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Terre Madri: Selezione in italiano dalle news
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 26 AL 30 GIUGNO 2006
|
Dichiarazione
finale del II Forum Sociale Mondiale delle Migrazioni
giovedì, 29 giugno 2006
Assemblea dei movimenti sociali
“Per una cittadinanza universale e per
i diritti umani. Un altro mondo è possibile”
Donne e uomini dei movimenti sociali e
delle organizzazioni della società civile altermondialista,
riuniti a Rivas Vaciamadrid (Spagna) dal 22 al 24 giugno
2006 e rappresentati da 1.193 organizzazioni di 84 paesi
di tutto il pianeta, crediamo che:
Creare un altro mondo è possibile, necessario e urgente.Noi
uomini e donne migranti siamo soggetti e componenti attivi
di trasformazione delle società dove arriviamo e di quelle
che lasciamo, perciò si deve riconoscere e promuovere
questo ruolo e l’opportunità che rappresenta per la loro
crescita.
La migrazione è un processo che ha luogo, in questo momento,
nell’ambito della globalizzazione e non può essere analizzato
al di fuori di essa. Non lo si deve pertanto affrontare
come un tema esclusivamente di frontiere o nazionale,
al contrario è un processo economico, politico, culturale
e sociale collegato direttamente con gli effetti che il
modello capitalista neoliberista imposto genera a livello
mondiale.
Le politiche migratorie non possono restare al margine
dei diritti umani; questi sono patrimonio comune dell’umanità
e si deve assicurare la sua interdipendenza, integrità
e universalità.
La cittadinanza universale è una necessità per i processi
di convivenza. Tutti quelli che arrivano in un nuovo paese
devono avere glii stessi diritti inerenti alla condizione
di cittadino, senza il vincolo della nazionalità, compreso
il voto.
Noi migranti siamo soggetti sociali la cui aunzione di
diritti ed articolazione in qualità di agenti di trasformazione
politica, sociale, culturale ed economica, è fondamentale.
In questo senso, il Forum Sociale Mondiale delle Migrazioni
è uno spazio privilegiato per l’organizzazione del movimento
in difesa dei diritti delle e dei migranti.
Denunciamo che:
Le politiche economiche, sociali e culturali alla base
dell’attuale globalizzazione impediscono uno sviluppo
umano e sostenibile degli interessi e delle necessità
di ogni società. L’azione delle imprese multinazionali,
il debito estero, la perdita di sovranità alimentare,
il commercio iniquo, la spoliazione delle risorse naturali
e i conflitti armati sono la ragione per cui le persone
si vedono costrette a trasferirsi e ad emigrare, sia al
nord sia tra paesi del sud.
Non sono ammissibili azioni al limite dei diritti umani
quali il prolungamento delle frontiere al di fuori del
territorio nazionale, le zone franche di produzione e
i centri di permanenza temporaria che devono essere chiusi.
Non ammettiamo che la migrazione sia messa in relazione
con la sicurezza e venga usata come moneta di scambio
tra i governi e a fini elettorali.
Esiste una visione riduttiva delle e dei migranti come
forza lavoro. Noi, uomini e donne migranti siamo persone
e non merce e pertanto dobbiamo avere garantiti tutti
i diritti che ci consentono di crescere e di essere cittadine
e cittadini della società in cui siamo giunti: diritti
lavorativi, sociali, culturali, economici, civili e politici.
Ci sono altre forme di persecuzione, che stanno obbligando
milioni di persone ad andare via dalle loro società di
origine tra cui l’impatto di megaprogetti economici, i
disastri ambientali, la persecuzione per ragioni legate
al genere, orientamento sessuale, razza, religione e la
lesione di diritti economici e sociali che non sono accolti
nella legislazione internazionale di protezione.
Denunciamo tutte le forme di razzismo, xenofobia, islamofobia
e antisemitismo.
Ci sono migliaia di persone che muoiono ogni giorno, vengono
torturate, mutilate e spariscono nel corso di movimenti
migratori nell’assoluta impunità. Denunciamo il rafforzamento
delle frontiere, i muri, i pattugliamenti, le mafie e
il traffico di esseri umani finalizzato allo sfruttamento
sessuale che originano questi crimini. Allo stesso modo
denunciamo la tratta di persone e la schiavitù.
Proponiamo, richiediamo e ci impegniamo
Richiediamo che lo sviluppo globale come responsabilità
pubblica venga assunto dagli stati e dagli organismi multilaterali
con la partecipazione della cittadinanza.
Richiediamo che i diritti umani vengano garantiti in tutte
le società, al di là della situazione amministrativa delle
persone e in tutte le tappe dei processi migratori – origine,
transito, destinazione e ritorno-. Richiediamo che non
si criminalizzi le e i migranti per il fatto di non avere
permessi, che siano derogate le leggi sull’immigrazione
che contraddicono il diritto internazionale dei diritti
umani e che si garantisca il diritto alla libera circolazione.
Richiediamo la firma, la ratifica e l’applicazione della
Convenzione internazionale per i diritti dei lavoratori
migranti e delle loro famiglie, della Convenzione 143
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulle e
sui lavoratori migranti e della Convenzione 49 contro
il Traffico di esseri umani. Ci impegniamo a vigilare
affinché le autorità pubbliche di tutti gli stati adottino
i mezzi necessari alla loro ratifica. Richiediamo soprattutto
ai sindacati il loro impegno su questa materia.
Il diritto a vivere in famiglia è fondamentale per tutte
le persone migranti. Richiediamo che sia garantito.
Richiediamo che si ampli la protezione internazionale
alle persone che sono vittime di altre forme di persecuzione
non incluse nella Convenzione di Ginevra. Richiediamo
che si garantisca ai perseguitati l’accesso al diritto
di asilo in un paese sicuro e il diritto al ritorno con
garanzie per i rifugiati.
Richiediamo che si riconosca e si renda visibile il nostro
ruolo di protagonisti come donne immigrate, superando
la visione vittimistica che si ha di noi.
Ci impegniamo a far giungere come Forum Sociale Mondiale
delle Migrazioni a tutti gli spazi di rilievo internazionali,
nazionali e locali le nostre denunce, richieste e proposte.
Per questo:
1. Facciamo della DICHIARAZIONE DI RIVAS,
la nostra agenda di lavoro che ci permetterà un lavoro
congiunto in ambito internazionale, nazionale e locale.
2. Ci impegniamo a realizzare il III Forum
Sociale Mondiale delle Migrazione e di dare continuità
alle azioni qui accordate. Inoltre ci impegniamo ad organizzare
l’asse di migrazione del prossimo Forum Sociale Mondiale
a Nairobi 2007.
3. Realizzeremo una mobilitazione mondiale
una volta l’anno come elemento di denuncia, proposta e
visibilità del Forum Sociale Mondiale delle Migrazioni.
4. Diamo continuità al web del Forum come
spazio di lavoro, memoria e interscambio.
5. Apriamo uno spazio di redazione congiunta
della Carta Mondiale dei Migranti che verrà discussa nel
prossimo Forum.
6. Creiamo un Comitato Internazionale
Permanente del Forum Sociale Mondiale delle Migrazioni
in cui ci sia una rappresentanza di tutti i continenti
che assicuri il proseguimento degli impegni di lavoro
e che possa avere una riproduzione a livello regionale
e locale.
Facciamo questo perché crediamo che,
UN ALTRO MONDO È POSSIBILE, NECESSARIO
E URGENTE
Traduzione di Sonia Chialastri e revisione
di Daniela Cabrera - Progetto Terre Madri - Traduttori
per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Ecuador
- Proteste contro la compagnia petrolifera francese Perenco
Venerdì 30 giugno 2006
Almeno quattro feriti sono il risultato
degli scontri avvenuti ieri in Ecuador, nella provincia
settentrionale di Orellana, tra manifestanti e militari
durante una marcia contro le attività petrolifere.
Centinaia di manifestanti hanno bloccato le strade locali
chiedendo “l'immediato ritiro” della compagnia petrolifera
francese Perenco, accusata di causare “disastri ambientali”.
Un comunicato emesso dagli organizzatori asserisce che
i manifestanti sono stati “caricati violentemente” durante
la marcia.
Una rappresentante del governo locale, Guadalupe Llori,
ha affermato che “nessuno ha attaccato gli impianti dell'azienda
petrolifera. Ciononostante, il generale Gonzalo Meza ha
mobilitato 300 militari i quali hanno “attuato una repressione
violenta, ferendo quattro attivisti e arrestando uno dei
manifestanti”.
Come afferma la rappresentante, “i militari non possono
comportarsi in questo modo di fronte alla popolazione
disarmata”.
La signora Llori ha chiesto il “rilascio immediato” dell'attivista
Wilmer Jimenez, incarcerato dal 20 giugno, quando era
stato arrestato in occasione di un'altra manifestazione.
La rappresentante ha infine chiesto “la revoca immediata”
dello stato di emergenza decretato nell'area 105 giorni
fa.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Il
Congresso statunitense dovrebbe firmare il TLC con il
Perù a fine luglio
Venerdì 30 giugno 2006
La lobby dei diplomatici peruviani ha
già ottenuto i suoi primi risultati: tutti i parlamentari
facenti
parte del Comitato delle Finanze del Senato statunitense
hanno espresso giovedì la propria volontà di ratificare
“il prima possibile” il Trattato di Libero Commercio (TLC)
con il Perú.
L’ambasciatore peruviano negli Stati Uniti, Eduardo Ferrero,
ha assicurato che questa udienza al Senato è stata “estremamente
vantaggiosa”, e permetterà di “accelerare le procedure”
per l’applicazione del TLC.
Parlamentari democratici e repubblicani si sono trovati
d’accordo sul fatto che la recente vittoria elettorale
di Alan García è la dimostrazione che il Perú “sta seguendo
la giusta direzione e deve essere ricompensato”.
Secondo versioni divulgate dal quotidiano peruviano El
Comercio, diversi legislatori statunitensi hanno sottolineato
che il TLC è stato approvato a Lima da una “grande maggioranza”.
Il presidente del Comitato delle Finanze, Chuck Grassley,
ha fatto notare che: “l’accordo merita l’appoggio di questo
Comitato e del Congresso”.
Secondo quanto riporta El Comercio, è molto probabile
che i parlamentari statunitensi ratifichino il TLC il
prossimo 28 luglio.
L’assessore dell’Ufficio del Rappresentante degli Stati
Uniti per i Negoziati Commerciali (USTR, la sigla inglese),
Everett Eissenstat, ha esortato i rappresentanti del Congresso
ad approvare “ora” il TLC con il Perú.
“Questo accordo stabilisce regole commerciali giuste e
reciproche che promuoveranno la crescita economica tra
entrambi i Paesi”, ha dichiarato.
Anche il leader della minoranza democratica, Max Baucus,
si è mostrato favorevole al TLC; tuttavia, ha riconosciuto
che “esiste qualche inquietudine” per gli impatti lavorativi
che potrebbe provocare.
Il portavoce del governo peruviano, Pedro Pablo Kuczynski,
ha assicurato alla Catena Peruviana di Notizie (CPN) che
nel Congresso degli Stati Uniti “non c’è nessuna opposizione”
verso questo accordo commerciale.
Fonti: El Comercio CPN Radio
Traduzione di Arianna Ghetti, revisione
di Cecilia Silveri – Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org |
Un
rapporto stilato dalla Facoltà di Scienze uruguaiana avverte
che le fabbriche di cellulosa del Paese provocheranno
un grave impatto sul fiume Uruguay
Venerdì 30 giugno 2006
Le fabbriche di cellulosa che la spagnola
ENCE e la finlandese Botnia stanno installando nella città
uruguaiana di Fray Bentos, nell’ovest del Paese, avranno
un “grave impatto sul fiume Uruguay” e “la maggior parte
degli effetti saranno letali e cronici”.
Questo è quanto riporta uno studio elaborato da un gruppo
di docenti della Facoltà di Scienze
dell’Università della Repubblica dell’Uruguay, approvato
dalle autorità di questo istituto.
Nel frattempo, i lavori di costruzione della cartiera
Botnia sono paralizzati da due giorni.
Secondo la radio uruguaiana El Espectador,l’Ispettorato
Generale del Lavoro di questo Paese ha
sospeso preventivamente l’utilizzo delle gru della Botnia,
dopo il verificarsi di diversi incidenti in un mese, uno
dei quali è costato la vita ad un lavoratore.
Secondo il settimanale uruguaiano Búsqueda, il docente
di Geomorfologia della Facoltà di Scienze e uno dei realizzatori
dello studio, Daniel Panario, ha dichiarato che le fabbriche
di cellulosa avranno un forte impatto sul fiume Uruguay,
soprattutto a causa della grande quantità di fosforo e
azoto che andranno a riversarsi nel fiume.
Panario ha spiegato che il fiume Uruguay “contiene già
tracce di fosforo e azoto” e che una saturazione di questi
elementi provocherà un “incremento della presenza di alghe
tossiche” ed un “grave rischio per la salute”.
Il documento elaborato dai docenti uruguaiani, tra i quali
spicca anche Marcel Achkar, membro dell’organizzazione
ambientalista Redes – Amici della Terra Uruguay, riconosce
che “non sono ancora disponibili i dati necessari” per
risalire all’esatta portata dell’impatto delle fabbriche
sul fiume Uruguay.
Tuttavia, aggiunge che “esistono numerosi studi che analizzano
le reazioni dei pesci e di altri organismi acquatici allo
scarico di effluenti di cartiere (simili) nell’acqua”.
I professori uruguaiani spiegano che esistono ricerche
sul campo e di laboratorio che “hanno rilevato importanti
modifiche nella fisiologia riproduttiva degli organismi
acquatici”.
I ricercatori incoraggiano le imprese Botnia ed ENCE ad
installare sistemi di trattamento di effluenti, che “non
sono previsti” in nessuno dei progetti delle due compagnie.
Il rapporto rivela anche che “il sistema di somministrazione
di acqua potabile della città di Fray Bentos si trova
sotto la zona di discarica progettata” da Botnia ed ENCE,
per cui il liquido arriverebbe contaminato in questo luogo.
Secondo il quotidiano uruguaiano La Diaria, i lavoratori
di Botnia sono in sciopero da lunedì per chiedere maggiore
sicurezza sul lavoro.
Il giornale spiega che i 2600 lavoratori chiedono che
vengano effettuate delle verifiche sulle gru utilizzate
dall’impresa, che hanno già più di 30 anni. Due di queste
gru furono già inabilitate dal Ministero del Lavoro e
della Previdenza Sociale uruguaiano. Secondo La Diaria,
un portavoce del sindacato della costruzione, Fabián Gadea,
ha spiegato che un difetto in una di queste gru ha provocato
la morte di uno dei lavoratori della Botnia.
Traduzione di Arianna Ghetti, revisione
di Cecilia Silveri – Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org |
Trasmissione
Speciale: Elezione dell’Assemblea Costituente in Bolivia
Venerdì, 30 Giugno 2006
Questa domenica rappresenta una pietra
miliare nella storia della Bolivia dopo le lotte sociali
sostenute dal 2000, perché torneranno ad essere in discussione
il potere delle oligarchie ed il potere dei movimenti
sociali. La differenza è che la gente non si affronterà
nelle strade contro gli organi di repressione, ma alle
urne per definire l’elezione dei membri dell’Assemblea
Costituente ed il Referendum Autonomico, giunto alla sua
più distorta espressione.
Radio Mundo Real riproporrà la copertura
speciale che realizzerà Indimedia Bolivia insieme ad alcune
radio comunitarie locali.
La trasmissione si potrà ascoltare su
www.radiomundoreal.fm/envivo
Traduzione di Cecilia Silveri – Progetto
Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal
– www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org |
Militanti
socialisti sono molestati dall’FBI a Porto Rico
Giovedì 29 giugno 2006
Membri del Movimento Socialista dei Lavoratori
(MST) di Porto Rico hanno denunciato di essere vittime
di "vessazioni e molestie" da parte di agenti
dell’Ufficio federale di investigazioni statunitense (FBI,
la sigla inglese).
Secondo quanto rivelano gli attivisti, i funzionari dell’organismo
federale che operano nell’isola dei
Caraibi svolgono funzioni di "polizia politica".
Un comunicato dell’indipendentista MST assicura che alcune
settimane fa due agenti dell’FBI si sono presentati a
casa di un militante dell’associazione nella località
di Mayagüez con l’intenzione di "molestare i residenti".
Quando si sono visti negato l’accesso, gli agenti hanno
cominciato a fare domande sulla proprietà della casa,
l’auto e sulla vedova del dirigente assassinato Filiberto
Ojeda Ríos.
Il documento divulgato dal gruppo socialista riporta che
queste visite "sono parte delle vessazioni e della
persecuzione da parte dell’FBI contro gli indipendentisti
e i socialisti a Porto Rico".
Aggiungono anche che si tratta di "pratiche intimidatorie"
che cercano di "deteriorare il morale"
dei militanti.
"L’FBI vuole disarticolare la protesta e il malcontento
generato da tutta la crisi politica, economica e sociale
del paese", concludono.
La lotta armata per l’indipendenza di Porto Rico è nata
nel decennio del 1960, e il principale gruppo
organizzato fu l’Esercito Popolare Boricua - Macheteros.
Filiberto Ojeda, principale referente dei Macheteros,
è stato ucciso il 23 settembre del 2005 durante
un’operazione dell’FBI, alla quale hanno preso parte circa
200 agenti dello Stato della Florida.
Fonte: Bandera.org
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Protesta
contro la cartiera spagnola ENCE all’entrata dell’assemblea
degli azionisti
giovedì, 29 giugno 2006
Oggi a mezzogiorno manifestanti hanno
chiesto il ritiro della cartiera dall’Uruguay a causa
dell’impatto ambientale e sociale delle sue attività.
L’azione svoltasi di fronte al Casino di Madrid si colloca
all’interno della settimana di lotta sociale “Rompiamo
il Silenzio”.
Madrid-28 giugno 2006. La compagnia ENCE (Empresa Nacional
de Celulosa Española) vuole costruire in Uruguay una grande
cartiera. Come società civile crediamo che questo progetto
non dovrebbe essere realizzato a causa dei gravi impatti
ambientali e sociali che comporterebbe. Inoltre, il governo
spagnolo, attraverso CESCE e ICO, pianifica uno scandaloso
appoggio finanziario con denaro pubblico senza consultare
gli oltre 70.000 interessati. La campagna “Non vogliamo
l’ENCE in Uruguay” ha ottenuto – finora – che l’ENCE non
ricevesse l’appoggio di CESCE e ICO né della Banca Mondiale.
La protesta di oggi davanti all’Assemblea degli Azionisti
di ENCE si svolge in collaborazione con l’Assemblea cittadina
ambientalista di Gualeguaychú e la CEDHA che sono a capo
della resistenza contro le cartiere in Argentina.
Il presidente uruguaiano, Tabaré Vázquez, ha dichiarato
ieri che ENCE ha confermato la sua intenzione di costruire
la cartiera, proprio quando circolavano le voci di una
possibile sospensione del progetto. "È la questione
dei finanziamenti che porta l’ENCE a tale decisione",
sottolinea l’Assemblea Cittadina Ambientalista di Gualeguaychú.
La costruzione dell’impianto della ENCE, come dell’altra
similare finlandese Botnia, sul lato uruguaiano di un
fiume che separa questo paese dall’Argentina, è sfociato
in un conflitto tra i due governi generato dalle più grandi
manifestazioni ecologiste nella storia argentina.
L’Argentina teme che le fabbriche contaminino l’ambiente
e ha anche accusato l’Uruguay davanti alla Corte Internazionale
dell’Aia di aver permesso l’avanzamento dei progetti senza
prima aver presentato le relazioni di impatto ambientale
e le consultazioni obbligatorie. Gli impatti ambientali
del progetto saranno, qualora si dovesse realizzare, numerosi
e gravi. Tra questi, l’inquinamento atmosferico (forte
odore di composti di zolfo), l’estrazione di grandi quantità
di acqua dal fiume Uruguay; la coltivazione di grandi
estensioni di monocolture forestali (nella fattispecie
eucalipto) e la conseguente perdita della biodiversità;
la produzione di diossina durante il processo di sbiancamento
e la fabbricazione di biossido di cloro altamente pregiudizievole
per la salute umana; la generazione e lo spargimento di
prodotti di scarto, con relativo rischio di inquinamento
dell’acqua utilizzata per bere e della distruzione delle
risorse della pesca e degli ecosistemi acquatici, che
sono quelli che danno il sostentamento a molte comunità
locali della regione.
L’ENCE ha già gravi precedenti con istallazioni simili,
ed è stata condannata nel 2002 a Pontevedra per reato
ecologico continuato per aver provocato danni irreparabili
all’ambiente, alle risorse naturali e alla salute delle
persone.
Ancora, e soprattutto, le problematiche ambientali e sociali
derivano dal modello forestale che favoriscono il consolidamento
e che sono associate a tali impianti. Nel caso dell’Uruguay
l’ENCE avrà bisogno di 100.000 ettari di piante per ottenere
il legname necessario per la produzione della cellulosa,
attualmente terre coltivate e praterie – l’ecosistema
più importante dell’Uruguay-, il che genera problemi di
disponibilità di acqua e conseguente abbandono della zona
rurale.
A prescindere da questi impatti ambientali e sociali,
lo stato spagnolo ha da sempre appoggiato le attività
dell’ENCE in Uruguay attraverso varie concessioni di credito
dell’Instituto de Crédito Oficial (ICO). Anche ora che
il conflitto ha acquisito una dimensione internazionale
l’ICO sta valutando la possibilità di finanziare l’iniziativa
con un totale di 350 milioni di dollari per questo investimento-
una operazione diretta dal Direttore generale per il Commercio
di Investimenti del Ministero per l’Industria, il Turismo
e il Commercio Óscar Vía Ozalla -, e dalla CESCE (Compañía
Española de Seguros de Crédito a la Exportación), impresa
con funzioni delegate dallo stato, sta valutando se assicurare
la totalità del progetto. La possibilità di dare esecuzione
a tale appoggio con risorse pubbliche da parte del governo
spagnolo è stato duramente criticato da numerosi associazioni
raggruppate nella campagna ¿Quién debe a quién?.
L’ENCE porterà a termine questa settimana una prima tappa
preparatoria per la costruzione nonostante non sia definito
l’inizio della fase successiva. Inoltre, secondo la stampa
locale, l’impresa starebbe aspettando il risultato del
ricorso preventivo di sospensione dell’opera presentato
dall’Argentina alla Corte Internazionale dell’Aia settimane
addietro. Sembra che l’ENCE potrebbe spostare il suo impianto
di 30 km perché la vicinanza che ci sarebbe con quello
della Botnia aumenta il timore di una eventuale contaminazione
e ostacolerebbe il finanziamento pubblico. L’ENCE deciderà
il 9 luglio se continuare i lavori della cartiera, data
in cui si presume che verrà resa nota la sentenza della
Corte Internazionale. La decisione dell’Aia inciderebbe
direttamente sulla decisione della Banca Mondiale e dell’ICO
circa i prestiti richiesti dall’ENCE.
Crediamo che i lavori dell’ENCE riprenderanno quando la
Banca Mondiale e il governo spagnolo approveranno i finanziamenti.
Perciò allargheremo la campagna contro la cartiera per
impedire il finanziamento finalizzato alla costruzione
dell’impianto.
Campagna ¿Quién debe a quién?
Per maggiori informazioni: http://www.quiendebeaquien.org/rubrique.php3?id_rubrique=25
Contatti: 619 94 90 53 (Tom Kucharz, Ecologistas
en Acción) - 669 48 14 62 (Miquel Ortega, ODG).
Foto: http://www.rompamoselsilencio.net
Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto Terre Madri
- Traduttori per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Monsanto
criticata per la differenza di prezzo della soia transgenica
Giovedì 29 giugno 2006
I produttori statunitensi hanno espresso
le proprie proteste alla Monsanto, azienda di quello stesso
paese, perché la soia transgenica resistente al glifosato
che l'azienda produce viene messo in vendita in Argentina
ad un quarto del prezzo al quale è venduta in USA.
Secondo il sito argentino Infocampo, una ricerca dell'economista
Raymond Massey, dell'università del Missouri, ha mostrato
che i produttori USA spendono tra i 96 e i 115 dollari
per seminare un ettaro di terreno, mentre gli argentini,
per la stessa quantità, ne spendono 32.
Nel sito si spiega che i produttori statunitensi si sono
basati su questi dati per sporgere reclamo contro la Monsanto,
e che nel 2000 la Commissione Agricultura del Congresso
degli Stati Uniti aveva già discusso il problema.
L'Associazione Americana della Soia, che raggruppa i produttori
statunitensi, ha chiesto alla Monsanto un rimborso tra
i 300 i 600 milioni di dollari, in quanto convinti che
esistono grandi asimmetrie tra quanto pagano loro e quello
che pagano i produttori argentini.
Intanto, i partecipanti al III congresso sulla soia del
MERCOSUR, iniziato martedì a Rosario, nell'est dell'Argentina,
si sono detti convinti che la soia continuerà ad essere
molto richiesta sui mercati internazionali.
Al congresso partecipano scienziati, tecnici e produttori
appartenenti al MERCOSUR, oltre ad ospiti provenienti
da Stati Uniti, Europa e China.
I produttori argentini sono certi che l'esportazione di
soia continuerà a crescere, incentivata anche dai nuovi
bio-combustibili, che richiedono oli vegetali.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Cile:
lanciata una campagna per nazionalizzare l’acqua
Giovedì 29 luglio 2006
Diverse organizzazioni ambientaliste cilene
hanno lanciato sabato scorso una "campagna per la
nazionalizzazione dell’acqua", e hanno organizzato
varie attività in luoghi differenti del paese sotto lo
slogan "stop al saccheggio ambientale e sociale".
Secondo quanto dichiarato dagli organizzatori, - i quali
hanno scelto sabato come data di inizio per
coincidere con l’"anno nuovo indigeno" - il
90 % delle acque superficiali cilene sono in "mano
a compagnie private, soprattutto multinazionali".
Hanno ricordato che durante la dittatura e i successivi
governi democratici sono state privatizzate
quasi tutte le imprese sanitarie in questo paese.
Secondo gli attivisti, si tratta dell’inizio di una "serie
di azioni", il cui obiettivo principale è
riuscire a nazionalizzare l’acqua. Hanno affermato che
le leggi nazionali considerano questo "elemento vitale"
solo "un bene economico".
L’unico luogo in Cile dove la fornitura di acqua è amministrata
in maniera pubblica è il comune di Maipú, dove "ci
sono continue pressioni per la privatizzazione di questa
risorsa", secondo quanto
hanno affermato.
Le organizzazioni attiviste hanno spiegato che è necessario
"riunire la cittadinanza e il governo" per
fermare il "saccheggio ambientale" del quale
le imprese multinazionali si stanno approfittando.
Un documento divulgato dall’Osservatorio Latinoamericano
di Conflitti Ambientali (OLCA) rivela
che in Cile tutte le "lotte ambientali" riguardano
la difesa dell’acqua.
Secondo l’OLCA, i principali punti focali di conflitto
ambientale in Cile sono i seguenti: il progetto
minerario Pascua Lama, la fabbrica di cellulosa Celulosa
Arauco con i suoi progetti Nueva Aldea e
Valdivia, la monocoltura forestale in diverse regioni
del paese, le dighe della compagnia energetica Endesa
ad Aysen, le attività delle industrie di salmone sulle
coste del Sud del Cile, e le compagnie La Farfana e Aguas
Andinas nella capitale del paese, Santiago.
Fonti: http://www.olca.cl
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Bolivia
: Elezioni per l'assemblea costituente e referendum per
l'autonomia
Giovedì, 29 giugno 2006
Il governo boliviano, il Comitato Civico
Pro Santa Cruz e il partito politico PODEMOS (Poder Democratico
y Social), hanno chiuso mercoledì la campagna elettorale
per l'assemblea Costituente e quella referendaria per
l'autonomia, programmate per domenica.
La Bolivia sta attraversando uno dei momenti politici
più significativi. Domenica, i cittadini dovranno scegliere
i 255 membri dell'Assemblea costituente, 3 per ognuno
dei 70 distretti e 5 per ognuno dei 9 dipartimenti.
Il compito principale dell'Assemblea Costituente, i cui
lavori inizieranno il 6 agosto e si concluderanno entro
un anno, sarà la stesura di una nuova costituzione, che
dovrà poi essere ratificata con un referendum.
Ma i boliviani dovranno anche pronunciarsi sull'autonomia
dei dipartimenti, una delle richieste principali del dipartimento
di Santa Cruz, ad est del paese. Gran parte del potere
economico della Bolivia è concentrato in questo dipartimento.
La discussione sull'autonomia non fa altro che accentuare
le profonde differenze politiche, sociali ed economiche
tra l'est, dove è situato il dipartimento di Santa Cruz,
e l'ovest, dove si trova la capitale del paese, La Paz.
Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato ad
una manifestazione che si è tenuta mercoledì nella capitale
del dipartimento di Santa Cruz, chiamata a sua volta Santa
Cruz, e hanno giurato di votare sì all'autonomia.
Erano presenti rappresentanti delle maggiori organizzazioni
della regione che fanno capo al Comitato Pro Santa Cruz,
i quali stimano fossero circa 500.000 i partecipanti alla
manifestazione.
Secondo il quotidiano boliviano La Prensa, il presidente
degli autonomisti di Santa Cruz, German Antelo, ha difeso
l'autonomia del dipartimento, e censurato le politiche
agricole, il piano di alfabetizzazione e la nazionalizzazione
degli idrocarburi portati avanti dal governo di Evo Morales.
Il leader di PODEMOS, Jorge Quiroga, ha chiuso la propria
campagna a favore dell'autonomia a La Paz. Secondo quanto
riferisce La Prensa, Quiroga ha sostenuto che autonomia
non significa dividere il paese, al contrario produrrà
unità e solidarietà.
Inoltre, il leader politico ha denunciato ingerenze da
parte del presidente del Venezuela, Hugo Chavez, nelle
questioni della Bolivia.
Evo Morales, durante una manifestazione del suo partito,
il Movimento per il Socialismo (MAS), ha criticato i leader
politici e i partiti che appoggiano l'autonomia dei dipartimenti.
Vedere notizie correlate in Radio Mundo
Real
Evo Morales promulga leyes de convocatoria
a Asamblea Constituyente y referéndum autonómico
Evo Morales anunció estrategia de cara
a elecciones de constituyentes
Foto: http://www.elmundo.com.sv
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Militari
del Belize attaccano contadini guatemaltechi.
Mercoledì 28 giugno 2006
Effettivi dell'esercito del Belize hanno
attaccato tre contadini nel dipartimento di Peten, nel
nordest del paese, sul confine.
Stando ai resoconti, già in precedenti occasioni simili
erano stati assassinati contadini guatemaltechi. La legge
dell'ex colonia britannica persegue coloro che attraversano
la frontiera illegalmente.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi questi conflitti
si generano in quanto non esiste una chiara demarcazione
dei confini tra i due paesi.
I media di Peten riferiscono che, la settimana scorsa,
i tre contadini stavano eseguendo “lavori agricoli” nel
territorio confinante, e che “sono stati sorpresi” dai
militari del Belize.
Uno di loro è stato ferito, gli altri due portati in una
prigione del Belize a 20 km dal confine. La legge del
Belize prevede multe e carcerazione per chi entra nel
paese senza autorizzazione.
Secondo il quotidiano guatemalteco Prensa Libre, lo scorso
marzo altri tre contadini erano stati attaccati nella
regione.
Questa questione territoriale è stata oggetto di negoziati
tra i rappresentanti del Guatemala e i loro colleghi del
Belize per anni. Il tavolo delle trattative è sotto la
supervisione dell'Organizzazione degli Stati Americani
(OSA).
Il nocciolo del problema è una questione di sussistenza:
nella regione di Peten non è molto facile trovare piante
di xate, una palma esportata per il suo valore ornamentale,
e molti contadini attraversano il confine alla sua ricerca.
Miguel Angelo Trinidad, direttore di un ufficio OSA nella
regione sul confine, afferma che i contadini guatemaltechi
“hanno esaurito le palme xate nei loro territori, e ora
vanno a cercarle in quelli del Belize”.
La palma xate che si raccoglie in queste aree viene esportata
negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone, dove viene
usata come addobbo floreale e negli abiti nuziali.
Può essere inoltre coltivata in giardini e serre. Si tratta
di un prodotto di lusso per settori con alto potere d'acquisto.
Fonte: Argenpress Prensa Libre
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Luis
Macas sarà il candidato presidenziale del Pachakutik
Mercoledì 28 giugno 2006
Il Movimento di Unità Plurinazionale Pachakutuk,
braccio politico della Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell'Ecuador (CONAIE), confermerà la candidatura
di Luis Macas, presidente dell'organizzazione, alle elezioni
generali del 15 ottobre.
Martedì la maggioranza degli appartenenti al consiglio
politico avevano deciso di rispettare la decisione presa
il 24 maggio, quando Macas era stato designato come loro
candidato.
Secondo quando riferisce il quotidiano ecuadoriano El
Comercio, il presidente di ECUARUNARI (Confederazione
Ecuadoriana dei Popoli Kichwa), Humberto Cholango, avrebbe
affermato “il movimento indigeno ha scelto Luis Macas
come candidato ufficiale del Pachakutik”.
Il rappresentante Pachakutik, Ricardo Ulcuango, ha espresso
sentimenti simili : “la candidatura del compagno Macas
è molto forte. Lavoreremo per rinforzarla ancora di più”.
I negoziati tra Pachakutik e Alianza Pais, partito politico
che appoggia la candidatura di Rafael
Al momento, le discussioni all'interno del Pachakutik
sembrano avviarsi a conclusione. Secondo il quotidiano,
Alianza Pais ha escluso la possibilità di giungere ad
un accordo con il movimento indigeno.
Il giornale spiega che i leader Pachakutik di varie province,
come Guayas e Manabi, nell'ovest, appoggiavano Correa.
Tuttavia, i rappresentanti che appoggiano Macas affermano
che quei leader provinciali non rappresentano il popolo,
avendo ottenuto pochi voti alle elezioni locali del 2004.
La divisione interna sembrava evidente. Vari leader, come
Ulcuango e Cholango, affermavano che l'atteggiamento di
Correa tendeva alla divisione del movimento indigeno.
A questo riguardo, Alianza ha emanato un comunicato nel
quale si afferma che “non vogliamo servire da pretesto”
per la divisione di Pachakutik “al contrario, chiediamo
loro di mantenere l'unità del movimento”.
Notizie correlate in Radio Mundo Real:
Dilemas electorales de la CONAIE, por Raúl Zibechi*
Principales resoluciones del II Congreso
Kichwas de ECUARUNARI
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Il
congresso peruviano ratifica il TLC con gli USA
Mercoledì, 28 giugno 2006
Il congresso peruviano uscente ha ratificato,
mercoledì 28, il Trattato di Libero Commercio (TLC) con
gli Stati Uniti. I voti sono stati 79 a favore, 14 contro
e 7 astenuti.
Il Perù aveva firmato il trattato con gli USA ad aprile.
Il nome ufficiale del documento è “Accordo di Promozione
Commerciale Perù – Stati Uniti”.
Il deputato Javier Diez ha presentato una mozione alla
Commissione Costituzionale perché esamini la possibilità
che il TLC violi la costituzione.
Questa proposta è stata respinta con 82 voti contrari
e soltanto 12 a favore. Il quotidiano El Comercio riferisce
che il portavoce della Commissione Costituzionale, Antero
Flores-Araoz, ha spiegato che il suo gruppo di lavoro
aveva già a suo tempo escluso eventuale incostituzionalità
del trattato.
Diez ha annunciato che presenterà appello presso la Corte
Costituzionale.
Secondo il quotidiano peruviano, il vice-ministro peruviano
per il Commercio Estero, Pablo de la Flor, che ha condotto
i negoziati con gli Stati Uniti, ha salutato con soddisfazione
la ratifica del Trattato, delineandone l'importanza per
milioni di peruviani.
“Quando questo processo è iniziato, eravamo sicuri che
un accordo commerciale con gli Stati Uniti avrebbe cambiato
la storia economica del paese, grazie ai canali preferenziali
assicurati, in modo permanente, all'esportazione dei prodotti
peruviani verso la più grande potenza economica del mondo”,
ha affermato de la Flor.
Sul fronte opposto, i maggiori rappresentati dei sindacati
agrari hanno annunciato di voler continuare la loro lotta
contro il TLC, e hanno partecipato questo mercoledì ad
una manifestazione di fronte al congresso peruviano nella
capitale Lima.
Secondo il quotidiano peruviano La Republica, il leader
principale del Coordinamento Nazionale di Lotta Agraria,
Antolin Huascar, avrebbe asserito “continueremo a lottare.
Non possiamo sopportare oltre. Il congresso ha approvato
il trattato alle spalle della gente, senza ascoltare i
settori che ne saranno colpiti”.
Huascar ha affermato di non riconoscere l'accordo commerciale
con gli Stati Uniti, dicendosi convinto che porterà benefici
solo ad una minoranza, capeggiata dagli amici del presidente
peruviano Alejandro Toledo.
Il sindacalista ha poi convocato agricoltori e oppositori
del trattato ad uno sciopero nazionale che si terrà il
4 luglio.
Il quotidiano aggiunge poi che la Confederazione Nazionale
Agricoltori Peruviani, Luis Zuniga, lamenta il fatto che
il Congresso abbia approvato “qualcosa che loro non avevano
avuto modo di esaminare”
“La voce dei gruppi economici che appoggiano il TLC ha
soffocato quella delle migliaia di agricoltori che saranno
danneggiati dall'accordo”, ha aggiunto.
Notizie correlate in Radio Mundo Real:
Congreso Nacional: Referéndum ahora – ¡El TLC no pasará
en Perú!
Negociador peruano del TLC con Estados
Unidos pasa a trabajar en empresa de ese país
Partido del futuro presidente peruano
no ha definido postura sobre el TLC con Estados Unidos
Parlamentarios peruanos ratificarían mañana
TLC con Estados Unidos
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Sanzione
milionaria della UE a Microsoft
Martedì 27 giugno 2006
L'Unione Europea è pronta ad imporre una
multa di 2 milioni di euro al giorno alla Microsoft per
non essersi adeguata alle direttive imposte dalla UE nel
2004, quando il colosso americano era stato condannato
per abuso di posizione dominante e per aver infranto le
leggi sulla concorrenza.
Secondo varie fonti di informazione, l'ufficio anti-monopolio
della Commissione Europea avrebbe emanato un primo decreto
nel quale si accusa la Microsoft di non aver rispettato
le richieste della commissione.
Nel 2004, l'Unione Europea aveva decretato che Microsoft
doveva fornire “informazione completa e esatta” sul sistema
operativo Windows alle aziende concorrenti, in modo che
queste potessero fornire software compatibile con la piattaforma
Windows.
In quell'occasione, la Microsoft fu condannata ad una
multa di 500 milioni di euro.
Inoltre, era stato imposto a Microsoft di fornire a produttori
di PC e consumatori finale una versione di Windows senza
Windows Media Player.
Di fronte al silenzio dell'azienda, l'Unione Europea aveva
avvertito che avrebbe imposto multe giornaliere di milioni
di euro. Essendo queste sanzioni retroattive, la Microsoft
si troverà a pagare oltre 200 giorni di multe.
L'azienda statunitense ha rilasciato un documento nel
quale afferma di aver ottemperato alle richieste del blocco
europeo, con la consegna di documenti su Windows, per
mettere altre aziende in grado di produrre software compatibili
con il proprio sistema operativo.
Secondo questo comunicato, Microsoft continuerà a fornire
documentazione sui propri prodotti, quindi le sanzioni
europee sono “infondate” e “non necessarie”.
Si prevede che il commissario europeo per la concorrenza,
Neelie Kroes, prenderà una decisione in merito al “caso
Microsoft” il 12 luglio.
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Preoccupazione
in Colombia per le minacce a organizzazioni per i diritti
umani e la libertà di stampa.
Martedì 27 giugno 2006
L'ONG Reporter senza Frontiere ha espresso
preoccupazione per le numerose minacce contro 19 organizzazioni
per i diritti civili e la libertà di stampa da parte di
gruppi paramilitari.
Il 7 giugno, queste organizzazioni hanno ricevuto una
mail firmata dal gruppo paramilitare Fronte Democratico
per la Colombia Libera. Nella mail le si accusano di dare
aiuti al gruppo guerrigliero di sinistra Forze Armate
Rivoluzionarie Colombiane (FARC).
Il gruppo paramilitare ha avvertito le organizzazioni
che erano state dichiarate “obiettivi militari”.
Secondo Reporter senza Frontiere, nella mail il gruppo
paramilitare accusava le organizzazioni colombiane di
essere “sovversivi camuffati”. Il gruppo paramilitare,
inoltre, aggiungeva che “da ora in poi, avremo una presenza
molto più incisiva su oltre la metà del territorio, ora
libera da quel cancro che siete voi e i guerriglieri (....)
Non passerà molto tempo prima che inizieremo a condurre
azioni nelle principali città”.
Reporter senza Frontiere ha sollecitato il governo presieduto
da Alvaro Uribe perché compia i passi necessari ad identificare
e punire gli autori delle minacce.
L'ONG internazionale riferisce che Medios para la Paz,
un'associazione impegnata a migliorare l'informazione
sul conflitto armato in Colombia, ha chiesto all'avvocato
generale dello stato, Mario Iguaran, di effettuare un'inchiesta
sulle minacce, ed ha inoltre richiesto l'appoggio del
ministero dell'interno tramite il programma di protezione
dei giornalisti.
Secondo Reporter senza Frontiere la direttrice di Medios
para la Paz, Gloria Perez, ha affermato che l'organizzazione
intende continuare a “costruire un giornalismo responsabile
e lavorare per la difesa e la promozione della libertà
di espressione e di stampa”.
A metà giugno, l'ufficio colombiano dell'Alto Commissariato
per i Diritti Umani dell'ONU ha raccomandato allo stato
e alla società civile colombiani di appoggiare il lavoro
delle organizzazioni per i diritti umani.
L'agenzia dell'ONU è convinta che la popolazione colombiana
tende a squalificare il lavoro di queste organizzazioni
e ad ignorarne le denunce.
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Il
Parlamento peruviano ratificherà il TLC con gli Usa
Martedì, 27 giugno 2006
Il presidente peruviano uscente, Alejandro
Toledo, ha esortato il congresso ad approvare “il più
presto possibile” il Trattato di Libero Commercio negoziato
con gli Stati Uniti durante il suo mandato.
Toledo ha chiesto ai membri del parlamento di “pensare
ai nostri figli e all'occupazione”, e di ratificare domani
mercoledì il trattato commerciale, aggiungendo : “voglio
lasciarlo come un piccolo regalo al nostro paese e al
prossimo presidente”.
Toledo si era impegnato a “convincere il congresso degli
Stati Uniti ad approvarlo a sua volta”.
Il presidente del congresso peruviano, Marcial Ayaipoma,
dello stesso partito di Toledo, ha annunciato in un comunicato
che “non si esclude” la firma del trattato il 28 giugno.
Il ministro ha aggiunto che, per la ratifica, è sufficiente
la maggioranza relativa.
Secondo il ministro, il congresso “non potrà che approvarlo
o rigettarlo, poiché non può essere modificato”.
Ha aggiunto poi che, dopo la ratifica, i ministri dovranno
esaminare misure di compensazione per i produttori agricoli
“che potrebbero essere danneggiati dall'accordo”.
Il leader peruviano Ollanta Humala, sconfitto da Alan
Garcia nelle ultime elezioni, ha indetto sempre per mercoledì
28 una giornata nazionale di protesta contro il TLC con
gli Usa.
Humala ha affermato che “non è possibile” dire che il
trattato “assicura il benessere delle famiglie peruviane
e delle generazioni future”, e che la ratifica del trattato
dovrebbe essere demandata al popolo tramite un referendum.
Inoltre, la Confederazione Nazionale degli agricoltori
Peruviani (CONVEAGRO), che ha contestato il TLC sin dall'inizio
delle trattative, ha criticato il presidente neo-eletto,
Alan Garcia, per aver appoggiato la ratifica.
Il vice-presidente dell'organizzazione, Miguel Caillaux,
ha affermato che Garcia “non intende” mantenere le sue
promesse elettorali.
Lamenta che “durante la campagna elettorale, (Garcia)
aveva detto che se Toledo avesse firmato il TLC, lui avrebbe
annullato la firma. Più tardi, aveva affermato di volerlo
rinegoziare per fare in modo che non danneggiasse i produttori.
Adesso, Garcia dice si all'accordo”.
Fonti: El Comercio - Radio Programas de Perù
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Forum
contro l’Agrobusiness: "Il fatto che i nostri terreni
siano destinati a produrre combustibile è già una condanna
perché non potremo produrre alimenti”
Venerdì, 23 Giugno 2006
Intervista a Carlos Vicente, di GRAIN
/ Acción por la Biodiversidad
GRAIN è un’organizzazione internazionale
che lotta in difesa delle sementi e della gestione delle
risorse genetiche da parte delle comunità locali e delle
popolazioni indigene, e noi condividiamo questo processo
che ora si realizza nel Forum di Resistenza all’Agrobusiness
e che nasce dalla diagnosi che in molti facciamo della
situazione di tutto il Cono Sur, Argentina, Uruguay, Brasile,
Paraguay e Bolivia, i cui territori sono stati utilizzati
per la monocoltura della soia e per la realizzazione di
questi grandi affari delle corporazioni, che vanno dalla
gestione delle sementi e degli agrochimici, alla creazione
dei deserti verdi prodotti dalla soia.
Ciò che vorremmo è denunciare Monsanto, Syngenta, e tutte
le corporazioni che ci stanno avvelenando, che stanno
allontanando le popolazioni contadine e che ci stanno
invadendo con i prodotti transgenici. D’altro canto, vorremmo
anche dire che esistono altre possibilità, che la sovranità
alimentare rappresenta una ricerca reale delle organizzazioni
contadine e che è una proposta molto forte, perchè è ciò
di cui hanno veramente bisogno le nostre popolazioni:
che si produca una quantità di alimenti in grado di sfamare
tutti gli abitanti del Cono Sur e non soia per nutrire
maiali e galline nell’Unione Europea o in Cina.
All’uso della soia come foraggio si aggiunge la produzione
della soia e di altre piante oleaginose per essere utilizzate
come biocombustibili. Si tratta di una decisione estremamente
grave, perché sappiamo che le richieste di combustibile
del pianeta e del nord del mondo sono molto alte e il
fatto che i nostri terreni siano destinati a produrre
combustibili, a partire dall’olio di soia, è già una condanna
perché non potremmo produrre alimenti e continueremo a
vedere avanzare questi deserti verdi.
Si aggiunge inoltre la presa di coscienza, a partire dal
conflitto tra Uruguay e Argentina per le fabbriche di
cellulosa, dell’entità del problema delle monocolture
forestali, che non è stato denunciato solo in Uruguay
e Argentina, ma ora anche nel sud del Brasile, grazie
alle misure prese dal Movimento dei Lavoratori Senza Terra
contro la Aracruz Celulosa, che ha occupato una piantagione
della Aracruz e distrutto le sue colture forestali come
denuncia per il disastro naturale che provocano queste
monocolture.
La ricerca delle corporazioni punta ora al controllo totale
delle sementi, tanto che sono riuscite ad ottenere la
limitazione nell’uso delle sementi stesse da parte della
Segreteria per l’Agricoltura: oggi esiste una disposizione
ministeriale che limita la possibilità di un agricoltore
di conservare la quantità di sementi che desidera, che
è stato un diritto indiscutibile per tutta la storia dell’agricoltura,
che anche la nostra legge sulle sementi permetteva e che
ora la Segreteria per l’Agricoltura ha ridotto per proteggere
gli interessi delle corporazioni che vogliono che gli
agricoltori continuino a comprare le loro sementi anno
dopo anno.
Le corporazioni cercano di imporre le cosiddette sementi
“Terminator” o sementi suicide, sementi che muoiono e
non si moltiplicano una volta coltivate. Noi stiamo cercando
di frenare tutto questo attraverso delle mobilitazioni
sociali, ma dobbiamo stare attenti perché le corporazioni
vanno avanti nella ricerca e dobbiamo continuare la nostra
campagna di divieto internazionale delle sementi Terminator.
Nel nord del mondo non vogliono contaminare ulteriormente
i propri terreni, come nel caso delle fabbriche di cellulosa,
e c’è una politica molto chiara di queste corporazioni
di trasferire tutto ciò che è inquinante e di portare
le monocolture al sud. I consumatori dell’Unione Europea,
ad esempio, vogliono mangiare cibi biologici e rifiutano
quelli transgenici, quindi siccome lì non li vogliono,
finché glielo permettiamo continueranno a depositarli
qui.
La nostra lotta mira a sensibilizzare la società in generale
e magari prima o poi i governi si renderanno conto che
non possiamo restare in pugno ad una manciata di corporazioni
che detta legge invece di essere una risorsa per i nostri
popoli.
Traduzione di Cecilia Silveri – Revisione
di Orsetta Spinola – Progetto Terre Madri – www.radiomundoreal.fm
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FMI
ammette errori durante la crisi argentina
Lunedì 26 giugno 2006
Il Fondo Monetario Internazionale, (FMI), ha ammesso “manipolazioni
dei rapporti” sui prestiti accordati all'Argentina e “errate
interpretazioni” da parte dei funzionari durante la crisi
economica argentina del 2002.
Secondo un rapporto pubblicato sul sito del Fondo, oltre
a errori dovuti a negligenza, ci sono stati anche “problemi
di interpretazione”, che erano di responsabilità del governo
argentino.
Nel documento si suggerisce che, al tempo, alcune norme
interne “furono violate”, per “occultare informazioni”
al consiglio direttivo dell'organismo, “su accordi con
Domingo Cavallo”, allora ministro dell'economia.
I consulenti che stanno al momento ristudiando l'intero
processo affermano che le bozze dell'Ufficio Indipendente
del FMI, incaricato di preparare i rapporti di valutazione
per i prestiti, “hanno subito sostanziali e significative
modifiche, e sono state eliminate critiche poste dallo
staff”
Autorità odierne del Fondo affermano che la crisi argentina
è stata pilotata da team di lavoro “fortemente influenzati
dalle idee del FMI”.
Intanto, l'ex ministro dell'economia, Domingo Cavallo,
dagli Stati niti dove attualmente lavora come consulente
privato, ha affermato che il FMI “ha affossato l'Argentina
fino all'inferno” durante la crisi. “Il FMI avrebbe potuto
aiutare. Ad agosto 2001, aveva promesso di sostenere la
ristrutturazione del debito argentino, ma dopo ottobre,
questa promessa è sparita”.
Secondo l'economista, il Fondo preferì “stare a guardare”
mentre l'Argentina faceva bancarotta, senza far niente
per portare alcun tipo di aiuto.
Cavallo, che durante la crisi applicò restrizioni sul
ritiro di depositi bancari (azione conosciuta come “corralito”),
lamenta che il FMI “aveva assunto un atteggiamento ben
diverso” con il Brasile nel 2002. In quel caso, conclude,
il Fondo Monetario aveva aiutato il Brasile ad uscire
dalla crisi.
Su informazione di: Linea Capitalistic;
Clarin
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
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Forum
contro l'agribusiness: I cambiamenti climatici grande
opportunità di affari
Lunedì 26 giugno 2006
Il gruppo Guayubira, che riunisce organizzazioni
ambientaliste uruguaiane, è tra i maggiori oppositori
all'installazione di due fabbriche di cellulosa nel dipartimento
occidentale di Rio Grande.
Ricardi Carrere fa parte del gruppo Guayubira. Ha partecipato
al Forum di resistenza contro l'Agribusiness venerdì e
sabato scorsi nella capitale argentina, Buenos Aires,
ed è per l'occasione intervistato dai corrispondenti di
Radio Mundo Real in Argentina, Raquel Schrott e Ezequiel
Miodownik. Queste che seguono sono alcune delle sue riflessioni.
Ci sono vari tipi di agribusiness legati alla monocultura
forestale. Da una parte, gli alberi sono visti come prodotti
a basso costo per la produzione di cellulosa, da esportare
nei paesi del nord, per la produzione di carta e per soddisfacendone
l'eccessiva richiesta. Questa industria occupa milioni
di ettari di terreno nei paesi del sud, in America Latina,
e si sta incrementando in Asia e Africa, per soddisfare
le crescenti richieste dei paesi del nord.
Questo tipo di industria agricola è ben conosciuto. Quello
che non si conosce è l'industria del cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico è un disastro ambientale, ma
per molti governi ed organizzazioni del ramo è diventato
un'occasione per fare affari. Si è fatto in modo che il
Protocollo di Kyoto accettasse le piantagioni di alberi
come “deposito di carbonio”, che è un “servizio” che i
paesi del nord del pianeta possono comprare per poter
continuare con le loro emissioni inquinanti. Anziché ridurre
le emissioni da combustibili fossili, ne riducono solo
una parte, e compensano il resto con piantagioni in Ecuador
o Uganda o ovunque siano soddisfatte le condizioni previste.
Questo è un nuovo tipo di affari, portato avanti a spese
del clima, la cui situazione va così peggiorando.
In America Latina sta avvenendo una espansione delle aree
già piantate a eucalipto e pino. Ce ne sono oltre 2 milioni
di ettari in Cile, e si stanno portando avanti ulteriori
ricerche di ingegneria genetica per ottenere piante più
resistenti al freddo da poter piantare anche in alto sulla
cordigliera. L'ansia di espansione nel settore imprenditoriale
cileno non conosce limiti. In Brasile, ci sono almeno
5 milioni di ettari, e il governo di Lula pianifica di
arrivare ad avere 11milioni di ettari nei prossimi anni,
per la produzione di cellulosa per l'esportazione. In
Uruguay gli ettari sono 1 milione, e ci sono almeno tre
progetti , e forse più, di fabbriche di cellulosa da esportare
al nord. In Argentina una legge sulle foreste favorisce
le piantagioni, e enormi piantagioni sono presenti nelle
province di Misiones e Corrientes. Delle tre fabbriche
presenti a Misiones, una, che è moderna e possiede le
stesse tecnologie che verrebbero installate in Uruguay,
ha inquinato la provincia. Fabbriche di cellulosa sono
presenti in Colombia e Venezuela. L'arrivo di capitali
giapponesi, per la piantagione di eucalipto, ha provocato
una grande opposizione in Ecuador. In Messico e in Centro
America, multinazionali intendono impiantare enormi coltivazioni
di eucalipto per la produzione di cartone da imballaggio
da destinare agli sweatshop, all'interno del Piano Pueblo
Panama. I capitali stranieri considerano questa regione
ideale per 'installazione di questo tipo di industria
agricola, collegata alla produzione di carta e cellulosa.
L'installazione di fabbriche di cellulosa non è affatto
necessaria. Risponde solo alla necessità di fronteggiare
l'enorme consumo di carta del nord. Paesi come Uruguay
e Argentina consumano solo 30 kg di carta pro capite all'anno,
diversamente dall'Europa, dove il consumo pro capite sfiora
i 300 kg, o dai 440 kg degli Stati Uniti e i 330 della
Finlandia. Non c'è scarsità di carta in Uruguay e Argentina.
Il consumo dei paesi del nord è impressionante, completamente
fuori controllo e con queste fabbriche si intende incentivarlo
ulteriormente.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
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Forum
contro l'agribusiness : Vogliono lasciarci senza cibo,
o con il cibo-spazzatura delle multinazionali.
Lunedì 26 giugno 2006
Un appartenente all'organizzazione ambientalista
Redes-Amici della Terra Uruguay, Alberto Villareal, ha
affermato, nella capitale argentina Buenos Aires che “con
l'avanzare dell'agribusiness verranno espulsi coloro che
tradizionalmente hanno sempre vissuto su queste terre,
coloro che si sono presi cura dell'ambiente e dei territori,
come gli indigeni e i contadini.
Villareal, che aveva partecipato al Forum di Resistenza
all'Agribusiness, è stato intervistato dai corrispondenti
di Radiomundoreal in Argentina, Raquel Schrott e Ezequiel
Miodownik. Queste che seguono sono le sue dichiarazioni.
“Coordino le campagne regionali contro i trattati per
il libero commercio e contro il WTO. Crediamo che l'Agribusiness
sia una delle strategie capitalistiche principali per
l'America Latina e il Mercosur. Noi vogliamo interagire
con altre organizzazioni, non solo ecologisti e appartenenti
ad Amici della Terra, ma anche con organizzazioni di contadini
e cittadini, per creare un fronte molto più unito e consistente,
dal punto di vista politico e sociale, in grado di opporsi
alla privatizzazione dei nostri territori da parte dell'agribusiness,
il cui unico interesse è il profitto.
Come Amici della Terra, stiamo riformulando politicamente
quelle c he sono state finora campagne separate, cercando
di renderle più consistenti e coerenti. Per esempio, io
coordino la campagna sul commercio, finora focalizzata
sul WTO e sui trattati bilaterali di libero commercio.
Ma lo scopo reale è unificare questa campagna contro le
politiche della Banca Mondiale, La Banca per lo Sviluppo
Inter-Americano e il Fondo Monetario Internazionale, che
finanziano l'agribusiness. Ci coordiniamo inoltre con
la campagna sulle multinazionali, che era un ramo a parte,
in modo da focalizzare sull'agribusiness nella regione.
Il modello presente nella regione, basato sulla monocoltivazione
forestale e l'espansione della soia, non solo come mangime
ma anche per la produzione di bio-combustibili, sembra
essere la nuova frontiera, il nuovo orizzonte di un'agricoltura
rivolta alla produzione di una fonte energetica alternativa
al petrolio nelle mani dell”asse del diavolo” come dice
Bush.
Senza un coordinamento tra città e campagne, non saremo
in grado di vincere questa battaglia. E' una battaglia
diretta a difendere la sovranità alimentare, persino contro
il governo di sinistra che sostiene i bio-combustibili
come nuova produzione agricola che genererà occupazione.
Ma questo sarà a scapito della sovranità alimentare. Finiremo
senza alimenti, o con quelli di Mc Donald's, con il cibo-spazzatura
delle multinazionali. Dobbiamo lottare per un cibo sano
prodotto dai nostri contadini.
Questo forum ha rappresentato una importante occasione,
come primo passo per la conoscenza reciproca delle battaglie
che i vari gruppi stanno conducendo in America Latina
e nel Cono Sud, e in vista di ulteriori incontri per articolare
e generare strategie comuni.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 19 AL 25 GIUGNO 2006
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Messico
anticipa il pagamento del debito a dieci giorni dalle
elezioni
Venerdì, 23 giugno 2006
Il governo messicano ha annunciato giovedì
scorso, dieci giorni prima delle elezioni presidenziali,
che anticiperà il pagamento di 7 miliardi di dollari del
debito estero del proprio paese attraverso organismi multilaterali
di credito.
In questo modo riduce il debito estero totale da 57 a
50 miliardi di dollari, e in termini di rapporto al prodotto
interno lordo (PIL) passerebbe a rappresentare dal 7,3%,
"a soltanto il 6,4 per cento", ha annunciato
orgoglioso ieri il presidente Vicente Fox.
Il vice ministro delle Finanze Alonso García, da parte
sua, ha assicurato che tale ammortizzamento permetterà
“all’amministrazione del presidente Vicente Fox"
di risparmiare 52 milioni di dollari sugli interessi non
pagati. I fondi per il pagamento andranno alla Banca Mondiale
e alla Banca Interamericana per lo Sviluppo.
García si è affrettato ad aggiungere che l’anticipazione
del pagamento "no rappresenta un messaggio per i
mercati in vista delle elezioni".
Ma per Fox è stato difficile dissimulare: ha affermato
che questa operazione rappresenta un "chiaro segnale"
della forza e della stabilità dell’economia, "che
garantisce al Messico di poter affrontare il futuro con
tranquillità e fiducia nella solidità dalle proprie finanze
pubbliche".
Informazioni di: La Jornada; Ansa
Traduzione di Orsetta Spinola – Progetto
Terre Madri – www.radiomundoreal.fm – www.traduttoriperlapace.org |
"Il
modello convenzionale dell’economia si sta esaurendo"
venerdì, 23 giugno 2006
La Coalición Ríos Vivos, composta da organizzazioni,
rappresentanti indigeni, ricercatori, tecnici e pescatori
di Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay (paesi
che fanno parte della Cuenca del Plata), ha rilanciato
la propria attività contro il progetto dell’idrovia Paraguay-Paraná.
Tale progetto si inscrive nell’Iniciativa para la Integración
de la Infraestructura Regional Sudamericana (IIRSA), accordo
stipulato fra 12 paesi di tale regione. Attraverso questa
convenzione gli stati sudamericani cercano di realizzare
diversi progetti infrastrutturali per il consolidamento
di un’importante rete energetica, di comunicazioni e di
trasporto, che semplifichi il commercio internazionale.
L’idrovia Paraguay-Paraná rappresenterebbe una maestosa
opera ingegneristica il cui scopo sarebbe quello di aumentare
il volume di traffico (grandi carichi) di prodotti, principalmente
agricoli, minerali, e combustibili, attraverso il sistema
fluviale composto dai fiumi Paraguay, Paraná, Uruguay
e Rio de la Plata.
Fra le opere da realizzare risaltano la rettifica e ampliamento
dell’alvo dei fiumi, la disintegrazione delle formazioni
rocciose e l’edificazione di porti.
L’idrovia dovrebbe estendersi per circa 3500 chilometri
congiungendo Puerto Cáceres, situato nello stato brasiliano
di Mato Grosso, nell’ovest del paese, e il porto di Nueva
Palmira nella regione uruguayana di Colonia, situato a
sudovest.
Secondo le stime il progetto dell’idrovia Paraguay-Paraná
costerebbe un miliardo di dollari e dovrebbe garantire
la navigabilità diurna e notturna per tutto l’anno per
imbarcazioni che potrebbero raggiungere i 200 metri di
lunghezza.
Secondo Elba Stancich, membro dell’organizzazione ambientalista
argentina Taller Ecologista de Rosario, i cinque governi
dei paesi della Cuenca del Plata hanno approvato nel 2005
la realizzazione di studi complementari per la costruzione
dell’infrastruttura dell’idrovia Paraguay-Paraná.
La Stancich è stata intervistata dai corrispondenti di
Radio Mundo Real in Argentina, Raquel Schrott e Ezequiel
Miodownik, anche componenti dell’organizzazione ambientalista
di questo paese Amigos de la Tierra Buenos Aires.
L’attivista argentina ha detto che “la Coalición Ríos
Vivos (il Taller Ecologista ne è uno dei fondatori) vuole
riprendere la battaglia contro il progetto dell’idrovia,
presentando documenti, analizzandone il nuovo contenuto
e tutto ciò che l’attuale modello per le esportazioni
agricole comporta, e al quale l’idrovia è funzionale”.
“A partire dalla Coalición vogliamo esternare il nostro
punto di vista su cosa, dall’ottica dell’economia ecologica,
rappresenterebbe un’effettiva integrazione”, ha aggiunto
la Stancich.
L’ambientalista si è mostrata preoccupata per le conseguenze
ambientali che avrebbero i progetti dell’IIRSA. “Tutto
il pacchetto proposto dall’IIRSA dipinge un quadro alquanto
minaccioso visto che la quantità di opere infrastrutturali,
indubbiamente, attraverserebbe ecosistemi, sfollerebbe
popoli e culture, genererebbe ulteriore inquinamento e
devastazione sociale”, ha sottolineato la Stancich.
* L’intervista di Schrott e Miodownik
è stata realizzata nel quadro del Programa Argentina Sustentable,
iniziativa intrapresa da varie organizzazioni ambientaliste
del paese: http://www.pas.org.ar
Traduzione di Orsetta Spinola –
Progetto Terre Madri – www.radiomundoreal.fm – www.traduttoriperlapace.org
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Forum
contro l’Agrobusiness: Bolivia - "L’attuale politica
di governo ha detto un no chiaro ai prodotti transgenici”
Venerdì, 23 Giugno 2006
Intervista a Sorka Copa, membro di FOBOMADE
(Forum Boliviano sull’Ambiente e lo Sviluppo)
“Come in qualsiasi altro Paese latinoamericano,
in Bolivia c’è l’invasione delle multinazionali come la
Cargill. Quello che ci ha sorpreso durante questo tipo
di indagine è stata la presenza massiccia di cittadini
brasiliani della parte di Santa Cruz molto coinvolti nella
produzione di soia. Ci rendiamo conto che la presenza
e la pressione dei brasiliani nei precedenti governi hanno
permesso l’approvazione della produzione di soia transgenica.
Qui loro hanno il controllo dei negozi dove si vendono
agrochimici e sementi”.
“In Bolivia la soia transgenica è stata approvata l’anno
scorso. Il 70% della produzione di soia appartiene ai
piccoli agricoltori, che non hanno adottato la soia transgenica
perché il rendimento di questa varietà non è buono come
quello riscontrato in Argentina”.
Ancor di più con l’attuale politica di governo, si è detto
chiaramente no ai prodotti transgenici e si è dimostrato
il sostegno ai piccoli produttori e alla produzione agroecologica.
In questo senso, bisogna menzionare che, con la firma
delle ultime convenzioni con il governo venezuelano nell’ambito
del Trattato del Commercio dei Popoli sottoscritto a giugno,
ci è permesso aumentare l’esportazione di soia convenzionale
non transgenica.
Nell’ambito delle attività del Forum sull’Agrobusiness,
abbiamo percorso alcuni quartieri della città argentina
di Cordoba dove abbiamo potuto constatare con sorpresa
grandi piantagioni di soia che sono state estese fino
alle zone urbane e suburbane della capitale. Abbiamo visto
insediamenti vicini subire i rischi ed una serie di patologie
causati da questi agrochimici che vengono sparsi.
In questo Forum contro l’Agrobusiness abbiamo delineato
la posizione che assumiamo come Paese ed il nostro sostegno
ai piccoli produttori della regione di Santa Cruz dove
c’è un comune, quello di San Pedro, che sta firmando un
accordo con le istituzioni per assicurare una produzione
più agroecologica”.
Traduzione di Cecilia Silveri – Revisione di Orsetta Spinola
– Progetto Terre Madri – www.radiomundoreal.fm – www.traduttoriperlapace.org
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Forum
contro l’Agrobusiness: “Ci stanno gettando veleno addosso
liberamente, senza controllo”
Venerdì, 23 Giugno 2006
Intervista a Vita Ayllón, membro dell’organizzazione
delle Madri del quartiere Ituzaingó, provincia di Cordoba.
“Stiamo denunciando da quasi cinque
anni la questione della soia. Il problema sta in quello
che usano per la semina e che non si pensa ai rischi che
possono correre l’ambiente e le persone. Lo stiamo subendo
sulla nostra pelle, ma siccome si tratta di qualcosa di
molto buono e redditizio per qualche settore, la nostra
salute non è presa in considerazione. Ci sono molti casi
di cancro; la leucemia è stato il campanello d’allarme
che ci ha avvertito che stava succedendo qualcosa. Non
è normale che in una zona così limitata ci siano due o
tre casi di leucemia. Secondo le statistiche, ogni 100
mila abitanti si possono verificare uno o due casi di
leucemia, noi con 5 mila abitanti ne registriamo due all’anno.
Nell’ambito delle attività del Forum contro l’Agrobusiness
iniziato venerdì a Buenos Aires, è stata portata a termine
la visita di una delegazione internazionale composta da
organizzazioni di Ecuador, Brasile, Bolivia e Spagna,
che ha preso nota degli effetti della coltivazione della
soia transgenica nell’area del quartiere Ituzaingó Anexo
e nella vicina località di Montecristo.
La missione risponde all’insorgenza massiccia di malattie
nelle popolazioni di Cordoba collegate all’uso di agrotossici
nelle colture vicine. Si contano una grande quantità di
casi di cancro, lupus, malformazioni congenite, allergie
e asma. Questi casi erano già stati precedentemente registrati
e figurano in un rapporto epidemiologico che raccomanda
il trasferimento del quartiere di Ituzaingó.
La delegazione era formata da Sorka Copa del Forum Boliviano
sull’Ambiente, Ivo Syndicus dell’organizzazione Bolivia
Libera dai Transgenici, Idelma Zambiana, membro della
Federazione Nazionale delle Donne Contadine Bartolina
Sisa (FNMC-BS). Dal Brasile ha partecipato Camila Moreno,
avvocato dell’organizzazione DDHH Terra di Diritti e dalla
Spagna Jordi Menéndez Ourille, coordinatore regionale
in Bolivia di Veterinari senza Frontiere. Infine per l’Ecuador
sono intervenuti i dirigenti delle organizzazioni contadine
Jimmi Pérez e Jorge Loor del Coordinamento Nazionale delle
Organizzazioni Contadine – Vía Campesina Ecuador.I corrispondenti
di Radio Mundo Real in Argentina, Ezequiel Miodownik e
Raquel Schrott, di Amici della Terra Buenos Aires, hanno
realizzato questa intervista a una delle madri fondatrici
del gruppo Madri di Ituzaingó Anexo, trascritta qui di
seguito.
“La soia implica la deforestazione, lo sfollamento della
gente dai propri territori, la gente no può più disporre
delle proprie terre. Tutto ciò è grave. Arrivano dei grandi
imprenditori che mettono i soldi, affittano i campi, seminano
la soia, distruggono il suolo e non generano lavoro. Fanno
vendere la terra a due soldi e qui non c’è nessuno che
media a favore del popolo.
La zona di Montecristo è un insediamento circondato da
campi di soia: la soia è intorno alle scuole, arriva quasi
dentro casa e non si prendono misure per vedere quali
saranno i problemi in futuro.
Abbiamo una diga qui e stanno seminando la soia fino al
bordo. I prodotti che si usano sono velenosi e vietati,
non c’è controllo, potremmo morire tutti domani e non
importa se da qua a dieci anni non ci sarà più acqua,
né vita. Anche questo fa parte dei diritti umani, ci stanno
gettando veleno addosso liberamente e senza controllo,
prima ci uccidevano in un modo ora in questo.
Nella zona di Colonia Caroya, la gente che possiede coltivazioni
di verdura, vigneti, allevamenti di conigli, ci ha detto
che sono nati maiali con zampe di anatra, queste sono
le malformazioni che causano negli animali.
All’inizio tanto tempo fa ti davano la soia in una cassa
con delle prescrizioni, soia transgenica, non commestibile,
da foraggio. Per i bambini di un quartiere umile, con
scarse difese, con tutto quello che stanno respirando
e mangiando – gli agrochimici – è un disastro per l’organismo.
Sono state realizzate analisi a 30 bambini e 23 presentano
agenti agrochimici nel sangue”.
Traduzione di Cecilia Silveri – Revisione di Orsetta Spinola
– Progetto Terre Madri – www.radiomundoreal.fm – www.traduttoriperlapace.org
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Il
governo boliviano accusa multinazionali del petrolio di
provocare scarsità di carburanti
Giovedì 22 giugno 2006
Il governo boliviano ha accusato mercoledì
le multinazionali del petrolio che operano nel paese della
scarsità di carburante nei vari dipartimenti. Nell’amministrazione
del presidente boliviano Evo Morales si pensa che le imprese
straniere vogliono impedire che si concretizzi la nazionalizzazione
degli idrocarburi lanciata il 1º maggio e per questo prendono
misure per mettere in pericolo il paese.
Secondo la rete informativa Erbol de Bolivia, il Vice
Ministro dell’Esplorazione e Produzione di Idrocarburi
del paese, Julio Gómez, ha rivelato che sono molti gli
interessi per fermare la nazionalizzazione.
Ha spiegato che la scarsità di carburanti “è un boicottaggio
da parte delle imprese petrolifere in questo momento di
ricostruzione nazionale, in cui il governo ha fissato
definitivamente la visione e la missione degli idrocarburi”.
Il problema risponde a “interessi extra-nazionali del
neoliberalismo che sono stati destabilizzati e che riceveranno
un'altra batosta il prossimo 2 luglio nell’ambito dell’Assemblea
Costituente”, ha aggiunto.
I dipartimenti colpiti dal problema di scarsità di carburanti
sono quello di La Paz, nell’ovest del paese, Santa Cruz
e Beni, situati ad est.
Questa non è la prima accusa rivolta alle multinazionali
del petrolio per la scarsità di carburanti da parte di
un’autorità boliviana a seguito della nazionalizzazione
degli idrocarburi.
A fine maggio scorso, il presidente della compagnia petrolifera
statale Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos,
Jorge Alvarado, accusò l’impresa brasiliana Petrobras
di essere la responsabile della scarsità di diesel a La
Paz, nel dipartimento del nord di Pando, e a Beni.
Alvarado aveva spiegato, in quell'occasione, che Petrobras
era l’unica impresa ad aver sospeso le importazioni di
combustibile.
Secondo il quotidiano boliviano La Prensa,
Alvarado avrebbe dichiarato: “Considero l’atteggiamento
assunto dalla Petrobras come un atto di sabotaggio nei
confronti del paese. Non lo si può interpretare in altro
modo”.
Vedere notizie correlate di Radio Mundo
Real:
Bolivia nacionalizó todos sus hidrocarburos
Nacionalización de los hidrocarburos en
Bolivia: repercusiones por todos lados
Petrolera estatal boliviana responsabiliza
a Petrobras por escasez de combustible en el país
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di Giuseppina
Vecchia - Progetto Terre Madri –Traduttori per la Pace
– Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Contadini
in possesso di titoli di proprietà sfrattati con la violenza
Giovedì 22 giugno 2006
Circa 650 poliziotti hanno compiuto con
la violenza uno sfratto di massa di decine di famiglie
contadine nel distretto di Palenque, provincia di Los
Rios, al centro dell'Ecuador. I poliziotti hanno distrutto
numerose abitazioni e portato via i beni personali degli
inquilini.
Si tratta della seconda evacuazione forzata in meno di
un anno. La prima è avvenuta a settembre 2005.
L'operazione è stata effettuata il 14 giugno a La Yuca,
Palenque. Stando alle organizzazioni ecuadoriane che difendono
i diritti dei contadini, circa 120 famiglie in possesso
dei relativi diritti di proprietà accordati loro dall'Istituto
Ecuadoriano per la Riforma Agraria e la Colonizzazione
vivono da 40 anni a La Yuca .
Questo istituto, secondo le organizzazioni, è stato sostituito
dall'Istituto Nazionale per lo Sviluppo Agricolo, che
ha invalidato i titoli in possesso dei contadini di La
Yuca.
Come riferisce il quotidiano La Hora, il governatore di
Los Rios, Nestor Coello, ha detto che l'ordine di evacuazione
è stato emesso dal direttore dell'Istituto Nazionale per
lo Sviluppo Agricolo, Carlos Aguirre. Coello ha spiegato
che non poteva disubbidire ad un ordine superiore.
Fino a sabato sono state distrutte 17 case, di cui 4 sono
state date alle fiamme. Le organizzazioni che difendono
i diritti dei contadini spiegano che i poliziotti sono
arrivati con i bulldozer per demolire le case, erano in
assetto antisommossa e hanno utilizzato i lacrimogeni
per impedire alla gente di resistere all'evacuazione.
Aggiungono inoltre che ai contadini è stato impedito di
effettuare il raccolto e che i poliziotti hanno persino
ucciso alcuni animali.
Secondo La Hora, un contadino di La Yuca, Josè Alcivar,
ha raccontato che molti stavano mietendo il mais, ma i
poliziotti non hanno permesso loro di terminare.
Il quotidiano ecuadoriano aggiunge che i contadini sono
in allarme, e dichiarano che li potranno cacciare dalle
loro terre solo da morti.
I contadini chiedono che si fermi la distruzione delle
case, che si compia un profondo controllo delle azioni
dell'Istituto Nazionale per lo Sviluppo Agricolo e che
si permetta alla stampa in andare a La Yuca per poter
riferire su quanto sta avvenendo nell'area.
Reclamano inoltre la creazione di una commissione all’interno
del Congresso Nazionale per indagare sugli interessi reali
che stanno dietro allo sfratto.
Di seguito presentiamo un’intervista realizzata da SOS
Señal de Radio al sacerdote ecuadoriano Benjamín Respaldiza.
Traduzione di Giuseppina Vecchia, revisione
di Cecilia Silveri – Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Sono
le economie contadine "a sostenere le popolazioni
dell’interno"
Giovedì 22 giugno 2006
Diverse organizzazioni indigene e contadine
dell’Argentina e membri di Vía Campesina, rete internazionale
che riunisce organizzazioni di lavoratori di tutto il
mondo, martedì scorso hanno realizzato a Buenos Aires,
capitale argentina, un’attività di denuncia nei confronti
della multinazionale Monsanto. Questa azienda è uno dei
principali produttori mondiali di sementi transgeniche.
La mobilitazione è stata fatta in difesa della sovranità
alimentare e contro il modello di esportazione dei prodotti
agricoli. Si è trattato dell’attività di chiusura del
Seminario sull’Agricoltura Sostenibile che si è tenuto
domenica e lunedì scorsi a Buenos Aires e che è stato
organizzato dal Movimento Nazionale Contadino degli Indigeni
dell’Argentina e Vía Campesina.
Tra le organizzazioni dei lavoratori argentine che hanno
organizzato questo seminario emergono il Movimento Contadino
di Cordoba e quello di Santiago del Estero, province situate
rispettivamente al centro e al nord del Paese.
I corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina e membri
dell’organizzazione ambientalista Amici della Terra Buenos
Aires, Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, hanno intervistato
uno dei membri del Movimento Contadino cordobese, Horacio
Britos.
L’esponente ha spiegato che l’obiettivo del seminario
era “discutere sul modello agricolo contadino sostenibile
e sui conflitti che si creano con il modello industriale
ed esportatore dei prodotti agricoli”.
Britos ha detto che a Cordoba “negli ultimi cinque anni
la superficie di soia seminata, come coltura industriale
vincolata all’esportazione, è aumentata a due milioni
di ettari e nel Paese si è passati da 10 a 17 milioni
di ettari nello stesso periodo”.
“Tutto ciò è stato fatto a costo dell’espulsione dei piccoli
produttori e contadini, con la distruzione del monte nativo
nell’ambito di un ampliamento della cultura industriale”,
ha aggiunto Britos.
Tanto le organizzazioni contadine quanto quelle indigene
chiedono il rispetto della loro forma di vita e la loro
scelta di vivere in un ambiente rurale. Per fare ciò hanno
bisogno di politiche di governo che promuovano la produzione
contadina nazionale.
Britos ha detto inoltre che “ la produzione dei lavoratori
rurali e degli indigeni ha a che vedere con altri valori,
un’altra cultura, con alimenti sani, un commercio locale,
un’economia alternativa e solidale e con la diversificazione
delle colture, che genera uno sviluppo equilibrato del
terreno”.
Britos ha fatto riferimento alla riforma agraria, una
delle richieste più ascoltate in diversi Paesi latinoamericani.
Ha affermato che dovrebbe comprendere anche “i lavoratori
disoccupati, i settori urbani ed indigeni”.
Traduzione di Cecilia Silveri – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Operai
recuperano calzaturificio a La Rioja
Giovedì 22 giugno 2006
Dopo quasi due anni di lavoro, lotta e
numerose formalità, gli ex lavoratori del calzaturificio
“Gatic” hanno raggiunto il proprio obiettivo: entro quindici
giorni cento operai riapriranno la fabbrica nella provincia
argentina di La Rioja.
L’impresa recuperata si chiamerà Chamical, che è anche
il nome della località di La Rioja di 15 mila abitanti
dove si trova l’impianto industriale.
Secondo quanto rivelato da Lucas Moyano, uno dei cento
proprietari della Chamical, che si occuperà della cucitura
e la montatura di calzature sportive, il processo di riapertura
si basa sulla relazione con la comunità e sulla strategia
produttiva.
Moyano ha dichiarato all’agenzia lavaca.org che dopo la
chiusura della fabbrica, ordinata nel settembre 2003,
i lavoratori hanno formato un team tecnico, al quale si
sono uniti economisti, avvocati, specialisti nella produzione
di calzature e gli stessi lavoratori, che, ha evidenziato,
"apportano le conoscenze di anni di lavoro".
Ha inoltre sottolineato un altro punto chiave del progetto:
la relazione con i quindici mila abitanti della località
di Chamical, che con la chiusura della “Gatic” hanno visto
minacciata la stabilità economica di tutta la comunità.
Moyano ha anche ricordato che alcuni mesi fa la cooperativa
ha organizzato delle mobilitazioni a cui hanno partecipato
5 mila persone e dove sono state raccolte 10 mila firme
di adesione per la riapertura della
fabbrica.
"Il processo legale è stata la parte più complessa",
ha rivelato Moyano, aggiungendo che "è stato difficile
trovare avvocati disposti a prendere parte ad un progetto
sociale".
Secondo quanto dichiarato dal dirigente, "quando
tutto sembrava pronto, si presentavano sempre nuovi ostacoli".
Moyano non ha dubbi sui motivi di questa situazione: "A
La Rioja è molto difficile. Il governo provinciale è riluttante
verso questo genere di esperienze", ha rivelato.
L’operaio del calzaturificio ha concluso dicendo che "Ora
viene la parte più difficile: adesso dobbiamo lavorare
in un altro modo".
Fonte: www.lavaca.org
Traduzione di Arianna Ghetti, revisione
di Cecilia Silveri – Progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Se
dovessero riprendere, i negoziati per la firma del TLC
tra USA ed Ecuador si concluderanno nel 2007
Mercoledì 21 giugno 2006
L'esecutivo ecuadoriano ritiene molto
improbabile riuscire a concludere i negoziati per il Trattato
di Libero Commercio con gli Stati Uniti prima della fine
del 2006. I negoziati saranno conclusi dal prossimo governo,
che si insedierà il 15 gennaio 2007.
Tuttavia, l'esecutivo sembra molto ottimista all'idea
che i negoziati possano concludersi per il 2007.
Vista la situazione attuale, con i negoziati complemente
paralizzati, e l'atteggiamento degli USA che non hanno
risposta alla richiesta ecuadoriana di riprendere i negoziati
stessi, è davvero molto ottimistico pensare che il trattato
possa essere davvero firmato.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, il governo
statunitense presieduto da G.W.Bush non ha risposto alla
richiesta di riprendere i colloqui.
Persino il presidente ecuadoriano, Alfredo Palacio, dice
che la ripresa dei colloqui dipende dal governo Usa.
A quanto rivela El Comercio, il ministro degli esteri
ecuadoriano, Francisco Garrion, avrebbe detto che “dobbiamo
riconoscere che le circostanze attuali non sono le più
favorevoli (per la firma del TLC)” Ha tuttavia mostrato
un cauto ottimismo nell'aggiungere: “non escludiamo la
possibilità di riprendere i colloqui”.
Secondo fonti della Cancelleria, la posizione all'interno
del governo Usa rispetto alla firma del trattato con l'Ecuador
è piuttosto diversa.
Gli emendamenti apportati alla legge sugli Idrocarburi
in Ecuador, grazie ai quali lo stato otterrebbe maggiori
benefici dalle operazioni delle industrie petrolifere
sul territorio ecuadoriano, e la rescissione del contratto
con l'azienda petrolifera statunitense Occidental Petroleum
sono fatti che impensieriscono e preoccupano diversi settori
statunitensi.
Secondo le fonti del quotidiano ecuadoriano, il congresso
degli Stati Uniti e il ministero del Commercio non sarebbero
intenzionati a riprendere i colloqui, mentre il Dipartimento
di Stato e il Pentagono avrebbero una posizione più flessibile.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Giornata
per una America Latina Libera da OGM
Mercoledì 21 giugno 2006
Questo mercoledì si celebra la Giornata
per una America Latina Libera da OGM, poiché coincide
con il solstizio di giugno, data in cui diverse comunità
rurali latinoamericane compiono una serie di atti correlati
alla raccolta, tra le altre, del mais e della patata.
L'America Latina è una delle zone a maggiore
biodiversità del pianeta, ma allo stesso tempo è una delle
regioni con maggiore estensione di coltivazioni transgeniche.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Revisione
di Sonia Chialastri – Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Contadini
venezuelani contro minacce paramilitari.
Mercoledì 21 giugno 2006
Quasi 4.000 contadini appartenenti al
Fronte Nazionale Contadino Ezequiel Zamora hanno organizzato
una dimostrazione nello stato di Apure, alla fine della
settimana scorsa, contro “l'avanzata dei gruppi paramilitari
colombiani”. La mobilitazione si è tenuta a Guasdualito,
al confine tra Venezuela e Colombia.
I contadini sostengono che questa regione venezuelana
si trova “a pochi metri” dal centro operativo del gruppo
paramilitare colombiano denominato Autodefensas Unidas
de Colombia (AUC).
Un comunicato dell'organizzazione mette in risalto che
la lotta contro i gruppi paramilitari fa parte di una
strategia che mira alla “difesa della sovranità e della
rivoluzione bolivariana”.
Secondo le loro dichiarazioni, i gruppi paramilitari colombiani
sono sostenuti “dall'impero USA”, che intende “destabilizzare
e colpire la nostra rivoluzione”. “Abbiamo deciso di far
fronte a questa terribile minaccia”, hanno aggiunto.
Nel comunicato si sostiene che è impossibile sconfiggere
questi nemici solo con le denunce. Sono convinti che i
contadini dovrebbero essere “in prima linea nella lotta”.
I membri dell'organizzazione contadina chiedono al “governo
alto”, con il quale si sono confrontati varie volte su
altri temi, di non abbandonare questa “lotta patriottica”.
Chiedono all'esecutivo di abbandonare “l'attitudine indifferente
e trionfalistica” e di smettere di “chiudere gli occhi,
come complici”.
“Non dobbiamo essere ingenui, illudendoci che la rivoluzione
sia ormai consolidata e la vittoria assicurata”, aggiunge
il documento.
Secondo quanto affermano, “non si può permettere che altri
contadini cadano assassinati” per mano dei paramilitari
e che “sicari e latifondisti assassini” rimangano impuniti.
Affermano che l'unico modo di fronteggiare “la minaccia
paramilitare” è fare in modo che il Fronte Nazionale Contadino
Ezechiele Zamora possa contare sull'appoggio “di tutto
il popolo venezuelano, e sul governo popolare”.
Fonti : Indymedia Colombia
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Organizzazioni
ecuadoriane si oppongono al dialogo sul controllo delle
foreste
Mercoledì 21 giugno 2006
La Confederazione Ecuadoriana dei Popoli
Indigeni, (CONAIE), e varie organizzazioni ambientaliste
di questo paese si oppongono al cosiddetto “Dialogo nazionale
sul controllo delle foreste”, promosso dal Ministero dell'Ambiente
dell'Ecuador.
Alcune delle organizzazioni e dei movimenti ambientalisti
contrari al processo sono Acción Ecologica, Frente de
Difesa de la Amazonia, Foro de los Recursos Hídricos e
la Fundación de Defensa Ecológica.
La CONAIE e le organizzazioni ambientaliste hanno inviato
il 9 giugno una lettera al Ministro dell'Ambiente, Anita
Albán, con la richiesta di sospendere immediatamente il
Dialogo Nazionale
Gli oppositori dell'iniziativa sostengono che il “dialogo”
non tiene conto delle opinioni della gente, e cerca in
realtà di emendare la politica forestale del paese per
favorire l'industria del legno.
“In questo processo non sono inclusi attori importanti
colpiti direttamente dalla distruzione delle foreste,
le organizzazioni di base e quelle nazionali”, si afferma
nella lettera.
La CONAIE e i gruppi ambientalisti sostengono nella lettera
che “in questo processo, l'industria del legno ha la maggiore
rappresentanza”.
“Questo tipo di rappresentanza spiega come in questi incontri
si punti più a formulare una politica forestale, ad aumentare
la superficie dedicata alle piantagioni forestali (deregolamentazione),
e ad aumentare gli incentivi alle piantagioni. Tutto ciò
beneficia solo gli industriali del legno”, continua la
lettera.
Per la CONAIE e le organizzazioni ambientaliste questo
processo di dialogo non stabilisce misure per il controllo
forestale.
Essi sostengono che, per avere una vera politica di controllo
forestale, devono essere prese alcune misure, quali la
promozione di partecipazione attiva e l’approvazione delle
comunità danneggiate dalla deforestazione, la conservazione
delle ultime foreste primarie ancora esistenti in Ecuador,
e l'applicazione di una moratoria all'industria del legno
fino a che non si sia accertato il suo reale impattto
sul paese.
Gli oppositori al “dialogo forestale” considerano inoltre
fondamentale proibire ulteriori piantagioni di eucalipto,
pino e palma africana. Ritengono che queste piantagioni
“stanno distuggendo la foresta primaria e le terre a vocazione
agricola, oltre a mettere in pericolo l'acqua e e la vita
stessa delle popolazioni locali”.
Traduzione di Giuseppina Vecchia – Revisione
di Sonia Chialastri - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Un
indigeno Mapuche ha manifestato all’assemblea degli azionisti
della Repsol-YPF
Mercoledì 21 giugno 2006
Cinque membri di organizzazioni non governative
facenti parte della “Controcommissione delle Persone Colpite
dalla Repsol-YPF” hanno partecipato venerdì scorso all’assemblea
degli azionisti della compagnia petrolifera Repsol-YPF
a Madrid, capitale spagnola.
Tra gli attivisti era presente l’indigeno Martín Velásquez,
della comunità Mapuche Lof Lonko Purán della provincia
argentina di Neuquén, situata nell’ovest del paese.
La “Controcommissione” è stata introdotta dalla campagna
‘Repsol Uccide’, nata nel dicembre 2003, che raggruppa
persone e organizzazioni che operano a livello internazionale
contro la compagnia petrolifera ispano-argentina.
È stata pensata come alternativa alle assemblee di azionisti
dell’impresa, nelle quali i proprietari
della compagnia decidono del futuro della stessa.
Secondo il quotidiano argentino Río Negro, venerdì scorso,
sin dalle prime ore, attivisti di diverse
organizzazioni hanno cominciato a radunarsi fuori della
sede della Repsol a Madrid. A mezzogiorno erano circa
70 le persone che manifestavano contro la multinazionale
del petrolio.
“Avevano con sé striscioni, il viso coperto con maschere
e slogan contro l’operato della conpagnia”, rivela Río
Negro.
Il quotidiano aggiunge che gli attivisti che sono riusciti
ad entrare nell’area delimitata dove si svolgeva l’assemblea
degli azionisti hanno aperto uno striscione e hanno mostrato
le proprie magliette con slogan contro la Repsol-YPF.
Quattro attivisti, tra i quali Martín Velásquez, sono
stati cacciati dalla polizia. L’unico che è riuscito a
rimanere all’assemblea ha posto domande sulle politiche
di sfruttamento ad opera della Repsol, che provocano danni
culturali e ambientali.
Secondo quanto riporta Río Negro, il presidente della
Repsol-YPF, Antonio Brufau, ha risposto all’attivista
che rispettava i suoi commenti ma che non li condivideva
perché si basavano su dati erronei. Brufau ha invitato
il manifestante a dialogare in un secondo momento, senza
però fissare alcun appuntamento.
Martín Velásquez ha partecipato ad alcune attività in
diverse località spagnole per informare circa l’operato
della Repsol-YPF nei propri territori e la continua lotta
della comunità Mapuche Lof Lonko Purán.
Vedere notizie correlate di Radio Mundo
Real: Indígenas bolivianos reclaman en España pago de
indemnización de Repsol YPF
Organizaciones y manifestantes denuncian
a Repsol YPF en España
REPSOL Mata
Miembros de la campaña RIPsol interrumpen
la Junta de Accionistas de Repsol
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org
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Regime
speciale di protezione per le multinazionali, di Silvia
Ribeiro*
Martedì, 20 giugno 2006
Non esiste alcuna ragione, salvo aumentare
il lucro immorale delle multinazionali biotecnologiche,
che giustifichi la coltivazione di mais transgenico in
Messico. E’ così semplice. Tutto ciò che riguarda in qualsiasi
modo la liberalizzazione, sia in via sperimentale che
commerciale, parte da presupposti sbagliati - o malintenzionati
– che non si basano né su analisi serie della realtà dei
prodotti transgenici né su analisi del terreno coltivabile
messicano.
L’accordo presentato di recente dalla Sagarpa e dalla
Semarnat (segreterie di Agricoltura, Allevamento, Sviluppo
rurale, Pesca e Alimentazione, e dell’Ambiente e Risorse
naturali) sui lineamenti di biosicurezza per lo "sviluppo
di un Regime di Protezione Speciale del Mais", non
protegge il mais né i popoli del mais, ma gli interessi
delle imprese di prodotti transgenici (Monsanto, Dupont-Pioneer,
Dow, Syngenta, Bayer, Basf), e la loro impunità nei confronti
dell’inquinamento, che aumenterà inevitabilmente se si
legalizzerà la coltivazione di questi semi contro natura.
E’ paradossale che siano normative di "biosicurezza"
ad aprire la porta ai prodotti transgenici. Si presentano
al pubblico come leggi che richiedono valutazioni attente,
dimostrando responsabilità, ma di fatto sono state, in
tutto il mondo, il mezzo legale per introdurre i transgenici.
Ciò è dovuto al non prendere in considerazione in realtà
il principio di precauzione –davanti al dubbio, astenersi-,
ma il contrario: nel dubbio, lo proveremo e che le conseguenze
vengano pagate dai contadini, dai consumatori e dall’ambiente.
Alcune versioni delle leggi di biosicurezza sono particolarmente
difettose: è il caso del Messico, dove è più nota come
legge Monsanto, modo di dire che si è esteso nel mondo,
convertendosi in sinonimo per questo tipo di leggi. Descrive
sinteticamente chi beneficia e chi è dietro alla sua formulazione:
le pochissime imprese che hanno il monopolio del mercato
globale e detengono tutti i brevetti per l’utilizzo dei
transgenici, dal terreno alla ricerca e anche la determinazione
dell’eventuale contaminazione.
Durante la discussione della legge Monsanto in Messico
si è riusciti ad includere all’ultimo momento una frase,
che nonostante sia molto generica e debole, ha ingannato
in qualche modo le imprese. L’articolo 2, sezione XI,
della legge di biosicurezza, obbliga a stabilire un regime
speciale di protezione per il mais e per le altre coltivazioni
che hanno origine in Messico.
Dato che questo articolo è stato già usato da Greenpeace
e da altre organizzazioni per ottenere la revoca del permesso
che la Sagarpa e la Semarnat avevano concesso a Dupont,
Dow e Monsanto per la sperimentazione del mais transgenico,
ora le due segreterie cercano di vanificarlo, presentando
un accordo alla Comisión Federal de Mejora Regulatoria
(Cofemer). Alejandro Nadal ha già opportunamente segnalato
che questo "accordo" è infondato e non ha validità
giuridica. (La Jornada 14/06/2006).
Inoltre è perverso, perché, infarcito di chiacchiere vuote
sulla sostenibilità e sulla protezione della biodiversità,
si propone di incrementare e permettere la sperimentazione
con il mais transgenico in Messico e, adempiuto a questo
requisito, di liberalizzarne la commercializzazione, cosa
che non si potrebbe fare senza la previa tappa della sperimentazione.
L’accordo cerca di aggirare le critiche che hanno ricevuto
entrambe le segreterie per aver cercato di dissimulare
l’approvazione di esperimenti delle multinazionali nascoste
dietro il nome e nel campo delle pubbliche istituzioni,
affermando che gli esperimenti "devono farsi preferibilmente
nel territorio delle pubbliche istituzioni".
Come la legge Monsanto, l’accordo è pieno di aggettivi
e frasi che relativizzano qualsiasi cosa in essa scritta,
come “preferibilmente", "dando priorità",
"(i criteri) potranno essere modificati", che
alla fine lasciano all’interpretazione del funzionario
del momento qualsiasi cosa si faccia.
I paragrafi ambigui sul tenere in considerazione
le zone di origine (che in realtà sono tutto il Messico
e Mesoamerica), con recinti di alcune centinaia di metri
per prevenire l’inquinamento (come se servissero), o la
“maschiosterilizzazione” del mais nelle zone di sperimentazione,
non sono riusciti a nascondere il nucleo duro dell’accordo:
"Sviluppare le varietà di mais geneticamente modificato,
sempre che sia focalizzato alla risoluzione dei problemi
nazionali, dando priorità a quelli che sono d’interesse
agronomico, energetico, nutrizionale o ecologico per il
nostro paese".
Priorità e interesse che saranno definiti dagli stessi
eccellenti e responsabili funzionari che hanno elaborato
tale accordo. (E varietà che non esistono, ad eccezione
degli energetici, che meritano un articolo a parte in
cui si denuncia la nuova tattica delle multinazionali
di vendere i propri transgenici come biocombustibili,
visto che non funzionano in altro modo).
Alcuni paragrafi sono razzisti e mostrano l’enorme mancanza
di conoscenza e il disprezzo per i contadini e gli indigeni,
creatori e curatori del mais. Per esempio, dicono che
"negli ultimi decenni è sorto l’interesse di preservare
la diversità di tale coltivazione nei campi". E poi,
che "i mais messicani sono preziosi specialmente
per (...) il loro potenziale utilizzo nello sviluppo di
varietà migliorate tramite tecniche moderne".
I contadini e gli indigeni, che sono l’85% di coloro che
piantano il mais in Messico, "preservano la diversità
della coltivazione" da oltre mille anni, non perché
gli sia "sorto l’interesse", ma perché è alla
base della loro vita, delle loro economie e culture, ora
sempre più minacciate dai transgenici. Questo è il loro
valore fondamentale, dato che sono stati loro che lo hanno
creato e curato per il bene di tutta l’umanità. Al contrario,
lo sviluppo e l’introduzione nei loro terreni di "varietà
migliorate tramite tecniche moderne" quali ibridi
e transgenici, sono stati strumenti essenziali per la
perdita dei loro semi e per l’erosione genetica che hanno
sofferto.
* Ricercatrice del Gruppo ETC
Nota pubblicata sul quotidiano messicano La Jornada il
17 giugno.
Traduzione di Sonia Chialastri – Revisione
Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Diga
brasiliana in condizioni critiche minaccia centinaia di
famiglie contadine
Martedì, 20 giugno 2006
La diga idroelettrica di Campos Novos, sul fiume Canoas,
al confine tra lo stato di Santa Catarina e Rio Grande
do Sul, presenta una falla che preoccupa la popolazione
locale.
Durante la costruzione della diga, gli abitanti della
regione avevano contestato il progetto, affermando che
le terre produttive della regione, che davano cibo e lavoro
a migliaia di famiglie, sarebbero sott’acqua e che tutto
si sarebbe trasformato in un “grande lago”.
Martedì mattina, la falla ha raggiunto livelli allarmanti,
tanto che il bacino idrico della diga si è ridotto di
quasi 50 metri.
Di fronte a questa situazione, il Movimento delle Persone
Danneggiate dalle Dighe (MAB, dal suo acronimo in portoghese)
ha inviato lettere all’Istituto Brasiliano per l’Ambiente
(IBAMA) , al Ministero dell’Ambiente e alla Banca Interamericana
per lo Sviluppo, organo che ha finanziato l’opera, chiedendo
più chiare informazioni riguardo questa situazione.
Le persone colpite aspettano informazioni ufficiali, esigendo
una soluzione immediata al problema della diga.
Il rifiuto della popolazione a questa diga non è nuovo.
Nel settembre del 2005, 350 famiglie di contadini avevano
occupato la centrale idroelettrica in costruzione e chiesto
giusti indennizzi per la terra, i raccolti e le case.
Quindi, la società che aveva promosso la costruzione della
diga aveva offerto ai contadini una somma di denaro compresa
tra 1.800 e 3.000 reales (900 e 1.500 dollari americani),
cifra considerata dal MAB alquanto irrisoria. L’ente predisposto
all’ambiente dello stato di Santa Catarina riteneva che
la somma dovesse aggirarsi tra 87 mila e 91 mila reales
(circa 45.000 dollari).
La società costruttrice, di nome Enercan, ha offerto a
87 famiglie un indennizzo di 3.000 reales (1.500 dollari)
e ad altre 86 famiglie 1.800 reales (900 dollari) più
un credito di 500 reales (circa 250 dollari americani).
Traduzione di Elena Tagliata – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Trasmissione
speciale di Radio Paca su Atenco
Martedì, 20 giugno 2006
Questo mercoledì a partire dalle ore 14
(le 11 orario di Greenwich) Radio Mundo Real ritrasmetterà
il programma Mujeres en Ruta di Radio Paca in diretta
da Barcellona.
Nel programma di mercoledì saranno intervistati membri
della Commissione Civile Internazionale degli Osservatori
per i Diritti umani che sono stati ad Atenco.
Si parlerà anche della drammatica situazione che si è
ripetuta ad Oaxaca la settimana scorsa, prendendo contatto
in diretta al telefono con due donne aggredite dalla polizia
messicana ad Atenco.
La trasmissione potrà essere ascoltata
su http://www.radiomundoreal.fm/envivo
Articoli collegati:
Cien mil personas en apoyo a los campesinos
Audio: Informe Civil sobre Atenco - Presentación
del informe de la Comisión Civil Internacional de Obervadores
por los Derechos Humanos, Barcelona 14 de junio del 2006.
Per maggiori notizie Radio Mundo Real:
La cruel represión policial sigue matando gente en México
Atenco: Se confirman vejaciones, maltratos
y violaciones
Traduzione di Sonia Chialastri –
Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Lavoratori
degli sweatshops fondano un sindacato.
Lunedì, 19 giugno 2006
I lavoratori degli sweatshop di El Salvador,
di fronte alle “sistematiche violazioni” dei loro diritti
lavorativi, e per potersi unire alla lotta contro il Trattato
di Libero Commercio con gli USA, hanno cominciato ad organizzarsi.
Il sito Internet di Diario CoLatino riferisce che la neonata
Unione Sindacale dei Lavoratori del Maquilla (subappalto)
(MSTM), hanno fondato questa loro iniziativa sulla “necessità
di creare un contrappeso” alla “alleanza esistente” tra
il settore industriale e il governo salvadoregno, come
informa il sito internet di Diario CoLatino.
I lavoratori della “maquilla”, centri industriali dove
vengono assemblati prodotti da esportazione in regime
di zona franca, affermano che lo stato salvadoregno continua
a non tenere in alcuna considerazione le continue violazioni
di diritti sui luoghi di lavoro.
Avvertono inoltre che meccanismi di integrazioni quali
il Trattato di Libero Commercio con gli USA non faranno
che “potenziare” il sistema di sfruttamento, poiché, affermano,
il TLC prevede accordi che “non fanno altro che offrire
meccanismi a favore delle multinazionali “.
Aracely Martinez, del Sindacato Generale Sarti, ha segnalato
a CoLatino che il TLC “condiziona anche gli stati nazionali”,
e impedisce ai sindacati di lottare per i propri diritti.
Secondo i dati elaborati da CEPAL negli ultimi 15 anni,
il tasso di occupazione nelle industrie del subappalto
di El Salvador è aumentato di oltre il 100% annuo, molto
al di sopra del tasso registrato nell'industria manifatturiera.
Tuttavia, avverte la CEPAL, questo aumento non è stato
accompagnato da miglioramenti salariali e nella qualità
del lavoro.
Al contrario, quest'andamento economico favorevole ha
portato uno scarso “miglioramento dell'equità sociale”,
secondo l'organismo latinoamericano.
“I segmenti più poveri della popolazione, sia urbana che
rurale, sono andati aumentando a partire dal 1995”, afferma
un recente documento della CEPAL sull'industria del “maquilla”
in Centro America.
Secondo questo rapporto, in queste aziende installate
a El Salvador vengono impiegate sopratutto donne che,
per la maggior parte, sono capofamiglia.
L'industria del subappalto ha avuto lo sviluppo maggiore
alla fine degli anni 90, quando è arrivata a rappresentare
quasi il 65% delle esportazioni totali del paese.
Il principale mercato destinatario dei prodotti assemblati
negli “sweatshop” salvadoregni è rappresentato dagli Stati
Uniti.
Fonte: Diario CoLatino.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Un'azienda
a gestione pubblica, con partecipazione diretta e democratica
di cittadini e lavoratori.
Lunedì, 19 giugno 2006
I corrispondenti di Radio Mundo Real,
e membri del gruppo ambientalista Amici della Terra di
Buenos Aires, Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, hanno
intervistato Luis Bazan, appartenente alla Commissione
Popolare per la Riconquista dell'Acqua, e inoltre segretario
generale del Sindacato per le Opere Sanitarie di Cordoba.
Bazan ha affermato “C'è una questione irrisolta per quanto
riguarda l'acqua a Cordoba. Nonostante le manifestazioni
di gennaio, febbraio e marzo, che hanno costretto il governo
a fare marcia indietro sulle nuove tariffe, e la società
Suez ad andarsene, il governatore provinciale José Manuel
de la Sota insiste su posizioni contrarie agli interessi
dell popolo, privilegiando la gestione economica da parte
di gruppi privati.
Secondo Bazan, il governo locale della provincia di Cordoba
sta ancora rinegoziando con la Suez, che aveva annunciato
il ritiro della propria sussidiaria Aguas Cordobesas.
Il segretario generale della Commissione lamenta il fatto
che a Cordoba la rescissione del contratto con Aguas Cordobesas
non è stata ancora ordinata. Nella capitale argentina,
Buenos Aires, e a Santa Fè, i rispettivi governi hanno
posto termine ai loro contratti con le sussidiarie di
Suez.
Bazan spiega che il governo di Cordoba da una parte asserisce
di non avere risorse sufficienti per permettersi di fornire
i servizi, ma dall'altra ordina alla Banca di Cordoba
di assegnare fondi statali (...) a Aguas Cordobesas, per
permetterle di pagare i fornitori e i salari dei lavoratori.
Secondo Bazan, “esiste un maneggio oscuro per fare in
modo di trasferire le azioni del gruppo Suez al gruppo
Roggio, e così continuare gli affari milionari della gestione
privata dell'acqua.
“Come Commissione Popolare stiamo potenziando denunce
e manifestazioni (...) per contrastare questo nuovo tentativo
di privatizzazione, mantenendo la nostra proposta di creare
una azienda a gestione pubblica, con la partecipazione
diretta e democratica di cittadini e lavoratori”, ha aggiunto
l'attivista.
La Commissione Popolare per la Riconquista dell'Acqua
st organizzando un incontro alternativo in difesa dell'acqua,
della terra e dell'ambiente, che avverrà a Cordoba il
20 e il 21 luglio, in concomitanza con il summit dei presidenti
del Mercosur.
Bazan ha poi detto che all'incontro “saranno presenti
attivisti che hanno partecipato alla “guerra dell'acqua
in Bolivia”, altri che hanno promosso il referendum per
la nazionalizzazione dell'acqua in Uruguay, l'Assemblea
di Gualeguaychú che sta lottando contro le cartiere, e
altri ancor dal Brasile, Paraguay e Cile”.
L'intervista è stata realizzata all'interno del Programa
Sustainable Argentina, una iniziativa portata avanti da
varie organizzazioni ambientaliste argentine.
http://www.pas.org.ar
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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"Anche
dopo migliaia di anni, il cianuro continua ad essere presente
nei siti delle miniere"
Lunedì, 19 giugno 2006
Centinaia di dimostranti hanno marciato
per le strade di San Salvador, capitale di El Salvador,
per chiedere al Congresso di fermare lo sfruttamento minerario
nel paese.
Questa che si è conclusa di fronte al palazzo del congresso
salvadoregno è stata la più importante manifestazione
pubblica all'interno della cosiddetta "Settimana
di azione contro l'estrazione dei metalli", che si
è tenuta a partire dal 12 giugno.
Secondo il quotidiano honduregno La Prensa, la settimana
di protesta è stata promossa da organizzazioni ambientaliste
di El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Messico.
La Prensa riferisce che lo scopo delle organizzazioni
è quello di fermare diversi progetti minerari per evitare
lo sfratto di migliaia di residenti e fermare l'inquinamento
delle falde acquifere della regione.
Il quotidiano aggiunge che l'attività mineraria in El
Salvador si concentra principalmente nei "dipartimenti
impoveriti di Chalatenango e Cabanas", situati nel
nord del paese.
Giovedì si è tenuto all'Universidad de Oriente di San
Miguel un Forum Dipartimentale, durante il quale Remberto
Nolasco, membro dell' organizzazione ambientalista Cesta
- Amici della Terra El Salvador, ha fatto particolare
riferimento all'attività mineraria.
Nolasco ha parlato, tra le altre cose, delle ricchezze
esistenti nella parte settentrionale di El Salvador, la
"zona di interesse minerario".
Egli ha dichiarato che "ci sono molte ricchezza in
questa zona. C'è il fiume Lempa, che nasce nel Guatemala
e riversa le sue acque nella Bahia de Jiquilisco, c'è
il fiume Torola, il fiume Sumpul nel Chalatenango. Abbiamo
anche il Guascoran e il Rio Grande di San Miguel. Inoltre,
abbiamo anche il fiume Sapo".
Nolasco ha aggiunto che "le società minerarie hanno
notato che la ricchezza è anche a livello delle risorse
idriche, perché una società mineraria ha bisogno in due
ore di 250.000 litri di acqua per produrre oro".
Traduzione di Elena Tagliata – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri - Traduttori
per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Evo
Morales lancia un programma di industrializzazione delle
foglie di coca e difende la legalizzazione della coltivazione
Lunedì, 19 giugno 2006
Il presidente boliviano Evo Morales ha
lanciato un piano di industrializzazione della foglia
di coca in Bolivia ed ha annunciato la sua lotta per legalizzarne
la coltivazione. Morales ha difeso la produzione di coca
sulla base del fatto che "la coca non è cocaina",
come egli ha varie volte dichiarato.
Il presidente boliviano ha lanciato il programma nella
località di Irupana, situata a nord del paese, dove ha
inaugurato una fabbrica per la lavorazione delle foglie
di coca finanziata dal Venezuela.
Secondo l'emittente spagnola Atena 3, Evo Morales vuole
convincere il mondo a legalizzare le foglie di coca, una
coltivazione che figura nella lista nera delle Nazioni
Unite dal 1961.
L'obiettivo del presidente della Bolivia si scontra con
la campagna internazionale contro le droghe realizzata
dagli Stati Uniti, il cui scopo principale è quello di
eliminare la materia prima dalla quale si produce la
cocaina.
Il governo boliviano esorta i produttori di coca ad aderire
al piano per controllarne la coltivazione e fermarne la
diffusione per evitare che la produzione in eccesso venga
utilizzata dai narcotrafficanti.
Tuttavia Morales ha difeso molte volte la coltivazione
di coca, ed ha anche affermato che in Bolivia la produzione
di coca è legittima e ottima per la salute perché utilizzata
per alleviare la fame, la stanchezza e le malattie.
Morales è convinto che le intenzioni degli Stati Uniti
nella lotta contro la droga vanno oltre il porre fine
al traffico di droga.
Secondo Atena 3, Morales ha dichiarato che la lotta contro
il traffico di droga è una "scusa per dominarci,
per sottometterci. Una scusa, cari compatrioti, per controllare
le nostre risorse naturali".
Traduzione di Elena Tagliata - Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri - Traduttori
per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 12 AL 18 GIUGNO 2006
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Ambientalisti
argentini pongono una serie di richieste al governo di
Kirchner
Giovedì, 15 giugno 2006
Tredici organizzazioni ambientaliste argentine
hanno chiesto al governo di questo paese di adottare una
serie di misure in materia ambientale, come la creazione
di un Ministero dell'Ambiente, l'attuazione di un piano
federale per la distribuzione territoriale, e la riconversione
dell'industria della cellulosa.
Secondo la rivista on-line Argentina Forestal, le organizzazioni
hanno presentato le loro richieste il 5 giugno in un documento,
nel quale facevano ricorso al "diritto-dovere costituzionale
di proteggere l'ambiente".
Alcune di queste organizzazioni sono l'Associazione Ecologista
Cuna Piru de Misiones - membro di Amici della Terra Argentina
-, la Fondazione per la Difesa dell'Ambiente, la Fondazione
Proteger de Santa Fe, il Workshop Ecologista de Rosario
e Greenpeace argentina.
I rappresentanti delle organizzazioni hanno chiarito il
fatto che le richieste si riferiscono soltanto a questioni
che ritengono siano urgenti.
Nel documento si legge: "La lista delle minacce e
delle situazioni di seri danni per l'ambiente è molto
lunga. Ciò che qui proponiamo, con queste raccomandazioni,
è un programma di azioni iniziali che rappresentano, in
modo immediato e credibile, un cambiamento significativo
nella politica ambientale nazionale".
Le organizzazioni sostengono che ci dovrebbe essere un
organo nazionale per l'ambiente, un Ministero dell'Ambiente
e dello Sviluppo Sostenibile. Secondo quanto riferiscono,
questo nuovo ministero avrebbe giurisdizione in tutte
i temi di ordine ambientale.
Alcuni dei temi menzionati dagli ambientalisti sono la
conservazione delle zone naturali e delle aree protette,
e la gestione delle risorse idriche.Le organizzazioni
ambientaliste chiedono anche al governo argentino, guidato
dal presidente Nestor Kirchner, la promozione di un piano
per la distribuzione territoriale.
Esse chiedono che si emani in maniera preventiva una "moratoria
sulla trasformazione della foresta nativa, in quelle zone
del paese dove varie istituzioni concordano che ci sia
il rischio di continui disboscamenti".
Gli ambientalisti argentini chiedono anche di far passare
una legge che stabilisca la riconversione dell'industria
della cellulosa, attraverso l' adozione di tecnologie
meno inquinanti.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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Altre
persone uccise dai metodi violenti della polizia in Messico
Giovedì, 15 giugno 2006
La repressione della polizia ha ucciso
cinque persone e ne ha ferito altre cento ad Oaxaca, in
Messico. Le vittime della repressione erano le migliaia
di insegnanti che portavano avanti uno sciopero - iniziato
il 22 di maggio - e che avevano occupato una piazza centrale
e più di 50 strade.
La repressione è stata ordinata dal governo locale di
Oaxaca, guidato da Ulises Ruiz. Secondo il quotidiano
messicano La Jornada, i leder delle organizzazioni degli
insegnanti hanno assicurato che durante gli scontri sono
morti due professori e due ragazzi. Il giornale ha aggiunto
che mercoledì sera, i decessi non erano ancora stati confermati.
Comunque, altri media hanno riferito che il network dei
Diritti Umani di Oaxaca ha affermato che sono morte almeno
cinque persone come risultato della repressione della
polizia. Il network ha negato che gli insegnanti fossero
armati, contrariamente a quanto ha dichiarato il governatore
Ruiz ai media.
Secondo La Jornada, la Croce Rossa ha riferito che una
professoressa che era incinta ha avuto un aborto in ospedale
a causa degli effetti dei gas lacrimogeni, mentre un giovane
di 23 anni è stato ferito ad un occhio da una granata.
Il giornale ha spiegato che vari gruppi di poliziotti
hanno partecipato all’operazione, con l'aiuto di un elicottero,
dal quale hanno lanciato granate per più di quattro ore.
Ma la mattina, Ulises Ruiz aveva affermato che non c'erano
stati scontri, anche se più tardi ha annunciato un coprifuoco.
Gli insegnanti, che avevano ripreso il controllo della
piazza, hanno deciso di abbandonarla e di trascorrere
la notte in alcune delle scuole occupate.
Lo sciopero è stato annunciato lo scorso 22 maggio dalla
sezione 22 del Sindacato Nazionale degli Insegnanti (Sindacato
Nacional De Trabajadores de la Education). Secondo quanto
riferisce la Jornada, "lo sciopero degli insegnanti
di Oaxaca è un movimento legittimo, che cerca la soluzione
ad una richiesta e il soddisfacimento di una domanda fondamentale",
cioè l'aumento degli stipendi.
Il giornale spiega che i prezzi sono saliti in maniera
sproporzionata ad Oaxaca per l'aumento del flusso turistico
nella regione. Gli insegnanti chiedono un amento dei salari
per far fronte all'aumento dei prezzi dei prodotti di
base.
Il sindacato degli insegnanti ha raccolto le firme per
richiedere la destituzione di Ulises Ruiz dalla carica
di governatore. Lo accusano di voler privatizzare l'istruzione
e di guidare un governo autoritario e repressivo nei confronti
dei movimenti sociali.
Negli ultimi mesi, le operazioni di repressione della
polizia hanno avuto gravi conseguenze. L'ultimo triste
episodio si è verificato il 3 e il 4 di maggio nella città
di San Salvador Ateneo, nello stato del Messico, nel centro
del paese. I poliziotti hanno violentemente fatto sgomberare
i venditori ambulanti. Alcune persone sono morte e altre
decine sono rimaste ferite. Sono state confermate anche
gravi denunce contro la polizia - inclusi atti di stupro
come parte delle operazioni.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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Nuovi
contrasti all'interno della Comunità delle Nazioni Andine
Mercoledì 14 giugno 2006
I presidenti di Ecuador, Colombia, Peru
e Bolivia, paesi membri della Comunità delle Nazioni Andine
(CAN), si sono incontrati martedì nella capitale ecuadoriana,
Quito. Si è deciso di inviare una lettera agli Stati Uniti,
nella quale chiedono l'applicazione di tariffe preferenziali
ai loro prodotti di esportazione.
Queste tariffe preferenziali sono previste nell'accordo
denominato ACTPDEA, Andean Trade Promotion and Drug Eradication
Act (Legge per la Promozione del Commercio e l'Eradicamento
delle Droghe).
Con questa decisione, Alfredo Palacio, Álvaro Uribe, Alejandro
Toledo e Evo Morales -presidenti di Ecuador, Colombia,
Perù e Bolivia- hanno risolto uno dei principali problemi
del blocco.
Rimane tuttavia qualche disaccordo all'interno del blocco.
Il Perù non intendeva chiedere una estensione dell'ATPDEA,
non ritenendola necessaria per il proprio paese che ha
recentemente firmato un Trattato di Libero Commercio (TLC)
con gli Stati Uniti, trattato non ancora ratificato dal
Congresso.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, il governo
boliviano stava esaminando la possibilità di annullare
la visita di Evo Morales a Quito, a causa delle posizioni
peruviane.
Alla fine, il governo peruviano ha firmato la lettera
in segno di solidarietà con gli altri membri del blocco,
pur ribadendo di non aver bisogno di una estensione dell'ATPDEA,
e che questa firma non significa che il congresso non
esaminerà il TLC con gli USA.
Benché ci sia stato accordo su questo punto, il giornale
riporta di evidenti tensioni tra Evo Morales e Alejandro
Toledo a Quito.
Le quattro nazioni andine hanno ratificato la loro volontà
di iniziare negoziati con i paesi dell'Unione Europea,
per raggiungere un accordo di associazione che includa
un TLC e altri negoziati politici e di cooperazione tra
le due regioni.
Durante il summit, il presidente ecuadoriano ha esortato
il governo statunitense a riprendere i negoziati per la
firma di un TLC tra i due paesi. Palacio ha spiegato che
la riforma alla legge ecuadoriana sugli idrocarburi e
la rescissione del contratto con la compagnia petrolifera
statunitense Oxy sono state effettuate nel rispetto delle
leggi.
Evo Morales ha assunto la presidenza del CAN e, secondo
il quotidiano, il suo discorso è stato forte e critico,
diretto in special modo ad Alejandro Toledo. Morales ha
detto che il blocco andino sta attraversando una crisi
e che i problemi della regione sono dovuti al fatto che
"i governi hanno utilizzato le loro relazioni come
merce di scambio".
Ha affermato che la Bolivia mantiene una posizione critica
riguardo al TLC firmato da Colombia e Perù con gli Stati
Uniti. "Gli interessi dei gruppi di potere sono al
di sopra del popolo", ha aggiunto.
Dopo il summit del CAN, il presidente boliviano ha partecipato
ad una cerimonia della Confederazione Ecuadoriana dei
Popoli di Nazionalità Kichwa (ECUARUNARI), durane la quale
Humberto Cholango ha assunto il suo secondo mandato come
presidente dell'organizzazione. Cholango ha proposto Evo
Morales come candidato al premio Nobel per la pace.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Revisione
di Elena Tagliata – Progetto Terre Madri - Traduttori
per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Taglialegna
si organizzano in Argentina
Venerdì 16 giugno 2006
Agli inizi del XX secolo lo scrittore
uruguaiano Horacio Quiroga ricreò nei suoi racconti alcune
delle principali caratteristiche di Misiones, provincia
nel nord dell’Argentina.
L’universo descritto da Quiroga era fondamentalmente quello
dei cosiddetti "mensú", ovvero lavoratori mensili,
per la maggior parte nativi del luogo, i quali lavoravano
in condizioni di schiavitù nei campi e nei monti.
L’opera di questo scrittore fa anche riferimento all’impunità
dei datori di lavoro e ai primi tentativi
di organizzazione operaia nell’anarchica Unione Operaia
e Campesina.
Nonostante siano trascorsi quasi cent’anni da allora,
la situazione non è così diversa: i taglialegna dei monti
di Misiones dichiarano di essere stanchi dell’"abuso"
perpetrato dalle imprese appaltatrici della fabbrica di
cellulosa Alto Paraná, che dal 1997 appartiene alla cilena
Arauco.
Secondo quanto affermano i lavoratori, la maggior parte
di loro non guadagna a sufficienza per potersi permettere
beni primari o spese mediche.
Il leader sociale Lorenzo Barrientos ha sottolineato che
"si tratta degli antichi ‘mensú’. Un tempo
facevano tutto con l’ascia e ora con la motosega, ma continua
ad essere un lavoro schiavizzato. Si sono modernizzati
solo i macchinari”.
Barrientos ha ricordato che l’arrivo dei capitali cileni
ha causato ai lavoratori maggiore precarizzazione e la
perdita assoluta dei pochi diritti che avevano.
Secondo quanto enfatizzato dal leader sindacale, il progresso
tecnologico "ha distrutto la regione". Inoltre,
ha dichiarato, gli operai del settore "lavorano nei
giorni festivi” per la stessa paga di un
giorno feriale.
Circa 400 operai lavorano in condizioni di schiavitù per
imprese del terziario che vendono migliaia e migliaia
di tonnellate di legna che vengono poi utilizzate dalle
fabbriche di cellulosa.
Il prossimo 25 giugno, i taglialegna di Misiones si uniranno
formalmente al Sindacato di Operai e
Lavoratori dell’Industria della Carta, che fa parte della
Centrale dei Lavoratori Argentini (CTA).
I "mensú" sperano che la negoziazione con i
datori di lavoro attraverso un’organizzazione sindacale
permetterà loro di reclamare con maggior forza ciò che
spetta loro di diritto.
Fonte: Agencia CTA
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Membri
della campagna RIPsol interrompono l’Assemblea degli Azionisti
di Repsol
Venerdì, 16 giugno 2006
Diversi membri della Campagna "RIPsol,
Contrajunta de afectad@s" hanno disteso oggi uno
striscione e hanno interrotto l’Assemblea degli Azionisti
di Repsol per denunciare il grave deterioramento sociale
ed ambientale che questa impresa causa.
Repsol-YPF svolge le sue attività imprenditoriali in 32
paesi; l’anno scorso i suoi introiti netti sono saliti
a 3.120 milioni di euro, cifra che rappresenta un record
storico per tale impresa e presuppone un incremento del
29,2% rispetto al 2004. I collettivi che fanno parte della
campagna “RIPsol 2006. Contrajunta de Afectad@s” ritengono
che questi esorbitanti guadagni siano la conseguenza della
spoliazione sfrenata che Repsol-YPF attua nei paesi in
cui sviluppa le proprie attività. Attività che comportano
gravi impatti ambientali, economici, sociali e culturali.
Il maggiore mercato internazionale di Repsol-YPF è la
regione latinoamericana, dove è concentrato il 50% del
suo attivo. In molti casi, le riserve di petrolio e di
gas che Repsol-YPF sfrutta in questa zona sono all’interno
di parchi naturali e territori indigeni protetti da trattati
internazionali, quali i Parchi Nazionali (ed anche territori
indigeni) Yasuní in Ecuador o l’Isiboro Sécure in Bolivia.
Repsol-YPF ha spesso ottenuto i permessi di sfruttamento
dei pozzi in connivenza con governi corrotti, come quello
di Fujimori in Perù, quello di Sánchez de Lozada in Bolivia
o di Menem in Argentina. Così, ad esempio, la privatizzazione
da parte del governo di Menem dell’azienda petrolifera
nazionale argentina YPF nel 1999 fu piena di irregolarità
e denunce. Repsol acquisì questa impresa approfittando
del debito estero argentino: YPF fu indotta ad indebitarsi
all’estero nonostante disponesse di risorse sufficienti
per sostenere il proprio sviluppo.
Repsol-YPF è coinvolta in diverse cause giudiziali per
reati contro l’ambiente e i diritti delle popolazioni
indigene. In Argentina, l’impresa è stata citata in giudizio
in almeno 4 cause. E in Bolivia sta per essere processata
per contrabbando di greggio e falsificazione di documenti
doganali. Inoltre, Repsol-YPF è stata accusata da Amnesty
International di fornire aiuti finanziari ad unità militari
e paramilitari in Colombia.
Repsol-YPF distrugge, inquina ed uccide anche in territorio
spagnolo. Un esempio per tutti, nella raffineria di Puerto
Llano (Ciudad Real), dove nel 2003 sono morti nove lavoratori
a causa di un incendio che si sarebbe potuto evitare se
Repsol-YPF avesse rispettato la Legge sulla Prevenzione
dei Rischi Lavorativi e il Regolamento delle Istallazioni
Petrolchimiche.
Per tutti questi motivi, decine di organizzazioni si sono
ritrovate oggi all’Assemblea Generale degli Azionisti
di Repsol. Ritengono che l’impresa debba assumersi la
responsabilità per tutte queste azioni, restituendo il
debito ecologico e sociale che ha contratto con i paesi
in cui svolge le sue attività.
Convocano:
Campagne: ¿Quién debe a quién?, Repsol
Mata, Rompamos el Silencio.
Organizzazioni nazionali: ACSUR-Las Segovias,
Àgora Nord Sud, Amics de l’Escola Agrària de Manresa,
Ali Supay, Asociación de Amistad con Cuba "Bartolomé
de Las Casas” de Sevilla, Asociación EDPAC (Barcelona),
Associacio Solidaria Intercultural Nor Sud, Ateneo Tierra
y Libertad (Sevilla), Asamblea contra la Globalización
Capitalista y la Guerra, Ateneu Rosa de Foc, Associació
pel foment, recerca, formació en agroecologia i energies
netes (Sabadell, Mura), Ben Magec-Ecologistas en Acción
de Canarias, Can Masdeu, Can Pasqual, Casal Argentino
de Barcelona, Casapueblos (Madrid), Centre d’Estudis Amazònics-CEAM
(Barcelona), CGT-confederal, CGT-Burgos, CGT-Madrid/Castilla
la Mancha, CGT-Reus, Ciudadanos por la República (Madrid),
Colectivo Bolivariano de Córdoba, Colectivo Macondo (Sevilla),
Col.lectiu de Solidaritat amb la Rebel.lió Zapatista (Barcelona),
Col.lectiu Maloka Colombia, Comité de apoyo al MST (Madrid),
Confederación de Ecologistas en Acción, Cooperativa La
Gleva, Comisión Confederal de Solidaridad con Chiapas
de CGT, Comité de Solidaritat amb els Pobles Indígenes,
CO.S.A.L. Xixón (COmite de Solidaridad con America Latina),
Cristianos de Base, Derechos para Tod@s, Ecologistas en
Acción de Huelva, Ecologistas en Acción de Madrid, Ecologistas
en Acción de Móstoles/Alcorcón, Ecologistas en Acción
de Sevilla, Ekologistak Martxan, El Guincho- Ecologistas
en Acción (Canarias), Entrepobles/Entrepueblos/Entrepobos,
Espacio Alternativo, Gaiadea, GEPEC Edc, Grupo Comunista
Octubre, Instituto de Estudios Políticos para América
Latina y África (IEPALA), Juventudes Comunistas de Madrid,
Mesa Global de Guatemala, Organización de Cooperación
y Solidaridad Internacional (OCSI), Partido Humanista,
Partido Comunista de Madrid, Pau i Globalització (Barcelona),
Paz Ahora / Pau Ara (Madrid, Catalunya) Paz con Dignidad,
Plataforma Bolivariana (Madrid), Plataforma de solidaridad
con Bolivia (Madrid), Plataforma de Solidaridad con Chiapas,
Oaxaca y Guatemala (Madrid), RCADE-Madrid, Red de Apoyo
Zapatista, Teixit de la Terra (Sabadell), Sodepau-Barcelona,
Sodepau-País Valencia, Sodepaz-Madrid, Xàrxa de l’Observatori
del Deute en la Globalització.
Organizzazioni internazionali: Amici della
Terra (Argentina), CADTM Svizzera (Comité por la Anulación
de la Deuda del Tercer Mundo), France Amérique Latine
(Francia), Mujer y Medio Ambiente A. C. (Messico).
Traduzione di Sonia Chialastri - Revisione
Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri - Traduttori
per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Impressionante:
circa 13 milioni di morti ogni anno per esposizione a
fattori di rischio ambientali evitabili
Venerdì 16 giugno 2006
L'Organizzazione Mondiale per la Sanità,
(OMS), ha denunciato giovedì che circa 13 milioni di persone
muoiono annualmente per malattie collegate a rischi ambientali
evitabili. Questa cifra rappresenta il 24 per cento del
totale annuo dei decessi nel mondo.
Una cifra impressionante, resa ancor più tragica dal fatto
che queste morti potrebbero essere evitate, mentre poco
è fatto al rispetto.
I dati sono stati resi noti a Ginevra (Svizzera), giovedì
scorso, dalla direttrice del dipartimento dell'OMS per
la difesa della Salute e dell'Ambiente, Maria Neira.
Come riporta il quotidiano spagnolo El Pais, Neira ha
presentato l'ultimo rapporto dell'OMS che analizza l'influenza
dei fattori ambientali su varie malattie. L'organizzazione
ritiene che circa 85 malattie su 102 sono da ricollegarsi
a fattori ambientali.
La prima di queste malattie è la diarrea, seguita dalle
affezioni respiratorie.
Secondo El Pais, altre malattie correlate all'ambiente
sono il ritardo mentale, dovuto ad inquinamento da piombo,
intossicazioni e depressioni. Persino il suicidio è legato
a fattori ambientali.
Nel rapporto si evidenzia che, tra i bambini sotto i cinque
anni, l'esposizione a fattori di rischio ambientali è
la causa di una malattia su tre.
Stando a El Pais, la Neira ha affermato che parte di questi
fattori di rischio potrebbero essere eliminati con “interventi
mirati, che potrebbero prevenire fino a quattro milioni
di decessi ogni anno”.
La direttrice ha poi spiegato che oltre il 40 per cento
dei decessi causato dalla malaria e il 94 per cento di
quelli dovuti a malattie diarroiche potrebbero essere
prevenuti con una migliore gestione dell'ambiente, essendo
queste malattie contratte bevendo acqua inquinata.
Malaria e malattie diarroiche sono tra le principali cause
della mortalità infantile.
Alcune delle misure che si potrebbero intraprendere per
prevenire i decessi dovuti all'esposizione a rischi ambientali,
continua El Pais, sono la gestione in sicurezza dell'acqua
per uso domestico, l'adozione di misure igieniche più
accurate e l'uso di risorse energetiche meno inquinanti.
La Neira ha esortato “i ministeri della Salute e dell’Ambiente
di tutti i paesi […] a collaborare per la realizzazione
di tali migliorie ambientali e di salute pubblica.
Traduzione di Giuseppina Vecchia – Revisione
di Orsetta Spinola – Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Denunciati
esperimenti su bambini peruviani per testare l'efficacia
di riso transgenico contro la diarrea
Venerdì 16 giugno 2006
L'Associazione Medica Peruviana ha denunciato
in un comunicato che l'azienda farmaceutica statunitense
Ventra Bioscience sta conducendo esperimenti su lattanti
per testare l'efficacia di un riso geneticamente modificato
che dovrebbe essere utilizzato contro la diarrea.
A condurre l'esperimento nel paese è l'Istituto per la
Ricerca Nutrizionale.
Si tratta di un riso modificato con geni umani; è la prima
volta che si impiantano geni umani in organismi vegetali.
Questo riso geneticamente modificato, introdotto nella
soluzione per la reidratazione orale, verrebbe usato in
bambini affetti da diarrea, nel tentativo di combattere
la mortalità infantile tra la popolazione più povera.
Secondo Telesur, il portavoce dell'Associazione Medica
Peruviana, Herbert Cuba, ha affermato “queste modificazioni
genetiche non sono permesse” nel paese.
Cuba ha spiegato che la Ventra sta conducendo esperimenti
su 140 bambini provenienti da ospedali pubblici della
capitale, Lima, e di Trujillo, nell'ovest del paese, con
l'approvazione del ministero della sanità.
“Si tratta di ospedali pubblici, ai quali accede la popolazione
povera. Questa è una discriminazione contro i poveri,
ma siamo anche preoccupati […] dal fatto che funzionari
del ministero della sanità abbiano autorizzato esperimenti
su bambini” ha aggiunto Cuba.
Inoltre Telesur riferisce che gli avvocati per i diritti
umani considerano il caso in questione come una violazione
delle leggi e della Carta dei Diritti dei Bambini e degli
Adolescenti.
Secondo l'avvocato Norma Rojas, coordinatrice dell'ONG
Accion por los niños, i bambini, così come qualsiasi persona
ed essere umano, hanno diritto ad avere salute e sviluppo
liberi e non materia di esperimenti, sopratutto quando
non ci sono certezze sui risultati.
Il ministro della salute peruviano, Pilar Mazzeti, ha
dichiarato che il suo ministero ha già richiesto informazioni
a vari organismi per poter aver un quadro più preciso
del caso.
L'Istituto per la Ricerca Nutrizionale ha assicurato in
un comunicato che gli esperimenti sui bambini sono stati
condotti nel rispetto delle normative nazionali e internazionali
che regolano la ricerca su esseri umani e la bioetica.
Traduzione di Giuseppina Vecchia – Revisione
di Orsetta Spinola - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Alvaro
Uribe e George W. Bush analizzano vari temi strategici
Giovedì 15 giugno 2006
Durante un meeting tenuto nella capitale
statunitense Washington mercoledì, il presidente degli
Stati Uniti George W. Bush e il suo omologo colombiano
Alvaro Uribe hanno stabilito che le commissioni tecniche
dei due paesi concluderanno i negoziati per la firma di
un Trattato di Libero Commercio (TLC).
Stando al quotidiano colombiano El Tiempo, Bush ha riconosciuto
che ci sono ancora “alcuni dettagli” sui quali mettersi
d'accordo con la Colombia per poter siglare il TLC.
I negoziati tra i due paesi si erano complicati il 3 maggio,
quando il governo colombiano ammise che il testo inglese
inviato dagli USA era diverso da quello concordato a febbraio,
e conteneva variazioni significative, in particolare nel
settore agricolo e in quello zootecnico.
A quanto aveva riferito El Tiempo, la settimana scorsa,
il ministro colombiano del commercio, Jorge Humberto Botero,
aveva sostenuto che erano sorte delle ambiguità al momento
di leggere il testo del TLC in inglese.
Bush, tuttavia, si è mostrato ottimista, mercoledì, e
si è detto convinto che i negoziati si sarebbero conclusi
presto. Il presidente USA ha detto “Sottoporrò il trattato
al Congresso appena sarà concluso”, benché appaia improbabile
che la cosa avvenga entro l'anno.
Un altro tema importante nell'agenda di Uribe era la presentazione
a Bush di una richiesta da parte dei paesi appartenenti
alla Comunità delle nazioni Andine (CAN), nella quale
si chiede agli USA di estendere le preferenze doganali
ai prodotti da loro venduti. Queste preferenze entreranno
in vigore a partire dal 31 dicembre.
I presidenti dei quattro paesi appartenenti al CAN si
erano incontrati martedì nella capitale dell'Ecuador,
Quito, e in quell'occasione avevano deciso di approfittare
della visita di Uribe negli Stati Uniti perché consegnasse
la richiesta al presidente Bush a nome del blocco.
Secondo le fonti del giornale El Tiempo, Bush non ha risposto
direttamente alla richiesta, affermando però che avrebbe
studiato il caso.
Uribe ha inoltre riconosciuto che gli sforzi compiuti
negli ultimi anni per eradicare le piantagioni cosiddette
“ illegali” non hanno dato buoni risultati. I due paesi
portano avanti una strategia militare congiunta denominata
Plan Colombia per combattere il narcotraffico nel paese
sud americano.
Le fumigazioni, specie con l'erbicida glyfosato, hanno
provocato agitazione tra le comunità colombiane che vivono
nei pressi delle aree interessate, preoccupate per le
conseguenze che i prodotti tossici possono avere sulla
salute.
Fumigazioni sono persino state effettuate molto vicino
al confine con l'Ecuador, causando problemi diplomatici
con quel paese.
Tuttavia, El Tiempo riferisce che, anziché proporre un
cambio di strategia nella lotta contro la droga, Uribe
ha chiesto a Bush di espandere le fumigazioni. Il presidente
colombiano ha detto a Bush “dobbiamo studiare un modo
di accelerare le fumigazioni. Abbiamo bisogno di più aerei,
elicotteri, infrastrutture. Dobbiamo mostrare migliori
risultati”.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Magnate
della silvicoltura premiato in Cile
Giovedì 15 giugno 2006
L'organizzazione ambientalista Greenpeace
ha assegnato un premio all'industriale italiano Anacleto
Angelini, proprietario della Celulosa Arauco (Celco),
per la sua innegabile abilità nel causare disastri ambientali
in Cile.
Il premio, denominato "Condorazo Ambiental 2006",
è stato consegnato da attivisti del gruppo a Charles Kimberg,
manager delle operazioni della Celco nella capitale del
Cile, Santiago.
“Condorazo” deriva il proprio nome da un popolare personaggio
del fumetto ‘Condorito’, ma è anche un aggettivo usato
in cileno per indicare un comportamento poco intelligente.
Gli organizzatori della “cerimonia” hanno affermato che
Angelini ha meritato il premio a causa della distruzione
del parco naturale del fiume Cruces e per aver impiantato
un'altra azienda di cellulosa nella regione di Ñuble,
il che causerà l'inquinamento del fiume Itata.
Il premio è stato consegnato il 6 giugno, ragion per cui
gli organizzatori hanno predisposto una squadra di volontari
travestiti da diavoli, con evidente allusione alla data:
6-6-2006.
"E anche per celebrare quello che noi consideriamo
come una prestazione diabolica sua e delle sue imprese”,
hanno dichiarato gli attivisti alla stampa.
Angelini è uno dei più potenti personaggi in Cile. Possiede
varie imprese in altri settori. Pochi giorni fa ha confermato
un'incursione anche nel settore della refrigerazione,
benché i suoi interessi principali siano nel campo della
silvicoltura.
Possiede oltre un milione di ettari di piantagioni in
Cile, ed ha fatto investimenti anche in Argentina.
Il suo potere all'interno del sistema politico cileno
è innegabile: Angelini ha avuto numerosi incontri con
l'ex presidente Ricardo Lagos per discutere “progetti
di investimento” nel 2005 |
Petrobras
minaccia di ricorrere all'arbitrato internazionale
Mercoledì, 14 giugno 2006
Il direttore del settore Gas e Energia dell'azienda
petrolifera di stato brasiliana Petrobras, Ildo Sauer, ha
dichiarato che l'azienda ricorrerà a un arbitrato internazionale
se la Bolivia ed il Brasile non troveranno un accordo sul
prezzo del gas che la Bolivia vende al Brasile.
Secondo il quotidiano boliviano Jornada, Sauer ha avvertito
che se la Bolivia chiederà un prezzo più alto di quello stabilito
nel contratto, la Petrobras dimostrerà "perché riteniamo
che non si possono alzare i prezzi, e questo è tutto. Se non
si troverà un accordo, si dovrà ricorrere ad un arbitraggio
internazionale, che durerà per molto tempo, mesi, perfino
anni."
Il dirigente della Petrobras ha spiegato che il prezzo del
gas viene automaticamente ritoccato ogni tre mesi, secondo
quanto previsto nel contratto.
"Non vedo come trovare un accordo sull'aumento proprio
ora. Stanno guadagnando molto denaro con questo contratto.
Più di quanto si aspettassero", ha aggiunto Sauer.
La scorsa settimana, il governo della Bolivia ha notificato
alla Petrobras che entro il termine di 45 giorni avrebbe dovuto
rivedere i prezzi di acquisto e di vendita del gas, e ha chiesto
alla società di stabilire una data per tenere il primo incontro
per i negoziati.
Secondo il quotidiano boliviano Los Tiempos, il consulente
legale dell'azienda petrolifera di stato boliviana YPFB, Manuel
Morales, ha affermato che "si può già dare inizio al
processo dei negoziati con il Brasile".
Morales ritiene che la minaccia della Petrobras di ricorrere
all'arbitrato internazionale è sempre stata una "ipotesi"
ed è fiducioso che non si arriverà a questi estremi.
"I due paesi hanno dimostrato la loro capacità di capirsi
l'uno l'altro", ha aggiunto Morales. Inoltre, egli pensa
che l'azienda ha ora diminuito le sue minacce.
Traduzione di Elena Tagliata – Revisione di
Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri - Traduttori per
la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Deputati
europei chiedono la chiusura di Guantanamo
Martedì 13 giugno 2006
I parlamentari europei hanno reiterato oggi
la propria richiesta al governo degli Stati Uniti affinché
ordini la chiusura del carcere e base militare di Guantanamo,
a Cuba.
Questa rivendicazione, chiaro segnale della preoccupazione
causata dal suicidio di sabato scorso di tre prigionieri nella
suddetta prigione, si concretizzerà in una richiesta formale
che verrà presentata il 21 giugno in Austria, in occasione
del Vertice Stati Uniti - Unione Europea.
Il testo approvato dai deputati chiede che i detenuti siano
trattati secondo il diritto umanitario internazionale e che
le sentenze siano emesse da “tribunali competenti”, secondo
quanto riporta il quotidiano madrileno El País.
Secondo quanto dichiarano i parlamentari, il suicidio dei
tre prigionieri, che qualche funzionario statunitense ha definito
un’“efficace strategia di marketing”, ha lanciato l’allarme
alla comunità internazionale.
Gli Stati Uniti hanno cominciato nel 2002 ad inviare presunti
terroristi nel proprio carcere a Guantanamo, ma fino ad ora
non si era registrato nessun caso di suicidio.
Dopo il suicidio dei due cittadini dell’Arabia Saudita e uno
dello Yemen, le autorità di entrambi i paesi hanno formalmente
richiesto al presidente George W. Bush che i restanti prigionieri
sauditi e yemeniti detenuti a Guantanamo siano processati
“in base al nostro sistema giudiziario e normativo”.
Secondo il quotidiano statunitense Washington Post, diversi
avvocati e organizzazioni a difesa dei diritti umani chiedono
oggi che venga avviata un’“indagine indipendente” in merito
a queste tre morti.
Il carcere di Guantanamo conta attualmente circa 460 prigionieri
stranieri catturati dai servizi segreti statunitensi a seguito
degli attentati dell’11 settembre.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di
Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Il
partito del neo-eletto presidente peruviano non ha ancora
definito la propria posizione sul TLC con gli USA
martedì, 13 giugno 2006
Il Partito Aprista, partito del neo-eletto
presidente peruviano Alan Garcia, non ha ancora definito la
propria posizione riguardo al Trattato di Libero Commercio
(TLC), sottoscritto ad aprile dal Perù e dagli Stati Uniti
ma che aspetta tuttora l'approvazione del Congresso. E' improbabile
che questo partito adotti una posizione critica nei confronti
dell'accordo commerciale con gli Stati Uniti.
Stando a quanto riferisce América Económica, il segretario
generale del partito Jorge del Castillo ha affermato che il
suo partito sta attraversando un "momento decisivo"
per quanto riguarda il TLC tra Perù e USA.
Del Castillo ha già dichiarato che la politica economica dell'amministrazione
di Alan Garcia, che assumerà il suo mandato il 28 luglio,
sarà di apertura verso i capitali privati e stranieri, mentre
lo stato eviterà di interferire negli affari economici.
Del Castillo ha detto:" la politica economica sarà la
stessa di quella adottata da (Alejandro) Toledo", attuale
presidente del Perù e uno dei maggiori fautori del TLC tra
il suo paese e gli Stati Uniti. Il nuovo governo favorirà
gli investimenti stranieri offrendo ulteriori garanzie legali,
oltre a quelle già previste dalla legislazione peruviana.
Queste dichiarazioni fanno pensare che il governo di Garcia
intenda concludere il trattato con gli USA, anche se Del Castillo
afferma che il partito non ha ancora definito la propria posizione.
Per poter ottenere l'approvazione del Congresso,
il governo di Garcia dovrà cercare l'alleanza del partito
nazionalista Unión por el Perú, il cui candidato era Ollanta
Humala, che ha ottenuto la maggioranza in Parlamento alle
elezioni dello scorso 4 giugno.
Tuttavia, non sarà facile ottenere il sostegno dei rappresentanti
nazionalisti al trattato con gli Stati Uniti.
Secondo America Economica, i rappresentanti della Confederazione
Generale dei Lavoratori del Perù hanno affermato, dopo le
elezioni, che chiederannoc ad Alan Garcia di bloccare i negoziati
con gli USA.
Il segretario generale della confederazione, Joaquin Gutierrez,
ha dichiarato ad América Económica che la richiesta principale
che i sindacati rivolgono ad Alan Garcia è quella di rivedere
il TLC.
La Confederazione ritiene che l'accordo inciderà negativamente
su alcuni settori dell'economia, come l'agricoltura.
Gutierrez ha detto che il governo di Garcia avrà ora la possibilità
di fare ciò che Toledo ha sempre rifiutato: "favorire
la partecipazione del popolo peruviano, con maggior consultazione
e diffusione di informazioni".
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Revisione
di Elena Tagliata – Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it
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I
cambiamenti climatici alterano l'evoluzione delle specie animali
Martedì, 13 giugno 2006
Uno studio pubblicato venerdì dalla rivista
Science, riferisce che il rapido cambiamento del clima che
colpisce il pianeta sta influenzando l'evoluzione delle specie
animali, producendo alterazioni genetiche in molte di loro.
Secondo questo studio, l'evoluzione di una specie soffre maggiormente
l'influenza del suo adattarsi ai cambiamenti delle stagioni,piuttosto
che dell’aumento delle temperature.
La ricerca è stata condotta dai biologi William Bradshaw e
Christina Holzapfel, dell'Università dell'Oregon, negli Stati
Uniti.
Secondo il quotidiano colombiano El Tiempo, Bradshaw e Holzapfel
Spiegano che il riscaldamento del pianeta è più veloce nelle
aree più vicine ai poli, e che questo ha portato al verificarsi
di periodi estivi più lunghi, e periodi invernali più brevi.
Le specie animali devono adattarsi a questi cambiamenti di
stagione, un processo che influisce sulla loro evoluzione.
I due scienziati affermano che la loro ricerca non dimostra
che i cambiamenti genetici negli animali sono il risultato
dell'aumento delle temperature.
Holzapfel fa notare che le trasformazioni negli animali sono
sempre spiegate come risultato della capacità delle specie
di modificare la propria morfologia, fisiologia, ed il proprio
comportamento. Ma il cambiamento del clima è adesso un altro
fattore che influisce su questa evoluzione.
Lo studio afferma anche che il cambiamento del clima causerà
alterazioni in gran parte della popolazione animale.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto Terre
Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it
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Industria
per l'allevamento di salmoni sanzionata per pratiche antisindacali
in Cile
Martedì, 13 giugno 2006
L'industria olandese per l'allevamento di
salmoni Marine Harvest, che opera nella città di Puerto Montt,
in Cile, è stata multata dagli organismi del lavoro del paese,
dopo che si sono riscontrati "comportamenti che attentano
alla libertà sindacale".
Secondo quanto riferisce Ecoceanos News, i dirigenti dell'azienda
hanno minacciato i propri dipendenti di spostare la fabbrica
in un'altra regione, se continuavano a denunciare pratiche
antisindacali.
Il problema è iniziato quando un gruppo di lavoratori della
Marine Harvest ha creato un nuovo sindacato, a causa del "malcontento"
generato dal sindacato tradizionale. Secondo i lavoratori,
questo "era troppo vicino all'azienda".
I membri del nuovo sindacato hanno denunciato gli amministratori
dell'azienda per "discriminazione e molestia".
Hanno anche dichiarato che i dirigenti hanno cercato di impedire
la creazione del nuovo sindacato. Questo ha portato mesi fa
alla presentazione di una denuncia alla Direzione generale
per l'ispezione del lavoro.
I lavoratori assicurano che dopo essersi presentati alla corte,
la loro situazione è diventata "ancora peggiore"
ed è aumentato l'isolamento dei lavoratori dissidenti.
L'industria per l'allevamento di salmoni, che non ha mai riconosciuto
il nuovo sindacato, ha attaccato ancora i suoi impiegati,
riducendo gli intervalli di riposo, eliminando le prestazioni
familiari e minacciando di licenziare i lavoratori.
"I leader e i membri del nuovo sindacato sono considerati
come dei criminali, terroristi e sobillatori. Il modo in cui
vengono trattati è vergognoso", si legge in un documento
rilasciato dal sindacato.
La Marine Harvest si è appellata alla decisione della corte,
così che il caso sarà nuovamente considerato il 20 di giugno.
Secondo Ecoceanos News, i precedenti lavorativi della multinazionale
olandese in Chile non sono dei migliori: finora, si è presa
57 sanzioni.
Traduzione di Elena Tagliata, revisione Daniela
Cabrera - Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace -
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Evo
Morales con i kichwa dell’Ecuador
Martedì, 13 Giugno 2006
Quito, 12 giugno 2006
Confederazione dei Popoli di Nazionalità Kichwa
dell’Ecuador (ECUARUNARI)
Martedì 13 giugno, la ECUARUNARI terrà il
nuovo Consiglio di Governo nel Teatro Casa de la Cultura di
Quito a partire dalle ore 17. E’ stata confermata la presenza
alla cerimonia del fratello Evo Morales, presidente della
Bolivia, e delle organizzazioni di base della regione andina.
Morales sarà sostenuto e presentato come candidato per il
premio Nobel per la Pace.
Il presidente Boliviano, Evo Morales, in qualità di presidente
Pro Tempore della Comunità Andina delle Nazioni (CAN), in
questa occasione ha un compito molto difficile, ossia cercare
di superare una crisi di 37 anni e come regione andina quello
di salvare la CAN. Come kichwa crediamo che sia importante
consolidare la Comunità Andina, ma è altrettanto fondamentale
che in questi temi di importanza trascendentale per i Paesi
Andini, i governi prendano in considerazione le popolazioni
kichwa, quechua, aymara, contadine e la diversità.
Crediamo che questi accordi non solo debbano essere commerciali,
come il TLC che corrisponde ad una nuova colonizzazione, ma
al contrario, devono comportare una vera e propria integrazione
tra i popoli in ambito economico, sociale, interculturale
e politico. Per fare ciò dobbiamo imitare gli esempi positivi
dei governi del Venezuela e della Bolivia, con politiche a
favore della maggioranza della popolazione povera attraverso
la nazionalizzazione delle risorse, la riforma agraria, l’ottenimentodi
un vero trattato di commercio dei popoli.
Un appello a tutti i settori della società per cercare insieme
i meccanismi per raggiungere una vera unità con le politiche
di integrazione e non di esclusione, come hanno fatto i vari
governi di turno. Pensiamo che sia ormai ora di mettere in
pratica le nostre parole.
Humberto Cholango
PRESIDENTE DELLA CONFEDERACION KICHWA
Vedi nota relativa su Radio Mundo Real:
ECUARUNARI espera visita de Evo Morales para hablar sobre
el Tratado de Comercio de los Pueblos
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione Daniela
Cabrera – Progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace –
RadioMundoReal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org |
Brasile:
lavoratori delle piantagioni di soia intossicati dagli agrotossici
Lunedì, 12 giugno 2006
L'aumento della produzione di soia nella regione
meridionale dello stato di Piauì, in Brasile, e l'utilizzo
di sostanze agrotossiche nelle piantagioni di soia hanno causato
una crisi sanitaria tra i lavoratori di queste piantagioni.
Molti di loro sono stati intossicati e hanno dovuto abbandonare
il proprio lavoro, nonostante i loro problemi economici, per
affrontare lunghe cure mediche.
Queste sono alcune delle considerazioni di un indagine condotta
dall'organizzazione non governativa Reporter Brasil, pubblicata
dall'agenzia stampa brasiliana Carta Maior intitolata "L'altro
lato dell'agribusiness".
Il Brasile è uno dei maggiori paesi produttori di soia del
mondo, la maggior parte di questa produzione è transgenica.
Secondo quanto riferisce Reporter Brasil, studi effettuati
in alcune località di Piaui tra i lavoratori esposti ai prodotti
chimici hanno riportato che 11 su 116 lavoratori esaminati
presentavano sintomi di una possibile intossicazione da agrotossici,
il 18 per cento soffriva di problemi epatici, ed il 3 per
cento aveva problemi renali.
Reporter Brasil racconta il caso di José Vileno Pereira, che
ha lavorato quasi un anno maneggiando agrotossici nelle piantagioni
di soia nella località di Ribeiro Goncalves, al sud di Piauì.
A Vileno Pereira non è mai stato fornito alcun equipaggiamento
di protezione mentre lavorava con le sostanze agrotossiche
né è stato addestrato a fare il suo lavoro.
Egli soffriva di forti emicranie ed il viso e le gambe erano
gonfi, così si è dovuto ricoverare in ospedale per 26 giorni
e dopo alcuni esami, si è scoperto che era stato intossicato
dagli agrotossici.
Secondo Reporter Brasil, nel 2005 la popolazione di Ribeiro
Goncalves ha iniziato a sospettare che alcuni lavoratori malati
e altri che erano già morti avevano sofferto di intossicazione
e ha denunciato i propri sospetti.
L'organizzazione brasiliana riferisce che un membro del Movimento
dei Lavoratori Senza Terra (MST) di Ribeiro Goncalves, Jurandir
Rodrigues, ha dichiarato che "ci sono molte persone ammalate
in questa regione. Si tratta per lo più di uomini tra i 18
e i 40 anni di età, che presentano gli stessi sintomi: emicranie
e debolezza".
Dopo le denunce, è stata creata una commissione formata dai
membri del governo di Piaui, il Centro de Referencia de Salud
del Trabajador (Centro Sanitario di Riferimento dei Lavoratori),
l'Istituto Brasiliano dell'Ambiente e delle Risorse Naturali,
tra gli altri organismi.
Nel novembre del 2005, ha avuto luogo una pubblica udienza
nella Camera dei Deputati del Parlamento Brasiliano, nella
capitale del Brasile, Brasilia, per discutere la questione.
Secondo Reporter Brasil, il ricercatore dell'Università Federale
di Piaui, Jorginei Morais, che è anche membro del Centro de
Referencia de Salud del Trabajador, ha ammesso che la maggior
parte delle sostanze agrotossiche utilizzate nelle piantagioni
di soia, ha significato un enorme rischio per la regione.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto Terre
Madri - Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Cesta
richiede al Congresso salvadoregno di rivedere la decisione
del Ministero dell’Ambiente
Lunedì, 12 Giugno 2006
Giovedì scorso, l’organizzazione ambientalista
Cesta – Amici della Terra El Salvador ha inviato una lettera
all’Assemblea Legislativa affinché riveda la decisione del
Ministero dell’ Ambiente e delle Risorse Naturali, che ha
permesso ad un’azienda di costruire un campo da golf nella
proprietà El Espino, una foresta di grande valore ecologico.
Cesta ha anche fatto una conferenza stampa alla quale sono
intervenuti il direttore dell’organizzazione, Ricardo Navarro,
ed il deputato Lourdes Palacios, membro dell’ente oppositore
Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional. Palacios
fa parte della commissione per l’Ambiente e la Sanità dell’Assemblea
Legislativa.
La proprietà El Espino si trova al confine tra i dipartimenti
di La Libertad e San Salvador, a sud del Paese, e sono anni
che diverse organizzazioni salvadoregne si muovono per non
far distruggere la foresta.
Nella lettera all’Assemblea Legislativa Cesta chiede che “vengano
prese le misure adeguate” riguardo il permesso concesso dal
Ministero dell’Ambiente per la costruzione del campo da golf.
Secondo Cesta la decisione ministeriale “viola il decreto
legislativo 432 del 14 gennaio 1993, in quanto la zona dove
si pretende di costruire il campo da golf è stata identificata
come area di protezione del suolo e riserva forestale”.
L’organizzazione ambientalista aggiunge che per legge su El
Espino è permesso solamente “uno sfruttamento della foresta
in modalità tecniche e scientifiche e per fini di sperimentazione
agricola. Ciò significa che non è possibile costruire un campo
da golf”.
La lettera aggiunge che “c’è l’aggravante che si dovranno
disboscare 55 ettari di foresta, il che significa distruggere
molte specie di flora e fauna e tutte le interazioni di un
ecosistema, distruggere tutte le sue funzioni vitali che creano
vari habitat, nicchie ecologiche per la biodiversità, mantenimento
del microclima, produzione di ossigeno e tutela delle risorse
idriche. Tutto ciò per permettere l’espansione della monocoltura
di gramigna”.
Cesta spiega inoltre che “il golf è uno degli sport più anti-ecologici
del mondo” per l’uso che si fa del suolo e del prato e “per
il fatto che è solo patrimonio di elite”.
Durante la conferenza stampa Ricardo Navarro ha detto che
“distruggere El Espino, che è uno dei pochi boschi che si
trovano dentro la capitale (San Salvador), per fare un campo
di gramigna è un vero crimine ecologico. Stanno pensando di
distruggere più di 2000 alberi per il Club Campestre”.
Dal canto suo, il deputato Lourdes Palacios ha dichiarato
che El Espino è una zona “che ha un decreto a sua protezione”
ed ha aggiunto che hanno capito che la lettera di Cesta chiede
la revisione dei meccanismi, ma pretendono anche che l’Assemblea
si dichiari offesa perché non sta facendo rispettare la legge.
Traduzione di Cecilia Silveri – Progetto Terre
Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal – www.terremadri.it
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Colombia:
organismo dell’ONU chiede maggiore solidarietà verso le
organizzazioni di difesa dei diritti umani
Lunedì, 12 Giugno 2006
L’Agenzia colombiana dell’Alta Commissione
delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha affermato in
un comunicato che lo Stato e la società civile devono sostenere
il lavoro delle organizzazioni che si dedicano alla difesa
dei diritti umani e solidarizzare con i lavoratori.
Secondo questo organismo in Colombia c’è una tendenza a
dequalificare il lavoro delle persone che difendono i diritti
umani e a non dare importanza alle denunce che muovono.
Il comunicato aggiunge, secondo quanto rivelato dal quotidiano
colombiano El Tiempo, che il lavoro dei gruppi che difendono
i diritti umani “non solo è legittimo, ma indispensabile
per la tutela e lo sviluppo dello Stato di Diritto”.
L’agenzia dell’ONU ha cominciato a sostenere il lavoro delle
organizzazioni non governative colombiane a seguito delle
ripetute denunce mosse da alcune di esse nei confronti di
gruppi di paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia
che continuavano a minacciarle.
El Tiempo spiega che le minacce sono aumentate nelle settimane
precedenti alle elezioni del 28 maggio, quando Álvaro Uribe
è stato rieletto presidente della Colombia.
Il quotidiano colombiano afferma inoltre che nel comunicato
l’agenzia dell’ONU “esprime la sua preoccupazione per l’aumento
delle azioni criminose attraverso le quali si attuano gravi
minacce contro i difensori dei diritti umani”.
"L’Agenzia evidenzia che le minacce contro i difensori
dei diritti umani, qualunque sia l’identità o il movente
degli autori, costituisce un intento criminoso ad intimorire
e scoraggiare le persone impegnate in un lavoro lecito ed
irreprensibile”, afferma il comunicato.
Aggiunge inoltre che lo Stato colombiano ha già ricevuto
da parte di “numerosi organi e meccanismi internazionali”
la raccomandazione di proteggere in modo efficace le persone
che lavorano per la difesa dei diritti umani di questo Paese.
Traduzione di Cecilia Silveri – Progetto
Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal –
www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org |
NEWS
DEL PERIODO DAL 1 AL 11 GIUGNO 2006
|
Organizzazione
del Guatemala denuncia l'operato di Union FENOSA
Venerdì, 09 giugno 2006
L'organizzazione non governativa guatemalteca
Associazione per la Promozione e lo Sviluppo della Comunità
(CEIBA) ha diffuso un comunicato nel quale denuncia le azioni
dell'azienda spagnola di elettricità Union FENOSA.
L'organizzazione fornisce aiuti umanitari e promuove lo
sviluppo rurale e comunitario in Guatemala, sostenendo la
produzione agricola, forestale e dell'allevamento del bestiame.
Il rapporto di CEIBA su Union FENOSA include denunce presentate
da varie organizzazioni guatemalteche davanti il Tribunale
dei Popoli, a Vienna, capitale dell'Austria, all'interno
dell'Incontro Sociale Intrecciando Alternative 2 America
Latina - Unione Europea".
Union FENOSA opera in Guatemala dal 1998, quando i servizi
dell'elettricità sono stati finalmente privatizzati, dopo
dieci anni di promozione della privatizzazione dei servizi
pubblici.
Le due consociate di Union FENOSA sono state create nel
1998: Distribuidora de Electricidad de Oriente e Distribuidora
de Electricidad de Occidente.
Secondo CEIBA, queste due società sono responsabili della
fornitura di elettricità in 19 dei 22 dipartimenti del Guatemala.
CEIBA ha spiegato che dal 1998 Union FENOSA "fa pagare
servizi che non sono stati forniti, fa pagare più del dovuto,
fornisce un cattivo servizio ai clienti e non c'è una vera
protezione dei diritti dei consumatori".
L'organizzazione guatemalteca aggiunge che il 95 per cento
delle decine di migliaia di lamentele che le due consociate
di Union FENOSA ricevono ogni anno riguardano la fatturazione
del servizio.
Inoltre, i consumatori guatemaltechi lamentano il fatto
che le bollette arrivano dopo la loro data di scadenza,
così il servizio viene interrotto per non aver pagato entro
il tempo dovuto.
CEIBA ha aggiunto che i blackout sono frequenti ed Union
FENOSA non ha adempiuto agli obblighi riguardanti la qualità
dei servizi.
L'organizzazione guatemalteca ha dichiarato che l'azienda
spagnola "viola sistematicamente i diritti collettivi
e individuali dei consumatori".
CEIBA ritiene responsabile anche il governo del Guatemala
- presieduto da Oscar Berger - per aver ceduto agli interessi
degli imprenditori ed aver ignorato i diritti dei cittadini.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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Migliaia
di lavoratori della Costa Rica contro il TLC
Venerdì, 09 giugno 2006
Circa 25 mila lavoratori della Costa Rica
hanno marciato giovedì per lestrade centrali di San José,
capitale del paese, contro la ratifica della firma del Trattato
per il Libero Commercio, tra Centro America e Stati Uniti
(CAFTA in inglese).
La Costa Rica è l'unico paese centroamericano che non ha
ancora ratificato questo accordo, e le organizzazioni sindacali
del paese assicurano che faranno opposizione al TLC "fino
alle ultime conseguenze"
Secondo Fabio Chavez, dirigente sindacale dell'Istituto
Costaricano dell'Elettricità (ICE), i lavoratori useranno
"tutti i mezzi, tipici o atipici".
Da parte sua, il presidente della Costa Rica, Oscar Arias,
che ha assunto un mese fa il suo secondo mandato, ha riconosciuto
che il CAFTA "non creerà tutti i posti di lavoro di
cui abbiamo bisogno, ma senza questo trattato non abbiamo
più possibilità di crearne".
Arias si è pronunciato a favore del trattato, asserendo
che la Costa Rica deve consolidarsi come il "paese
più stabile" nella regione negli ultimi cinquant'anni.
Tuttavia l'opposizione nel paese continua a crescere: secondo
un articolo dell'accademico costaricano Luis Paulino Vargas,
pubblicato sul sito internet Ecoportal.net, la ratifica
del trattato con gli Stati Uniti radicalizzerà alcune tendenze
malsane già presenti in Costa Rica.
Porta come esempio il processo di liberalizzazione commerciale,
che implica l'insediamento di una cultura dove " l'obiettivo
del profitto ha valore assoluto" e che ha un "disprezzo
generalizzato per la vita".
Varga aggiunge che un'altra tendenza che si potrebbe accentuare
con la ratifica del CAFTA è l'avanzamento di "banche
che evadono le imposte e speculano sui capitali nazionali
dalle loro fortezze off-shore".
Mette inoltre in guardia contro i rischi di una strategia
che concede "privilegi fiscali" a favore di investitori
stranieri che "utilizzano mano d'opera qualificata
e a basso costo", ma senza lasciare sul territorio
nazionale altro che "il misero ammontare dei salari".
Secondo le previsioni del docente universitario, il CAFTA
aprirà le porte a un modello di sviluppo basato su "centri
commerciali, club esclusivi, auto di super lusso, condomini
da sogno e spiagge trasformate in residenze principesche
per facoltosi cittadini stranieri".
Proseguendo negli esempi, Vargas pronostica che la proposta
del presidente Arias consiste nel "continuare con un
sistema finanziario focalizzato sulla speculazione".
Per Vargas il sistema finanziario costaricano così com'è
stato proposto non promuove né la produttività né l'occupazione,
e porta benefici solo ai capitali speculativi attirati nel
paese dai "diversi privilegi tributari".
In una situazione che non esita a definire di "profonda
crisi strutturale", Vargas sottolinea che la Costa
Rica ha bisogno di una "riforma del sistema tributario"
che impedisca la deviazione dei capitali all'estero a fini
speculativi.
In conclusione, le banche spingono perché lo scarso risparmio
nazionale sia destinato "al consumismo e allo spreco",
mentre la produzione con valore aggiunto e la creazione
di posti di lavoro dignitosi siano relegati in secondo piano.
Fonti: Quotidiano El Universal de Mexico
Ecoportal.net
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Revisione
di Elena Tagliata - Progetto Terre Madri - Traduttori per
la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
La
stessa vecchia strategia: Colombia e Stati Uniti hanno "concluso"
il TLC, ma ci sono nuovi requisiti
Venerdì, 09 giugno 2006
Il ministro del Commercio colombiano, Jorge
Humberto Botero, ha ammesso che i negoziati per la firma
di un Trattato di Libero Commercio (TLC) con gli Stati Uniti
non si sono conclusi a febbraio, quando entrambi i paesi
hanno affermato di aver raggiunto un accordo.
Botero considera che i negoziati sono conclusi al 95 per
cento, ma riconosce che ci sono alcune ambiguità che mettono
in pericolo l'accordo raggiunto.
Secondo il giornale colombiano El Tiempo, il ministro ha
affermato che "esiste una certa ambiguità nonostante
tutte le precauzioni prese per decidere riguardo al commercio
di zucchero e carni di pollo".
"Mi dispiace che sia accaduto questo. Abbiamo preso
tutte la precauzioni necessarie, ma è ugualmente accaduto",
ha aggiunto Botero.
Il governo della Colombia ha ammesso il 3 maggio che gli
Stati Uniti avevano inviato un testo abbozzato del TLC diverso
da quello concordato a febbraio, con alcuni importanti emendamenti,
principalmente riguardanti il settore agricolo e dell'allevamento
del bestiame.
I termini e le condizioni per la liberalizzazione graduale
del commercio dei prodotti agricoli e gli impegni assunti
da ciascun paese in materia di quote, sono stabilite nell'annesso
del TLC riguardante questo settore.
La Colombia ha già permesso l'ingresso di carne bovina e
pollo dagli Stati Uniti. Comunque, questi ultimi pretendono
che la Colombia si dimostri più flessibile al momento di
stabilire i controlli tecnici sanitari per l' ingresso di
questa carne.
El Tiempo ha spiegato giovedì che i disaccordi emersi tra
Colombia e Stati Uniti si riferiscono fondamentalmente alla
definizione di quelle che sono le parti del pollo e la quota
assegnata ai produttori di zucchero colombiani per vendere
negli Stati Uniti.
Secondo l'agenzia di stampa colombiana Portafolio, per gli
Stati Uniti si devono considerare parti di pollo quelle
parti che contengono ossa.
Portafolio ha spiegato che "se viene accettata questa
interpretazione, l'
industria avicola (colombiana) si troverebbe in difficoltà
perché
implicherebbe che oltre alle 26.000 tonnellate negoziate
per proteggere il
settore dalla competizione americana, parti di pollo che
non hanno ossa o
pelle possono entrare immediatamente nel paese senza pagare
tariffe
doganali".
El Tiempo ha aggiunto che gli imprenditori dell'industria
avicola hanno
annunciato che potrebbero fermare gli investimenti perché,
in base all'
interpretazione americana, il TLC danneggerebbe il loro
settore.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Guatemala
ed El Salvador annunciano un progetto idroelettrico binazionale.
Giovedì, 08 guigno 2006
Il presidente del Guatemala, Oscar Berger,
ed il presidente di El Salvador, Antonio Saca, hanno annunciato
che la prossima settimana inizieranno a condurre studi di
fattibilità per la costruzione di una centrale idroelettrica
vicino il fiume Paz, al confine fra i due paesi.
Entrambi i leader, che hanno fatto l'annuncio lo scorso
fine settimana in occasione del 2° Summit Iniziativa Energetica
Mesoamericana, hanno sottolineato il fatto che il progetto
mira a "promuovere fonti di energia alternativa".
Hanno anche affermato che i lavori costerebbero circa 80
milioni di dollari.
Saca e Berger hanno informato in una conferenza stampa che
lo studio di fattibilità del progetto sarà condotto dalla
Banca Centroamericana di Integrazione Economica e che sarà
sotto la direzione della salvadoregna Comision Hidroelectrica
del rìo Lempa e dell'Istituto Nacional de Electrificacion
del Guatemala.
Il quotidiano Prensa Libre ha riferito che fonti del governo
del Guatemala hanno assicurato che i lavori inizierebbero
nel 2007.
Berger ha confermato che i promotori dell'impianto idroelettrico
sono alla ricerca di finanziamenti da parte di privati,
e secondo quanto riferisce "già varie organizzazioni
sono interessate".
La reazione di alcune organizzazioni sociali è stata immediata:
membri del gruppo religioso Caritas di El Salvador hanno
criticato l'"orrenda intenzione" di attuare un
altro "progetto mortale".
Hanno aggiunto che le persone che si oppongono alla "distruzione
dei fiumi" non lasceranno che si continuino a promuovere
questi progetti del "terrorismo neoliberale".
Durante il summit tenutosi nella Repubblica Dominicana,
al quale hanno partecipato i presidenti Saca e Berger, si
è anche discusso dell' installazione di una raffineria di
petrolio della società Petroleos Mexicanos (Pemex) in un
paese dell'America Centrale.
La società petrolifera messicana ha stimato che la costruzione
della raffineria costerebbe circa 6 mila milioni di dollari.
Fonte: Prensa Libre
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
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La
Bolivia e la compagnia indiana accelerano i negoziati per
iniziare ad operare nel giacimento del Mutun.
Giovedì, 08 giugno 2006
Il governo boliviano ha ratificato lunedì
l'accordo firmato con la compagnia indiana Jindal Steel
and Power, per lo sfruttamento del giacimento minerario
del Mutun, nel dipartimento di Santa Cruz, situato ad est
della Bolivia.
Jindal Steel and Power si è aggiudicata il diritto di sfruttare
il giacimento del Mutun giovedì, dopo che il governo boliviano
ha annunciato che la compagnia aveva vinto la gara di appalto.
La compagnia pianifica di investire 2.300 milioni di dollari
nel Mutun. Il
contratto durerà 40 anni, a partire dal 2007.
Jindal Steel and Power ha 60 giorni di tempo per presentare
informazioni tecniche e concludere i negoziati con il governo
boliviano, presieduto da Evo Morales. Dopo la firma del
contratto, il Congresso boliviano deciderà se approvarlo
o meno.
Secondo l'agenzia stampa Bolpress, il Mutun è un gigantesco
giacimento di
ferro, con una superficie di circa 60 chilometri quadrati.
Si stima che nel giacimento ci siano più di 40 mila milioni
di tonnellate di minerali di ferro, con una produzione pari
a 100 milioni di dollari l'anno.
Secondo il media Red Bolivia, il governo boliviano e la
compagnia Jindal Steel and Power concordano per dividersi
i profitti derivati dallo sfruttamento del giacimento del
Mutun.
Secondo il quotidiano boliviano El Mundo, il Ministro alla
Pianificazione dello Sviluppo, Carlos Villega, ha dichiarato
"la Bolivia avrà il 50 per cento dei proventi, dei
diritti di sfruttamento e delle imposte, ed il primo anno
riceverà 200 milioni di dollari per i profitti e le vendite".
L'azienda mineraria di stato boliviana avrà un rappresentante
nel consiglio di amministrazione dell'Impresa Siderurgica
Mutun, che sarà amministrata dalla Jindal Steel and Power.
L'Organizzazione Indigena Chiquitana, che riunisce più di
450 comunità di 5 province di Santa Cruz, che vivono nelle
terre dove si trova il giacimento del Mutun, aveva chiesto
al presidente Evo Morales di sospendere la gara di appalto.
Gli indigeni affermano che il bando per la gara di appalto
violava i diritti indigeni stipulati nella Convenzione 169
dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
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I
presidenti di Colombia e Ecuador terranno un incontro per
analizzare la cooperazione energetica.
Giovedì, 8 giugno 2006
I presidenti di Ecuador e Colombia, rispettivamente Alfredo
Palacio e Álvaro Uribe, terranno un incontro martedì prossimo
nella capitale ecuadoriana, Quito, per analizzare la cooperazione
energetica tra i due paesi
L'incontro si terrà poche ore prima dell'inizio del Consiglio
dei Presidenti delle Comunità delle Nazioni Andine (CAN),
di cui fanno parte Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia, e
che il Venezuela ha da dopo lasciato.
L'Ecuador ha accettato la richiesta della Colombia di tenere
un incontro per discutere temi di interesse per entrambi
i paesi. Uribe spiegherà a Palacio il tipo di cooperazione
che l'azienda petrolifera statale Ecopetrol può offrire.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, la proposta
di Uribe prevede che la Ecopetrol assuma il controllo dello
sfruttamento del blocco 15, nell'Amazzonia ecuadoriana,
precedentemente gestito dalla compagnia statunitense Occidental
Petroleum (Oxy), il cui contratto con l'Ecuador è stato
recentemente rescisso per condotta illegale della compagnia.
La proposta colombiana è arrivata subito dopo l'incontro
di Palacio con il presidente venezuelano Hugo Chavez, avvenuto
a Quito il 30 maggio. Nell'occasione, i due presidenti avevano
raggiunto un accordo in base al quale l'azienda petrolifera
statale venezuelana, PDVSA, raffinerà 65.000 barili al giorno
di greggio ecuadoriano a partire da luglio, spedendo poi
il combustibile raffinato in Ecuador.
Non manca, tuttavia, chi pensa che l'interesse di Uribe
sia quello di cercare di ristabilire le relazioni con l'Ecuador,
deterioratesi in seguito alle azioni intraprese dal governo
colombiano vicino al confine tra i due paesi.
Le fumigazioni con l'erbicida Glifosato, compiute dal governo
colombiano sulle coltivazioni di coca, hanno prodotto preoccupazioni
tra le popolazioni locali, e le reazioni del governo di
Palacio.
Il governo colombiano aveva annunciato la fine delle fumigazioni
dopo gennaio 2006, ma secondo alcune denunce le fumigazioni
continuano.
Inoltre, il governo dell'Ecuador ha protestato varie volte
per lo sconfinamento da parte dell'esercito colombiano a
causa di conflitti armati, specie con i guerriglieri del
gruppo di sinistra denominato Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia (FARC).
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Il
Forum Sociale contro l'Agribusiness si terrà in Argentina.
Giovedì, 8 giugno 2006
Oltre il 90% della soia seminata in Argentina
è transgenica
Il Forum Sociale contro l'Agribusiness si
terrà nella capitale Argentina, Buenos Aires, nei giorni
23 e 24 giugno. Parteciperanno varie organizzazioni di contadini,
ambientalisti, lavoratori agricoli, oltre a sindacalisti
provenienti da diversi paesi sudamericani. Il forum è organizzato
dal Gruppo di Riflessione Rurale e dal Centro di Politiche
Sociali per il Socialismo, entrambi argentini. Raquel Schrott
e Ezequiel Miodownik, corrispondenti di Radio Mundo Real
e appartenenti all'associazione Amici della Terra di Buenos
Aires, hanno intervistato Javiera Rulli, del Gruppo di Riflessione
Rurale.La Rulli ha spiegato che “il Forum è la risposta
di gruppi e movimenti sociali a due importanti convegni
di organizzazioni commerciali internazionali che si terranno
in Argentina.Si tratta del Meeting Internazionale dell'Associazione
dell'Industria Agroalimentare, che si terrà a Buenos Aires
dal 10 al 13 giugno, e del III congresso sulla soia del
Mercosur (Mercosoy 2006), che avrà luogo a Rosario, in Argentina,
dal 27 al 30 giugno.Javiera Rulli aggiunge: “Noi crediamo
che questi eventi rappresenteranno un importante passo avanti,
dal punto di vista mediatico e politico, per queste industrie.
Avvertiamo la necessità di organizzare un incontro pubblico
per mostrare che esiste un'opposizione al tipo di progetti
che questi negoziati agro-alimentari implicano per il paese.Tuttavia,
l'obiettivo principale del Forum Sociale Contro l'Agribusiness
rimane quello di riunire i movimenti e le organizzazioni
sociali che hanno lavorato contro le politiche di questi
gruppi nelle aree rurali, i quali ignorano le popolazioni
che vi abitano e le loro tecniche tradizionali di produzione.Le
piantagioni estensive di soia transgenica sono tipiche di
questo modello imprenditoriale che ha guadagnato terreno
in modo particolare in Argentina, Brasile e Paraguay. Varie
organizzazioni contadine del continente denunciano il fatto
che la produzione di soia transgenica è parte di un modello
di esportazione agricola imposto dai latifondisti, mentre
i piccoli produttori sono costretti ad abbandonare la terra.
L'uso di sostanze chimiche tossiche nell'agricoltura ha
causato numerosi problemi alla salute delle popolazioni
che vivono nella zona.Javiera Rulli ha spiegato che “in
Argentina, il governo sostiene questo tipo di agricoltura
industriale imposto dalle grandi aziende per dare ancora
maggior importanza ad un modello che punta all'esportazione
agro-alimentare”.La Rulli ha poi aggiunto che “lo scenario
si presenta piuttosto negativo, se si considerano tutte
le conseguenze, tutti gli impatti sulla popolazione, il
numero di persone ammalate, la violenza nelle zone rurali,
la deforestazione nel nord del paese”.
Traduzione di Giuseppina Vecchia - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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El
Salvador: Marcia ecologica per celebrare la Giornata Mondiale
per l’ambiente
Mercoledì, 7 giugno 2006
Sabato, nella città meridionale di Santa
Tecla, nel dipartimento di La Libertad, varie organizzazioni
sociali e ambientaliste hanno realizzato la VI Marcia Ecologica,
per celebrare la Giornata Mondiale per l’Ambiente.
Tra le organizzazioni che hanno partecipato alla marcia
era presente CESTA-Amici della Terra El Salvador, oltre
a Red, di Ambientalistas en Accion, la Commissione Diocesana
per la Vita, e la Commissione per la Giustizia, la Pace
ed l’Ecologia della famiglia francescana di El Salvador.
Le organizzazioni hanno emesso un documento nel quale esprimono
le proprie preoccupazioni, dovute in particolar modo alla
“distruzione di risorse idriche”, la costruzione di dighe
e le attività minerarie nel paese.
Gli ambientalisti salvadoregni si rammaricano in particolare
che il governo guidato da Antonio Saca abbia imposto un
sistema economico neo liberale che “considera l’ambiente
come una sorgente di profitto, una merce“.
Il comunicato inoltre denuncia il governo di Saca e il Dipartimento
degli Idrocarburi per aver permesso alla società Canadese
Martinique Mineral di esplorare miniere nel dipartimento
di Chalatenango, nel nord di El Salvador.
Gli attivisti affermano che il progetto minerario dell’impresa,
definito “parte del progresso”, ha un forte impatto sulle
risorse idriche e sull’ecosistema, specie sulla flora e
sulla fauna. Hanno inoltre fatto presente le terribili condizioni
di lavoro nelle miniere.
Le organizzazioni ambientaliste, inoltre, protestano contro
la deforestazione portata avanti in alcune aree per far
posto a centri commerciali o nuove strade. Ricordano la
distruzione di El Spino, una foresta che si trovava al confine
tra i dipartimenti di La Libertad e San Salvador, nel sud
del paese.
“Questa foresta, che una volta rappresentava il polmone
del paese, è ora una distesa di grandi edifici adibiti al
commercio” spiegano le organizzazioni nel documento.
Gli ambientalisti si oppongono alla costruzione delle dighe
di El Chimarron e di El Chaparral sul fiume Lempa, nel nord
del paese. “Questi progetti rispondono ad interessi internazionali,
non alle necessità del popolo, che non stato consultato”,
hanno affermato.
Traduzione di Giuseppina Vecchia – Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Centrale
atomica solleva preoccupazione in Argentina
Mercoledì, 07 giugno 2006
Una coppia di sposi malati di cancro ha
intentato una causa contro la Centrale Atomica di Ezeiza,
nella provincia di Buenos Aires, in Argentina, per danni
alla salute causati dalla contaminazione dell’acqua con
uranio.
Beatriz Rodriguez e suo marito, Antonio Rota, sostengono
che esiste “un collegamento diretto” tra l’uranio e la loro
malattia, diagnosticata due anni fa. Affermano che perfino
gli oncologi hanno confermato questo legame.
Il giudice federale davanti al quale avevano originariamente
presentato la denuncia, ha rifiutato la loro richiesta,
che è stata in seguito accettata dalla corte di appello.
“Questo ci permetterà di presentare prove e chiamare esperti
legali a testimoniare”, ha detto la Rodriguez all’agenzia
di stampa Tierramerica.
La coppia vive nelle vicinanze della centrale atomica, che
è stata nel mirino del sistema giudiziario per gli alti
livelli di uranio trovati nell’acqua degli strati del sottosuolo.
Il sito argentino Diariohoy.net afferma che il sindaco della
cittadina di Esteban Echeverria, dove vivono le persone
ammalate, si è finora opposto tre volte a dichiarare lo
“stato di emergenza” nella zona, nonostante ci fossero chiare
prove dei danni causati dalla centrale atomica di Ezeiza.
Secondo Diariohoy.net, vari studi scientifici hanno accertato
un’alta concentrazione di uranio nel sottosuolo, che ha
contaminato la falda acquifera dalla quale gli abitanti
attingono l’acqua.
L’articolo aggiunge che la misura di accettare la causa
contro la Centrale Atomica Ezeiza, presa dalla corte di
appello, “potrebbe portare alla presentazione di molte più
cause” da parte delle persone ammalate della zona.
Entrambi i querelanti hanno raccontato a Diariohoy.net che
la contaminazione degli strati ha causato “20 casi di cancro
in tre isolati” in Ezeiza.
Essi affermano che nella vicina città di Monte Grande “nonna,
madre e nipote appartenenti ad una stessa famiglia hanno
il tumore della mammella”.
L’oncologo che ha in cura la coppia si è offerto di testimoniare
in un eventuale processo, poiché afferma di essere convinto
che questa malattia sia stata causata dall’aver bevuto acqua
contenente elementi radioattivi per più di 20 anni.
Le organizzazioni ambientaliste ricordano che le autorità
della Centrale Atomica Ezeiza hanno presentato “il più grande
conseguimento tecnologico” di un nuovo sistema per disfarsi
delle scorie di liquido radioattivo.
A quel tempo fu detto che la centrale avrebbe filtrato quelle
scorie nel suolo, con il pretesto che “l’argilla avrebbe
trattenuto tutti gli elementi tossici” e agli strati del
sottosuolo sarebbe arrivata solo acqua pulita.
Gli ambientalisti hanno chiamato questo un atto di “orgoglio
tecnologico”, sostenendo che “niente è più diverso da un
laboratorio della natura”.
Antonio Elio Brailovsky ha dichiarato in un articolo pubblicato
da EcoPortal “In un laboratorio tutte le variabili sono
controllate, e le equazioni possono prendere una forma elegante.
Mentre, nell’ambiente naturale ci sono sempre elementi imponderabili
che possono vanificare ogni previsione”.
Traduzione di Elena Tagliata – Revisione
di Giuseppina Vecchia - Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Emergenza
ambientale in Perù: le società minerarie stanno causando
gravi conseguenze ambientali e sociali
Mercoledì, 07 giugno 2006
Le autorità della municipalità di Pasco, nel Perù centrale,
hanno dichiarato un’emergenza sanitaria e ambientale a Cerro
de Pasco, una città gravemente danneggiata dalle operazioni
di varie società minerarie.
Sono stati riscontrati alti livelli di piombo nel sangue
degli abitanti, in particolare tra i bambini nei quali si
rileva un tasso fino al triplo di quello massimo ammesso
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (10 microgrammi
di piombo per decilitro di sangue).
Le autorità comunali hanno vietato la vendita di case localizzate
vicino all’area dove opera la società mineraria Volcan,
nei distretti di Yanacancha e Chaupimarca.
Secondo quanto sostiene il coordinamento delle Radio del
Perù, la società Volcan ha acquistato vari terreni con l’intento
di ampliare la propria attività, pur non avendone avuto
l’autorizzazione da parte delle autorità municipali di Pasco.
Nei prossimi giorni, lo stato di emergenza sarà dichiarato
anche nelle località di Chaupimarca, Yanacancha e Paraccha
en Pasco, sempre a causa dell’elevata presenza di piombo
nel sangue degli abitanti.
Il quotidiano peruviano La Republica riferisce che a Cerro
de Pasco “i rifiuti minerari hanno prodotto immense foreste
artificiali che emettono particelle inquinanti nell’atmosfera”.
Le popolazioni locali respirano queste particelle.
I più piccoli sono maggiormente esposti agli effetti tossici
di questi inquinanti.
Il giornale spiega che, a causa degli alti livelli di piombo
nel sangue, i bambini di Cerro de Pasco presentano gravi
problemi nello sviluppo fisici e intellettivo. Bambini di
14 anni sembrano averne appena otto, afferma il giornale.
Le madri dicono che i loro bambini sono soggetti ad infezioni,
problemi respiratori, continue cefalee, e che a scuola non
rendono come potrebbero.
Traduzione di Giuseppina Vecchia – Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Dura
opposizione alla ripresa delle operazioni minerarie in Catamarca:
“Le popolazioni si sollevano per prevenire questo disastro
ecologico.”
Lunedì 5 giugno 2006
Abitanti dei dipartimenti occidentali della
provincia argentina di Catamarca hanno fondato, a metà maggio,
l'Alleanza dei Popoli della Catamarca, per denunciare l'inquinamento
causato dalle operazioni condotte nell'area dalla società
mineraria Alumbrera.
Questa società opera nei giacimenti di rame e oro nell'ambito
del progetto Bajo de la Alumbrera, che comprende aree dei
dipartimenti di Andalgalà, Santa Maria e Belén, a nordovest
della Catamarca.
Alcuni gruppi ecologisti hanno denunciato, a maggio, gli
“effetti letali” delle operazioni, chiedendo alle autorità
locali di proibire lo sfruttamento minerario a cielo aperto
e l'uso del cianuro, considerato il metodo più inquinante.
Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, rappresentanti dell'organizzazione
ambientalista Amici della Terra e corrispondenti di Real
World Radio in Argentina, hanno intervistato Sergio Martinez,
membro dell'Alleanza dei Popoli della Catamarca.
Martinez è convinto che “l'inquinamento dell'acqua è un
problema molto serio”. Spiega che la società Alumbrera utilizza
uno sbarramento che filtra gli acidi, questi acidi sono
riversati nel bacino del fiume Vis Vis che sbocca a sua
volta nella riserva acquifera chiamata “El Bolson de Pipanaco”.
“Questo bacino di acqua dolce alimenta vari progetti di
coltivazione dell'ulivo nella provincia”, afferma Martinez,
“il progetto minerario Bajo de la Alumbrera ha cominciato
ad inquinarlo, mettendo in grave rischio questi progetti.”
L'attivista ha poi espresso preoccupazione per “l'uso indiscriminato
dell'acqua” da parte di questa impresa che ne utilizza “quasi
100 milioni di litri al giorno”.
Martinez ha spiegato che “quest'acqua viene prelevata da
un'altra riserva idrica, chiamata Campos del Arenal, nel
dipartimento di Santa Maria, e la cui capacità si è ridotta;
di conseguenza anche la portata dei fiumi che rifornivano
il dipartimento è diminuita. Ne è risultata una diminuzione
del 70% nella produzione agricola della regione”.
Gli abitanti della Catamarca si oppongono inoltre ai lavori
della società mineraria Agua Rica, che opera in una miniera
a pochi chilometri da Bajo de la Alumbrera.
Traduzione di Giuseppina Vecchia, revisione
di Cecilia Silveri - Progetto Terre Madri – Traduttori Per
la Pace – RadioMundoReal – www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org |
Biologia
sintetica: vita usa e getta, di Silvia Ribeiro *
Lunedì, 05 giugno 2006
La biologia sintetica è una nuova strada
scientifica e industriale il cui scopo è la creazione di
forme di vita artificiali in grado di svolgere compiti secondo
il ghiribizzo del disegnatore. Non contenti dei problemi
originati dagli organismi transgenici – esseri viventi nei
quali sono introdotti geni appartenenti ad altre specie
– adesso si tratta di costruire organismi vivi dal nulla,
appositamente disegnati, a partire dalla fabbricazione di
molecole artificiali di DNA, programmate per assemblarsi
le une con le altre. Non è fantascienza, ma una realtà che
si sta sviluppando al di fuori di ogni controllo sociale
e responsabilità etica.
Secondo una ricerca del Gruppo ETC, le imprese che beneficiano
di finanziamenti privati e pubblici – eserciti inclusi –
che si dedicano alla fabbricazione del DNA artificiale o
di parti di questo sarebbero almeno 39. La Codon Devices
(Cambridge, Massachussets), ad esempio, è stata fondata
quest’anno da alcuni ricercatori di università pubbliche
e imprese. Propone filamenti di DNA sintetizzato che gli
acquirenti possono assemblare a seconda di ciò che desiderano
costruire.
Varie equipe di ricercatori hanno sintetizzato virus completi:
batteriofagi, virus della polio ed altri. Di recente si
è ricostruito il virus che aveva provocato l’epidemia di
influenza spagnola del 1918. Nonostante i "progressi"
siano rapidi, gli scienziati sono lontani dal tenere tutto
lo svolgimento di questi processi sotto controllo. Gli esseri
vivi creati artificialmente agiscono spesso in maniera inspiegabile,
per loro. La vita, nonostante gli sforzi di questi scienziati,
non può essere ridotta a un giochino di costruzioni, e nemmeno
ad un software.
Nel 2004 la rivista Nature affermava in un editoriale: "Se
è vero che i biologi sono sul punto di sintetizzare nuove
forme di vita [allora già lo avevano ottenuto], le possibilità
di un uso sconsiderato o di disastri involontari potrebbero
essere enormi". Il rischio che la biologia sintetica
venga applicata alla produzione di virus maligni per la
guerra biologica è enorme e reale. Immaginate se venisse
usata l’informazione sulla mappa genomica dei messicani
– messa in rete e accessibile a chiunque – per costruire
virus sintetici che colpiscono esclusivamente un determinato
gruppo etnico. Questi problemi non sembrano disturbare le
notti, né impedire agli studiosi di spingersi oltre.
Una delle creazioni più preoccupanti è quella realizzata
da due staff scientifici in California e in Florida, che
sul "modello" delle quattro basi contenute nel
DNA di tutti gli esseri viventi (dette C, G, T, A [citosina,
guanina, timina e adenina. N.d.T.]) hanno costruito una
quinta e in seguito una sesta base, riuscendo a farla assemblare
con le altre quattro e ad ottenerne la riproduzione. Ciò
apre la porta alla creazione di specie totalmente sconosciute,
dall’incredibile complessità e da dall’insospettabile spettro
di impatti assolutamente imprevedibili sulla vita, la biodiversità
e le loro interazioni.
Craig Venter, il magnate della genomica – che si è creato
una società apposta per competere con il progetto consortile
di mappatura del genoma umano – ha fondato nel 2005 la Synthetics
Genomics per creare, fra gli altri, microrganismi artificiali
che producano energia o assorbano diossido di carbonio “per
mitigare gli effetti del cambiamento climatico”. I risultati
dell’interazione degli organismi vivi artificiali con l’ambiente
sono incerti e il loro potenziale catastrofico nel caso
in cui dovessero, ad esempio, liberarsi nel mare. Ma il
governo degli Stati Uniti, che ha finanziato le ricerche
di Venter attraverso il Dipartimento dell’Energía, avrebbe
potuto fare proprio questo. Lo scorso 25 maggio, George
W. Bush ha dichiarato al The New York Times: "Smettiamola
di chiederci se i gas e l’effetto serra sono provocati dall’uomo
o dalla natura; cerchiamo di concentrarci esclusivamente
sulle tecnologie che possono fare in modo di sistemare le
cose". Si riferiva all’energia nucleare o a qualunque
altra fonte si presenti come soluzione. Non importa se sulla
strada si seminano problemi ancor peggiori.
Nel tentativo di prevenire l’insorgere di resistenze uguali
o maggiori di quelle che si sono presentate nei confronti
degli organismi transgenici, e generate dalla divulgazione
di informazioni sul tema, un gruppo di scienziati operanti
nel campo si è riunito fra il 20 e il 22 maggio a Berkeley,
California, per la conferenza Synthetic Biology 2.0. Si
propone di imporre un "autoregolamentazione" delle
proprie attività, creando un codice di condotta definito
dagli stessi scienziati.
La conferenza di Asilomar del 1975 sull’ingegneria genetica
viene presa a modello. La storia ci insegna che la conferenza
in questione servì esclusivamente a conferire agli scienziati
una falsa immagine di credibilità, rallentando disastrosamente
il coinvolgimento del pubblico e ogni forma di controllo
regolatorio reale sulle sue attività. Quando le prime leggi
di sicurezza biologica cominciarono ad essere redatte, vennero
concepite in maniera tale da favorire le società dominanti
nel settore, misura assolutamente inefficace per garantire
la vera tutela della sicurezza della popolazione e dell’ambiente.
Adesso, per di più, sono completamente incapaci di regolare
i nuovi impatti potenziali della biologia sintetica.
Lo scorso 19 maggio, non meno di 38 organizzazioni ambientaliste,
di scienziati e della società civile hanno dichiarato lo
stato di allerta contro la tecnologia sintetica e la loro
ferma opposizione contro ogni proposta di “autoregolamentazione”.
E’ stato annunciato che ritengono imprescindibile un vasto
dibattito sociale che superi i confini della sicurezza biologica,
e che non sia assolutamente gestito dai soggetti direttamente
coinvolti, anche se per mezzo di interessi commerciali.
E’ necessario il dibattito con la società, ma prima di tutto
bisogna fermare chi, in nome della scienza e perseguendo
il proprio interesse particolare, sia uno “scienziato” o
un’impresa, si arroghi il diritto di manipolare la vita,
perfino a costo di mettere in pericolo quella del resto
degli esseri viventi.
* Ricercatrice del Gruppo ETC
Il DNA non viene solo modificato, adesso
viene addirittura fabbricato artificialmente
http://www.bayerconosur.com
Traduzione di Orsetta Spinola – Progetto
Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it
www.traduttoriperlapace.org |
Nuova
giornata di proteste studentesche in Cile
Lunedì 5 giugno 2006
Gli studenti cileni hanno organizzato oggi
una nuova giornata di “protesta e riflessione” di fronte
alle soluzioni “insoddisfacenti” proposte dal governo di
Michelle Bachelet.
I portavoce principali delle organizzazioni studentesche
hanno dichiarato in questi giorni che il governo cileno
sta cercando di delegittimare il “movimento sociale più
importante degli ultimi anni”.
Da alcune settimane gli studenti si stanno riversando nelle
strade per chiedere, tra le altre cose, un sistema dei trasporti
gratuito, la riforma della Legge Organica Costituzionale
di Insegnamento e una “maggiore uguaglianza” tra gli istituti
pubblici e privati.
Trascorsi diversi giorni dal conflitto, gli studenti ora
concentrano le proprie energie contro il “complotto informativo”
del quale asseriscono essere vittime: la maggior parte dei
mezzi di comunicazione cileni ha criminalizzato una protesta
giusta e pacifica, secondo quanto assicurano i membri delle
associazioni studentesche.
Centinaia di blog e siti Internet creati dagli studenti
si propongono di affrontare la “verità ufficiale” dei gruppi
mediatici.
Per lo sciopero di oggi, gli studenti contano sull’adesione
di altre organizzazioni sociali, come ad esempio i sindacati
della salute, il settore dei trasporti e il circolo docenti.
Gli studenti hanno occupato sino a questo momento circa
650 scuole, mentre altre 172 si trovano in stato
di “sciopero permanente”.
María Jesús Sanhueza, membro dell’Assemblea Coordinatrice
di Studenti delle Scuole Superiori, ha dichiarato che questo
movimento studentesco è venuto a crearsi in questo particolare
momento perché gli studenti “sono più informati” su ciò
che sta succedendo.
Ha inoltre aggiunto che un fattore ulteriore all’ esito
della mobilitazione nazionale è la “volontà politica” dimostrata
dalle organizzazioni studentesche di lavorare insieme.
Durante un’intervista che la Sanhueza ha concesso alla BBC
di Londra, ha dichiarato che la crisi che attraversa il
settore dell’educazione cileno è riscontrabile nella “enorme
disuguaglianza in termini di accesso e opportunità” che
caratterizza tutto il sistema.
“La disparità nell’educazione cilena è abissale. Gli alunni
della scuola pubblica ottengono risultati molto inferiori
rispetto a coloro che frequentano scuole private”, ha sottolineato
la Sanhueza.
Ha anche aggiunto che solo un “numero molto limitato” di
studenti provenienti dalle istituzioni pubbliche di livello
superiore entra all’università.
La Sanhueza, una delle principali referenti di questo movimento
studentesco che immobilizza il governo cileno, ha subito
negli ultimi giorni una dura campagna mediatica.
Secondo quanto rivelato dagli studenti nei media elettronici
creati appositamente per questa lotta, la maggior parte
dei canali televisivi ha diffuso informazioni “completamente
false” sulla Sanhueza.
“Il telegiornale di Canal 13, Teletrece, ha sfacciatamente
affermato che María Jesús Sanhueza, una delle quattro portavoci
nazionali, sarebbe un’infiltrata e non sarebbe iscritta
regolarmente al Carmela Carvajal”.
I manifestanti ritengono che il movimento sia “boicottato”
dai media, i quali “mentono, omettono e disinformano”, oltre
ad utilizzare tutti gli strumenti a portata di mano per
“minimizzare” una delle proteste “più giuste e importanti”
della storia recente.
http://www.eluniversal.com
Tradotto da Arianna Ghetti rev. Daniela
Cabrera– Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Manifestanti
salvadoregni e honduregni contro la diga di El Tigre
Lunedì 5 giugno 2006
Circa 200 manifestanti salvadoregni e honduregni
appartenenti a comunità ed organizzazioni di comuni situati
lungo i confini tra i due Paesi hanno fondato il “Fronte
bi-nazionale contro le dighe”, per opporsi alla realizzazione
di questi progetti nell'area, e in particolare alla diga
di El Tigre.
I rappresentanti si sono incontrati a Colomoncagua, nel
dipartimento di Intibuca, nel sud dell'Honduras.
Secondo l'agenzia di stampa Prensa Latina, i manifestanti
hanno affermato di voler continuare ad opporsi ai progetti
idroelettrici, e hanno aggiunto che la diga di El tigre
– progetto sostenuto dai governi di El Salvador e dell'Honduras
– non sarà costruita.
Il Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene
dell'Honduras – gruppo che si oppone da anni al mega-progetto
El Tigre – sostiene che questa diga causerà il trasferimento
forzato di 20.000 persone solo in Honduras.
Aggiungono inoltre che il bacino di 70 km quadrati distruggerà
l'habitat delle comunità rivierasche.
Sempre secondo quanto riporta Prensa Latina, mercoledì scorso
un cittadino di Colomoncagua, Francisco Martinez, ha affermato
che la diga non sarà costruita, avvertendo che verrà impedito
il passaggio di elicotteri e comitati governativi nell'area
senza il permesso delle popolazioni locali.
L'agenzia ha poi aggiunto che uno dei coordinatori dell'organizzazione
ambientalista CESTA-Amici della Terra El Salvador, Remberto
Nolasco, ha detto che “la lotta contro le dighe non sarà
sconfitta”.
Un altro membro della stessa organizzazione ha affermato
che “le dighe sono progetti di morte”, e che El Tigre causerà
il trasferimento forzato di 20.000 persone dalle città salvadoregne
situate lungo il confine con l'Honduras.
Traduzione di Giuseppina Vecchia, revisione
di Cecilia Silveri – Progetto Terre Madri – Traduttori Per
la Pace – RadioMundoReal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org
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Appello
alla mobilizzazione contro la OMC a giugno e luglio
Venerdì, 02 giugno 2006
Alle organizzazioni aderenti a La Vía Campesina
e alle organizzazioni amiche
Compagni e compagne,
Nel corso della riunione del Consiglio Generale della OMC
svoltosi a Ginevra a maggio, una delegazione di LVC ha partecipato
alle azioni, incontri strategici e scambi con le delegazioni
governative.
Sembra che si stiano organizzando dei negoziati su basi
modificatrici in diversi luoghi ma è difficile sapere cosa
esattamente si sta trattando. Si era propensi a organizzare
un mini-vertice ministeriale ma Brasile e India hanno ritirato
la loro adesione sostenendo che non c’era stato un sufficiente
progresso e che i negoziati apparivano come momentaneamente
“impantanati”.
L’India dice che "è meglio che non ci siano accordi
piuttosto che si arrivi a un accordo cattivo".
Studi pubblicati dalla Banca Mondiale, Carnegie, etc. dimostrano
che la maggior parte dei paesi in via di sviluppo verranno
nettamente svantaggiati dagli accordi, ulteriore motivo
che ci spinge ad opporci allo svolgimento dei negoziati.
I negoziati al momento sono “trasversali", ciò vuol
dire che esiste una relazione diretta tra i negoziati sulle
materie agricole, sui servizi e l’accesso al mercato di
produttori non agricoli (il cosiddetto AMNA, che include
il settore ittico).
Pascal Lamy sta forse cercando di creare una percezione
di crisi per poter fare delle forzature, nei confronti dei
governi, sulle bozze per il testo e concludere il Round
sperando di accantonare le richieste. Tuttavia questa strategia
può avere due diversi risvolti: una pressione per concludere
il Round o il rifiuto del documento proposto.
Lamy sta attualmente spingendo i negoziati per l’Agricoltura
e l’AMNA e ha previsto una "Mini-Ministeriale"
per fine giugno; ci sono voci che parlano di alcuni importanti
incontri che coinciderebbero con le finali della Coppa del
Mondo di Calcio per dribblare così l’attenzione dell’opinione
pubblica.
I giorni 27 e 28 luglio si riunirà il Consiglio Generale
della OMC. Anche quest’occasione può essere un importante
istanza decisionale.
Alcuni negoziatori ammettono che le pressioni esterne hanno
avuto successo avendo influenzato il processo in corso.
Si è detto anche che alcuni paesi chiave possono esercitare
pressioni, concentrandosi sui ministeri specifici.
Per questo pensiamo che sia importante mantenere la nostra
presenza e la nostra mobilizzazione nei prossimi mesi.
Considerando questi elementi e dopo le discussioni interne
tenutesi a Ginevra, pensiamo che debbano essere rafforzate
le seguenti strategie:
1) Mobilitarsi per le prossime 7 settimane
a livello nazionale, a livello ministeriale e a livello
di ambasciate. Ricordiamo che non sono necessariamente i
Ministeri dell’Agricoltura ad essere incaricati delle negoziazioni.
E’ necessario informarsi su quali sono i ministeri chiave
per esercitare pressioni. E’ importante il vostro intervento
a livello nazionale nelle negoziazioni su Agricoltura e
AMNA che saranno più intense verso la fine di giugno.
2) Prepararsi in vista della riunione del
Consiglio generale della OMC del 27 e 28 luglio.
Un gruppo affine ha creato un piccolo comitato
per preparare le azioni (Comunidades Pesqueras, Amigos de
la Tierra, Campaña Contra el ALCA, La Vía Campesina e organizzazioni
di Ginevra - Uniterre e movimenti sociali locali). Lo scopo
è mobilitare 500 o più persone a Ginevra, da sommare ad
una forte partecipazione internazionale.
La Vía Campesina dovrà inoltre avere una forte delegazione
a Ginevra in quei giorni.
Abbiamo anche pensato di riunire la Commissione sulla Sovranità
Alimentare nella stessa città e nello stesso periodo. Quindi
abbiamo bisogno della mobilitazione di più persone!
Vogliamo “azioni nel mare, nella terra e nell’aria”. Stiamo
lavorando in questo momento con le comunità di pescatori
e con le organizzazioni locali su iniziative concrete.
Durante il Consiglio generale della OMC del 27 e 28 di luglio
sarà ugualmente importante realizzare azioni in diversi
paesi.
Per domande o per maggiori informazioni,
per favore scriveteci a
nverhagen@viacampesina.org con copia a tpramono@viacampesina.org
,
ilubis@cbn.net.id
Per La Vía Campesina
Paul Nicholson
Traduzione di Gianni Tarquini – Revisione
di Orsetta Spinola – Progetto Terre Madri – Traduttori Per
la Pace – RadioMundoReal - www.terremadri.it -www.traduttoriperlapace.org
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Colombia:
ancora vittime a causa degli scontri nel Nariño
Venerdì 2 giugno 2006
Il processo di smantellamento delle forze
paramilitari, già concluso, ha sempre lasciato molti dubbi
La comparsa di nuovi gruppi di paramilitari
delle forze di destra Autodefensas Unidas de Colombia (AUC),
e gli scontri di queste con le Fuerzas Armadas Revolucionarias
de Colombia (FARC) di sinistra nella regione colombiana
del Nariño, nella zona occidentale del paese, hanno provocato
una grave crisi umanitaria. I contadini della zona sono
fra le principali vittime.
Secondo quanto denunciato dalla rivista colombiana Semana,
in diversi municipi del Nariño fra cui Los Andes, Samaniego
e La Llanada, si stanno costituendo nuovi gruppi di paramilitari
delle AUC.
Per di più fra questi gruppi e le FARC si stanno verificando
scontri per definire il controllo delle zone di produzione
della coca. Negli ultimi giorni sono morte nove persone.
Non si può determinare con esattezza se le vittime cadute
fossero braccianti della zona.
A questa crisi si aggiungono gli scontri verificatisi nelle
ultime settimane fra i contadini del municipio di Taminango
e le forze di polizia. Le mobilitazioni dei contadini contro
le fumigazioni a base di erbicida glifosato che il governo
continua ad eseguire sulle loro piantagioni e le riserve
di acqua sono state violentemente represse. Alcuni contadini
sono morti durante le proteste.
Secondo Semana, la comparsa di nuovi gruppi di paramilitari
in diversi municipi del Nariño preoccupa in particolare
l’agenzia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per i
Rifugiati, l’ACNUR.
Nel Nariño lo smantellamento dei gruppi paramilitari è un
fenomeno screditato. Secondo Semana, il consigliere di Pace
della giunta della regione, Néstor Montilla, ha affermato:
“Non capisco perché se il 30 luglio del 2005 sono stati
smobilitati 677 uomini della falange Libertadores del Sur
delle Autodefensas, a tutt’oggi siano presenti oltre 2.000
paramilitari attivi in tutta la regione. Questo processo
non porta ad alcuna soluzione radicale. Sono convinto che
si stia mentendo di fronte al paese e alla regione”.
“Se osservato bene, questo processo è indirizzato male.
La presenza delle AUC è evidente in tutta la regione. Mi
dissocio da chi sostiene che nel Nariño siano comparsi nuovi
gruppi. I paramilitari non sono tornati per una semplice
ragione: non sono mai andati via, sono rimasti qui”, ha
aggiunto Montilla.
Traduzione di Orsetta Spinola - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
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Evo
Morales si riunirà con i produttori agricoli a causa della
grave tensione sociale
Venerdì 2 giugno 2006
Questo venerdì, nella città di Cochabamba,
situata nel centro del paese, il presidente boliviano Evo
Morales si riunirà con i rappresentanti del settore agricolo
per concertare una politica agraria nazionale ed evitare
scontri principalmente nella regione orientale della Bolivia.
Gli imprenditori agricoli di questa zona del paese, e soprattutto
della provincia di Santa Cruz, per la paura di vedere le
proprie terre confiscate dallo Stato o occupate dai contadini
senza terra, hanno deciso di creare dei comitati di difesa
della terra. Tale misura non è stata adottata esclusivamente
dai produttori di Santa Cruz, ma in varie altre province
boliviane.
Secondo il quotidiano boliviano Los Tiempos, il ministro
della Presidenza, Juan Ramón Quintana, ha affermato che
“è fondamentale ripristinare un dialogo. L’assoggettamento
(occupazione di terre), nelle stesse parole del presidente,
è una pratica illegale. Entro i limiti delle nostre possibilità,
sgombereremo quanti abbiano optato” per tale metodo.
I conflitti per la terra sono fra i più importanti che la
Bolivia si trovi oggi ad affrontare. Il governo Morales
aveva già manifestato la propria preoccupazione riguardo
all’organizzazione di gruppi di difesa della terra da parte
dei produttori agricoli.
Secondo la Rete informativa Erbol, il vice ministro del
Coordinamento con i Movimenti Sociali, Alfredo Rada, ha
sostenuto che “l’uso della forza pubblica è attributo delle
autorità legalmente preposte, non si possono costituire
gruppi violenti privati organizzati dai proprietari in virtù
di ciò che essi definiscono difesa”.
Rada aveva anche affermato che il governo Morales garantisce
il rispetto della proprietà privata e che non consentirà
eccessi da parte dei gruppi di senza terra che mettano a
rischio tale proprietà.
Red Erbol aggiunge che il ministro boliviano dello Sviluppo
Rurale ed Agricolo, Hugo Salvatierra, ha spiegato che l’Assemblea
Costituente analizzerà i temi centrali vincolati alla questione
della terra a partire dal 6 agosto, quando si darà il via
alle funzioni di redazione della nuova Costituzione del
paese.
Salvatierra si augura che alcuni dei decreti che Evo Morales
firmerà agevolino l’implementazione della riforma agraria
in Bolivia.
L’8 maggio il ministro ha annunciato che il governo Morales
ridistribuirà fra gli 11 e i 14 milioni di ettari di terra
ai contadini, alle comunità indigene e ai boliviani che
non dispongano di tale risorsa.
Secondo il quotidiano boliviano La Prensa, Salvatierra ha
detto, il giorno stesso, che l’obiettivo del governo Morales
era “attribuire allo Stato tutte le terre che non espletino
alcuna funzione sociale o i cui titoli di proprietà siano
stati ottenuti in maniera fraudolenta”.
Traduzione di Orsetta Spinola - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Il
governo del Nicaragua minaccia di cacciare Unión Fenosa
Venerdì 2 giugno 2006
I continui tagli di elettricità e gli aumenti
tariffari imposti dalla multinazionale dell’energia Unión
Fenosa in Nicaragua stanno contrariando le autorità del
paese.
Il direttore dell’Istituto Nicaraguense di Energia, David
Castillo, ha concesso un periodo di dieci giorni affinché
l’impresa spagnola “risolva il conflitto”, pena l’annullamento
del contratto da parte del governo.
Secondo quanto ha assicurato Castillo, se l’impresa non
pone fine alle interruzioni di energia elettrica, il Potere
Esecutivo sarà costretto a stabilire un “nuovo modello”,
che garantisca un servizio di qualità “degno e socialmente
responsabile”.
Il funzionario governativo ha ricordato che lo Stato potrà
assumersi “tutta la responsabilità per la fornitura energetica”.
Ha anche ipotizzato la possibilità che venga implementato
un modello misto, pubblico –privato , o che si “realizzino
aggiustamenti” alle condizioni contrattuali delle privatizzazioni.
Secondo Castillo, il modello delle privatizzazioni "è
in crisi”, e ha argomentato che si stanno “scontrando” gli
interessi delle imprese con “quelli del bene comune".
Tuttavia, l’impresa spagnola non sembra preoccuparsi per
le pressioni da parte dello Stato: la distributrice ha annunciato
ieri che applicherà un aumento delle tariffe del 2.8% in
tutto il paese.
Unión Fenosa, che ha un contratto vigente da tre anni, sta
anche programmando interruzioni di energia fino a sei ore
al giorno a Managua e in altre città a causa di “problemi
di fornitura di energia”.
Fonti: http://www.laprensagrafica.com/ Agencia
AP
Tradotto da Arianna Ghetti , rivisto da
Gianni Tarquini – Progetto Terre Madri – Traduttori per
la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Le
imprese siderurgiche stanno distruggendo la foresta amazzonica
Venerdì 2 giugno 2006
Gli ambientalisti rivelano che le compagnie
siderurgiche sono responsabili del taglio illegale di 12
mila alberi al giorno
Il governo brasiliano sta promuovendo la
coltivazione di eucalipti negli stati settentrionali di
Pará e Marañón allo scopo di ridurre la “pressione sull’Amazzonia”
causata dalle imprese siderurgiche alla ricerca di carbone
di orine vegetale.
Tuttavia, alcuni gruppi ecologisti avvertono che tali misure
“sono insufficienti” e che non mirano a risolvere la “radice
del problema”.
Secondo quanto denuncia l’organizzazione non governativa
Ecodebate, esistono “innumerevoli esempi” di devastazione
della foresta amazzonica che hanno favorito i “profitti
di impresari impuniti”.
Un rapporto presentato l’anno scorso dall’Istituto Brasiliano
dell’Ambiente (IBAMA) ha rivelato che almeno otto imprese
siderurgiche avevano utilizzano carbone della foresta amazzonica
per produrre acciaio al di sopra delle cifre ufficialmente
dichiarate.
Il documento indicava inoltre che nessuna di queste compagnie
rispettava gli accordi stabiliti per la riforestazione.
Il carbone è la materia prima utilizzata dai cosiddetti
“altoforni siderurgici” per la fabbricazione di acciaio.
Il Brasile è uno dei maggiori esportatori di acciaio e di
ferro poroso a livello mondiale. Secondo diversi gruppi
ambientalisti, l’“attitudine irresponsabile” di queste imprese
dovrebbe portare ad imporre sanzioni commerciali all’estero.
Secondo lo studio dell’IBAMA, tra il 2000 e il 2004 le compagnie
siderurgiche non hanno denunciato circa otto milioni di
metri cubici di carbone.
Tale cifra equivale a circa 15,4 milioni di metri cubici
di legno in tronchi, pari al carico di 140.000 camion, secondo
quanto ha denunciato lo studio dell’ufficio ambientale.
Dopo aver presentato il suddetto rapporto, l’IBAMA ha iniziato
a multare le imprese del settore, ma secondo Ecodebate si
tratterebbe di “sanzioni simboliche” che “non migliorano
per nulla la situazione”.
I dati più recenti divulgati dall’istituto ambientale alcune
settimane fa indicano che le imprese siderurgiche consumano
circa 12 milioni di metri cubici di legna all’anno, il che
implica la distruzione di 200 mila ettari di bosco nativo.
Fonti: Noticias do Planalto Agencia EFE
Tradotto da Arianna Ghetti, rivisto da Gianni
Tarquini –Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace
– Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
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