaraní. La cosa più sorprendente è stata che una ONG ambientalista del Paraguay, chiamata Alter Vida, ha appoggiato l’idea dell’imprenditore di sfruttare le risorse dell’Acquifero Guaraní. Secondo la rivista statunitense Forbes – che quantifica le maggiori ricchezze ed aziende del mondo – Carlos Slim sarebbe la terza persona più ricca del pianeta.
Secondo l’agenzia stampa paraguaiana Jaku`eké, dal programma di Biodiversità di Alter Vida si vedrebbe di buon occhio la realizzazione di investimenti privati su infrastrutture per “prendersi cura dell’acqua” dell’Acquifero.
“La mia visita in Paraguay, su invito del governo, non aveva un obiettivo concreto” ha affermato Slim, “ma nell’interesse generale di realizzare investimenti sulle infrastrutture sottolineo la possibilità di partecipare alla fornitura del servizio di acqua potabile” ha dichiarato infine l’imprenditore all’agenzia Reuters.
Secondo la dichiarazione di una rappresentante di Alter Vida, raccolta da Jaku´éke, “l’Acquifero Guaraní può essere utilizzato fino a 80 chilometri cubici senza rischiare uno sfruttamento eccessivo”.
Per completare l’idea di un utilizzo privato dell’Acquifero, alla fine si è preoccupato di dare una visione di “uso sostenibile”, sottolineando la “tutela del bacino acquifero”. Ha inoltre spiegato che “si tratta di un sistema che necessita di essere ricaricato costantemente perché una volta finita la ricarica, l’acquifero non funziona più in modo corretto, pur sempre obbedendo ai requisiti di rimboschimento, evitando l’utilizzo di sostanze tossiche e rispettando le zone umide e le regole di perforazione dei pozzi”.
In concreto, l’interesse dell’imprenditore sarebbe incentrato sull’investimento in opere di fornitura di acqua potabile in Paraguay.

Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia Silveri progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Continua il piano venezuelano di recupero delle terre
Lunedì, 03 Aprile 2006

Il presidente venezuelano, Hugo Chávez, domenica ha sottolineato nuovamente che il suo Paese mira a diventare una “potenza agroindustriale”, ed ha annunciato che durante la sua gestione si continuerà l’azione di recupero delle terre improduttive in “modo pacifico”.
Secondo il programma presentato al presidente, la strategia che promuove il governo venezuelano è “dare potere” ai contadini e “porre fine alla pratica latifondista”.
Chávez ha tenuto il suo programma domenicale dallo Stato di Apuré, limitrofo alla Colombia, dove ha consegnato 40 mila ettari di terreno a 29 cooperative di produzione agricola.
Il presidente ha sottolineato che i contadini stanno “riscattando la propria dignità”, e ha affermato che in breve tempo “non esisterà più alcun latifondo in Venezuela”.
Ha aggiunto che nell’ambito della “lotta contro il latifondo”, le leggi e la costituzione “stanno al di sopra” della proprietà privata. Ha tuttavia chiarito che “non saranno espropriate” le terre produttive.
Secondo Chávez, tutti i lavoratori di Apuré, distante circa 500 chilometri dalla capitale del Paese, Caracas, devono anche avere accesso all’insegnamento ed ai servizi sanitari. “E’ necessario un progresso integrale”, ha dichiarato.
Il governante ha annunciato che nelle terre di Apuré verrà costruito un centro sanitario per piante e animali, nel quale si promuoverà, tra le altre cose, anche l’agriturismo.
Ha affermato che l’ “obiettivo fondamentale” di questi programmi di sviluppo agricolo “non è lo sfruttamento”, quanto piuttosto cercare prima di tutto di “coprire il consumo nazionale e fornire ai cittadini un’alimentazione adeguata”.
Dal canto suo, il direttore del Instituto Nacional de Tierras, Richard Vivas, ha assicurato che nel primo trimestre del 2006 sono stati recuperati 400 mila ettari di terre improduttive.
Il funzionario ha annunciato nuovi interventi su latifondi ed ha stimato che per la fine del 2006 il governo venezuelano avrà recuperato 1.6 milioni di ettari inutilizzati.

Informazioni tratte da: Prensa Latina www.2001.com.ve/

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Ambientalisti cileni chiedono a Kirchner di bloccare il progetto Pascua Lama
Lunedì, 03 Aprile 2006

Organizzazioni ambientaliste cilene hanno esortato il presidente argentino, Nestor Kirchner, a “non approvare” il progetto aurifero Pascua Lama, che l’azienda canadese Barrick Gold vuole realizzare nella regione di Atacama, al confine nord con il Cile.
Secondo un comunicato del Consiglio di Difesa del Valle del Huasco, all’interno di diverse comunità c’è “grande preoccupazione” per la recente approvazione in Cile del progetto minerario, che “compromette il presente ed il futuro” di entrambi i Paesi.
Le organizzazioni chiedono Kirchner di avvertire le autorità argentine, che devono ancora decidere se approvare o meno il progetto, e di “convocare i parlamentari” per analizzare in modo critico le possibili conseguenze.
Il testo degli ambientalisti afferma che la società Barrick Gold ha intenzione di estrarre oro ed altri minerali dalla cordigliera delle Ande, nonostante “tutti gli studi tecnici” dimostrino la non sostenibilità del progetto.
Secondo gli ambientalisti, l’attività mineraria avrà un impatto “diretto o indiretto” sui ghiacciai, che loro considerano “riserve idriche strategiche in pieno deserto”.
Aggiungono inoltre che l’estrazione dell’oro provocherà “fratture” nei ghiacciai, che la termocombustione contribuirà al loro scioglimento e che il fiume El Estrecho verrà contaminato.
I membri delle comunità che ne sarebbero colpite dicono che questo fiume è un “elemento vitale per lo sviluppo umano, animale ed agricolo del Valle del Huasco”.
Si lamentano inoltre del fatto che nonostante le considerazioni tecniche ed il rifiuto da parte della popolazione al progetto Pascua Lama, si è spinta la “volontà politica” dei governanti cileni e delle autorità ambientali verso l’approvazione del progetto.
In conclusione, gli ambientalisti chiedono al presidente argentino di “tener conto più del buon senso e del benessere della popolazione del suo Paese che non delle considerazioni economiche a breve termine”.

Informazioni tratte da: www.olca.cl

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