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Terre Madri: Selezione in italiano dalle news
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 24 AL 30 APRILE 2006
|
"Oggi
stiamo sopravvivendo con mezzo litro di acqua al giorno"
Venerdì, 28 Aprile 2006
Circa 200.000 persone della città
argentina di Jujuy, capitale della stessa provincia
che si trova nella parte nord occidentale del paese,
hanno scarsità di acqua potabile da otto giorni e
dovranno ancora continuare ad aspettare prima di poter
contare su un servizio normale.
Il governo della provincia di Jujuy ha decretato l’emergenza
idrica e sanitaria in vari quartieri della capitale
provinciale, che mantengono un servizio minimo di
acqua potabile.
Il problema è sorto quando si è rotto il rubinetto
principale che rifornisce di acqua la città, e dopo
essere stato riparato nei giorni successivi si è nuovamente
rotto. Si spera di dover aspettare solo altri due
o tre giorni affinché la popolazione possa avere un’idonea
fornitura di acqua.
La compagnia che fornisce i servizi di acqua potabile
a Jujuy è la statale Agua de los Andes.
Il governatore provinciale, Eduardo Fellner, e varie
organizzazioni sociali stanno distribuendo acqua minerale
in bidoni e tetrapack affinché gli abitanti di Jujuy
colpiti possano placare la loro sete. Anche il governo
ha inviato autocisterne.
La Defensoría del Pueblo di Jujuy ha già richiesto
delle relazioni sulla mancanza di acqua, mentre il
Tribunale Penale numero uno della capital ha avviato
un procedimento d’ufficio per indagare sull’accaduto
e determinare così le responsabilità.
Secondo La Nación, tra coloro che dovranno dare delle
spiegazioni per la mancanza di approvvigionamenti
di acqua ci sono il governo della capitale della provincia,
la Polizia e la Sopraintendenza ai Servizi Pubblici
di Jujuy e l’Agua de los Andes.
D’accordo con il quotidiano argentino Página 12, Fellner
ha assicurato che una volta che sarà ristabilita l’erogazione
dell’acqua “impartiremo ordini affinché ogni ripartizione
pubblica faccia giungere alla giustizia le relative
relazioni al fine di identificarei responsabili e
i colpevoli di questi fatti”.
Tuttavia, Miguel Ramos, membro dell’Assemblea dei
Lavoratori Disoccupati dell’Alto Comedero, uno dei
quartieri più colpiti, ha dichiarato agli inviati
di Radio Mundo Real in Argentina, Raquel Schrott ed
Ezequiel Miodownik, che “il governo irresponsabilmente
finora non ha dato risposte concrete”.
“Al momento stiamo sopravvivendo con mezzo litro di
acqua al giorno. Le autocisterne che hanno mandato
sono camion con le cisterne ossidate, che provocano
più problemi che soluzioni”, ha aggiunto.
Secondo Ramos, in questi giorni si sono manifestati
molti casi di diarrea che stanno curando in ospedale
ed esistono serie possibilità che si diffondano nuovamente
malattie come l’epatite ed il colera.
“Stiamo chiedendo le dimissioni immediate dell’attuale
gestore dell’impresa, Osvaldo Del Grosso, come anche
che ci sia un responsabile politico a fronteggiare
questa situazione”, ha sentenziato Ramos.
* Raquel Schrott ed Ezequiel Miodownik
sono membri della organizzazione ambientalista Amigos
de la Tierra Buenos Aires (capitale dell’Argentina).
La loro intervista a Miguel Ramos è stata realizzata
nell’ambito del Programma Argentina Sostenibile, iniziativa
portata avanti da varie organizzazioni ambientaliste
di quel paese.
Foto: http://www.lahora.com.gt
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Presidente
della Banca Mondiale non è benvenuto in Guatemala
Venerdì, 28 Aprile 2006
Organizzazioni sociali del Guatemala
preparano per oggi una serie di mobilitazioni contro
la visita del presidente della Banca Mondiale, Paul
Wolfowitz.
In base a quanto denunciato dal Coordinamento Nazionale
delle Organizzazioni Contadine e del Collettivo ecologista
MadreSelva, che sono i principali organizzatori della
protesta, l’intenzione di Wolfowitz durante la sua
visita nel paese è quella di “promuovere lo sfruttamento
minerario”.
Al suo arrivo questa mattina in Guatemala, Wolfowitz
ha dichiarato che uno dei “problemi significativi”
del paese è la disuguaglianza, che secondo quanto
da lui sostenuto è “radicato da molto tempo”.
Il presidente dell’organismo finanziario internazionale
ha detto che visiterà le comunità indigene all’interno
del paese, e che prevede di incontrarsi con il presidente
Oscar Berger e con i funzionari del governo.
Il neoconservatore Wolfowitz continua ad essere fischiato
in tutte le ultime sue pubbliche apparizioni.
Uno dei principali argomenti contro la sua figura
ha a che vedere con la sua partecipazione alla strategia
militare relativa all’ultima invasione degli Stati
Uniti in Iraq.
Il presidente della Banca Mondiale è un ex funzionario
del governo statunitense e uno dei referenti più vicini
al presidente repubblicano George W. Bush.
Nonostante le contestazioni che ha suscitato in tutte
le sue visite, Wolfowitz non sembra voler correggere
il tiro: ieri durante la sua ultima conferenza in
Messico ha detto che i principali problemi del paese
– tra cui la migrazione, la violenza e la disoccupazione–
non è responsabilità degli organismi internazionali.
Secondo la sua opinione, la crisi del Messico “ha
a che vedere più con la mancanza di investimenti e
di competitività che con le raccomandazioni del Consiglio
di Washington e degli organismi multilaterali”.
Fonte informativa: La Jornada- Prensa
Latina
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Proteste
contro la diga El Tigre
Venerdì, 28 Aprile 2006
Organizzazioni ambientaliste dell’Honduras
e di El Salvador stanno preparando mobilitazioni per
questo fine di settimana, dopo che i presidenti di
entrambi i paesi, rispettivamente Manuel Zelaya e
Antonio Saca, hanno annunciato lunedì scorso che “avrebbero
ripreso” il progetto della diga idroelettrica El Tigre.
In base a quanto riportato nel comunicato del Consiglio
Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras
(COPINH sigla in spagnolo), uno dei gruppi che si
oppone da dieci anni al megaprogetto, la costruzione
della centrale El Tigre provocherà degli impatti sulle
popolazioni “più povere”.
Stimano che l’attività della diga, che verrà costruita
al confine tra i due paesi, solo in Honduras porterà
all’evacuazione di circa 20 mila persone, e alla formazione
di settanta chilometri quadrati di bacini artificiali
che distruggeranno l’habitat delle comunità rivierasche.
Gli ambientalisti prevedono che gli alti livelli di
sedimentazione accumulata dall’attività idroelettrica
avrà effetti negativi su tutti gli affluenti del fiume
Lempa, su cui si pensano di realizzare le opere.
“Verranno trascinate da questi fiumi tutte le acque
reflue, bollenti, inquinate da feci e prodotti chimici”,
aggiungono nel comunicato.
Il COPINH mette in guardia che tale inquinamento che
andrà in circolo tra gli affluenti esporrà a rischio
la salute di circa tre milioni di salvadoregni.
Secondo quanto segnalato da questa organizzazione,
i benefici economici di tale impresa “saranno minimi”
se comparati con i danni che avrà su “migliaia e migliaia
di famiglie”.
Gli ambientalisti avvertono inoltre che con la costruzione
della diga “aumenterà la dipendenza del paese” dal
settore privato, dalle multinazionali e dagli organismi
di credito.
“Aumenterà anche la dipendenza politica, a partire
dalla sicurezza e dalla sovranità nazionale fino alla
violazione di convenzioni internazionali sui diritti
delle popolazioni indigene” aggiungono.
Secondo le conclusioni degli oppositori del progetto,
il cui costo della costruzione è stimato sui 500 milioni
di dollari, tutto ciò si tradurrà in un accumulo del
“debito estero non necessario”.
Fonte informativa: COPINH
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Bolivia:
è stato inaugurato a Cochabamba il progetto di raccolta
dell’acqua gestito dal popolo
Venerdì, 28 Aprile 2006
Domenica è stato inaugurato nel municipio
boliviano di Tiquipaya, nel dipartimento centrale
di Cochabamba, il progetto “Red de Aguas”, che garantirà
l’accesso a questa risorsa a circa 1.500 famiglie
di questo municipio nonché del cochabambino municipio
di Cercado.
Il progetto è stato inaugurato nella comunità di Chilimarca,
a Tiquipaya, una delle principali beneficiarie dell’impresa.
Sono stati posati in maniera simbolica i primi metri
di tubo, che successivamente daranno vita ad una rete
fognaria di 25 chilometri.
Red de Aguas è finanziato da un fondo di solidarietà
di AATO Laguna di Venezia, ente che pianifica e controlla
il sistema di raccolta dell’acqua nella provincia
italiana di Venezia, capoluogo della regione settentrionale
del Veneto.
Tuttavia, la novità del progetto Red de Aguas consiste
nel fatto che si tratta di un’impresa condivisa da
varie organizzazioni che sarà attuato dagli stessi
abitanti di Tiquipaya e Cercado.
Radio Mundo Real ha avuto modo di parlare questo venerdì
con Oscar Olivera, il principale rappresentante del
Coordinamento dell’Acqua e della Vita di Cochabamba,
il quale ci ha spiegato le relazioni che intercorrono
tra le diverse organizzazioni e fondazioni che hanno
reso possibile tale progetto.
Red de Aguas è un progetto dell’associazione A Sud,
con sede in Italia, che collabora con il lavoro dei
movimenti sociali del sud del mondo. Appoggiano il
progetto il Coordinamento dell’Acqua e della Vita
di Cochabamba, l’impresa cochabambina Agua Tuya e
la Fondazione Abril, che sostiene il lavoro dei movimenti
sociali boliviani e si è trasformata nel braccio operativo
del Coordinamento dell’Acqua e della Vita.
Il municipio di Tiquipaya, il comitato tecnico del
sistema fognario della comunità di Chilimarca, Agua
Tuya, il Coordinamento dell’Acqua e della Vita e la
Fondazione Abril hanno firmato domenica una convenzione
con la quale hanno dato vita al progetto Red de Aguas.
“Siamo disposti a dimostrare al paese e al mondo che
è possibile costruire tra uguali altre forme di relazioni
e soluzioni alle nostre necessità, senza chiedere
l’elemosina al governo nazionale, né ai partiti politici,
senza accettare imposizioni da parte degli organismi
internazionali, o sottomettersi alla cooperazione
delle agenzie internazionali che impongono condizioni
di pagamento insostenibili con il fine di privatizzare
non solo l’acqua ma anche il nostro diritto a decidere”,
dice la convenzione.
La comunità di Chilimarca si incaricherà di dare esecuzione
alla Red de Aguas e di gestire il sistema idrico sanitario,
di cui saranno gli unici proprietari.
In base ad un comunicato di A Sud, durante la conferenza
stampa svoltasi mercoledì, Oscar Olivera ha dichiarato:
“Stiamo dimostrando che è possibile costruire un nuovo
tipo di convivenza sociale, che è possibile dare una
risposta alle nostre difficoltà e sofferenze in maniera
collettiva e senza intermediazione di partiti e padroni.
Questo è il futuro della umanità, basato su forme
di autogestione e autogoverno”.
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Nuovo
conflitto minerario in Perù
Giovedì, 27 aprile 2006
I lavoratori dell’azienda mineraria
Yanacocha, operativa nel dipartimento settentrionale
di Cajamarca in Perù, hanno iniziato uno sciopero
a tempo indeterminato ed esigono che la dirigenza
della società risponda finalmente, a distanza di anni,
alle loro rivendicazioni.
Il comunicato del Sindacato di lavoratori delle miniere
afferma che i lavoratori “vengono trattati come animali,
e secondo usanze di epoca coloniale”.
Secondo questo testo, l’azienda licenzia i lavoratori
che si ammalano per cause legate alla loro attività
in miniera. Denunciano inoltre che molti di questi
licenziamenti vengono effettuati senza nessun rispetto
della legislazione sul lavoro.
I lavoratori affermano che gli abusi sono permanenti
e che includono delle pressioni a firmare delle lettere
“volontarie” di licenziamento.
Nel comunicato si dichiara anche che alcuni responsabili
di Yanacocha sono arrivati perfino a “vietare l’ammalarsi”
sotto minaccia di licenziamento immediato.
Denunciano anche il caso di un altro superiore che
possiede un ristorante e che obbliga i lavoratori
a frequentare il suo locale.
In un altro caso, uno degli azionisti locali dell’azienda
mineraria che è tra l’altro imprenditore nella sanità,
obbliga i lavoratori della miniera a sottoscrivere
un’assicurazione al suo centro di salute.
“Molti tra di noi sono rimasti soli perché i nostri
famigliari non hanno sopportato lo stress dovuto alle
pressione di cui siamo vittime”, hanno concluso i
lavoratori delle miniere.
Yanacocha è la più grande azienda produttrice d’oro
in America Latina e la seconda nel mondo. L’ azionista
principale è la multinazionale nordamericana Newmont.
Il dipartimento di Cajamarca produce l’oro meno caro
del mondo. Circa 100 dollari l’oncia, mentre nel mercato
internazionale l’oncia raggiunge i 640 dollari.
Yanacocha ha prodotto nel 2005 circa
tre milioni trecento mila oncie d’oro.
Informazione di Red Voltaire.
Traduzione Daniela Cabrera – progetto
Terre Madri – Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal
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Organizzazioni
sociali e popolari della Colombia e del Perù raddoppiano
a maggio le campagne contro il TLC
Giovedì, 27 aprile 2006
Organizzazioni sociali e popolari
di Colombia e Perù raddoppiano campagne contro il
TLC a maggio
Red de Acción frente al Libre Comercio y el ALCA -
RECALCA
Bogotá, 21 aprile 2006
Nonostante il governo si ostini a
nascondere il testo del TLC sottoscritto con gli Stati
Uniti e abbia realizzato una campagna pubblicitaria
multimilionaria sui supposti vantaggi dello stesso,
molte delle cose pattuite sono filtrate e sono sufficienti
a scandalizzare l’opinione pubblica.
La distruzione della Comunidad Andina è stato il suo
effetto più recente, ma anche l’imminente rovina della
produzione di alimenti di prima necessità, il fallimento
dell’industria, la difficoltà di accesso alle medicine
generiche, la diminuzione del potere dello stato nella
promozione dello sviluppo, le privatizzazioni, sono
tra le altre conseguenze del Trattato.
Il movimento popolare man mano che viene a conoscenza
di nuovi aspetti si prepara per proseguire la lotta
tentando di impedire la firma e la ratifica al Congresso.
Per questo l’insieme delle organizzazioni indigene,
contadine e sindacali, il movimento degli utenti dei
servizi pubblici, gli studenti, i professori e i lavoratori
delle università, i maestri, tra gli altri, hanno
convocato per una serie di mobilitazioni che inizieranno
con quelle del primo maggio e continueranno a partire
dal 15 maggio con intense giornate di protesta.
Il movimento sindacale preoccupato degli scandali
per corruzione nelle alte sfere del governo e di fronte
alla radicalizzazione di alcuni settori come la Telecom,
l’annuncio della privatizzazione del Banco Cafetero,
degli aumenti delle imposte e della diminuzione del
salario minimo, hanno portato ad una rottura con il
governo.
Si cerca, in attesa delle elezioni presidenziali,
di evitare che nuovi settori della popolazione si
rendano conto della verità sul trattato che il governo
sta nascondendo per non danneggiare il progetto di
rielezione.
Invitiamo tutte le persone che si preoccupano dell’avvenire
della patria, a partecipare a queste giornate e ad
impegnarsi attivamente nella spiegazione di pregiudizi
del TLC.
Corporazione agricole, organizzazioni contadine, popolazioni
e comunità indigene del Perù invitano alla Mobilitazione
e allo Sciopero Nazionale contro il TLC.
Per il prossimo 24 maggio, si convocano le organizzazioni
agrarie, i sindacati, i movimenti giovanili, le donne,
i produttori, i piccoli imprenditori, i trasportatori,
le comunità contadine, le comunità indigene, i professionisti
e la popolazione in generale ad aderire allo Sciopero
Nazionale contro la firma del TLC che viola la sovranità
del paese.
I convocatori:
Confederación Nacional Agraria (CNA),
Confederación Campesina del Perú (CCP). Frente Nacional
Ganadero (FNG). Asociación Nacional Productores de
Algodón (ANPAL). Asociación Nac. De Empresas Comunales
(ANECOMSA). Confederación Nac. De Comunidades Afectadas
por la Minería (CONACAMI). Central Nacional Agropecuaria
Cocalera del Perú (CENACOP). Sociedad Nacional Ganadera
del Perú (SONAGAN). Sociedad de Productores de Alpaca
Registrada (ASPAR). Sociedad Nacional de la Vicuña
(SNV). Asociación Nacional Productores de Caña de
Azúcar. Comité Nacional de Productores de Arroz. Asociación
de Comerciantes Mercado Mayorista N° 2. Asociación
Nacional de Frutas. Coordinadora Nacional de Productores
de Papa. Asociación Nacional de Productores de carne
Bovina – (FONGICAVR), CONVEAGRO e 86 organizzazioni
regionali e nazionali.
Traduzione di Sonia Chialastri – progetto
Terre Madri – Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal
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Gli
Stati Uniti confermano di aver aumentato le attività
di intelligence in America Latina
Mercoledì 26 aprile 2006
Il direttore dell’Intelligence statunitense,
John Negroponte, ha ammesso che le attività di spionaggio
degli Stati Uniti in America Latina sono aumentate
in maniera considerevole.
In quanto direttore dell’Intelligence, Negroponte
coordina le attività delle diverse agenzie statunitensi
che si occupano di questo lavoro, come per esempio
l’Agenzia Centrale di Intelligence (CIA – sigla inglese).
“Ci stiamo consolidando in zone dove non siamo mai
stati, dove abbiamo lasciato che le cose si atrofizzassero
dopo la fine della Guerra Fredda – in America Latina
e Africa”, ha dichiarato Negroponte alla rivista statunitense
Time in un’intervista pubblicata lunedì.
Secondo quanto rivela il quotidiano colombiano El
Tiempo, l’aumento delle attività di intelligence statunitensi
in America Latina sarebbe stato ordinato proprio dal
presidente US, George W. Bush.
“Washington, preoccupata per l’ascesa di regimi di
sinistra o per l’insediamento di gruppi terroristi
nella regione, ha deciso di ampliare la propria base
di spie e informatori in tutta l’America Latina”,
spiega El Tiempo.
Il quotidiano colombiano ha rivelato che l’amministrazione
US ha confermato un aumento delle operazioni degli
Stati Uniti in America Latina il cui scopo è quello
di intercettare comunicazioni da aerei e sottomarini.
Spiega che il quotidiano statunitense The New London
Day ha rivelato che un sottomarino nucleare è stato
inviato dagli Stati Uniti verso l’America Latina,
in una missione di appoggio alla “guerra contro il
terrorismo” nella regione. Il sottomarino statunitense
ha navigato per 90 giorni attraverso il Mar dei Caraibi.
http://www.theage.com.au
Tradotto da Arianna Ghetti Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Più
di 200.000 persone sono morte come risultato della
catastrofe di Chernobyl
Mercoledì 26 aprile 2006
Due persone rendono omaggio alle vittime
di Chernobyl nel paese ucraino di Slavutych, costruito
per ospitare i lavoratori dello stabilimento dopo
l’esplosione
Un migliaio di persone rendono omaggio questo mercoledì
alle vittime dirette o indirette dell’esplosione della
centrale nucleare di Chernobyl – situata vicino alla
cittadina ucraina di Chernobyl – a 20 anni dal disastro,
considerato la maggiore catastrofe nucleare della
storia.
Verranno organizzate diverse cerimonie ufficiali di
commemorazione e di omaggio alle vittime, soprattutto
in Ucraina, Bielorussia e Russia, i paesi con il maggior
numero di vittime a seguito del disastro, anche se
non gli unici paesi colpiti.
Il 18 aprile l’’organizzazione ambientalista Greenpeace
ha presentato un rapporto redatto da 60 scienziati
che rivela che le cifre sulle conseguenze della catastrofe
di Chernobyl sono molto più drammatiche rispetto a
quanto viene detto.
Greenpeace denuncia soprattutto l’Agenzia Internazionale
per l’Energia Atomica e l’Organizzazione Mondiale
della Sanità per aver tentato di minimizzare le conseguenze
dell’esplosione della centrale di Chernobyl.
Secondo l’organizzazione ambientalista, in Ucraina,
Bielorussia e Russia, sarebbero già morte più di 200.000
persone.
Secondo il sito di notizie argentino Infobae, l’esplosione
di Chernobyl ha disseminato circa 200 tonnellate di
materiale radioattivo, pari all’esplosione di 100-500
bombe atomiche. Greenpeace sostiene che tale materiale
ha avuto effetti su più di 2.000 milioni di persone
nel mondo.
L’organizzazione internazionale cita anche un rapporto
del Centro Indipendente di Valutazione Ambientale
dell’Accademia Russa delle Scienze, basato su dati
statistici del Centro Nazionale di Statistica sul
Cancro di Bielorussia e Ucraina. Questo studio prevede
che in tutto il mondo si verificheranno presto altri
270.000 casi di cancro causati da Chernobyl, dei quali
circa 93.000 è probabile che si rivelino mortali.
Secondo il quotidiano messicano La Jornada, in Ucraina,
Bielorussia e Russia sono notevolmente aumentati i
casi di cancro alla tiroide, leucemia e altre malattie
oncologiche. Queste malattie minacciano soprattutto
i cosiddetti “liquidatori” delle conseguenze di Chernobyl,
come vennero soprannominati le migliaia di lavoratori
che nel 1986 si recarono nella zona del disastro per
aiutare a minimizzare i danni. Le condizioni di salute
di queste persone sono molto delicate ed è molto probabile
che muoiano a causa delle conseguenze dell’esplosione.
Secondo le informazioni fornite dal nuovo rapporto
di Greenpeace, la radiazione liberata in seguito all’esplosione
di Chernobyl ha generato altri effetti devastanti
sulla salute degli abitanti soprattutto di Bielorussia,
Russia e Ucraina, oltre ai casi di cancro.
Tra queste malattie spiccano danni ai sistemi immunologico
ed endocrino, accelerazione dell’invecchiamento, disturbi
cardiovascolari e dell’apparato circolatorio, disturbi
psicologici, aberrazioni cromosomiche e aumento delle
malformazioni nei feti e nei bambini.
Tuttavia, alti funzionari dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite hanno diffuso mercoledì un documento
nel quale insistono a considerare infondate le dichiarazioni
“allarmanti” sugli effetti dell’esplosione di Chernobyl
per la salute umana e l’ambiente.
Tradotto da Arianna Ghetti Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Multinazionali:
gli ecuadoriani fanno causa alla Chevron per gravi
danni alla salute
Mercoledì 26 aprile 2006
Indigene colpite da contaminazione petrolifera in
Ecuador
Quattro ecuadoriani affetti da cancro
hanno promosso ieri un’azione giudiziaria contro la
compagnia petrolifera statunitense Chevron, ex Texaco,
di fronte ad una corte federale della città di San
Francisco (USA).
Secondo quanto dichiarano i querelanti, i quali vivono
nella zona del Rio delle Amazzoni – nel Nord del paese
– la multinazionale “si è arricchita ingiustamente
a spese delle loro malattie”, e mettendo a rischio
quella di altri 30 mila ecuadoriani, che hanno anch’essi
“risentito gli impatti”.
Coloro che hanno subito le conseguenze derivanti dall’operato
della Chevron assicurano che durante il periodo in
cui l’impresa ha sfruttato giacimenti in Ecuador,
tra il 1973 e il 1992, si è servita di “tecnologia
obsoleta”, che ha provocato elevati livelli di contaminazione.
“Ora altre persone soffrono le conseguenze della contaminazione
causata dalla Chevron, la quale si è arricchita e
continua a farlo attraverso mezzi illegali, che le
fanno fruttare miliardi di dollari”, indicano in un
comunicato diffuso dall’agenzia Altercom.
La causa contro la Chevron comprende una richiesta
indirizzata ai giudici statunitensi affinché la compagnia
finanzi con i propri “profitti mal guadagnati” la
costruzione di centri di salute pubblica nella zona
dell’Ecuador dove ha operato la Texaco.
Secondo quanto affermano, le società petrolifere hanno
cercato di nascondere i danni provocati attraverso
campagne pubblicitarie, nelle quali “cercano di dimostrare”
la propria responsabilità verso l’ambiente.
“Ciò che la Texaco ha fatto in Ecuador non ha precedenti
in nessuna parte del mondo ed è arrivato il momento
che tutto il mondo conosca la verità dei fatti. La
campagna di falsità perpetrata dalla Chevron sviluppata
a San Francisco dimostra al mondo la qualità morale
dell’industria petrolifera”, ha fatto notare l’avvocato
che rappresenta i querelanti.
Dall’altra parte, la compagnia statunitense ha avviato
un processo a New York contro lo Stato ecuadoriano,
chiedendo che la società statale petrolifera Petroecuador,
che attualmente opera nei pozzi utilizzati un tempo
dalla Texaco, si assuma le responsabilità per i danni
causati.
Gli ecuadoriani che hanno subito i danni della contaminazione
concludono nel comunicato: “La Chevron ha creato un
disordine legale per evitare di assumersi le proprie
responsabilità per tutti i cadaveri lasciati in Amazzonia,
e per quelli che intende lasciare”.
Fonti: Altercom El Mercurio
http://www.chevrontoxico.com
Tradotto da Arianna Ghetti Progetto
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L’Argentina
"sta riprendendo la sua rotta verso il nucleare"
Mercoledì, 26 aprile 2006
Il programma Conosur Sustentable e l’organizzazione
ambientalista Greenpeace Argentina hanno presentato
lo scorso lunedì nella città di Rosario, situata nella
provincia centrale di Santa Fe, un comunicato intitolato
“A 20 anni da Chernobyl: i miti dell’energia nucleare”.
Il comunicato verrà presentato mercoledì prossimo
a Buenos Aires, capitale dell’Argentina.
Conosur Sustentable riunisce organizzazioni sociali
ed ambientaliste di Brasile, Cile, Uruguay, Argentina
e Paraguay. I primi tre Stati hanno lanciato il programma
nel 1998 e da allora promuovono all’interno del proprio
territorio e nella regione iniziative di sviluppo
sostenibile.
Mercoledì prossimo ricorre il ventennio dalla duplice
esplosione del quarto reattore della centrale nucleare
di Chernobyl. L’esplosione ha provocato la maggior
catastrofe nucleare della storia.
Solo in Ucrania, Bielorussia e Russia sono morte oltre
200.000 persone e milioni di esseri umani sono stati
colpiti direttamente o indirettamente dalla nuvola
di materiale radioattivo che si è sprigionata dopo
l’esplosione della centrale nucleare.
Con il comunicato “A 20 anni da Chernobyl: i miti
dell’ energia nucleare”, di Conosur Sustentable e
Greenpeace Argentina, gli autori intendono ratificare
la propria opposizione all’energia nucleare e mostrare
le sue carenze. Sostengono che molte delle cose che
si affermano sull’energia nucleare sono miti che devono
essere chiariti.
Il Taller Ecologista di Rosario ha condiviso con Radio
Mundo Real un’intervista realizzata ad uno degli autori
del comunicato e coordinatore dell’area Energia di
Conosur Sustentable e del Taller Ecologista, Pablo
Bertinat.
Bertinat ha fatto riferimento soprattutto ai rischi
di una centrale nucleare. “Il reattore di Chernobyl
ha funzionato per due anni, quattro mesi e quattro
giorni, ed ha creato una catastrofe che non si sa
per quanto ancora farà patire le sue conseguenze alle
regioni dell’Ucrania e della Bielorussia. Ci chiediamo
se valga la pena correre il rischio di avere queste
centrali”.
In Argentina ci sono due centrali nucleari già in
funzione ed una terza in costruzione che potrebbe
essere terminata nei prossimi anni. La centrale Atucha
I è stata costruita dalla società tedesca Siemens
Power Generation nel 1973 nella località di Zárate,
provincia di Buenos Aires. Nella provincia centrale
di Córdoba c’è un’altra centrale nucleare, mentre
Atucha II, che la Siemens ha lasciato incompiuta per
oltre un decennio, potrebbe essere terminata nei prossimi
anni.
Bertinat ha detto che l’Argentina “sta continuando
o riprendendo la sua rotta verso il nucleare. In realtà
si tratta di un’avventura che stanno affrontando tanto
il presidente Kirchner (Argentina), quanto Lula (mandatario
in Brasile) e Chávez (presidente del Venezuela)”.
Uno degli obiettivi del comunicato di Conosur Sustentable
e Greenpeace Argentina è di dimostrare che non è sicuro
che l’energia nucleare sia redditizia.
“Una volta terminata si spenderanno ad Atucha II quattro
miliardi di dollari, quando in realtà con la stessa
cifra si potrebbe installare praticamente cinque volte
la potenza che avrà Atucha II in energia eolica o
in qualsiasi altra energia rinnovabile”, ha spiegato
Bertinat.
Lo specialista ha aggiunto che in Argentina “non si
sa ancora cosa si farà con i rifiuti (delle centrali
nucleari) e si tratta di una grande ipoteca per le
future generazioni”. Ha affermato inoltre che in pratica
non esiste in questo Paese una politica di promozione
delle energie pulite e rinnovabili.
“Crediamo che questo sia uno dei nostri maggiori fallimenti.
Il nostro Paese dipende per un 90 percento da combustibili
fossili, petrolio e gas, per quanto riguarda le fonti
primarie. Questa dipendenza in un Paese al quale rimangono
pochi anni di riserve, come è in realtà, è decisamente
pericoloso, o attenta alla sovranità energetica del
Paese”, ha detto il coordinatore dell’area Energia
di Conosur Sustentable.
“In questo senso, ci sarebbe bisogno di una politica
molto più audace di sostituzione dei combustibili
fossili con fonti di energia rinnovabile, che è possibile
installare con politiche attive dello Stato”, ha aggiunto
Bertinat.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Comunicato
di Via Campesina di fronte alla denuncia nel Rio Grande
do Sul (Brasile)
Mercoledì, 26 aprile 2006
Riguardo alla denuncia presentata
questo lunedì dal Pubblico Ministero, contro l’azione
delle donne di Via Campesina l’ultimo 8 Marzo ai danni
dell’azienda Aracruz, il movimento Via Campesina di
Rio Grande do Sul ritiene:
1. La denuncia presentata dal Pubblico
Ministero è basata su supposizioni dell’accusa e non
possiede base giuridica. Si tratta di denunce infondate
che cercano di rispondere alla pressione dei mass
media, sponsorizzati dalla stessa Aracruz, più specificamente
dal gruppo RBS, il quale si è dedicato sistematicamente
a criminalizzare e perseguitare i movimenti sociali
del Rio Grande do Sul. Durante il dibattito giudiziario,
e con tranquillità, Via Campesina proverà l’assurdità
delle denunce confidando nel fatto che il Potere Giudiziario
si basi sul pubblico interesse piuttosto che sulla
pressione delle grandi aziende e della stampa.
2. Via Campesina di RGS riafferma la sua intenzione
di lottare contro la monocultura dell’ eucalipto,
così come sempre ha lottato contro le monoculture
pregiudiziali all’ambiente, alla vita dei lavoratori
rurali e alla salute della popolazione. Non siamo
contrari alla scienza, ma siamo coscienti del fato
che ogni scienza ha dietro di se un progetto politico
preciso. Per questa ragione, siamo contro i deserti
verdi, queste coltivazioni enormi di eucalipto, acacia
e pinus per la produzione di cellulosa che coprono
migliaia di ettari in Brasile e in America Latina.
Dove il deserto verde guadagna spazio, la biodiversità
è minacciata, i terreni si deteriorano, i fiumi si
asciugano, senza contare l’inquinamento prodotto dalle
fabbriche di cellulosa che inquinano l’aria, l’acqua
e minacciano la salute umana. L’azione delle donne
di Via Campesina, realizzata durante il giorno internazionale
della Donna, sarà un appuntamento memorabile per le
future generazioni nella lotta per la difesa della
vita nel pianeta.
3. Speriamo che il Pubblico Ministero del Rio Grande
do Sul, così come negli stati del Espirito Santo,
Minas Gerais e Bahia, dimostri la stessa attenzione
nell’investigare i veri crimini commessi dall’azienda
Aracruz: aggressione ai popoli indigeni, quilombas
e contadini, infrazione della legislazione ambientale
con effetti nocivi alla biodiversità e alle risorse
idriche della regione dove si trova. Questa stessa
azienda sarà giudicata nel “Tribunale Internazionale
dei Popoli contro le multinazionali di origine europea
e i sistemi di potere delle corporations in America
latina e Caribe”, evento promosso dalla società civile
che si svolgerà a Vienna (Austria) dal 10 Maggio al
13 Maggio. Ricordiamo che il Pubblico Ministero del
Rio Grande do Sul ha appena richiesto alla Magistratura
il divieto della coltivazione di eucalipto nel Parco
Nazionale della Lagoa do Peixe, tenendo in considerazione
i comprovati effetti nocivi provocati da questa monocultura.
VIA CAMPESINA DEL RIO GRANDE DO SUL
Movimento dei lavoratori Rurali Senza Terra
Movimento dei piccoli contadini
Movimento degli sfollati delle dighe
Movimento delle Donne contadine
Commissione pastorale della Terra
Pastorale della Gioventù rurale
Federazione degli studenti di agronomia in Brasile
Globalizzare la lotta! Globalizzare la speranza!
Traduzione Daniela Cabrera dei Traduttori
per la Pace (Progetto Terre Madri-radiomundoreal-TPP) |
Ancora
denunce sugli effetti della produzione di soia in
Paraguay
Lunedì 24 aprile 2006
Gli effetti del modello paraguaiano:
nel gennaio del 2003 morì intossicato da agrotossici
Silvino Talavera, un bambino di 11 anni che commise
il “peccato” di vivere vicino a piantagioni di soia
Il sociologo e accademico paraguaiano Tomás Palau
denuncia che il modello di sviluppo rurale del proprio
paese, basato sulla monocoltivazione di soia transgenica,
favorisce solo i dirigenti delle multinazionali che
si occupano di agroindustria e aumenta la disuguaglianza
sociale nell’ambiente rurale.
Secondo l’agenzia stampa Adital, l’area coltivata
a soia nel Paraguay supera i 1.176.460 ettari, il
che implica un aumento di 720.000 ettari negli ultimi
quattro anni. Il 90 per cento della soia piantata
è transgenica e i semi arrivano in Paraguay attraverso
attività di contrabbando.
Secondo Adital, la produzione di soia in Paraguay
sta provocando la distruzione della biodiversità e
costituisce una minaccia alla salute dei consumatori,
a causa della modificazione genetica della soia e
dell’impiego di pesticidi nelle piantagioni.
Il modello di sviluppo rurale introdotto con la produzione
di soia transgenica in Paraguay danneggia inoltre
piccoli produttori di altre coltivazioni dediti all’agricoltura
sostenibile, che vedono le proprie terre circondate
da soia transgenica che contamina i loro prodotti.
Questo provoca un aumento della disuguaglianza sociale
nell’ambiente rurale paraguaiano, di cui è responsabile
il governo stesso di questo paese, con a capo Nicanor
Duarte.
Secondo Adital, Palau ha dichiarato che l’attuale
situazione rurale in Paraguay “è un problema molto
complesso, che ha come effetto sociale finale più
importante l’evacuazione dei contadini dalle zone
rurali del paese”.
Adital sottolinea soprattutto i rischi legati alla
soia transgenica, parte fondamentale del modello di
sviluppo rurale in Paraguay.
L’agenzia di stampa spiega il rischio sanitario delle
coltivazioni transgeniche, che, secondo studi di ricercatori
indipendenti, potrebbero avere effetti negativi sulla
salute umana, e mette in guardia sulla contaminazione
genetica che queste provocano alle coltivazioni tradizionali.
Con questo modello lo Stato paraguaiano si sottomette
anch’esso alle pressioni e alle richieste del maggior
produttore di transgenici del mondo, la multinazionale
Monsanto.
“Le coltivazioni con sementi transgenici, che sono
resistenti agli erbicidi, vengono fumigati con biocidi,
molti dei quali sono proibiti. Questi biocidi provocano
morte e intossicazione negli esseri umani, poiché
molte delle fumigazioni avvengono in maniera automatica
o persino da aerei”, spiega Adital.
“Oltre a questo, distruggono coltivazioni di autoconsumo
e la fauna domestica, ittica e la microfauna del suolo”,
aggiunge l’agenzia stampa.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di Benedetta
Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
Brasile:
i decessi causati da conflitti agrari sono aumentati
di più del 100 per cento nel 2005
Lunedì 24 aprile 2006
Manifestanti brasiliani innalzano
un’immagine della missionaria Dorothy Stang, membro
della CPT assassinata nel febbraio 2005
La Commissione Pastorale della Terra (CPT) del Brasile
ha diffuso martedì una relazione nella quale denuncia
un aumento, nel 2005, del 106 per cento delle morti
dovute a conflitti agrari nel paese. L’anno scorso
sono morte 64 persone, mentre nel 2004 i decessi erano
stati 31.
Queste cifre comprendono le persone decedute per denutrizione,
mancanza di assistenza medica di base nelle zone rurali,
cattive condizioni lavorative – tra le altre cause
– ma non quelle uccise in conflitti per la terra.
Il numero di persone assassinate è rimasto praticamente
invariato. Nel 2005 sono state uccise 38 persone nella
campagna brasiliana e nel 2004 le morti erano state
39.
Da molti anni la CPT del Brasile gioca un ruolo fondamentale
nella difesa e nell’appoggio dei contadini brasiliani
che lottano per la terra.
L’organizzazione è stata una delle promotrici della
nascita, nel 1984, del Movimento dei Lavoratori Rurali
Senza Terra (MST) del Brasile, che raccoglie più di
4 milioni di lavoratori di questo paese che lottano
per una riforma agraria.
Secondo l’agenzia di stampa Adital, la concentrazione
della terra in poche mani e la mancata realizzazione
della riforma agraria in Brasile, oltre all’assenza
di demarcazione delle terre indigene, sono alcuni
dei motivi che spiegano l’aumento della quantità di
persone morte nelle campagne brasiliane.
Secondo il rapporto della CPT, il numero di conflitti
agrari registrati in Brasile ha raggiunto il livello
più alto degli ultimi 21 anni nel 2005. L’anno scorso
ci sono stati 1.881 conflitti mentre nel 2004 1.801.
Il numero di famiglie allontanate dalla terra ha subito
un aumento del 42,5 per cento l’anno scorso rispetto
al 2004. Nel 2005 le famiglie cacciate dalle terre
nelle quali abitavano sono state 4.366 e nel 2004
erano state 3.063. La CPT aggiunge che l’anno scorso
le denunce di schiavitù sul lavoro sono state 276,
quasi 17 per cento in più rispetto al 2004, anno in
cui ne sono state registrate 236. Il numero di lavoratori
che sono stati trovati in situazioni reali di schiavitù
è arrivato a 7.707 nel 2005, quasi il 30 per cento
in più rispetto al 2004.
Secondo la CPT, sono anche aumentate le cifre di supersfruttamento
di lavoratori agricoli e di mancata applicazione delle
leggi lavorative. La quantità di conflitti causati
da problemi legati all’acqua è cresciuta l’anno scorso
di circa il 20 per cento rispetto al 2004.
Foto: Commissione Pastorale della Terra (www.cptnac.com.br)
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 17 AL 23 APRILE 2006
|
La
Banca mondiale nel mirino
21 aprile 2006
Questa mattina il presidente della
Banca mondiale Paul Wolfowitz è stato contestato nella
capitale statunitense Washington DC. Wolfowitz è stato
costretto a interrompere la conferenza stampa di apertura
dell'"incontro di primavera" previsto per
questo fine settimana tra l'agenzia di credito e il
Fondo monetario internazionale (FMI).
Un gruppo di giovani ha interrotto il discorso di
Wolfowitz, uno dei principali ideologi dell'invasione
irachena da parte degli Usa, con striscioni che accusavano
le istituzioni finanziarie internazionali di "promuovere
la corruzione societaria".
Secondo il giornale messicano La Jornada, i giovani
attivisti fanno parte della rete internazionale Jubilee,
che durante l'incontro di Washington presenterà un
rapporto su diversi casi di corruzione "sponsorizzati"
dalle istituzioni finanziarie internazionali.
Il neo conservatore Wolfowitz ha colto l'occasione
per modificare l'orientamento dell'incontro e ha parlato
dell'importanza della lotta alla corruzione nei paesi
che riceveranno prestiti dalla Banca mondiale nel
corso della sua gestione.
"La corruzione è il risultato della non governabilità"
ha affermato l'ex segretario alla difesa degli Stati
Uniti.
L'obiettivo di Wolfowitz non è semplice: agenzie della
Banca mondiale come la Corporazione finanziaria internazionale
hanno sostenuto dittatori come Augusto Pinochet in
Cile e Jean Claude Duvalier ad Haiti.
Vale anche la pena ricordare che negli anni scorsi
la Banca mondiale è intervenuta nel settore privato,
specializzandosi nella promozione di progetti di imprese
transnazionali tra le quali Shell, Enron, Suez e Vivendi.
La sua immagine pubblica tuttavia non è cambiata.
Gli attivisti che hanno interrotto il discorso di
Wolfowitz con uno striscione che affermava "La
Banca mondiale finanzia la corruzione" hanno
dichiarato alla stampa che "è necessario e urgente
cancellare il debito dei paesi poveri" e hanno
aggiunto che "per combattere la corruzione nella
finanza internazionale sono necessari maggiori controlli
sull'attività della Banca mondiale".
Secondo gli attivisti, per oltre 60 anni la Banca
mondiale ha "imposto condizioni attraverso i
suoi prestiti", favorendo il controllo sulle
infrastrutture e altri beni a vantaggio degli Stati
Uniti.
Essi hanno fornito l'esempio dei prestiti milionari
concessi a fronte di progetti energetici legati a
episodi di corruzione, come la centrale elettrica
della Enron in Guatemala e il gasdotto della Shell
in Nigeria.
Fonte: La Jornada
Traduzione di Marina Callegari
per i Traduttori per la Pace Progetto Terre Madri
- Traduttori Per la Pace - Radiomundorealwww.terremadri.it
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Raddoppiano
le denunce contro la politica antidroga di Colombia
e Stati Uniti
Giovedì 20 aprile 2006
Il sito internet Mama Coca denuncia:
“In Colombia la fumigazione da parte dello Stato è
un atto di guerra”. (http://www.mamacoca.org/)
Diverse organizzazioni non governative
statunitensi hanno definito la politica di sradicamento
di piantagioni di coca mediante fumigazioni che avviene
in Colombia un totale fallimento.
Le critiche sono sorte dopo che l’Ufficio di Politica
Nazionale di Controllo della Droga del governo statunitense
ha rivelato venerdì che nel dicembre 2005 la Colombia
possedeva 144.000 ettari di piantagioni di coca, circa
30.000 ettari in più di quelli calcolati dal governo
colombiano.
Il rapporto dell’ufficio statunitense aggiunge che
le coltivazioni di coca sono aumentate anche in parchi
nazionali e che le piantagioni stanno crescendo in
zone dove prima non esistevano.
La politica antidroga colombiana si inserisce nel
cosiddetto Piano Colombia, strategia militare congiunta
con gli Stati Uniti per combattere il narcotraffico
nel paese, anche se in realtà prevede anche un elevato
intervento militare nel costante conflitto tra lo
Stato colombiano e i gruppi della guerriglia.
Le fumigazioni per sradicare le coltivazioni di coca
mediante l’utilizzo dell’erbicida glifosato, tossico
per la salute umana, sono sempre state criticate,
soprattutto dalle organizzazioni contadine colombiane
e da organizzazioni in difesa dei diritti umani.
Le critiche sollevate ora contro la politica antidroga
colombiano-statunitense sostengono inoltre che la
strategia delle fumigazioni si basa in realtà su un
mito, ovvero che dopo aver fumigato le coltivazioni
di coca i contadini smetteranno di piantarle.
Tuttavia, l’assenza di opportunità economiche e sociali
per i lavoratori porta ad una costante produzione
di coca mentre le zone dove vivono non vengono fumigate.
Secondo il quotidiano colombiano El Tiempo, John Walsh,
membro dell’organizzazione statunitense Ufficio per
gli affari latinoamericani di Washington, ha affermato
che “per il governo (degli Sati Uniti) dover ammettere
ora che la coltivazione di coca è in crescita deve
essere un tremendo colpo”.
Il governo statunitense presieduto da George W. Bush
ha già investito più di 4.000 milioni di dollari nella
lotta contro la droga in Colombia.
El Tiempo rivela che nel 2001 gli ettari piantati
a coltivazioni di coca erano 169.000, per poi scendere
a 144.000 nel 2002 e a 114.000 nel 2003.
Tuttavia, il governo colombiano ha sottovalutato il
nuovo rapporto dell’Ufficio di Politica Nazionale
di Controllo della droga degli Stati Uniti, e dichiara
che l’aumento degli ettari coltivati a coca è una
conseguenza del miglioramento del sistema di monitoraggio
da parte dello Stato nordamericano, raggiungendo nuove
zone.
Non sono pochi coloro che dubitano di questa dichiarazione.
Un’altra agenzia non governativa statunitense che
si occupa di questo tema – il Centro per la Politica
Internazionale – ha dichiarato che i nuovi risultati
rivelano che molto probabilmente le riduzioni annunciate
nelle zone con coltivazioni di coca non hanno mai
avuto luogo.
Tradotto da Arianna Ghetti Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Ecuador
cerca in tutti i modi di riprendere i negoziati con
gli Stati Uniti per firmare il TLC
mercoledì, 19 Aprile 2006
Il presidente ecuadoriano Alfredo
Palacio ha ordinato alla cancelleria del suo paese
di mettere in atto un insieme di azioni diplomatiche
e di attivare tutti i meccanismi tecnici necessari
per assicurare la ripresa dei negoziati con gli Stati
Uniti, per la firma di un Trattato di Libero Commercio
(TLC).
L’obiettivo di Palacio è di riprendere i negoziati
entro la metà di maggio.
Secondo il quotidiano ecuadoriano La Hora, il capo
dei negoziati del paese per il TLC, Manuel Chiriboga,
ha reso noto che “se non si dà avvio al processo (di
negoziazione avanzato) entro il 15 maggio, penso che
i negoziati non si concluderanno entro l’anno”.
Chiriboga ha aggiunto che questo “ovviamente preoccupa,
e immensamente, per gli effetti economici e sociali
che si possono avere, soprattutto quando la Colombia
e il Perù inizieranno ad attuare l’accordo con gli
Stati Uniti”.
La Hora spiega che il governo ecuadoriano invierà
una lettera al rappresentante commerciale degli Stati
Uniti, Rob Portman, per richiedere formalmente a questo
paese la ripresa dei negoziati per la firma del TLC.
La lettera verrà inviata questa settimana e sarà firmata
dal ministro del Commercio con l’Estero ecuadoriano,
Jorge Illingworth, e dal cancelliere Francisco Carrión.
Chiriboga spera che all’inizio della prossima settimana
gli Stati Uniti rispondano alla missiva definendo
una data per riallacciare i negoziati.
Secondo La Hora, il Potere Esecutivo ecuadoriano rimane
fermo sulla necessità da parte degli Stati Uniti di
rispettare la sovranità ecuadoriana per poter proseguire
i negoziati del TLC.
“La negoziazione del TLC non può essere subordinata
alla sovranità che l’Ecuador esercita tramite la riforma
della Legge sugli Idrocarburi e sulla possibilità
di sanzionare qualsiasi compagnia petrolifera straniera
che contravvenisse alle leggi ecuadoriane”, ha detto
martedì il Segretario Generale per la Comunicazione
della Presidenza, Enrique Proaño.
Rappresentanti delle confederazioni imprenditoriali
dell’Ecuador ritengono responsabile Alfredo Palacio
di avere “ostacolato” i negoziati del TLC con gli
Stati Uniti, a causa delle riforme che sono state
introdotte dalla Legge sugli Idrocarburi approvata
dal Congresso Nazionale alla fine di marzo.
La legge stabilisce che lo Stato ecuadoriano debba
ricevere il 60% delle entrate extra che le imprese
petrolifere private operanti nel paese, percepiscono
dall’incremento del prezzo per barile di greggio.
Le organizzazioni indigene ecuadoriane, capeggiate
dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador
(CONAIE), si sono mobilitate contro il TLC tra il
loro paese e gli Stati Uniti.
Tali organizzazioni hanno reso noto che veglieranno
affinché il governo di Palacio rispetti la Legge sugli
Idrocarburi già approvata, che per loro significa
la redazione di un minimo di condizioni alle imprese
petrolifere straniere a beneficio dello stato ecuadoriano
e il suo diritto sulle proprie risorse naturali.
Vedi in Radio Mundo Real:
Ley de Hidrocarburos de Ecuador molesta a negociadores
de Estados Unidos: "si no derogan la ley no hay
TLC"
Tradotto da Sonia Chialastri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace |
Indigeni
occupano diga in Cile
mercoledì, 19 aprile 2006
Indigeni della etnia mapuche hanno
occupato una centrale idroelettrica nella città cilena
di Valdivia, nel centro del paese, ed esigono dagli
amministratori la restituzione delle terre che sono
state loro usurpate.
Secondo quanto affermato dai promotori della protesta,
"nessuno si muoverà da lì" fin quando non
otterranno una risposta da parte dell’impresa Eléctrica
Panguipulli, che gestisce la diga.
I mapuche chiedono alla compagnia la restituzione
di circa 600 ettari dati all’impresa in cambio dei
quali non hanno ottenuto mai alcun beneficio.
"Continueremo a rimanere qui fino a quando non
verrà un rappresentante dell’impresa per giungere
ad un chiaro accordo. Se dovessero venire per mandarci
via la nostra reazione non si farà attendere",
ha dichiarato Julián Llancapi, uno dei portavoce degli
indigeni.
In base a quanto dichiarato dal leader indigeno, sono
24 le comunità che sono state danneggiate da questo
conflitto di dispute di terreni.
Llancapi ha aggiunto che alcuni mesi fa coloro che
hanno subito dei danni hanno avviato una negoziazione
con la compagnia erogatrice di energia elettrica,
tuttavia nonostante si sia giunti ad un accordo non
ci sono state novità. "Adesso vogliamo giungere
ad una concretizzazione del problema e iniziare a
parlare di cifre ", ha aggiunto.
Dei 600 ettari contesi, circa la metà sono al momento
inondati per l’attività della centrale idroelettrica.
Durante la pacifica occupazione delle installazioni,
i manifestanti hanno esortato la presidentessa del
Cile, di recente eletta, Michelle Bachelet, a prendere
una posizione in questo conflitto.
Le comunità mapuche di questa regione avevano già
emanato un comunicato a marzo nel quale denunciavano
la "grave violazione dei diritti collettivi,
religiosi e spirituali" degli indigeni, in risposta
ad una serie di iniziative turistiche annunciate dal
governo.
In base a quanto dichiarato, le terre che le autorità
pretendevano di distribuire si trovano in "centri
cerimoniali e luoghi sacri".
Fonte informativa: La Segunda Diario
El Gong
Tradotto da Sonia Chialastri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace |
Dieci
anni di impunità in Brasile: nessuno è ritenuto responsabile
per il Massacro di Carajás
Martedì 18 aprile 2006
La sepoltura dei 19 contadini assassinati
Il Movimento dei Lavoratori Rurali
Senza Terra (MST) del Brasile ha commemorato ieri,
lunedì 17 aprile, il decimo anniversario del “massacro
di Eldorado dos Carajás” (comune brasiliano situato
nello Stato del nord del Pará), nel quale 19 contadini
sono stati uccisi per mano delle forze della polizia
militare.
Il MST ha realizzato azioni commemorative in diverse
parti del Brasile, ha chiesto che venga fatta giustizia
e che i responsabili del massacro siano puniti e ha
rinnovato la propria richiesta fondamentale, ovvero
la realizzazione di una riforma agraria nel paese.
Le manifestazioni del MST si sono inoltre inserite
nel quadro della Giornata Internazionale di Lotta
Contadina, com’è chiamato il 17 aprile, in memoria
dei lavoratori assassinati in quella data del 1996.
Quel giorno un gruppo di 155 uomini della polizia
militare brasiliana ha ucciso a Eldorado dos Carajás
19 membri del MST e ne ha feriti più di 60, i quali
avevano bloccato una strada della zona con una manifestazione
per rivendicare il proprio diritto sulle terre improduttive.
Il MST ricorda che a dieci anni dal massacro i 155
poliziotti che presero parte all’operazione si trovano
ancora in libertà. Solamente due persone sono state
condannate - il colonnello Mário Collares Pantoja
e il maggiore José Maria Pereira de Oliveira – ma
sono ancora in stato di libertà.
I contadini senza terra aggiungono che i responsabili
politici del massacro di Carajás – l’allora governatore
di Pará, Almir Gabriel, e il segretario di Sicurezza
Pubblica dello Stato, Paulo Sette Câmara – sono stati
assolti. Il presidente del Brasile era Fernando Henrique
Cardoso.
Secondo l’agenzia brasiliana Carta Maior, gran parte
degli oltre 60 contadini senza terra che sono stati
feriti dalla polizia militare del paese accusano ancora
oggi gravi problemi di salute, per non parlare del
fatto che molti di loro hanno pallottole conficcate
nel corpo o non sono più in grado di lavorare a causa
delle mutilazioni riportate.
Carta Maior aggiunge che, secondo i lavoratori rurali
del MST e i loro rispettivi avvocati, lo Stato del
Pará non ha fornito ai contadini feriti l’assistenza
medica accordata legalmente.
Il MST ha organizzato lunedì azioni, manifestazioni,
marce, veglie e incontri solenni in circa 20 Stati
del Brasile.
Il movimento ha espresso in un comunicato quanto segue:
“il MST ritiene che solo una riforma agraria integrale
e autentica, che deconcentri la proprietà della terra
e risolva i problemi dei poveri del campo, eliminerà
la violenza delle aree rurali”.
Secondo il quotidiano argentino Página 12, Vía Campesina,
una rete mondiale che raggruppa diverse decine di
movimenti contadini, ha elaborato uno studio che rivela
la situazione dei contadini di tutto il mondo: otto
persone su dieci che soffrono la fame vivono nelle
zone rurali e la metà dei denutriti del pianeta sono
lavoratori contadini, coloro che, paradossalmente,
producono gli alimenti.
Tradotto da Arianna Ghetti – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Diversi
presidenti del Sudamerica prendono in esame la costruzione
di un nuovo gasdotto
Martedì 18 aprile 2006
Tabaré Vázquez e Nicanor Duarte
I presidenti di Paraguay, Uruguay,
Venezuela e Bolivia si riuniranno questo mercoledì
ad Asunción, capitale paraguaiana, per analizzare
la costruzione di un gasdotto che unirebbe i vicini
Bolivia e Paraguay.
Nicanor Duarte, Tabaré Vázquez, Hugo Chávez ed Evo
Morales, leader rispettivamente di Paraguay, Uruguay,
Venezuela e Bolivia, saranno accompagnati dai propri
rispettivi cancellieri e ministri dell’Energia.
Secondo il mezzo d’informazione argentino Argenpress,
il nuovo gasdotto trasporterebbe gas naturale dalla
città boliviana di Tarija, situata nel sud della Bolivia,
fino alla località settentrionale paraguaiana di Puerto
Casado.
Secondo l’agenzia di stampa Prensa Latina, i presidenti
dei quattro Stati sudamericani analizzeranno principalmente,
nel corso della riunione, questioni legate alle clausole
economiche del progetto del gasdotto, il quale sarebbe
finanziato dal Venezuela.
Argenpress rivela che la Bolivia è il secondo paese
nella regione con riserve di idrocarburi, per un totale
di 48.7 miliardi di piedi cubi.
Il nuovo gasdotto verrebbe integrato al cosiddetto
“anello energetico”, progetto che coinvolge diversi
paesi sudamericani e il cui scopo è quello di garantire
la fornitura di gas naturale a tutto il continente
attraverso una rete che ne garantisce l’indipendenza
in termini di gas ed energia.
Il giacimento di gas naturale Camisea, situato nel
sudest dell’Amazzonia peruviana, fornirebbe di gas,
attraverso l’anello, quasi tutta l’America del Sud.
Argenpress aggiunge che il Ministro degli Esteri paraguaiano,
Leila Rachid, ha dichiarato che la riunione di mercoledì
ad Asunción servirà anche per cercare di rilanciare
un’antica organizzazione regionale chiamata Urupabol,
composta da Uruguay, Paraguay e Bolivia.
Secondo la Rachid, quest’organizzazione cercava di
stimolare lo sviluppo economico e commerciale dei
tre Stati attraverso accordi di cooperazione.
Tradotto da Arianna Ghetti – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Popolazioni
locali del nord dell’Argentina inondate di petrolio
Martedì 18 aprile 2006
Resti di petrolio sul terreno
Pubblici ministeri e giudici della provincia argentina
di Salta, situata nel nord del paese, non indagano
le denunce avanzate più di 60 giorni fa da dirigenti
ambientalisti e organizzazioni sociali di General
Mosconi della località di Salta, in merito alla presenza
di petrolio in zone della città in seguito ad alcune
inondazioni.
L’inazione da parte della giustizia di Salta è ora
denunciata da Copenoa, agenzia di stampa dell’Argentina
del nord, che ha verificato e filmato la presenza
di petrolio in pozzanghere d’acqua di zone periferiche
di General Mosconi.
Due mesi fa l’ambientalista José Fernández e il Movimento
dei Lavoratori Disoccupati di General Mosconi hanno
denunciato la presenza di petrolio nella città e il
disboscamento indiscriminato e incontrollato dei boschi
della zona.
Secondo Copenoa, le abbondanti precipitazioni nella
regione dove si trova General Mosconi, che stanno
superando i 150 millimetri al giorno, fanno sì che
le acque fluiscano dalle colline senza che i boschi
disboscati siano in grado di trattenerle. Le crescenti
piogge inondano le zone basse e povere di General
Mosconi.
Rosa Torres, un’abitante della città, ha dichiarato
a Copenoa che “l’acqua ci arrivava alla cintura, macchie
di petrolio e rifiuti dell’industria petrolifera sono
rimasti indelebili sui nostri vestiti impregnati dal
combustibile, sulle mie braccia si vedeva petrolio
e combustibile”.
“Le grandi pozzanghere testimoniano la presenza degli
oli e dei derivati dell’industria petrolifera, quelli
che sono fotografati per tenere nota di una nuova
denuncia ambientale”, aggiunge Copenoa.
Secondo José Fernández, “la presenza di rifiuti contaminanti
nelle zone di Mosconi è dovuta alle compagnie che
sfruttano il gas e il petrolio nelle zone alte (...),
e che starebbero scaricando questi rifiuti dalle sacche
sotterranee alle fognature e ai ruscelli, così come
ai pozzi di petrolio abbandonati inondati dalle abbondanti
piogge”.
Copenoa aggiunge che dal decennio del 1990 le denunce
di contaminazione ambientale a General Mosconi sono
state continue, a causa dell’operato dell’industria
petrolifera nella zona.
Tuttavia, gli abitanti di questa città si lamentano
del fatto che la giustizia provinciale federale non
adotta misure in merito; al contrario, criminalizza
le proteste dei manifestanti.
Tradotto da Arianna Ghetti – progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 10 AL 16 APRILE 2006
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Lettera
contro il finanziamento pubblico del progetto di installazione
in Uruguay dell’ impianto di cellulosa appartenente
all’impresa spagnola ENCE
Venerdì, 14 aprile 2006
Quella che segue è una lettera, firmata
da oltre 70 persone e organizzazioni spagnole e internazionali,
inviata all’ Instituto de Crédito Oficial (ICO) di
Spagna, la Compañia Española de Seguros de Crédito
a la Exportación (CESCE) e il governo di quel paese,
presieduto da José Luis Rodríguez Zapatero.
I firmatari hanno manifestato nella lettera la loro
profonda preoccupazione per i prestiti che quegli
organismi e il governo spagnolo pensavano di concedere
all’ENCE per la costruzione di un grande impianto
di cellulosa nella città uruguaiana di Fray Bentos,
situata a ovest del paese.
Tuttavia, l’Instituto de Crédito Oficial ha già concesso
all’ENCE 350 milioni di dollari. La Compañía Española
de Seguros de Crédito a la Exportación deciderà la
sua partecipazione finanziaria al progetto martedì
18 aprile.
La lettera è stata inviata al presidente dell’Instituto
de Crédito Oficial, Aurelio Martínez Estévez, al presidente
della Compañía Española de Seguros de Crédito a la
Exportación, Joan Badosa, e ai segretari spagnoli
dell’Economia e del Turismo e Commercio, rispettivamente
David Vegara e Pedro Mejía.
Qui di seguito, il testo della
Lettera:
“EgregiSignori,
Ci rivolgiamo a voi per comunicare
la nostra più profonda preoccupazione nell’aver appreso
che sia l’ICO che la CESCE, entrambi istituzioni pubbliche,
stanno decidendo di sostenere finanziariamente il
progetto dell’impresa spagnola ENCE di costruire un
impianto per il trattamento della cellulosa a M'Bopicuá
(Uruguay).
Migliaia di cittadini argentini e uruguaiani hanno
manifestato in massa contro la realizzazione di tali
fabbriche. Come voi dovreste sapere, l’opposizione
locale è tale che sono state anche presentate istanze,
tra le altre, all’Ombudsman e al Consigliere in Materia
di Osservanza della CFI (CAO) del Gruppo della Banca
Mondiale, e alla Commissione Interamericana dei Diritti
Umani (CIDU).
Di fatto, la CAO ha di recente reso note delle mancanze
nella valutazione di impatto ambientale del progetto,
all’interno della quale non sono stati adeguatamente
considerati gli impatti ecologici (tra cui quelli
sull’apicoltura e i danni al bestiame derivanti dalla
conversione del terreno da pascolo in terreno da eucalipto),
ritenendo che il processo di comunicazione della VIA
insufficiente e pertanto necessario che la CFI ne
riveda la proposta.
In definitiva, così come hanno dimostrato anche le
numerose relazioni presentate da diverse ONG uruguaiane
e argentine, il progetto non solo non ha l’appoggio
delle comunità danneggiate, ma avrà degli impatti
ambientali, sociali ed economici altamente negativi.
Tra gli impatti ambientali più gravi emergono: l’estrazione
di grandi quantità di acqua dal fiume Uruguay; la
coltivazione di grandi estensioni di monocolture forestali
e la conseguente perdita di biodiversità; la produzione
di diossina nel processo di sbiancamento e nella fabbricazione
del biossido di cloro pregiudizievole per la salute
umana; la generazione e lo spargimento di residui
che genererebbero concentrazioni di prodotti tossici
nell’ambiente, con il conseguente rischio di inquinare
l’acqua usata per bere e di distruggere le popolazioni
di pesci, che danno sostentamento a molti pescatori
della regione. Gli abitanti di entrambi le coste temono
che la produzione di pasta di carta non solo causi
un grave degrado ambientale e problemi alla salute
alle loro comunità, ma che pregiudichi anche l’attività
economica locale, basata sul turismo e sulle attività
ricreative.
Il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto
all’alimentazione e il diritto all’accesso all’acqua
sono tutti diritti chiaramente raggruppati in questo
caso, sanciti nel Patto Internazionale dei Diritti
Economici, Sociali e Culturali (PIDESC) e in altri
trattati di diritto internazionale ratificati dallo
stato spagnolo. Capiamo che lo stato spagnolo, le
sue istituzioni e le imprese pubbliche abbiano l’obbligo
di rispettare il diritto internazionale. Un finanziamento
pubblico spagnolo farebbe supporre una grave violazione
dei PIDESC dei cittadini uruguaiani e argentini e
retrocedere nella Strategia della Responsabilità Ambientale
e Sociale intrapresa dal Summit di Río nel 1992. Per
tutte queste ragioni, esigiamo che respingiate qualsiasi
richiesta di appoggio pubblico al progetto dell’impresa
ENCE di realizzare un impianto per il trattamento
della cellulosa a M'Bopicuá (Uruguay).
Ci sembra indegno che istituzioni pubbliche spagnole
come l’ICO oppure organismi a maggioranza pubblica
come il CESCE sanciscano la possibilità di sostenere
investimenti come quello che vuole impiantare l’ENCE
in Uruguay, ignorando completamente gli impatti sociali,
ambientali ed economici che da questo investimento
derivano. Il progetto dell’ENCE in Uruguay non solo
non contribuirà alla lotta contro la povertà, ma avrà
sicuramente degli impatti negativi nello sviluppo
umano e nel benessere delle popolazioni colpite. Bisogna
tenere conto che il progetto avrebbe ben pochi benefici
economici per i cittadini uruguaiani, in quanto si
realizzerebbe in una Zona Franca che esonererebbe
il progetto da qualsiasi imposta presente o futura
per un periodo di 30 anni, estensibile a 50 anni.
D’altra parte, il principale mercato della carta sarà
quello europeo. E qui ci chiediamo: è legittimo realizzare
attività con impatti tanto gravi nel Sud per nutrire
il consumo del Nord?
Inoltre vogliamo mettere in risalto come questo caso
evidenzi ancora una volta la necessità di una profonda
riformulazione, revisione o, anche, eliminazione di
meccanismi quali i crediti FAD e altri strumenti di
appoggio alle imprese dell’ICO, così come a coperture
realizzate dal CESCE, meccanismi di appoggio agli
investimenti spagnoli all’estero che, oltre a non
tenere conto degli impatti ambientali e sociali di
tale investimento, sono responsabili della generazione
del debito estero che i paesi del Sud hanno con lo
stato spagnolo e sembrano essere stati costituiti
unicamente con l’obiettivo di appoggiare l’internazionalizzazione
dell’economia spagnola.
Per tutto questo, esigiamo che respingiate qualsiasi
richiesta di appoggio pubblico al progetto dell’impresa
ENCE di stabilire un impianto per il trattamento della
cellulosa a M'Bopicuá (Uruguay) e, in ogni caso, da
parte delle istituzioni pubbliche spagnole si accerti
che questa e altre imprese che agiscono oltre le nostre
frontiere, rispettino le leggi locali e internazionali,
così come le convenzioni e i trattati relativi ai
diritti umani e alla protezione dell’ambiente.
Organizzazioni firmatarie:
Stato spagnolo
Asociación de Mujeres Ítakas
Asociación Juvenil África en el corazón
Brigada Vallesana Simón Bolívar
Campaña ¿Quién debe a Quién?
Centre d'Estudis Africans de Barcelona
Co.bas
Col·lectiu de Solidaritat amb la Rebel.lio Zapatista
Comité de África Negra de Madrid-España
Comité de Empresa de CESCE (Secciones Sindicales de
CCOO, CGT y UGT)
Comité Oscar Romero de Madrid
Comunidad de Vanguardia Obrera-España
Comunidades Cristianas Populares del Estado-España
Ecologistas en Acción
Enginyers Sense Fronteres (ESF)
Entrepobles
Federació Catalana d’ONGs per al Desenvolupament
Federació d'Ecologistes en Acció de Catalunya
Iglesia de Base de Madrid-España
Komité de Apoyo al MST (Movimiento de los Trabajadores
Rurales sin Tierra de Brasil) de Madrid
Mans Unides (Barcelona)
Observatori del Deute en la Globalització (ODG)
Observatorio de las Multinacionales españolas en América
Latina (Omal) – Paz con Dignidad
Organización de Cooperación y Solidaridad Internacional
(OSCI)
Paz Ahora
Plataforma Rural (Amigos de la Tierra, Colectivos
de Acción Solidarios, Caritas
Española, Coordinadora de Organizaciones Agrarias
y Ganadera - COAG,
Sociedad Española de Agricultura Ecológica, CERAI,
CIFAES, Confederación
Estatal de Consumidores y Usuarios, Sindicato de Obreros
del Campo y del Medio Rural, Entrepueblos, Veterinarios
Sin Fronteras, Sodepaz, Sodepau, Xarxa de Consum Solidari)
Red Ciudadana por la Abolición de la Deuda Externa
(RCADE)
Red de Apoyo Zapatista de Madrid
Revista Ecología Política
Sección sindical de UGT de la Universitat Autònoma
de Barcelona
Servei Civil Internacional (Catalunya)
Setem (Catalunya)
Veterinaris sense Fronteres (VSF)
Xarxa contra els Tancaments
Organizaciones Internacionales
Alianza de Pueblos del Sur Acreedores de Deuda Ecológica
– Red Internacional
Justacia Ambiental, Deuda Ecológica y Sustentabilidad
(JADES) – Red Internacional
Agrupación Vecinos de Colón - Argentina
Asociacion Ambientalista EcoLaPaz – Argentina
Centro de Derechos Humanos y Ambiente (CEDHA) – Argentina
Federacion Amigos de la Tierra – Argentina
El Foro Ecologista de Paraná – Argentina
M´Biguá, Ciudadanía y Justicia Ambiental – Argentina
Grupo Guayubira - Uruguay
REDES-Amigos de la Tierra de Uruguay – Uruguay
CENSAT Agua Viva - Amigos de la Tierra Colombia –
Colombia
Centro de Estudios Regionales de Tarija (CER-DET)
- Bolivia
Acción Ecológica - Ecuador
Consejo Indìgena Popular de Oaxaca "Ricardo Flores
Magón" – México
Asia Pacific Movement for Debt and Development (Jubileesouth
Asia/Pacific) - India
Centre National de Coopération au Développement (CNDC)
-11.11.11 – Bélgica
Comité pour la Dette du Tiers Monde - Suiza
A SUD – Italia
Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM)
– Italia
Servizio Civile Internazionale – Italia
Environmental Defense - Estados Unidos
A titolo personale
Joan Martinez Alier. Catedrático de Economía Ecológica
en la Universitat Autònoma de Barcelona y Presidente
de la Sociedad Internacional de Economía Ecológica
Gabriela Laura Alach, Docente e investigadora de la
Universidad de Buenos Aires – Argentina
Lluís Alòs i Martí, professor del Dept Política Econòmica
i Estruct. Economica Mundial a la UB
Cecchini Analia – Argentina
Fernando Arribas Portugués
Felip Artero Coordinador Catalunya ONG PAU ARA / Paz
Ahora.
Mónica Aparicio Rueda
Julio César Aversa - Argentina
Javier Baltodano, Programa de Bosques, Amigos de la
Tierra Internacional.
Carmen Hernandez Canossa
Gegorio Dávila. Economista y Presidente ONG "Paz
Ahora"
Inmaculada Díaz. Enfermera. Tesorera ONG "Paz
AHora".
Sandra Fabiana Nicosia – Argentina
Grace García, COECO, Ceiba-AT – Costa Rica
Jorge Mª Gracia Fernández-Casadoiro. Jefe de Servicio
de Estadísticas Sociales del Instituto Nacional de
Estadística
Lorena Gutiérrez Villar- Argentina
Alicia Lafuente Tomàs
Luis López Fernández
Feliu Madaula Canadell – Sabadell
Carmen Martínez. Vocal Junta Directiva ONG "Paz
Ahora".
Tania Martínez
Helena Ocaña. Tesorera ONG "Paz Ahora".
Victoria Peralta. Vocal Junta Directiva OMG "Paz
Ahora"
Gustavo F Piedimonte – Argentina
Ana Mª Porté Estop
Darío Hugo Rodríguez– Argentina
Julio Rodríguez . Portavoz Junta Directiva ONG "Paz
Ahora"
Isaac Rojas, Programa de Bosques, Amigos de la Tierra
Internacional.
Xavi Rosset Castells Lucía Soriano Martinez – Zaragoza
Pablo Sessano – Argentina
Daniele Valeri, Italia
Carlos Varea González, Profesor de Antropología de
la Universidad Autónoma de Madrid
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Riciclatori
paraguaiani in conflitto
Venerdì, 14 Aprile 2006
Organizzazioni di riciclatori di spazzatura
del Paraguay denunciano i pregiudizi di cui sono oggetto
a causa della chiusura della discarica municipale
di Cateura, ad Asunción, capitale del paese, e assicurano
che questa misura "mette a rischio" le entrate
delle famiglie che vivono di quell’attività.
In base a quanto affermato da Carmelo Ortiz, segretario
generale del sindacato che raggruppa i lavoratori
del riciclaggio, questi ostruzionismi ostacolano le
"migliaia di uomini e donne che lavorano quotidianamente
nella selezione di oggetti riciclabili".
Ortiz ha chiesto alle autorità di "rivedere queste
misure", e di condannare l’azione dei funzionari
che impediscono l’entrata dei riciclatori a Cateura,
la principale discarica del paese.
Il dirigente ha assicurato che il provvedimento preso
martedì notte ha fatto sì che tutti i “gancheros",
nome con cui vengono chiamati coloro che lavorano
con la spazzatura in Paraguay, perdessero almeno una
giornata
lavorativa.
Ortiz ha lamentato che la complessa situazione che
stanno attraversando le organizzazioni "sia una
cosa a cui nessuno intende porre rimedio", e
che le autorità municipali non rispettano queste esigenze
in quanto "già affrontate".
Negli ultimi anni si sono registrati vari conflitti
tra i gancheros e le autorità, nella maggior parte
dei casi per aver impedito l’ingresso e aver proibito
la realizzazione di attività di riciclaggio.
Secondo l’organizzazione non governativa Alter Vida,
che tutela i lavoratori di questo settore, solamente
nella discarica Cateura la spazzatura viene riciclata
da circa 1.200 gancheros, di cui 450 organizzati in
quattro associazioni sindacali.
Fonte informativa: Jakueke
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
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"15.000
persone muoiono ogni giorno per malattie legate all’acqua"
venerdì, 14 aprile 2006
“Ci troviamo di fronte a una crisi
dell’acqua dovuta al sistema economico mondiale. Un
sistema che ha lasciato, tra le altre cose, più di
1.100 milioni di persone senza accesso all’acqua potabile,
oltre 2.200 milioni di persone prive dei servizi igienici
base, e 15.000 persone che muoiono ogni giorno a causa
di malattie legate all’acqua”.
Con questa categorica affermazione e una presentazione
di numeri che mettono paura, il direttore della organizzazione
ambientalista Cesta-Amigos de la Tierra El Salvador,
Ricardo Navarro, ha iniziato le sue riflessioni a
Radio Mundo Real, in un’intervista che abbiamo realizzato
a Città del Messico, capitale di quel paese.
La conversazione con Navarro ha avuto luogo il 19
marzo nella sede del Sindicato Mexicano de Telefonistas
della capitale del Messico, proprio quando terminava
il Foro Internazionale a Difesa dell’Acqua, la principale
attività alternativa al IV Foro Mondiale dell’Acqua
tenutosi dal 16 al 22 marzo nella medesima città.
Il sistema economico mondiale ha “una visione corporativa
che ha generato una terribile crisi dell’acqua a livello
planetario e noi stiamo tentando di sfidarlo”, ha
aggiunto il direttore di Cesta.
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Aumentano
le proteste contro l’attività mineraria in Perù
Venerdì, 14 Aprile 2006
La settimana scorsa i contadini del
Perù si sono mobilitati nella città di Puno, nel sud
del paese, per denunciare i forti impatti che provocano
le imprese minerarie sul fiume Ramis, che attraversa
l’intera regione.
Secondo quanto sostenuto dai manifestanti, negli ultimi
anni gli indici di inquinamento “hanno raggiunto livelli
mai visti”, e ritengono responsabili di tali danni
le compagnie minerararie nazionali Rinconada, Ananea
e San Rafael.
Vladimir Mamani, uno degli organizzatori della protesta,
ha detto che il Comitato in favore della Difesa del
fiume Ramis sta valutando di ricorrere a “mezzi più
drastici”, quale l’organizzazione di uno sciopero
a tempo indeterminato.
Mamani ha assicurato che circa 10 mila ettari di coltivazioni,
gestite da 24 comunità contadine, sono state colpite
dagli impatti dell’inquinamento di queste industrie.
In base a quanto detto, le proteste proseguiranno
fino a quando le autorità peruviane decreteranno la
“chiusura immediata” dei giacimenti minerari che danneggiano
il Ramis.
Esige anche che il governo peruviano “acceleri il
processo di decontaminazione”, e dichiari lo “stato
di emergenza sanitaria” in tutte le zone colpite.
In un comunicato consegnato dai manifestanti, si attesta
che circa tremila famiglie contadine e 80 mila capi
di bestiame domestico “sofforno delle conseguenze
della attività mineraria”.
Il testo aggiunge che sebbene il problema “già fosse
evidente” da molto tempo, negli ultimi cinque anni
la situazione “è diventata insostenibile”.
Portano come esempio i diversi casi di malattie congenite
negli animali, affermando anche che “si sono già verificate
circa 10 nascite di bambini con malattie alle ossa,
al volto e in altre parti del corpo”.
D’altra parte, i contadini hanno denunciato anche
che “l’alto grado di inquinamento sta facendo sparire
i pesci”.
Inoltre ha concluso Mamani, le autorità regionali
“non hanno fatto nulla per frenare l’inquinamento”,
e nonostante diversi importanti gerarchi si sono impegnati
a consegnare una relazione per novembre “finora ciò
non è accaduto”.
Fonte informativa: http://www.losandes.com.pe
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Agrotossici
provocano malformazioni in Paraguay
Giovedì, 13 Aprile 2006
Il Ministero della Sanità del Paraguay
ha allertato sulla comparsa di nuovi casi di malformazioni
congenite nella zona di Itapúa, nel sud del Paese,
dovute all’utilizzo di prodotti agrotossici nelle
coltivazioni di soia e grano.
Secondo quanto affermato dal dottor Joel Filártiga
all’agenzia stampa paraguaiana Jakueke, lo stesso
ministero “ha occultato per anni” questi casi di malformazioni
nei neonati ed ha aggiunto che il numero delle persone
colpite è maggiore a quello dichiarato.
Filártiga ha spiegato che queste malformazioni sono
dovute all’uso del prodotto Glifosato. Lo specialista
si è lamentato del fatto che le autorità sanitarie
continuano a dire che questo agente chimico “non provoca
alcun danno”, ed ha aggiunto “eccone le prove concrete”.
Ha asserito inoltre che gli imprenditori della regione
colpita “negano la propria responsabilità”, giacché
“per loro è importante solo il guadagno”.
Secondo Filártiga il settore delle esportazioni paraguaiano
usa circa 45 milioni di litri di agenti agrotossici
ogni anno, ed è “ovvio che questo prima o poi abbia
delle ripercussioni”.
Il ricercatore paraguaiano ha sottolineato che nella
regione di Itapúa “praticamente non c’è vita animale”
e “muoiono persino i corvi, che riescono a tollerare
il veleno più degli altri”.
Ha concluso che è necessario discutere queste tematiche,
perché è “l’unico modo per fare pressione sulle autorità”.
Tuttavia, il dottor Narciso Fleitas, responsabile
del Centro Nacional de Toxicología (Centro Nazionale
di Tossicologia), ha rifiutato le accuse ed ha affermato
che questo fenomeno si deve a fattori genetici e non
a cause ambientali.
Fleitas ha riconosciuto che verificare una diagnosi
per questi casi “è molto costoso”, in quanto si possono
realizzare solo in Argentina e Brasile.
Informazione tratta da: ABC Color
- Jakueke
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal
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"Secondo
me la Suez deve lasciare la città di El Alto"
Giovedì, 13 Aprile 2006
Il Ministro delle Risorse Idriche
della Bolivia, Abel Mamani,si è presentato di fronte
al Tribunale Latinoamericano per l’Acqua, tenutosi
a Città del Messico, capitale del Paese, dal 13 al
20 marzo, ed ha affermato che la Suez doveva “ritirarsi
dalla città di El Alto”, situata nella regione ovest
della Bolivia e vicino alla capitale La Paz.
Il Tribunale Latinoamericano per l’Acqua è un’istanza
internazionale ed autonoma di giustizia ambientale,
che riunisce diversi giudici della regione e che si
è tenuta a Città del Messico nell’ambito delle attività
parallele al IV Forum Mondiale sull’Acqua, tenutosi
nella capitale messicana.
Secondo le informazioni contenute nella pagina web
del Tribunale, il suo lavoro consiste nell’analisi
dei “casi che comprendono presunti danni ambientali
perpetrati o che minacciano importanti risorse idriche,
a scapito delle popolazioni dell’America Latina”.
Le sue risoluzioni non hanno carattere vincolante
per le parti coinvolte in ogni caso, tuttavia fanno
parte di una banca dati tecnico-scientifica di professionisti,
che può essere ripresa dalle giurisdizioni legali
corrispondenti in ogni Paese.
Abel Mamani ha parlato di fronte al Tribunale il 15
marzo, nell’ambito della presentazione della campagna
internazionale "Basta con gli Abusi della Suez”,
nella quale una decina di rappresentanti di vari Paesi
latinoamericani ha esposto la propria denuncia pubblica
all’impresa dell’acqua.
Questa multinazionale dell’acqua, di origine francese,
fornisce servizi di acqua potabile e fognature in
vari Paesi della regione.
La denuncia pubblica è stata organizzata da la Red
Vida, che riunisce centinaia di persone ed organizzazioni
a livello internazionale che lavorano in difesa dell’acqua,
intesa come bene pubblico e diritto umano.
Abel Mamani ha dichiarato che “purtroppo la Suez,
in società con altri gruppi che hanno formato Aguas
del Illimani a La Paz e ad El Alto, ancora esiste
(nel Paese)”.
“Sicuramente avete sentito l’opposizione del Presidente
Evo Morales quando ha assunto l’incarico. Ha letto
il giuramento ed ha detto a tutto il mondo in un messaggio
che il popolo boliviano non permetterà oltre il lucro
sull’acqua potabile” ha aggiunto Mamani.
Il Ministro delle Risorse Idriche della Bolivia ha
affermato inoltre che “questo processo di lotta contro
la Suez in Bolivia sta per terminare. Il governo boliviano
si sta interessando al problema e presumo che prenderà
una decisione in tempi molto brevi”.
“Secondo me la Suez deve lasciare la città di El Alto,
perché non ha rispettato il contratto, ha provocato
dei danni alla popolazione e come tale il governo
non può ignorare questa realtà”, ha sottolineato il
Ministro boliviano delle Risorse Idriche
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal
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Indigene
del Guatemala contro l’attività mineraria e i transgenici
Mercoledì, 12 aprile 2006
Organizzazioni indigene del Guatemala
denunciano “ogni tipo di manipolazioni e inganni”
da parte della compagnia mineraria multinazionale
Glamis Gold e della sua controllata Montana Exploradora,
che operano nel dipartimento di San Marcos, nell’ovest
del paese.
Gli indigeni assicurano che le imprese energetiche
“hanno fatto tutto il possibile” per debilitare la
resistenza comunitaria davanti alla “imposizione”
del progetto Marlin, una miniera d’oro che dalla fine
del 2005 viene sfruttata da queste imprese, che contano
sull’appoggio della Banca Mondiale e dei governi di
Guatemala e Canada.
Secondo un comunicato emesso da una coalizione di
organizzazioni indigene, le comunità di San Marcos
si oppongono “decisamente” all’appropriazione della
“ricchezza genetica da parte di istituzioni private”.
Il documento aggiunge che stabilire brevetti sulle
risorse fitogenetiche, la biodiversità e la conoscenza
tradizionale è un “meccanismo delle multinazionali”
per impadronirsi delle risorse.
“Ci opponiamo fermamente al commercio che le multinazionali
stanno facendo dei semi che ci propongono come alimento”,
sottolineano.
D’altra parte, le organizzazioni guatemalteche denunciano
che il governo, che presiede Oscar Berger, ogni volta
impiega “con maggior forza” la repressione, la paramilitarizzazione
e la criminalizzazione della protesta sociale.
Inoltre assicurano, il governo del Guatemala “inventa
crimini sui dirigenti ed esegue espropri violenti
di terre per imporre la politica antipopolare e neoliberale”.
Gli indigeni mettono in guardia sui rischi della “imminente
entrata in vigore” del Trattato di Libero Commercio
tra Stati Uniti e sei paesi centroamericani (CAFTA
sigla in inglese).
Affermano nel comunicato che con tali accordi di liberalizzazione
commerciale i paesi centroamericani devono modificare
“più di una decina di leggi” secondo la volontà degli
Stati Uniti e al “limite degli interessi e delle richieste
popolari".
Inoltre segnalano, i principali responsabili di questa
situazione sono organismi finanziari internazionali
quali la Banca Mondiale e la Banca Interamericana
di Sviluppo, che “appoggiano i progetti di imprese
multinazionali e dei loro soci nazionali”.
Gli indigeni condannano tutte quelle attività estrattive
che “contaminano e distruggono”, e portano come esempio
l’attività mineraria di metalli, petrolifera, raffinerie,
megaprogetti idroelettrici, e l’entrata di semi transgenici.
Fonte informativa:
Minga Informativa de Movimientos Sociales - www.movimientos.org
Tradotto da Sonia Chialastri – progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Repsol
YPF opera a Neuquén "con la complicità del Governo
della provincia che dà loro la sicurezza giuridica"
Mercoledì, 12 aprile 2006
La Campagna Repsol Mata, nata a dicembre
2003 e che raggruppa persone ed organizzazioni che
operano a livello internazionale contro la multinazionale
petrolifera Repsol YPF, sta dando vita insieme ad
altre organizzazioni alla Controgiunta dei Danneggiati
da tale impresa.
Secondo la pagina web della Controgiunta dei Danneggiati,
il suo obiettivo è di riunire persone, comunità colpite,
organizzazioni di ogni tipo per generare “un incontro
di riflessione, generazioni di reti e denuncia” dell’azione
di Repsol nel mondo.
La Controgiunta è stata creata come alternativa ai
consigli di azionisti di Repsol YPF, all’interno delle
quali i proprietari della compagnia decidono del suo
futuro, e le due istanze si riuniranno in sessione
a maggio nella capitale spagnola, Madrid. La Controgiunta
svolgerà le sue attività dal 6 al 18 maggio.
Tra le organizzazioni che hanno aderito alla Controgiunta
dei danneggiati dalla Repsol YPF emergono l’organizzazione
ambientalista spagnola, Ecologisti in Azione e la
campagna internazionale “¿Quién debe a Quién?”, che
lavora sul debito estero e i meccanismi che lo generano.
I corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina,
e i componenti di Amigos de la Tierra Buenos Aires,
Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, hanno intervistato
nei giorni passati un membro della comunità mapuche
Lof Lonko Purán della provincia argentina di Neuquén,
situata ad ovest del paese.
L’indigeno Martín Maliqueo ha raccontato a Radio Mundo
Real le conseguenze del lavoro di Repsol YPF nelle
terre della comunità Lof Lonko Purán, dove questa
impresa ha oltre 100 pozzi petroliferi.
La comunità Lof Lonko Purán è stata inoltre invitata
dalla Controgiunta dei Danneggiati da Repsol YPF a
partecipare alle attività che si svolgeranno a Madrid.
Maliqueo ha detto che la comunità si è organizzata
“da oltre dieci anni sulle problematiche ambientali
e culturali provocate dalle imprese multinazionali
che stanno operando all’interno del nostro spazio
territoriale, come le imprese Repsol YPF, e a partire
dal 2000 Pioneer Natural Resources”.
“Abbiamo incominciato la nostra lotta e questo ci
ha portato a diverse istanze tra cui dover affrontare
denunce penali e giudizi, che invece di rafforzare
il nostro processo, molte volte ci ha debilitato”,
ha aggiunto Maliqueo.
Il dirigente indigeno ha ricordato anche che le multinazionali
del petrolio agiscono nelle terre della comunità Lof
Lonko Purán “con la complicità del Governo della provincia
di Neuquen, che dà loro la sicurezza giuridica (...)
senza il consenso della parte danneggiata”.
Tradotto da Sonia Chialastri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Ambientalisti
cileni denunciano lo Stato di "occultare informazioni"
Martedì, 11 aprile 2006
Ambientalisti cileni hanno testimoniato
davanti la Corte Interamericana dei Diritti Umani
(CIDU) nel corso di un “giudizio aperto” contro lo
Stato cileno, accusato di “occultare informazioni”
sulle conseguenze di un progetto forestale, che alla
fine non si è concretizzato, nella provincia australe
di Magallanes.
In base a quanto riportato durante il giudizio dall’economista
Marcel Claude, della fondazione ecologista Oceana,
le prime denunce per impedire il progetto della impresa
forestale statunitense Trillium sono state presentate
nel 1998, e da quel momento il governo cileno “ha
negato l’informazione in varie occasioni”.
Claude ha assicurato che il governo, in quel periodo
presieduto da Eduardo Frei, ora presidente del Senato,
si basava su informazioni che “potevano essere utili”
al dibattito sugli impatti ambientali del progetto.
La produttrice di legname Trillium pretendeva di sfruttare
circa 250 mila ettari di bosco in questa regione antartica
del Cile, però l’opposizione delle organizzazioni
ambientaliste ha impedito che il progetto si concretizzasse.
Secondo quanto detto da Claude, l’impresa forestale
“ha contato sempre” sull’appoggio degli organismi
ambientali, oltre all’esplicito sostegno del proprio
presidente Frei.
“Ci è stato sempre negato l’accesso all’informazione
pubblica, un elemento centrale delle democrazie moderne”,
ha enfatizzato il rappresentante di Oceana.
Ha aggiunto che la decisione di adire alla Corte Interamericana
pretende di arrestare questa “cultura della segretezza”.
Claude ha inoltre segnalato che i giudici hanno sei
mesi per emettere la sentenza, e che si tratta di
un “fatto senza precedenti“ nei giudizi contro un
Stato per cause di questo tipo.
La corporazione Trillium opera principalmente nella
provincia argentina della Terra del Fuoco, ed è stata
denunciata a febbraio da gruppi ambientalisti di questa
zona.
Dalle segnalazioni dei componenti dell’organizzazione
Finis Terrea l’impresa forestale attua un “utilizzo
irrazionale” delle risorse, e hanno reso noto che
se continua il taglio indiscriminato, entro sette
anni “non ci saranno più boschi”.
Fonte: Adital
Tradotto da Sonia Chialastri
- progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
|
La
Bolivia ridurrà la quantità di coltivazioni di coca
ma non le eradicherà
Martes, 11 de Abril de 2006
Il cancelliere boliviano David Choquehuanca
ha assicurato lunedì che le coltivazioni di foglia
di coca eccedenti e illegali della regione di El Chapare
e delle Yungas saranno ridotte ma non erradicate.
El Chapare è ubicato nel centrale dipartimento di
Cochabamba e Yungas nel dipartimento di La Paz, che
si trova ad ovest del paese.
Choquehuanca ha aggiunto che la Legge 1008 della Bolivia
verrà rispettata finché sarà vigente, anche se ritiene
debba essere riformata.
Questa legge, denominata “Legge del Regime della Coca
e Sostanze Controllate”, è in vigore dal luglio 1988
per regolare la produzione di coca e l’attività del
governo boliviano in merito a tali coltivazioni.
Secondo il mezzo informativo Narco News, la Legge
1008 riconosce la foglia di coca come un prodotto
naturale e sancisce, tra le altre cose, che ogni erradicazione
della sua coltivazione debba essere volontaria ed
effettuata di concerto tra governo e produttori.
La norma non prevede l’uso della forza da parte del
governo per erradicare le coltivazioni di coca. Tuttavia,
le politiche di erradicazione forzosa di tali coltivazioni
sono sempre state un’abitudine dei precedenti governi
boliviani, pressati dagli Stati Uniti e dalla loro
politica anti-droga.
Al quotidiano boliviano Los Tiempos, Choquehuanca
ha dichiarato che “il governo ha deciso di ridurre
le coltivazioni di coca. Non erradicheremo; erradicare
significa far sparire la foglia di coca. La foglia
di coca è parte della nostra cultura, è parte della
nostra spiritualità”.
La riduzione di quantità di coltivazioni di foglia
di coca si avrà, secondo Los Tiempos, spontaneamente
in seguito al raggiungimento di alcuni accordi tra
governo e produttori.
Il quotidiano boliviano della mattina spiega che ne
El Chapare nello specifico gli affiliati alle federazioni
dei produttori di coca conserveranno, rispettando
un accordo tra governo e produttori, solo 1.600 metri
quadrati di produzione di coca.
Ciononostante, la Legge 1008 considera illegali ed
eccessive le coltivazioni di foglia di coca esistenti
nella regione di El Chapare.
Anche nella zona di Yungas la riduzione sarà volontaria
e Los Tiempos informa che in quella regione, nel rispetto
della legge, la produzione di foglia di coca non potrà
superare i 12.000 ettari.
Choquehuanca ha aggiunto che il governo, presieduto
da Evo Morales, è pienamente d’accordo nel combattere
il narcotraffico, ma che questa è una decisione sovrana
dei boliviani. Ha spiegato che le relazioni con gli
Stati Uniti in questo modo dovranno essere “orizzontali”.
La politica adottata dal governo boliviano è la conseguenza
della lotta del suo presidente, ex leader cocalero
prima dell’assunzione del suo mandato.
Secondo il quotidiano boliviano La Razón, Evo Morales
ha dichiarato alla fine di dicembre 2005, poco dopo
essere stato eletto presidente della Bolivia, che
“la coca non è cocaina, il produttore di foglia di
coca non è un narcotrafficante e il consumatore non
è narcodipendente, questo deve essere ben chiaro”.
Vedi notizia sempre su Radio Mundo
Real:
Estados Unidos advierte a Bolivia sobre su retraso
en la lucha contra las drogas
Tradotto da Sonia Chialastri
– progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Nestlé
minaccia l’agricoltura messicana con il caffè geneticamente
modificato
Martedì, 11 aprile 2006
Alla fine di febbraio, la multinazionale
agroalimentare Nestlé ha ottenuto in Europa un brevetto
per il caffè geneticamente modificato che si presume
migliori la solubilità del caffè in polvere, sebbene
in molte regioni e paesi del mondo questa corporazione
si sia impegnata a non utilizzare alimenti geneticamente
modificati. Lo hanno denunciato il Coordinamento Nazionale
delle Organizzazioni Cafeteleras (CNOC), il Coordinamento
Latinoamericano e dei Caraibi di Piccoli Produttori
del Commercio Equo e Greenpeace.
Questo brevetto è stato richiesto in Messico con il
numero MXPA04003325A. Se verrà approvato nel nostro
paese, i produttori di caffè saranno ancora più dipendenti
da Nestlé. Inoltre, le varietà modificate geneticamente
potrebbero contaminare il caffè convenzionale e, peggio
ancora, il caffè organico di cui il Messico è il primo
produttore al mondo, colpendo gravemente la fonte
di entrate di oltre 480 mila famiglie cafetaleras
in Messico e delle circa 500 organizzazioni contadine
e indigene che dipendono dal caffè.
Con questo brevetto, hanno dichiarato le organizzazioni,
si evidenzia come la multinazionale Nestlé pretende
di usare l’ingegneria genetica per ottenere benefici
economici e aumentare il suo controllo sulla produzione
di alimenti.
Il brevetto concesso dall’Ufficio Europeo dei Brevetti
il 22 febbraio 2006 è per una pianta di caffè con
un enzima bloccato, creato per migliorare la solubilità
del caffè in polvere. Il brevetto copre il processo
tecnico, le piante geneticamente modificate e l’uso
dei chicchi per l’elaborazione del caffè solubile.
“E’ prevedibile che Nestlé cerchi di dare impulso
alla semina in Messico del caffè geneticamente modificato
nel caso in cui ottenga il brevetto anche qui. Noi
organizzazioni produttrici di caffè organico e convenzionale
del Messico respingiamo in toto questa possibilità
ed esigiamo che il governo non conceda tale brevetto,
proibendo la sperimentazione e la semina di caffè
modificati geneticamente nel nostro paese”, ha dichiarato
Fernando Célis Callejas, consigliere della CNOC, che
raggruppa circa 70 mila produttori di caffè del nostro
paese.
“Per i produttori di caffè dell’America Latina costituirebbere
un duro colpo ai suoi processi di miglioramento della
qualità e la conversione ad una agricoltura organica.
Nestlé non dovrebbe mettere i suoi interessi economici
davanti al benessere di milioni di famiglie contadine
che vivono delle entrate che derivano dalla commercializzazione
dei semi e che ottengono risorse addizionali per farlo
in maniera sana”, ha detto Víctor Perezgrovas, presidente
del Coordinamento Latinoamericano e dei Caraibi del
Commercio Equo.
“Il fatto che la Nestlé ottenga un brevetto di caffè
geneticamente modificato è un tema di grande preoccupazione
per i consumatori messicani che rifiutiamo di mangiare
transgenico. In Messico questa compagnia non ha voluto
assumere una posizione chiara sul NON utilizzo del
transgenico nei suoi prodotti, per questo temiamo
che in un futuro Nestlé possa usare il caffè modificato
geneticamente tra i suoi marchi in vendita in Messico”,
ha dichiarato Areli Carreón, coordinatrice della campagna
dei consumatori di Greenpeace Messico.
“Nestlé ha fatto sapere che ha richiesto brevetti
di transgenici di batteri di yogurt, cacao e caffè.
A beneficio dei consumatori che rifiutano di mangiare
organismi modificati geneticamente, Greenpeace chiede
alla Nestlé di rinunciare pubblicamente all’uso di
transgenici del caffè e di altri prodotti, perché
i rischi che tali ingredienti creano all’economia,
all’ecologia e alla salute sono inaccettabili”, ha
aggiunto Carreón.
Le organizzazioni concludono esigendo dalle autorità
messicane di rifiutare questo brevetto, in quanto
rappresenta una diretta minaccia all’agricoltura messicana.
Coordinamento Latinoamericano e dei
Caraibi dei Piccoli Produttori del Commercio Equo
Coordinamento Nazionale di Organizzazioni Cafeteleras
(CNOC)
Greenpeace
Tradotto da Sonia Chialastri
– progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 1 AL 9 APRILE 2006
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Il
BID riconosce "problemi seri" nel progetto
Camisea
Giovedì, 06 Aprile 2006
Manifestazioni durante l’Assemblea
del BID a Belo Horizonte
Il nuovo presidente della Banca Interamericana per
lo Sviluppo (BID), il colombiano Luis Alberto Moreno,
ha ammesso l’esistenza di “molti problemi” nel gasdotto
Camisea in Perú, la cui costruzione è stata finanziata
da questo organismo e che negli ultimi 18 mesi ha
avuto ben 5 fughe di gas liquido.
Il rappresentante del BID si è lamentato delle “gravi
conseguenze sociali ed ambientali” che ha provocato
Camisea, ed ha aggiunto che “siamo molto lontani dall’approvazione
del prestito di 400 milioni di dollari necessari per
finanziare la seconda fase del contestato progetto.
Secondo una dichiarazione di Moreno, che ha concluso
ieri la riunione annuale dei governatori del BID tenutasi
nella città brasiliana di Belo Horizonte, è necessario
realizzare una revisione approfondita della prima
fase per poi valutare se l’organismo finanzierà la
costruzione di un terminale per la liquefazione del
gas. “Per il momento non approveremo il prestito”,
ha aggiunto.
Diverse organizzazioni sociali hanno manifestato a
Belo Horizonte contro le politiche dell’organismo
di credito, che ha concesso prestiti nella regione
per 50.000 milioni di dollari.
Nel caso di Camisea, i manifestanti hanno denunciato
l’ “isolamento” al quale sono state costrette le popolazioni
indigene che vivono nell’area amazzonica dove si sono
tenute le operazioni.
Secondo gli attivisti, le cinque rotture delle tubature
di Camisea hanno provocato un “aumento dell’erosione
e perdita di pesci e fauna” nelle zone interessate.
Gli oppositori alle politiche di finanziamento del
BID hanno affermato inoltre che questo gasdotto pregiudica
la base alimentare delle comunità native, che vivono
in una delle regioni “più ricche di biodiversità del
bacino amazzonico”.
Aggiungono inoltre che “la cosa più grave” è che la
Banca Interamericana ha approvato un prestito di 75
milioni di dollari quattro giorni dopo la prima rottura.
I rappresentanti delle organizzazioni si sono riuniti
a Belo Horizonte con le autorità del BID, alle quali
hanno presentato le loro preoccupazioni e chiesto
la “sospensione” di nuovi prestiti per il progetto
Camisea.
Secondo le dichiarazioni degli ambientalisti, è necessario
che il governo peruviano sospenda le operazioni del
gasdotto finché un “ente indipendente” non realizzi
gli studi relativi.
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
Basta
repressione. Il paese non vuole il TLC
giovedì, 06 aprile 2006
Confederazione delle Nazionalità Indigene
dell’Ecuador (CONAIE)
E’ ogni giorno più chiaro per il paese
che il governo nordamericano non voglia rinunciare
ai suoi interessi, per i diritti dell’ Ecuador. Questi
negoziati sono una vergogna, mentre il regime continua
a tenere nascoste le informazioni, per la clausola
di riservatezza imposta dagli Stati Uniti. Non si
riesce in pratica a concludere nessuna tavola rotonda,
soprattutto quelle sull’agricoltura e sui diritti
sulla proprietà intellettuale.
L’atteggiamento di Alfredo Palacio è irrazionale,
non vuole ascoltare le nazionalità e le popolazioni
indigene, gli allevatori, i produttori di riso, le
università. Non vuole ascoltare gli ecuadoriani. Ascolta
solamente il gruppetto dei grandi imprenditori che
hanno vincolato il governo. La sua unica risposta
sono le bugie e la repressione nei confronti dei diversi
settori sociali.
Di fronte a tutto ciò la CONAIE, il governo delle
Nazionalità e Popolazioni Indigene dell’Ecuador, riafferma
che tutte le loro federazioni sono in assemblea permanente
per proseguire i coordinamenti con i differenti settori
sociali, per portare avanti nuove azioni in difesa
della vita e del futuro della nostra patria. In questo
senso manifestiamo la nostra solidarietà con la FENOCIN,
la FEINE, e con tutte le organizzazioni, che come
la CONAIE hanno sopportato l’irrazionalità, la repressione
e la violenza del regime. Il governo mantiene l’ingiustificato
stato di emergenza nelle 5 province montagnose, e
starebbe approfittando di questo mezzo illegale per
portare a termine compravendite illegali per svariati
milioni di dollari, il che csostituisce reato.
La CONAIE accoglie l’approvazione della Legge sugli
idrocarburi come un passo importante affinché il nostro
paese possa recuperare in qualche modo la gestione
delle proprie risorse naturali. I contratti precedenti
favorivano solo le compagnie petrolifere e rappresentano
una vergogna. Che l’Ecuador ottenga il 60% in più
sui guadagni derivanti del proprio petrolio è il minimo
che si possa sperare. Il recupero delle risorse energetiche
è una esigenza delle popolazioni latinoamericane,
come è stato fatto in Venezuela e si sta facendo in
Bolivia, al fine di garantire la sovranità e il futuro
delle nostre popolazioni. E non temiamo le minacce
delle multinazionali petrolifere. Continueremo a tenergli
testa, perché distruggono l’ambiente, invadono i nostri
territori, corrompono i cattivi dirigenti, e saccheggiano
il paese.
Riaffermiamo il nostro rifiuto alla campagna di bugie
del regime, che dopo varie settimane non è stato capace
di presentare alcuna prova delle sue ridicole accuse
sul fatto che il governo venezuelano o le ONG abbiano
finanziato le mobilitazioni indigene. Ed ancora torniamo
ad esigere dal governo, che spieghi al paese perché
gli Stati Uniti abbiano sostenuto le spese del gruppo
di negoziatori ecuadoriani.
L’unità del movimento indigeno è più fermo e solido
che mai, in quanto si basa sulle nazionalità e sulle
popolazioni indigene di tutto il paese. Le nostre
attività proseguiranno nonostante le repressioni del
governo di marce e mobilitazioni. Ogni giorno si aggiungono
nuovi settori sociali capeggiati dalla CONAIE per
impedire la firma del TLC.
Shuk shunkulla, un solo cuore; shuk
makilla, un solo pugno, shuk shimilla, una sola voce
Traduzione di Sonia Chialastri revisione
di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Semi,
terra e acqua: le Idi di Marzo per Silvia Ribeiro
giovedì, 06 aprile 2006
Il sud del Brasile, culla dei movimenti
sociali più importanti del paese e di tutta l’America
Latina, è stato lo scenario, lo scorso mese, dello
scontro frontale tra movimenti contadini e multinazionali,
alla presenza delle Nazioni Unite. Dal 5 al 31 Marzo,
si sono svolte una dopo l’altra, la Conferenza delle
Nazioni Unite sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo
Rurale, la 3° Riunione delle parti firmatarie del
Protocollo Internazionale di Cartagena sulla Biosicurezza
e la 8° Conferenza delle parti firmatarie della Convenzione
sulla diversità biologica delle Nazioni Unite. Nel
frattempo, si svolgeva in Messico il 4° Forum Mondiale
dell’Acqua.
Senza avvertire nessuno, i “dannati della terra” nella
forma di migliaia di contadini, braccianti senza terra,
sfollati e profughi risultanti dalla costruzione di
dighe, vittime della monocultura e della coltivazione
di trasgenici in Brasile e nel mondo, hanno fatto
irruzione nella scena della Conferenza delle Nazioni
Unite che si svolgevano a Porto Alegre e Curitiba,
mentre decine di migliaia hanno marciato in Messico
in difesa dell’Acqua e contro la sua privatizzazione.
Traduzione di Daniela Cabrera- progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Radio
comunitarie messicane contro la "Ley Televisa"
Giovedì 6 aprile 2006
La "Ley Televisa" elargisce
benefici al monopolio informativo
Le organizzazioni delle radio comunitarie
del Messico e della Commissione Interamericana dei
Diritti Umani (CIDH) definiscono la Legge Federale
sulla Radiotelevisione, attualmente in discussione
al Senato, “incompatibile con la democrazia”.
Secondo quanto dichiarato attraverso un comunicato,
il provvedimento definisce “un quadro normativo illegale
e discriminatorio”, che pregiudica l’attività delle
“radio che difendono gli interessi dei settori minoritari
della popolazione”.
Gli oppositori della cosiddetta Ley Televisa affermano,
citando uno dei gruppi mediatici più importanti del
Paese, che la nuova normativa affonda le sue radici
esclusivamente in “criteri economici”.
Sostengono, inoltre, che le disposizioni in materia
di autorizzazioni, concessioni e licenze siano “discriminatorie
per l’attività delle radio comunitarie”.
Il Segretario Esecutivo della CIDH, Ariel Dulitzky,
conferma che tale progetto di riforma “potrebbe danneggiare”
l’attività dei mezzi di comunicazione che “difendono
gli interessi” dei settori minoritari, e al tempo
stesso la diffusa rete di emittenti indigene attive
sul territorio messicano. “Saranno i gruppi più vulnerabili
a subire le maggiori conseguenze di questa legge”,
sottolinea Dulitzky.
Secondo quanto afferma, fra gli obiettivi della CIDH
figura l’affermazione della “garanzia per tutti all’accesso”
al diritto alla libertà di espressione.
Il rappresentante della Commissione aggiunge che la
Ley Televisa è “incompatibile con il concetto di democrazia
partecipativa”.
Aleida Calleja, della filiale messicana dell’Associazione
Mondiale delle Radio Comunitarie (AMARC), ritiene
che la riforma in questione “rimette il dominio dello
spettro radioelettrico” a Televisa, Televisión Azteca
e Teléfonos de México.
Secondo Calleja, la legge costituisce un “grave attentato”
alla pluralità in materia di radiodiffusione, e inscrive
l’iniziativa nel quadro del “periodo elettorale”.
Informazione di: La Jornada
Tradotto da Orsetta Spinola
– Revisione di Cecilia Silveri progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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Interviste:
“La mobilitazione continua punta all’affermazione
di un’impresa statale che veda la partecipazione dell’utenza
e dei lavoratori”
Giovedì 6 aprile 2006
Mobilitazione in difesa dell’acqua
La multinazionale dell’acqua Suez
avrebbe già stabilito di ritirarsi dal consorzio Aguas
Cordobesas, che fornisce acqua potabile alla città
argentina di Cordoba, situata nel centro del Paese
e capitale dell’omonima provincia.
Tale decisione sarebbe condivisa dall’impresa spagnola
Aguas de Barcelona che, insieme alla Suez, è il socio
maggioritario del consorzio.
La notizia è stata diffusa la scorsa domenica dal
giornale cordobese La Voz del Interior, che ha dichiarato
di aver ottenuto l’informazione da “affidabili fonti
francesi al corrente delle decisioni prese a Parigi
(capitale della Francia), e successivamente confermata
da funzionari del Governo Provinciale (di Córdoba)”.
Tuttavia, nel numero di martedì di La Voz del Interior,
il Ministro dei Lavori e dei Servizi Pubblici della
provincia, Hugo Testa, sostiene che il governo non
ha ancora ricevuto comunicazioni ufficiali da parte
della Suez in cui si annuncia il ritiro da Aguas Cordobesas.
Eppure fra i movimenti sociali della zona e all’interno
del governo stesso della provincia, si riscontra la
convinzione che la Suez lascerà Cordoba.
La ditta, di base in Francia, ha già rescisso il contratto
con la provincia argentina di Santa Fe, confinante
ad est con Cordoba, e con quella di Buenos Aires,
situata nella parte orientale del Paese, dove era
operativa nella capitale federale (l’omonima città
di Buenos Aires) e in diverse regioni dell’area suburbana
della città.
I corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina
e membri di Amici della Terra Buenos Aires, Raquel
Schrott ed Ezequiel Miodownik, hanno intervistato
Luis Bazán, coordinatore della Comisión Popular por
la Recuperación del Agua [Commissione Popolare per
la Riappropriazione dell’Acqua, N.d.T.] di Cordoba.
Bazán è anche Segretario Generale del Sindacato delle
Opere Sanitarie di Cordoba.
L’intervistato ha riferito a Radio Mundo Real che
“il processo di Cordoba è giunto alla fase terminale
di un periodo di consulte con il gruppo multinazionale
condotto dalla Suez, dal momento in cui è stato confermato
il suo ritiro anche da Cordoba”.
“Si apre una nuova epoca in cui la Commissione e il
Sindacato, iniziano a pretendere la creazione immediata
di una politica di gestione statale che preveda la
partecipazione dell’utenza, dei lavoratori, degli
organismi tecnici e scientifici, eccetera, per giungere
alla riconquista di una sovranità popolare su una
risorsa essenziale per la vita come l’acqua”, ha aggiunto
Bazán.
Il nostro intervistato si è dimostrato soddisfatto
giacché il governo provinciale, presieduto da José
Manuel de la Sota, ha ritrattato sulla “rovinosa rinegoziazione
che aveva istituito lo scorso dicembre”, che aveva
sollevato “mobilitazione e indignazione popolari”.
Il 28 dicembre 2005 il parlamento cordobese ha approvato
il rinnovo del contratto con Aguas Cordobesas.
Gustavo Spedale, un altro membro della Comisión Popular
por la Recuperación del Agua, aveva riferito a Radio
Mundo Real in marzo, che il 28 dicembre 2005 Aguas
Cordobesas aveva prorogato il proprio contratto per
altri 20 anni con facoltà di ritoccare le tariffe
ogni sei mesi e di aumentare il costo dell’erogazione
del servizio idrico.
La cittadinanza cordobese, però, si è organizzata,
ha convocato assemblee in diversi quartieri della
città per approfondire la questione dell’acqua.
Bazán ha affermato che “venerdì abbiamo tenuto un
incontro aperto alla cittadinanza nella sede municipale
della città in cui i delegati delle circoscrizioni
hanno ratificato la necessità di annullare il contratto
(con la Suez) e la statalizzazione del servizio”.
Il coordinatore della Comisión Popular por la Recuperación
del Agua di Cordoba ha dichiarato che “il governo
sta ritardando la conferma formale del ritiro (della
Suez) con lo scopo di manipolare il trasferimento
dei benefici da questo gruppo multinazionale ad altro
settore”.
“Ma è chiaro che si tratti di una manovra squisitamente
politica, visto che il panorama politico nazionale,
e la mobilitazione continua puntano all’affermazione
di un’impresa statale che veda la partecipazione dell’utenza
e dei lavoratori”, ha sottolineato Bazán.
* Intervista realizzata nel contesto
del Programma Argentina Sostenibile, iniziativa di
varie organizzazioni ecologiste e sociali del Paese.
Vai alla relativa intervista su Radio
Mundo Real:
Córdoba: la renegociación del contrato con Suez es
"una estafa a la voluntad popular"
Tradotto da Orsetta Spinola – Revisione
di Cecilia Silveri progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
La
principale Università del Costa Rica avverte che l’approvazione
del TLC sarà la rovina del Paese
Martedì, 4 Aprile 2006
L’Università del Costa Rica (UCR),
principale centro di studi superiori del Paese, ha
emesso lo scorso 28 marzo uno studio nel quale si
afferma che con l’approvazione del Trattato di Libero
Commercio con gli Stati Uniti la principale conseguenza
sarà lo smantellamento dei servizi pubblici prestati
dallo Stato. Il documento è stato inviato alla Commissione
per gli Affari Internazionali ed il Commercio Estero
dell’Assemblea Legislativa, affinché i deputati possano
valutare l’effetto devastante del TLC.
"In questo trattato si viola l’ordinamento nazionale
ed il modello di Stato e di società, a livello sociale
e di benessere – prodotto dalle riforme sociali degli
anni 40 –, per privilegiare il mercato ed il modello
economico neoliberale, al di sopra dello Stato sociale
(giustizia sociale, equità, servizi pubblici: istruzione,
sanità, abitazioni)", afferma il documento.
Un’altra conseguenza diretta del TLC si avrà nell’ambito
dell’agricoltura del Paese, dichiara lo studio, a
causa dell’impossibilità di competere con i prodotti
degli Stati Uniti.
I difensori del TLC del Costa Rica affermano che verranno
creati nuovi posti di lavoro ed investimenti stranieri
in settori strategici per l’economia del Paese.
Il documento dell’Università del Costa Rica informa
anche sui pericoli che il TLC provoca nell’ambito
della previdenza sociale, molto importante per migliaia
di famiglie povere e di età avanzata nel Paese.
Il TLC “contiene trasformazioni radicali e profonde
nella struttura e nel funzionamento dello Stato costaricense,
in quanto limita e ridefinisce l’esercizio delle sue
autorità principali. Queste trasformazioni si traducono
nella perdita di sovranità e di autonomia per stabilire
le proprie politiche di sviluppo” indica il documento
in un altro passaggio.
In conclusione, lo studio della UCR afferma anche
che mentre i Paesi dell’America Centrale stanno ratificando
un Trattato – che si trova al di sopra delle leggi
e di fatto in molti casi al di sopra delle stesse
costituzioni –, negli Stati Uniti questo non avrà
valore dal momento che “è al di sotto delle leggi
federali, statali e locali”.
Ciò si traduce in “un’asimmetria giuridica, visto
che il Costa Rica approva un trattato che è al di
sotto della Costituzione Politica e al di sopra del
resto dell’ordinamento giuridico. Dal canto loro,
gli Stati Uniti approvano un accordo – agreement –
subordinato a tutto il loro ordinamento giuridico”.
La conclusione a cui giunge il documento è che “ai
Paese dell’America Centrale è stato detto che è stato
negoziato un “accordo commerciale”. (Tuttavia) non
riguarda solamente il commercio di beni, quanto piuttosto
aree fondamentali dell’economia e della società come
i servizi pubblici, la proprietà intellettuale, il
lavoro, l’ambiente, il modo di risolvere le dispute
tra le imprese e lo Stato, le politiche sulla concorrenza,
gli investimenti ed i diritti degli investitori”.
I veri interessi degli Stati Uniti con il CAFTA –
RD è stato quello di ottenere “l’apertura dei settori
di servizi dei Paesi del Centroamerica ed una maggiore
tutela dei loro investitori, lo sgravio accelerato
o ampie quote di importazione di prodotti agricoli
statunitensi, come la carne di maiale, alcuni tipi
di frutta, ortaggi e loro derivati, mais e suoi derivati;
e, più a lungo termine, riso, carne di pollo o bestiame”.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Lettera
di Solidarietà
Martedì, 4 Aprile 2006
Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’Ecuador (CONAIE)
Quito, 3 Aprile 2006
La Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’Ecuador (CONAIE), di fronte all’arresto
arbitrario ed abusivo del compagno Pedro de la Cruz
presidente della Federazione Nazionale delle Organizzazioni
Indigene e Nere dell’Ecuador (FENOCIN) e di altri
dirigenti, ci dimostriamo solidali e rifiutiamo il
maltrattamento ed il razzismo vincolati al potere
economico e politico neocolonialista del governo nazionale
e dei loro imprenditori, contro gli indigeni.
Condanniamo questi eventi di aggressione e violenza
da parte del governo di Palacio e degli imprenditori
che provocano e violano i diritti delle popolazioni
indigene,che difendono la sovranità del Paese; è per
questo che pretendiamo l’immediata libertà dei detenuti.
Allo stesso modo chiediamo al Governo e al Congresso
Nazionale la deroga urgente dello Stato di Emergenza
decretato nelle cinque province del Paese.
Le Nazionalità e le Popolazioni Indigene fanno un
appello a tutti i settori organizzati: contadini,
afroecuadoriani, piccoli commercianti, piccoli e medi
agricoltori, risicoltori, maidici, studenti, casalinghe
e professionisti ad unirsi a noi contro il TLC e chiediamo
di eliminare la segretezza e la privacy sui documenti
oggetto di negoziato a Washington e la loro immediata
consultazione popolare, affinché sia il popolo a decidere
democraticamente e sovranamente. Allo stesso tempo
chiediamo la terminazione del contratto con la compagnia
OXY.
”Shuk shunkulla, un solo cuore; shuk
makilla, un solo pugno, shuk shimilla, una sola voce”
Santiago Dela Cruz
Vicepresidente CONAIE
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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La
legge sugli idrocarburi dell’Ecuador infastidisce
i negoziatori statunitensi: “se la legge non verrà
derogata, non ci sarà nessun TLC”
Martedì 4 aprile 2006
"TLC Ecuador: Il futuro non s’impone,
si costruisce"
Ecuador e Stati Uniti hanno praticamente
portato a termine lunedì a Washington, capitale dello
stato nordamericano, una nuova serie di negoziazioni
per la firma di un Trattato di Libero Commercio (TLC).
Tuttavia, è possibile che tale accordo non si firmi
se gli Stati Uniti non cambieranno la propria posizione
in merito alle condizioni della nuova Legge ecuadoriana
sugli Idrocarburi.
La prossima riunione per discutere le trattative statunitensi
ed ecuadoriane inizierà verso la fine di questo mese.
Il Congresso dell’Ecuador ha approvato mercoledì scorso
un progetto di riforme alla Legge sugli Idrocarburi
del Paese, che era stato presentato agli inizi di
marzo dal presidente ecuadoriano, Alfredo Palacio.
La Legge sugli Idrocarburi indicherà ora, tra le altre
cose, che lo Stato dell’Ecuador deve ricevere il 60
per cento dei profitti extra che le industrie petrolifere
private operanti nel Paese percepiscono grazie all’incremento
del prezzo al barile del greggio.
Secondo alcuni media ecuadoriani e internazionali,
giovedì scorso, il giorno seguente all’approvazione
da parte del Congresso dell’Ecuador delle riforme
alla Legge sugli Idrocarburi, le negoziazioni di questo
Paese con gli Stati Uniti hanno cominciato a ristagnare
e si è venuto a creare un clima di tensione tra i
funzionari governativi e i negoziatori di entrambi
i Paesi.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, le
riforme alla Legge sugli Idrocarburi sono trattate
“apertamente” nelle riunioni sull’Agricoltura e sui
Servizi nell’ambito delle trattative del TLC.
La posizione dell’Ecuador, che chiede di ottenere
maggiori profitti dalle proprie risorse naturali,
non piace agli Stati Uniti. I negoziatori statunitensi
sarebbero anche preoccupati per la sicurezza dei propri
investimenti in Ecuador e temono che il Paese non
rispetti i contratti firmati con imprese energetiche
di capitali statunitensi.
L’Ecuador potrebbe anche dichiarare la caducità del
contratto con l’industria petrolifera statunitense
Occidental Petroleum, conosciuta come Oxy, per negoziare
la vendita di campi petroliferi senza il consenso
statale.
Secondo una nota del quotidiano ecuadoriano El Universo
di martedì: “gli imprenditori ecuadoriani credono
che l’approvazione delle riforme alla Legge sugli
Idrocarburi abbia influenzato il ritmo della trattativa
(del TLC) e che inciderà sulla volontà degli Stati
Uniti di riprendere il processo”.
Secondo un altro quotidiano ecuadoriano, La Hora,
gli imprenditori del Paese, i cui nomi non vengono
rivelati ma sembra abbiano seguito da vicino le negoziazioni
tra Ecuador e Stati Uniti, hanno dichiarato che un
negoziatore statunitense ha detto “Se non derogano
la Legge sugli Idrocarburi, non ci sarà nessun TLC”.
Secondo La Hora, il negoziatore capo ecuadoriano del
TLC, Manuel Chiriboga, si è mostrato preoccupato a
causa dell’inquietudine che l’approvazione delle riforme
alla Legge sugli Idrocarburi ha risvegliato negli
animi dei negoziatori statunitensi.
“C’è preoccupazione per il cambiamento del quadro
giuridico, però i negoziati non devono essere i canali
per esprimere o affrontare questi temi”, ha affermato
Chiriboga.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal –
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L’imprenditore
messicano Carlos Slim vuole l’Acquifero Guaranì
Martedì 4 aprile 2006
Il multimilionario messicano Carlos
Slim – proprietario di numerose aziende sparse in
tutta l’America Latina in diversi campi – è arrivato
in Paraguay con l’idea di investire in infrastrutture
e in diverse opere per trarre profitto dalle risorse
d’acqua dolce sotterranea dell’Acquifero Guaraní.
La cosa più sorprendente è stata che una ONG ambientalista
del Paraguay, chiamata Alter Vida, ha appoggiato l’idea
dell’imprenditore di sfruttare le risorse dell’Acquifero
Guaraní. Secondo la rivista statunitense Forbes –
che quantifica le maggiori ricchezze ed aziende del
mondo – Carlos Slim sarebbe la terza persona più ricca
del pianeta.
Secondo l’agenzia stampa paraguaiana Jaku`eké, dal
programma di Biodiversità di Alter Vida si vedrebbe
di buon occhio la realizzazione di investimenti privati
su infrastrutture per “prendersi cura dell’acqua”
dell’Acquifero.
“La mia visita in Paraguay, su invito del governo,
non aveva un obiettivo concreto” ha affermato Slim,
“ma nell’interesse generale di realizzare investimenti
sulle infrastrutture sottolineo la possibilità di
partecipare alla fornitura del servizio di acqua potabile”
ha dichiarato infine l’imprenditore all’agenzia Reuters.
Secondo la dichiarazione di una rappresentante di
Alter Vida, raccolta da Jaku´éke, “l’Acquifero Guaraní
può essere utilizzato fino a 80 chilometri cubici
senza rischiare uno sfruttamento eccessivo”.
Per completare l’idea di un utilizzo privato dell’Acquifero,
alla fine si è preoccupato di dare una visione di
“uso sostenibile”, sottolineando la “tutela del bacino
acquifero”. Ha inoltre spiegato che “si tratta di
un sistema che necessita di essere ricaricato costantemente
perché una volta finita la ricarica, l’acquifero non
funziona più in modo corretto, pur sempre obbedendo
ai requisiti di rimboschimento, evitando l’utilizzo
di sostanze tossiche e rispettando le zone umide e
le regole di perforazione dei pozzi”.
In concreto, l’interesse dell’imprenditore sarebbe
incentrato sull’investimento in opere di fornitura
di acqua potabile in Paraguay.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Cecilia Silveri progetto Terre Madri – Traduttori
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Continua
il piano venezuelano di recupero delle terre
Lunedì, 03 Aprile 2006
Il presidente venezuelano, Hugo Chávez, domenica ha
sottolineato nuovamente che il suo Paese mira a diventare
una “potenza agroindustriale”, ed ha annunciato che
durante la sua gestione si continuerà l’azione di
recupero delle terre improduttive in “modo pacifico”.
Secondo il programma presentato al presidente, la
strategia che promuove il governo venezuelano è “dare
potere” ai contadini e “porre fine alla pratica latifondista”.
Chávez ha tenuto il suo programma domenicale dallo
Stato di Apuré, limitrofo alla Colombia, dove ha consegnato
40 mila ettari di terreno a 29 cooperative di produzione
agricola.
Il presidente ha sottolineato che i contadini stanno
“riscattando la propria dignità”, e ha affermato che
in breve tempo “non esisterà più alcun latifondo in
Venezuela”.
Ha aggiunto che nell’ambito della “lotta contro il
latifondo”, le leggi e la costituzione “stanno al
di sopra” della proprietà privata. Ha tuttavia chiarito
che “non saranno espropriate” le terre produttive.
Secondo Chávez, tutti i lavoratori di Apuré, distante
circa 500 chilometri dalla capitale del Paese, Caracas,
devono anche avere accesso all’insegnamento ed ai
servizi sanitari. “E’ necessario un progresso integrale”,
ha dichiarato.
Il governante ha annunciato che nelle terre di Apuré
verrà costruito un centro sanitario per piante e animali,
nel quale si promuoverà, tra le altre cose, anche
l’agriturismo.
Ha affermato che l’ “obiettivo fondamentale” di questi
programmi di sviluppo agricolo “non è lo sfruttamento”,
quanto piuttosto cercare prima di tutto di “coprire
il consumo nazionale e fornire ai cittadini un’alimentazione
adeguata”.
Dal canto suo, il direttore del Instituto Nacional
de Tierras, Richard Vivas, ha assicurato che nel primo
trimestre del 2006 sono stati recuperati 400 mila
ettari di terre improduttive.
Il funzionario ha annunciato nuovi interventi su latifondi
ed ha stimato che per la fine del 2006 il governo
venezuelano avrà recuperato 1.6 milioni di ettari
inutilizzati.
Informazioni tratte da: Prensa Latina
www.2001.com.ve/
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Ambientalisti
cileni chiedono a Kirchner di bloccare il progetto
Pascua Lama
Lunedì, 03 Aprile 2006
Organizzazioni ambientaliste cilene
hanno esortato il presidente argentino, Nestor Kirchner,
a “non approvare” il progetto aurifero Pascua Lama,
che l’azienda canadese Barrick Gold vuole realizzare
nella regione di Atacama, al confine nord con il Cile.
Secondo un comunicato del Consiglio di Difesa del
Valle del Huasco, all’interno di diverse comunità
c’è “grande preoccupazione” per la recente approvazione
in Cile del progetto minerario, che “compromette il
presente ed il futuro” di entrambi i Paesi.
Le organizzazioni chiedono Kirchner di avvertire le
autorità argentine, che devono ancora decidere se
approvare o meno il progetto, e di “convocare i parlamentari”
per analizzare in modo critico le possibili conseguenze.
Il testo degli ambientalisti afferma che la società
Barrick Gold ha intenzione di estrarre oro ed altri
minerali dalla cordigliera delle Ande, nonostante
“tutti gli studi tecnici” dimostrino la non sostenibilità
del progetto.
Secondo gli ambientalisti, l’attività mineraria avrà
un impatto “diretto o indiretto” sui ghiacciai, che
loro considerano “riserve idriche strategiche in pieno
deserto”.
Aggiungono inoltre che l’estrazione dell’oro provocherà
“fratture” nei ghiacciai, che la termocombustione
contribuirà al loro scioglimento e che il fiume El
Estrecho verrà contaminato.
I membri delle comunità che ne sarebbero colpite dicono
che questo fiume è un “elemento vitale per lo sviluppo
umano, animale ed agricolo del Valle del Huasco”.
Si lamentano inoltre del fatto che nonostante le considerazioni
tecniche ed il rifiuto da parte della popolazione
al progetto Pascua Lama, si è spinta la “volontà politica”
dei governanti cileni e delle autorità ambientali
verso l’approvazione del progetto.
In conclusione, gli ambientalisti chiedono al presidente
argentino di “tener conto più del buon senso e del
benessere della popolazione del suo Paese che non
delle considerazioni economiche a breve termine”.
Informazioni tratte da: www.olca.cl
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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