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Terre Madri: Selezione in italiano dalle news
di RadioMundoReal |
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 22 AL 31 MAGGIO 2006
|
La
società petrolifera di stato boliviana accusa la Petrobras
della scarsità di petrolio nel paese
Mercoledì, 31 maggio 2006
La società petrolifera di stato
boliviana Yacimientos Petroliferos Fiscales Bolivianos
(YPFB) accusa la società brasiliana Petrobras di essere
responsabile per la scarsità di diesel nelle città
di La Paz ed El Alto.
Il presidente della YPFB, Jorge Alvarado, ha spiegato
che la Petrobras è l'unica società che da alcuni giorni
ha fermato le importazioni di combustibile.
Secondo il giornale boliviano La Prensa, Alvarado
ha dichiarato "considero l'atteggiamento della
Petrobras come un atto di sabotaggio al paese. Non
c'è nessun altro modo di interpretarlo".
Il giornale ha aggiunto che il governo boliviano,
guidato dal presidente Evo Morales, si meraviglia
del fatto che la Petrobras abbia cessato le importazioni
di diesel, ma ha assicurato che lunedì avrebbe risolto
la situazione.
La Tesoreria Generale della Nazione ha dovuto pagare
milioni di dollari per sovvenzionare l'importazione
di combustibile e rimediare alla scarsità di combustibile
in alcune zone del paese.
Nei dipartimenti di Pando e Beni, la Petrobras è la
principale fornitrice di combustibile.
Il 1° di maggio, Evo Morales aveva decretato la nazionalizzazione
degli idrocarburi in Bolivia, e aveva costretto tutte
le società straniere a negoziare nuovi contratti con
lo stato boliviano, se volevano continuare ad operare
nel paese.
I dirigenti della Petrobras, come pure quelli della
società ispano-argentina Repsol YPF, e i governi dei
loro rispettivi paesi d'origine, hanno espresso il
loro rifiuto alla misura adottata da Morales e hanno
mostrato la loro preoccupazione.
Venerdì, Evo Morales ha firmato più di dieci accordi
con il presidente venezuelano Hugo Chàvez, nella regione
del Chapare, nel dipartimento di Cochamamba.
Alcuni degli accordi implicano il lavoro congiunto
tra la YPFB e la società di stato venezuelana, Petròleos
de Venezuela, per l'esplorazione e lo sfruttamento
di petrolio in Bolivia.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto Terre Madri
- Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Denunciati
nella provincia argentina gli effetti letali dell'attività
mineraria
Mercoledì, 31 maggio 2006
Gruppi di ecologisti della provincia
argentina di Catamarca hanno denunciatogli "effetti
letali" causati dall'attività dell'azienda mineraria
Bajo de laAlumbrera e fanno pressione affinché le
autorità proibiscano "qualunque progetto minerario
che implichi metodi a cielo aperto e l'uso del cianuro".
Secondo quanto affermano, questa azienda, che sfrutta
i giacimenti di Agua Rica e Filo Colorado, causa da
dieci anni "seri impatti negativi su larga scala"
sulla popolazione.
Sostengono che le esplosioni - che ogni giorno fanno
saltare in aria circa 340.000 tonnellate di roccia
- generano una "grande nube di polvere"
che contiene sostanze chimiche pericolose.
"Gli abitanti di Catamarca respirano ogni giorno
nei luoghi dove vivono da centinaia di anni. Ma questo
cambiamento nel nostro habitat ha generato un aumento
allarmante nelle malattie respiratorie", ha dichiarato
il gruppo in un comunicato pubblicato dall'agenzia
stampa Argenpress.
Secondo il comunicato, in Catamarca casi di malattie
terminali, come il cancro, sono aumentati.
Affermano anche che l'azienda ammette in un rapporto
che l'impatto ecologico delle sue attività è al di
sopra degli standard consentiti.
Ma secondo quanto sostengono, il "danno più grave"
causato dallo sfruttamento minerario è che si utilizzano
100 milioni di litri di acqua al giorno.
Essi stimano che l'uso indiscriminato delle risorse
idriche ha causato all'attività agricola e di allevamento
del bestiame una perdita del 70%.
"L'azienda Bajo de la Alumbrera ha giocato con
le illusioni della gente",hanno aggiunto gli
ecologisti.
Hanno ricordato che quando venne fatto l'annuncio
dell'installazione dell'azienda, la gente di Catamarca
si divise tra coloro che "speravano di ottenere"
un posto di lavoro e quelli che "stanno combattendo
per fermare tutti questi falsi progetti minerari".
Il comunicato conclude che gli effetti causati dall'azienda
mineraria in materia occupazionale nella regione sono
stati "praticamente nulli": dei 6.000 posti
di lavoro che erano stati promessi inizialmente, solo
150 sono stati effettivamente offerti.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
- www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Uribe
ha vinto le elezioni e la sinistra colombiana è cresciuta
significativamente
Martedì, 30maggio 2006
Alvaro Uribe è stato rieletto domenica
presidente della Colombia con il 62 per cento dei
voti, in una elezione alla quale quasi il 55 per cento
dei votanti ha deciso di non recarsi alle urne.
Uribe ha avuto il sostegno di una coalizione di partiti,
quali il Partito Conservatore, Alas Equipo Colombia,
Cambio Radical, tra gli altri.
Carlos Gavira, il candidato del Polo Democratico di
sinistra, ha ottenuto il 22 per cento dei voti. Questa
è la più alta percentuale di voti ottenuti dalla sinistra
nella storia del paese.
Dopo quasi due secoli di storia, il classico sistema
bipartitico colombiano, costituito dal Partito dei
Conservatori e dal Partito Liberale, è giunto a termine.
Horacio Serpa, candidato del Partito Liberale, è arrivato
terzo, con l'11 per cento dei voti.
Il giornale colombiano El Tiempo ha dichiarato lunedì
che "il classico sistema bipartitico, che ha
governato il paese praticamente per quasi tutta la
sua storia, è stato ferito a morte".
Alvaro Uribe ha conseguito un record di voti nella
storia del paese, ottenendone più di sette milioni.
È anche diventato il primo presidente ad essere rieletto,
dopo che il Congresso colombiano ha mantenuto una
riforma costituzionale fortemente discussa affinché
Uribe potesse essere rieletto e riuscire a governare
per due mandati consecutivi.
Comunque, l'ascesa del Polo Democratico è stata anche
più significativa. Ha ottenuto due milioni e mezzo
di voti. Quel partito non aveva mai avuto neanche
un milione di voti in tutta la storia della Colombia.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto Terre Madri
- Traduttori per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it
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López
Obrador critico nei confronti del NAFTA
Martedì, 30 aggio 2006
Il candidato del Partido de la Revolución
Democrática (PRD) alla Presidenza del Messico, Andrés
Manuel López Obrador, ha assicurato che cercherà di
rinegoziare il trattato di libero Commercio che il
suo paese ha stipulato con gli Stati Uniti e il Canada
(NAFTA).
Il leader di sinistra, che dagli ultimi sondaggi raccoglierebbe
il 34,2% delle preferenze dei votanti, ha detto che
darà impulso alle politiche per far entrare il granturco
bianco e il fagiolo senza imposte. Ha affermato che
le alte tasse doganali "danneggiano i produttori
messicani".
López Obrador sostiene che, se arriverà alla presidenza,
realizzerà una campagna politica e diplomatica “per
convincere” gli Stati Uniti e il Canada della necessità
di rinegoziare l’accordo commerciale.
L’agenzia italiana ANSA ha scritto che il leader del
PRD si è smarcato dalle accuse che lo vedrebbero in
costruzione di “un blocco politico” con il presidente
del Venezuela , Hugo Chávez.
López Obrador ha qualificato queste voci come “ura
menzogna” e ha detto che Chàvez nemmeno lo conosce
di persona.
“Loro ( il governo) hanno la possibilità di presentare
prove, perché sono costantemente in ascolto delle
mie telefonate e mi spiano”, ha affermato.
Andrés Manuel López Obrador è il candidato della coalizione
Bien de Todos, integrata dal maggioritario PRD, il
Partido del Trabajo e la centrista centrista Convergencia.
Traduzione di Gianni Tarquini Progetto
Terre Madri – traduttori per la Pace – RadioMundoReal
www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org |
Gli
ecologisti di Costa Rica denunciano gli "atti
clandestini del governo"
Martedì, 30 maggio 2006
L'Istituto di Elettricità di Costa
Rica (ICE) riprenderà la costruzione clandestina di
quattro progetti idroelettrici vicino il fiume Pacuare,
secondo quanto denunciato da molte organizzazioni
ambientaliste.
I lavori sono stati bloccati lo scorso anno dopo che
un referendum ha respinto il progetto di energia con
una vittoria stracciante.
Gli ambientalisti che hanno promosso la consultazione
popolare nell'agosto del 2005, nella quale la scelta
di opporsi alle dighe ha ottenuto il 96 per cento
dei voti, stanno ora avvisando che il consiglio di
amministrazione dell'ICE ha deciso di portare comunque
avanti i lavori.
Gli ecologisti sottolineano il fatto che l'iniziativa
di "riprendere il progetto" è stata stabilita
in un verbale datato 23 maggio, dopo la riunione mensile
dei dirigenti dell'azienda.
Eugenio Guido, dell'organizzazione ambientalista Grupo
Amigos del Pacuare, ha dichiarato che "non siamo
affatto sorpresi, poiché durante la campagna elettorale
Oscar Arias (presidente di Costa Rica) ha affermato
che non avrebbe rispettato la decisione del popolo
e che avrebbe fatto costruire le dighe perché fruttano
milioni di dollari".
Guido si è rammaricato del fatto che i dirigenti dell'ICE
"hanno voluto scavalcare la volontà del popolo"
e che essi preferiscono "agire clandestinamente".
Ha aggiunto che "è impossibile raggiungere un
accordo" con un governo che "non ha alcun
rispetto per il popolo e per l'ambiente".
Ma gli oppositori ai quattro progetti idroelettrici
hanno dichiarato che "le comunità e gli ecologisti
faranno in modo che la volontà del popolo venga rispettata".
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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Anche
Formosa promuove il deserto
Martedì, 30 maggio 2006
Il governo della provincia argentina
di Formosa ha autorizzato lo sbancamento di 50 mila
ettari di piantagioni e boschi nativi, e ha annunciato
la realizzazione di studi per incorporare alle zone
boschive “specie che hanno un valore economico”.
Secondo le informazioni del sito internet, Diario
Digital de Misiones, il direttore di Bosques de Formosa,
Julio Soupec, ha assicurato che l’iniziativa rispetta
tutte le normative vigenti.
Soupec ha spiegato che i proprietari dei boschi devono
presentare un progetto alla Direzione dei Boschi o
alla Sottosegreteria delle Risorse Naturali.
Questi uffici statali analizzeranno la proposta e
qualora “si trovassero nel quadro” delle norme ambientali
verrà autorizzato lo sbancamento.
Il funzionario di Formosa ha chiarito che nella provincia
ci sono altre riserve naturali “protette”, e che le
autorità provinciali “lavorano intensamente” per stabilire
corridoi ecologici e preservare la fauna.
Alcuni specialisti argentini hanno segnalato che province
quali Formosa, Chaco, Tucumán, Santiago del Estero
o Misiones, tra le altre, dovrebbero sospendere le
pratiche di sbancamento per un periodo di almeno venti
anni.
In base a quanto dichiarato, le tasse di deforestazione
sono superiori al normale, il che mette a rischio
molte specie native.
La Segreteria per l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile
ha elaborato una relazione che rivela che dal 1914
(quando è stato realizzato il primo inventario nazionale
dei boschi nativi dell’Argentina) ad oggi, il paese
ha perso circa il 70% delle sue zone boscose.
Traduzione di Sonia Chialastri
- Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace -
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Primo
atto di protesta in Uruguay contro il TLC con gli
Stati Uniti
Lunedì, 29 maggio 2006
Oggi ha avuto luogo una protesta realizzata
dalle Organizzazioni sociali per respingere le negoziazioni
tra l'Uruguay e gli Stati Uniti per la firma Di un
Trattato di Libero Commercio (TLC). La mobilitazione
si è svolta in parallelo ad una sessione del Consiglio
dei Ministri, durante la quale il governo ha informato
circa i progressi fatti nel conflitto diplomatico
con l'Argentina riguardo l'installazione di due fabbriche
di pasta per carta in Uruguay.
Le organizzazioni sociali includono molte questioni
nella mobilitazione, per
procedere nella creazione di una "grande concertazione
intorno a problemi quali l'edilizia, la salute, l'istruzione
ed il lavoro", secondo un comunicato della Federazione
Unificata delle Cooperative Edilizie di Mutuo Soccorso
Uruguaiane (FUCVAM), il principale organizzatore della
manifestazione.
Altre organizzazioni quali la Commissione Nazionale
in Difesa dell'Acqua e
la Vita, il gruppo Guayubira, e REDES - Amici della
Terra Uruguay, si sono concentrate fuori del palazzo
presidenziale, dove i ministri erano in riunione.
Gli attivisti della FUCVAM hanno richiesto una riforma
radicale delle politiche edilizie applicate dal governo
guidato dal presidente Tabaré Vásquez e hanno sottolineato
il fatto che "i soldi ci sono e sono nostri,
non abbiamo bisogno di mercati, investitori e di un
trattato di libero commercio per risolvere questo
problema", secondo quanto riportato nel comunicato.
Alla manifestazione hanno partecipato circa 300 persone.
Rappresentanti delle organizzazioni sono entrate nel
palazzo presidenziale e hanno consegnato un documento
che chiedeva al potere esecutivo l'assegnazione di
uno spazio pubblicitario di 3 minuti per consegnare
un messaggio alla nazione tramite tv e radio, dove
essi esprimeranno le loro richieste.
Traduzione di Elena Tagliata - Revisione
di Daniela Cabrera - Progetto Terre Madri - Traduttori
per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it -
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Denunciate
altre uccisioni di contadini in Paraguay
Lunedì, 29 maggio 2006
Il gruppo argentino Grupo de Reflexion
Rural (GRR) ha denunciato lo scorso fine settimana
un aumento della violenza paramilitare in Paraguay.
Il gruppo ha accusato le cosiddette "guardie
cittadine" - che rispondono agli interessi degli
imprenditori di soia - per l'assassinio del leader
contadino erapio Villasboa, membro del Movimento Contadino
Paraguaiano.
Secondo quanto riferisce il gruppo, questo assassinio
sarebbe collegato al fatto che la sorella del contadino,
Petrona Villasboa, è una delle principali leader della
Confederazione Nazionale delle Donne Rurali e Indigene
(CONAMURI), e che negli ultimi tre anni è anche stata
una delle principali leader dell'opposizione alla
soia geneticamente modificata.
Petrona ha moltissime ragioni: suo figlio, Silvino
Talavera, è morto per gli effetti di sostanze agrotossiche
nel dipartimento di Itapua, nel gennaio del2003.
Gli agrotossoci che hanno ucciso il ragazzo sono stati
spruzzati da aeroplani utilizzati nei campi di soia,
appartenenti ai produttori Lauro Laustenlagger ed
Hernan Schlender.
Dopo che i produttori di soia sono stati condannati,
la madre di Silvino ha ricevuto parecchie minacce
di morte da parte di altri produttori della zona.
Nel caso del fratello dell'attivista, il gruppo argentino
assicura che Serapio è stato "brutalmente pugnalato"
undici volte. Questo è un altro caso di uncontadino
assassinato dai "civili armati organizzati",
ha aggiunto il gruppo.
Ed afferma che le cosiddette "guardie cittadine"
sono organizzazioni
paramilitari formate da 13.000 effettivi "addestrati
ed armati".
L'organizzazione argentina ha denunciato che almeno
10 contadini sono stati
assassinati negli ultimi mesi, solo nella regione
di San Pedro, nel centro
del paese.
Il gruppo ha aggiunto che le "pratiche illegali"
di questi gruppi includono irruzioni, torture ed arresti.
L'impunità con la quale operano i gruppi paramilitari
sembra non avere limiti. Secondo le organizzazioni
contadine, il Ministero degli Interni "è perfettamente
a conoscenza" dei crimini commessi dalle guardie
cittadine, ma non ha intrapreso alcuna azione per
fermare le loro attività.
Il documento elaborato dal gruppo argentino assicura
che "i produttori di soia e i proprietari terrieri"
finanziano i gruppi paramilitari per perseguitare
i leader contadini.
Nel frattempo, il Ministero degli Interni tiene una
benda sugli occhi riguardo la situazione. Le autorità
di polizia considerano questi gruppi armati "partner
strategici", che lavorano come "eserciti
di riserva" che inoltre non costano nulla allo
stato.
In questo modo, poliziotti e paramilitari possono
affrontare la "crescente violenza e criminalità"
dei principali centri urbani del paese, dove vivono
molti dei contadini che sono stati cacciati dalle
loro terre dalle monocolture di soia geneticamente
modificata.
Fonti: Grupo de Reflexion Rural
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Multinazionali:
Ex presidenti della Enron colpevoli di cospirazione
e frode
Venerdì 26 maggio 2006
Il fondatore ed ex presidente della
compagnia statunitense Enron (che si occupa del settore
energetico), Kenneth Lay, e il suo successore, Jeffrey
Skilling, sono stati dichiarati colpevoli di diverse
accuse di cospirazione e frode giovedì scorso.
Lay è stato dichiarato colpevole da una giuria popolare
per i sei capi di imputazione contestatigli mentre
Skilling per altri 19 su un totale di 28.
I due dirigenti sono stati accusati di aver attuato
manovre finanziarie al fine di occultare le perdite
economiche della compagnia e di aver esagerato i benefici
che otteneva con lo scopo di attrarre gli investitori.
Secondo il quotidiano spagnolo 20 minutos, la giuria
ha dichiarato nel suo verdetto che entrambi dirigenti
hanno più volte mentito per coprire una vasta rete
di frodi contabili e operazioni fallite, che hanno
trascinato la Enron alla bancarotta.
Manca ora la decisione finale del giudice incaricato
del caso, attesa per l’11 settembre.
Sempre secondo 20 minutos, se il giudice dovesse confermare
il verdetto emesso dalla giuria, i due ex dirigenti
della Enron potrebbero scontare pene per un totale
di 230 anni di carcere.
Tradotto da Arianna Ghetti –Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Interviste:
“Il governo centrale ha un atteggiamento meramente
mercantilista”
Venerdì 26 maggio 2006
L’organizzazione ambientalista salvadoregna
Cesta – Amici della Terra El Salvador ha organizzato
lunedì scorso una conferenza stampa nella capitale
del paese, San Salvador, per manifestare il proprio
rifiuto della politica adottata dal governo per affrontare
la crisi energetica.
Nel corso della conferenza stampa sono intervenuti
il presidente di Cesta, Ricardo Navarro, e uno dei
membri dell’organizzazione, Raquel Cruz.
Cesta critica il governo di El Salvador, con a capo
Elías Saca, di pensare solamente alle dighe come modo
per generare energia.
“Abbiamo riscontrato un’attitudine meramente mercantilista
nel governo centrale, (...) tratta il tema dell’energia
con un criterio strettamente economico”, ha affermato
Ricardo Navarro durante la conferenza stampa.
L’attivista ha spiegato che le dighe idroelettriche
hanno “un impatto ecologico terribile ed implicano
inoltre sfollamenti di massa”.
Secondo Navarro, è un “errore” analizzare il tema
energetico tenendo conto solamente del fattore economico.
“Dovremmo mantenere un approccio integrale, che sia
naturalmente economico ma anche ecologico, sociale
e politico”, ha sottolineato il presidente di Cesta.
E ha dichiarato: “Per quale motivo non sfruttiamo
le nostre risorse per togliere la gente dalla povertà?
Questo è un approccio sociale. Perché non utilizziamo
le nostre risorse per vedere in che modo siamo in
grado di ridurre la dipendenza dagli altri paesi?
Questo è invece un approccio di tipo politico”.
Secondo Navarro, il governo di Elías Saca dovrebbe
distinguere tra diversi tipi di industrie per decidere
quali meritano fornitura di elettricità e quali no.
“Ci sono industrie che sono altamente distruttive
per l’ambiente, per esempio l’industria mineraria,
e tale industria chiede elettricità. Non bisognerebbe
dargliela” ha affermato. Ha inoltre aggiunto che bisognerebbe
sfruttare meglio altre forme di produzione di energia,
come per esempio l’energia solare.
Tuttavia, Navarro ha anche avanzato una critica alla
società salvadoregna e a se stesso per gli inutili
consumi di elettricità. “Quante volte accendiamo la
luce in casa anche se c’è ancora il sole fuori?”,
si è chiesto.
Tradotto da Arianna Ghetti –Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Secondo
gli imprenditori honduregni “regolare l’attività estrattiva
significa chiudere con gli investimenti”.
Venerdì, 26 maggio 2006
La lobby imprenditoriale è più forte
della volontà politica
E’ in corso una dura controversia
fra le organizzazioni ambientaliste e gli imprenditori
in Honduras sull’avanzamento della Legge sull’Attività
Estrattiva, la cui approvazione era prevista per la
metà del mese di maggio.
Ma le pressioni delle organizzazioni imprenditoriali
sul Congresso ha causato la “sospensione temporanea”
della promulgazione della legge del quadro regolatorio.
Le imprese criticano il divieto di realizzare pratiche
a cielo aperto, sostenendo che disposizioni di questo
genere “demotivano gli investimenti” di capitali stranieri.
Il settore imprenditoriale, inoltre, boccia le leggi
vigenti in materia di durata delle concessioni di
sfruttamento, assegnate dallo stesso Esecutivo.
Pretendono che i permessi di esplorazione e sfruttamento
siano di “almeno” venti anni, mentre attualmente le
concessioni del governo ne durano dieci.
Rappresentanti di base della Chiesa Cattolica e delle
comunità colpite dallo sfruttamento hanno criticato
questa settimana l’efficace pressione esercitata dalla
lobby mineraria.
Secondo questi l’”incredibile potere” delle multinazionali,
per la maggior parte impegnate nell’estrazione dell’oro,
calpesta un “processo di consenso” fra i partiti politici
honduregni, che si è protratto per diversi anni.
Tali accordi prevedevano l’approvazione di un quadro
regolatorio per l’attività estrattiva che tenesse
in considerazione i suoi possibili impatti ambientali
e sulla salute dell’uomo.
Gli oppositori dell’attività estrattiva basano le
loro denunce su uno studio dell’ingegnere chimico
Flaviano Bianchini sugli effetti dell’uso di sostanze
inquinanti da parte della società Entremares.
La ricerca rivela che la ditta canadese ha inquinato
l’acqua destinata al consumo umano, il sangue delle
persone e degli animali.
Bianchini assicura di aver rilevato “indici esagerati
di alcalinità e salinità” nell’acqua vicina al giacimento.
La ricerca sui danni provocati dall’estrazione dell’oro
comprende informazioni su malformazioni riscontrate
su neonati, con “deficienze visive mai registrate
prima nella regione”.
Informazione di: Prensa Latina Tierra
Viva
Iscriviti al nostro bollettino Contatti: prensa@radiomundoreal.fm
Tradotto da Orsetta Spinola –Progetto
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La
Corte Interamericana dei Diritti Umani accusa il Paraguay
di violare i diritti degli indigeni
Venerdì, 26 maggio 2006
Gli indigeni paraguaiani dell’etnia
Enxet saranno risarciti economicamente dallo Stato
del Paraguay, dopo che la Corte Interamericana dei
Diritti Umani ha decretato una “sistematica violazione
dei diritti sulla terra e attentati contro la vita”.
La sentenza della Corte Interamericana dei Diritti
Umani ha stabilito che 14.000 ettari di terra dovranno
essere restituiti agli indigeni, nel dipartimento
di Presidente Hayes, entro un termine di 4 anni.
Queste terre, che la corte internazionale ha qualificato
come “rubate”, appartengono attualmente all’allevatore
di bestiame tedesco, Heriber Roedle.
La sentenza ha ordinato allo Stato del Paraguay di
promuovere la creazione di un “fondo per la sviluppo
comunitario”, per favorire “progetti per l’istruzione,
l’edilizia, l’agricoltura e la salute” che beneficiano
le comunità Enxet.
Ci si aspetta che lo Stato del Paraguay investa almeno
1 milione di dollari nella creazione di questo fondo.
Il Paraguay è già stato condannato lo scorso anno
per un caso simile, che coinvolgeva altre comunità
indigene.
Ci sono 85.000 indigeni nel Paraguay, metà dei quali
vivono nella regione settentrionale del Chaco, principalmente
nei dipartimenti di Presidente Hayes e Boqueron.
Fonti: Adital
Traduzione di Elena Tagliata – Progetto
Terre Madri- Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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La
milizia sudanese ha assassinato più di 100 contadini
in Ciad
Venerdì, 26 maggio 2006
L’organizzazione in difesa dei diritti
umani, Human Rights Watch, ha dichiarato giovedì che
la milizia filo-governativa sudanese janjaweed ha
assassinato ad aprile più di 100 contadini nella parte
orientale del Ciad.
Secondo il giornale spagnolo 20 minutos, testimoni
presenti al fatto hanno spiegato che il massacro è
avvenuto il 12 e il 13 aprile, quando la milizia araba
janjaweed muoveva verso l’est del Ciad, con lo scopo
di attaccare la capitale di quel paese, N’Djamena.
Le uccisioni hanno avuto luogo in vari paesi nell’est
del Ciad, nelle vicinanze della regione di conflitto
del Darfur, situata ad ovest del Sudan.
Secondo il giornale spagnolo, il direttore di Human
Rights Watch in Africa, Peter Takirambudde, ha affermato
che “la milizia sudanese continua a muoversi attraverso
il Ciad e a perseguitare ed assassinare la gran parte
dei proprietari terrieri”.
La crisi del Darfur è iniziata nel febbraio del 2003,
quando ribelli sudanesi si sono sollevati contro il
governo che era sotto il controllo arabo e la discriminazione
nella distribuzione delle limitate risorse del paese.
Secondo l’Human Rights Watch, i Janjaweed hanno ottenuto
prima del 2003 armi, addestramento ed equipaggiamento
necessari per combattere contro i ribelli del governo
sudanese.
Ci sono parecchie cifre pubblicate sul numero di persone
che sono morte nel Darfur a causa del conflitto e
della crisi umanitaria. Le cifre vanno da 30.000 a
300.000.
Più chiaro sembra essere il numero delle persone che
sono state evacuate con la forza: circa 2 milioni.
Gran parte delle regioni del Sudan dove vivevano le
popolazioni rurali, sono ora devastate a causa del
conflitto. Questo provoca un estrema scarsità di cibo,
in un paese dove le aree coltivabili sono poche.
Traduzione di Elena Tagliata – Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Il
presidente Fox, un socio della Casa Bianca
Giovedì, 25 maggio 2006
Poche ore prima che il senato degli
Stati Uniti approvasse l’invio di 6.000 soldati al
confine messicano, il presidente del Messico, Vicente
Fox, ha definito il suo governo come “partner ed alleato”
della Casa Bianca nella lotta contro il terrorismo,
il crimine organizzato e il traffico di persone.
La dichiarazione del presidente messicano concorda
con l’approvazione della cosiddetta riforma sull’immigrazione,
che – tra le altre cose – autorizza l’esercito statunitense
ad uccidere gli immigrati privi di documenti che cercano
di attraversare il confine.
La proposta legislativa raccomanda l’uso di “spari
mortali” al confine come forma di “autodifesa”.
Il presidente Fox ha definito la riforma sull’immigrazione
come “comprensiva”, perché include il “rafforzamento”
della sicurezza del confine. Egli ha sottolineato
che il Messico “non favorisce la migrazione clandestina”.
Secondo quanto affermato dal presidente, la politica
estera del suo paese attraversa una fase di “approccio
costruttivo” con il governo degli Stati Uniti.
La legge sull’immigrazione, che oggi sarà finalmente
votata dal senato statunitense, include anche la costruzione
di un muro lungo 600 km al confine tra Messico e Stati
Uniti.
In questi giorni il presidente Fox è in visita negli
Stati Uniti ed ha espresso molte volte il suo appoggio
alla “riforma migratoria integrata”.
Secondo Fox, nel caso in cui venga approvata questa
versione dell’emendamento, almeno l’80 per cento dei
5 milioni e mezzo di messicani privi di documenti
che vivono negli Stati Uniti, regolarizzeranno la
propria situazione.
Durante la sua visita, il presidente Fox è stato insultato
da un gruppo di attivisti anti-emigranti, che portavano
striscioni con su scritto motti del tipo: “Fox, go
home”, “Fox, fix Mexico”, e “Fox, take your illegals
home” (lett. “Fox, a casa”, “Fox, aggiusta le cose
in Messico”, “Fox, porta i tuoi clandestini a casa”).
Fonti: La Jornada
Traduzione di Elena Tagliata
– Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal –
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Bolivia,
Venezuela e Cuba rafforzano la propria strategia di
cooperazione
Giovedì 25 maggio 2006
I presidenti di Bolivia e Venezuela,
Evo Morales e Hugo Chávez, firmeranno questo venerdì
nella regione del Chapare boliviano, situata nel dipartimento
centrale di Cochabamba, più di 200 accordi in diverse
aree di settore, tra le quali spiccano il settore
minerario, gli idrocarburi e il settore agricolo.
Gli accordi prevedono la creazione di imprese statali
miste per la realizzazione di aziende strategiche
in questi settori.
La Bolivia firmerà anche accordi con il governo cubano
in settori quali la sanità, l’educazione e lo sviluppo
lavorativo, tra gli altri. Sebbene il presidente cubano
Fidel Castro non parteciperà alla riunione di venerdì,
il governo di questo paese sarà rappresentato dal
suo vicepresidente, Carlos Lage.
Gli accordi che vogliono sottoscrivere i tre paesi
si inseriscono nell’ambito della strategia commerciale
di sviluppo comune, l’Alternativa Bolivariana per
le Americhe (ALBA).
Secondo il quotidiano boliviano La Prensa, il ministro
venezuelano delle Industrie e delle Risorse Minerarie,
Víctor Álvarez, ha dichiarato che il suo paese “possiede
risorse che la Bolivia non ha e viceversa. Separati,
siamo piccoli Stati di fronte alle grandi multinazionali,
ma uniti possiamo favorire le risorse nazionali”.
Uno dei principali accordi che Cuba e Venezuela firmeranno
sarà quello relativo alla creazione di una partnership
per l’industrializzazione del gas naturale boliviano,
che si chiamerà Petroandina.
Sempre secondo La Prensa, grazie a questa partnership,
l’industria petrolifera statale boliviana Yacimientos
Petrolíferos Fiscales Bolivianos “avrà il controllo
sulle aziende con almeno il 51 per cento di partecipazione
azionaria”.
Il quotidiano boliviano spiega che l’industrializzazione
del gas, da utilizzare per esempio nella produzione
di materiali plastici e fertilizzanti che possono
essere successivamente esportati, è uno dei principali
obiettivi del governo di Evo Morales. Egli riconosce
che non c’è esperienza nel paese per portare avanti
questo processo, ragion per cui la collaborazione
venezuelana risulta fondamentale.
Un altro accordo molto importante
che firmeranno Morales e Chávez si riferisce alla
creazione dell’impresa mista Minera del Sur (Minersur),
con l’obiettivo di sviluppare progetti binazionali
di sfruttamento dei giacimenti minerari.
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
Nuovo
conflitto Mapuche in Cile
Giovedì 25 maggio 2006
Le industrie di salmoni guadagnano
profitti milionari nella Regione di Los Lagos (Cile)
Comunità indigene cilene, appartenenti
al popolo Mapuche, stanno lottando contro l’installazione
di un progetto industriale nella cosiddetta regione
di Los Lagos, nel sud del paese.
Funzionari della compagnia Los Fiordos – Agrosuper
hanno annunciato qualche settimana fa l’intenzione
di costruire una fabbrica produttrice di alimenti
per salmoni nella zona, provocando così l’immediata
reazione degli abitanti.
I Mapuche vivono nella località costiera di Pargua,
dove nel corso di diversi anni si sono battuti contro
l’impresa di pesca Long-Beach, che voleva costruire
una fabbrica di farina e olio di pesce.
Secondo quanto affermano ora in relazione al progetto
della fabbrica produttrice di alimenti per salmoni,
diverse volte hanno chiesto informazioni alle autorità
ambientali regionali sul progetto industriale, ma
dall’ufficio statale si sono sempre rifiutati di fornire
qualsiasi tipo di informazione.
Rivelano inoltre che il direttore dell’ufficio, José
Luís García, ha detto loro che per l’impresa Los Fiordos
“non c’è bisogno” di sottostare ad alcun sistema di
valutazione di impatto ambientale.
La ragione apportata da García è stata che l’impresa
“aveva acquistato un progetto già valutato”, secondo
quanto denunciano i Mapuche.
Il progetto di costruire e rendere operativa la nuova
Fabbrica produttrice di alimenti che verrebbe collocata
a due chilometri da Pargua, avrebbe un costo approssimativo
di cinque milioni di dollari.
I Mapuche dichiarano che l’iniziativa industriale
potrebbe contaminare i fiumi interni a causa dell’impiego
di fungicidi, come ad esempio il verde malachite,
e criticano inoltre la coltura di salmoni per i suoi
gravi impatti sulle altre specie di pesci.
Fonte: Diario El Gong
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Benedetta
Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org
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Principali
risoluzioni del 2° Congresso Kichwa di ECUARUNARI
Mercoledì 24 maggio 2006
Confederazione dei Popoli e delle
Nazionalità Kichwa dell’Ecuador (ECUARUNARI)
Esigere la nazionalizzazione delle
risorse, rimanere vigili riguardo al Trattato di Libero
Commercio (TLC) e alla Occidental Petroleum (OXY)
e partecipare con un proprio candidato alle prossime
elezioni.
Quito, 22 maggio 2006
Nella città di Cañar si è svolto dal
18 al 20 maggio il 2° Congresso dei Kitchwa dell’Ecuador
(ECUARUNARI),
con la partecipazione dei delegati dei 14 popoli.
A questo congresso hanno partecipato anche membri
del Consiglio Governativo della CONAIE, istituzioni
indigene come CODENPE (Consiglio per lo Sviluppo delle
Nazionalità e dei Popoli dell’Ecuador - NdT), DINEIB
(Direzione Nazionale per l’Educazione Interculturale
Bilingue – NdT), Salud Indígena, deputati, ospiti
internazionali e organizzazioni fraterne. Le risoluzioni
principali sono le seguenti: come Kichwa, esigere
dal governo di Palacio la nazionalizzazione delle
risorse strategiche quali petrolio, idrocarburi, elettricità,
telecomunicazioni e miniere. La non privatizzazione
di risorse naturali come acqua, Páramo (altopiano
andino - NdT), boschi, e così via. La sospensione
definitiva del Trattato di Libero Commercio (TLC)
e rimanere vigili sull’interruzione dell’OXY in modo
che il governo non indietreggi.
Il 2° Congresso dei Kichwa ha confermato la decisione
presa in occasione dell’ultimo Congresso di Pachakutik
in Ambato, ovvero presentarsi alle prossime elezioni
con un proprio candidato. Dopo un’approfondita analisi
e diversi dibattiti, si è giunti a sostenere l’attuale
presidente della CONAIE, Luis Macas, come candidato
alla Presidenza della Repubblica e aprire un’ampia
alleanza che comprenda tutti i settori sociali, per
nazionalizzare il petrolio ed instaurare l’Assemblea
Costituente.
A livello internazionale, condannare il massacro dei
fratelli indigeni in Colombia, che stanno protestando
contro il TLC. Appoggiare il fratello Evo Morales,
presidente della Bolivia, come candidato al premio
Nobel per la Pace. Rafforzare l’integrazione dei popoli
attraverso il Trattato del Commercio dei Popoli e
rafforzare la proposta dell’Alternativa Bolivariana
per l’America Latina e il Caribe (ALBA).
Solidarietà con il popolo dei nostri fratelli a Cuba,
con la rivoluzione bolivariana in Venezuela, con il
movimento Sin Tierra in Brasile, con il movimento
zapatista in Messico e con le varie lotte di resistenza
dei popoli indigeni. Partecipazione al Forum Sociale
Mondiale, come alternativa dei popoli di fronte al
neoliberalismo e terrorismo dell’impero.
In ultimo, è stato ri-eletto Humberto
Cholango come presidente di ECUARUNARI per altri 3
anni e il nuovo vice presidente il compagno Silverio
Cocha della provincia di Chimborazo.
Si veda la notizia di Radio Mundo Real sullo stesso
argomento:
El presidente de la CONAIE sería candidato a la presidencia
de Ecuador
Traduzione di Benedetta Scardovi-Mounier
– Revisione di Arianna Ghetti - Progetto Terre Madri
–Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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Morto
un altro minatore in Messico
Mercoledì, 24 maggio 2006
Un minatore è morto e altri quattro
sono rimasti feriti a causa di un incidente occorso
lunedì, nella miniera La Luz, nello stato di Coahuila.
La miniera La Luz si trova a circa 30 chilometri a
sud-est di Pasta de Conchos, un’altra miniera situata
nel Coahuila e dove tre mesi fa sono morti 65 minatori
rimasti intrappolati a 150 m sotto terra. I loro corpi
non sono stati ancora ritrovati.
Secondo il giornale messicano La Jornada, l’incidente
nella miniera La Luz si è verificato quando si è rotto
il cordone che sosteneva il carrello di traino che
porta in fondo alla miniera, facendolo precipitare
a 300 metri di profondità.
Precipitando, il carrello ha rotto alcune travi che
ne hanno provocato il cedimento, seppellendo il minatore
morto. Gli altri quattro minatori sono riusciti a
saltare fuori dal carrello, salvandosi così la vita.
La miniera è di proprietà della società San Patricio,
specializzata nello sfruttamento del carbone.
Secondo La Jornada, il sindacato dei minatori ha chiesto
agli enti messicani del lavoro di effettuare un censimento
di tutti i pozzi minerari presenti nel Coahuila, e
di studiare la possibilità di firmare un accordo di
collaborazione tra il governo e i minatori.
L’obiettivo è quello di portare la sicurezza nel lavoro
ai minatori, che in Messico sono terribilmente sfruttati.
Secondo l’emittente radiofonica olandese, Radio Nederland,
nello stato di Coahuila si trovano il 95 per cento
delle riserve di carbone e la maggior parte delle
miniere del paese.
La Jornada aggiunge che il Segretario della Sicurezza
Sociale, Prevenzione e Igiene del sindacato dei minatori,
Rubén Ruiz, ha spiegato che il permesso di operare
nei pozzi minerari si ottiene attraverso contratti
stipulati dallo stato messicano.
“Questa è la ragione per cui il governo può ritirare
le licenze in quei pozzi che non riescono ad osservare
le misure di sicurezza che garantiscono la vita e
l’integrità fisica dei lavoratori”, ha sottolineato
Ruiz.
Traduzione di Elena Tagliata – Progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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Syngenta
e Dupont insieme danno impulso alla vendita di semi
transgenici
Mercoledì, 24 maggio 2006
I transgenici guadagnano terreno ma continuano a trovare
resistenza in varie parti del mondo
Le compagnie Syngenta e Dupont, che si occupano al
momento di agroalimentazione, stanno lavorando per
la creazione di una impresa unica che permetta loro
di interscambiare brevetti sulla tecnologia genetica
con speciale attenzione ai semi di mais e soia. In
questo modo le imprese cercano di espandersi e guadagnare
nuovi mercati.
Uno degli obiettivi fondamentali di Syngenta, di origine
svizzera, e Dupont, statunitense, è di competere alla
pari con la maggiore produttrice di semi transgenici
del mondo, la anch’essa statunitense Monsanto.
Il nome della joint venture, creata con un accordo
ad aprile, sarà GreenLeaf Genetics e avrà la sua sede
nella città statunitense di Omaha, nello stato del
Nebraska.
Tramite questo accordo ogni impresa può commercializzare
autonomamente e con il proprio marchio i semi transgenici
di cui ha il brevetto la contraparte.
D’accordo con l’agenzia stampa EFE, Syngenta e Dupont
hanno spiegato che l’accordo consentirà alle imprese
statunitensi e canadesi, in linea di massima, di accedere
ad un maggior numero di semi di mais e di soia manipolati
geneticamente.
Le due imprese sperano di potersi espandere in futuro
su altri mercati oltre a quelli degli Stati Uniti
e del Canada.
Questo accordo è il secondo per importanza che le
due compagnie hanno sottoscritto nel 2006. A febbraio
Syngenta ha ottenuto una licenza esclusiva a livello
mondiale per la realizzazione del nuovo insetticida
della Dupont, Rynaxypyr. Dupont ha acquisito, da parte
sua, il diritto mondiale a lavorare con il funghicida
Acanto de Syngenta.
Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto
Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Amnesty
International denuncia che la guerra contro il terrorismo
ha favorito le pratiche di tortura
Mercoledì 24 maggio 2006
L’organizzazione Amnesty International
ha presentato martedì a Londra, capitale del Regno
Unito, il suo rapporto annuale sulla situazione dei
diritti umani nel mondo nel 2005.
Nel rapporto, l’organizzazione denuncia soprattutto
le gravi conseguenze causate dalla guerra contro il
terrorismo incoraggiata dai paesi ricchi – in particolare
dagli Stati Uniti – che Amnesty ritiene responsabili
di distogliere la propria attenzione dalle grave violazioni
di diritti umani perpetrate nel mondo.
L’organizzazione spiega che il prezzo della guerra
contro il terrorismo lo pagano le persone più vulnerabili
del pianeta.
Secondo il quotidiano spagnolo El País, la segretaria
generale di Amnesty International, Irene Khan, ha
dichiarato che “quando i potenti sono troppo arroganti
per riformare le proprie strategie, il prezzo più
alto lo pagano i più poveri e indifesi”.
Khan ritiene che “la guerra contro il terrore ha fallito
e continuerà a fallire” e ha chiesto ai paesi che
favoriscono questa battaglia di utilizzare la stessa
energia che impiegano per portarla avanti per opporsi
alla tortura.
Secondo El País, il rapporto di Amnesty International
stabilisce che in 104 dei 150 paesi presi in esame
si sono registrati casi di torture o maltrattamenti,
soprattutto nella base statunitense di Guantánamo,
provincia cubana situata nel sudest del paese, in
Iraq e Afghanistan.
Non tutte le violazioni dei diritti umani sono avvenute
nel quadro della guerra contro il terrorismo; tuttavia,
Amnesty International spiega che questa battaglia
fa rinascere antiche forme di repressione e gli Stati
si sentono più sicuri nel perpetrare gli abusi.
L’organizzazione ha chiesto la chiusura immediata
del centro di detenzione di Guantánamo e la liberazione
o il processo dei detenuti.
Secondo Amnesty International, dal gennaio 2002 sono
stati incarcerati a Guantánamo circa 800 persone sospettate
di aver commesso azioni terroriste, ma nessuna di
loro è stata condannata per alcun delitto.
Secondo il quotidiano messicano La
Jornada, gli Stati Uniti hanno messo in discussione
il rapporto di Amnesty International e hanno rifiutato
le accuse di tortura contro i sospettati di terrorismo.
Il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense,
Sean McCormack, ha affermato che “nessuno è sottoposto
a torture a Guantánamo”.
Anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha denunciato
che nel suddetto centro di detenzione i militari statunitensi
torturano i prigionieri e ne ha chiesto la chiusura
in diverse occasioni.
Vedere notizie correlate su Radio
Mundo Real:
La ONU tiene pruebas de torturas cometidas en Guantánamo
Estados Unidos no permite a ONU inspeccionar
libremente cárcel de Guantánamo
Borrador de informe de ONU pide cierre
de prisión estadounidense de Guantánamo
Continuan las demandas exigiendo el
cierre del centro de detencion norteamericano en Guantanamo,
Cuba
ONU reiteró pedido de cierre de Guantánamo
a Estados Unidos
Tradotto da Arianna Ghetti revisione
di Sonia Chialastri –Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
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Bolivia:
Si Conoscerà Presto Quale Impresa Sfrutterà il Giacimento
di Ferro del Mutún
Martedì, 23 Maggio 2006
Il governo della Bolivia ha confermato
che il 30 maggio si saprà qual è l’impresa che sfrutterà
il giacimento minerario del Mutún, nel dipartimento
di Santa Cruz. Il Mutún è considerato uno dei più
grandi giacimenti di ferro del mondo.
Secondo il giornale boliviano El Mundo, il Ministro
delle Risorse Minerarie, Walter Villarroel, ha dichiarato
che ci sono tre imprese che competono alla gara d’appalto
per lo sfruttamento del giacimento di ferro. Queste
imprese sono l’anglo-olandese Mittal Steel, l’indiana
Jindal Steel and Power, e l’argentina Siderar.
Secondo la rivista boliviana Bolpress, il Ministro
della Pianificazione e dello Sviluppo, Carlos Villegas,
non ha escluso la possibilità che nessuna delle tre
imprese abbia consegnato le proprie offerte e che
la gara venga dichiarata senza concorrenti. In quel
caso, ci sarebbe un nuovo bando di gara d’appalto
internazionale.
Il contratto che sarà firmato tra lo stato della Bolivia
e l’impresa che opererà nel giacimento del Mutún,
non durerà più di 40 anni.
Secondo la Bolpress, il Mutún è un gigantesco giacimento
di ferro, con una superficie di 60 chilometri quadrati.
Si stima che ci siano oltre 40 mila milioni di tonnellate
di minerali di ferro e che la produzione annuale sarà
di circa 100 milioni di dollari.
L’Organizzazione Indigena Chiquitana, che riunisce
oltre 450 comunità di 5 province del dipartimento
di Santa Cruz, che vivono nelle terre dove si trovano
i giacimenti del Mutún, hanno inviato una lettera
a Evo Morales chiedendogli di sospendere il bando
di gara d’appalto.
Gli indigeni Chiquitanos credono che la gara d’appalto
violi i diritti degli indigeni stipulati nella Convenzione
169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro
(OIL).
Traduzione di Elena Tagliata – Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Rivendicazione
a Vienna della gestione pubblica dell’acqua
Lunedì, 22 maggio 2006
Il movimento internazionale a difesa
dell’acqua continua a richiedere la gestione pubblica
della risorsa.
La "Assemblea sulle Campagne per l’Acqua",
una delle attività realizzate nell’ambito dell’Incontro
Intrecciando Alternative II svolte a Vienna, capitale
dell’Austria, ha riaffermato la necessità di una gestione
pubblica dell’acqua e del far sì che la risorsa resti
fuori dagli accordi commerciali firmati a livello
mondiale.
Intrecciando Alternative II ha riunito migliaia di
persone di organizzazioni non governative e rappresentanti
della società civile europea e latinoamericana, che
hanno denunciato l’Unione Europea di favorire accordi
commerciali con l’America Latina ad essa pregiudizievoli.
L’incontro si è svolto parallelamente al IV Summit
dei Capi di Stato e di Governo dell’America Latina
e dei Caraibi e dell’Unione Europea, svoltosi sempre
a Vienna.
Nel seminario "Assemblea sulle Campagne per l’Acqua.
Interscambio di esperienze e alternative contro la
privatizzazione dell’acqua" sono stati rivendicati
anche i punti consensuali del Foro Internazionale
a Difesa dell’Acqua, che si è tenuto a marzo in Messico,
parallelamente al IV Foro Mondiale dell’Acqua. Tra
questi punti è stato dato rilievo alla dichiarazione
sull’acqua quale diritto umano fondamentale.
I partecipanti al seminario sull’acqua di Vienna hanno
richiesto inoltre l’abolizione del Centro Internazionale
di Regolamentazione delle Differenze Relative agli
Investimenti (CIADI), il tribunale di arbitraggi commerciali
della Banca Mondiale.
A questo centro ricorrono le imprese private che offrono
l’erogazione dell’acqua, anche quando non hanno adempiuto
ai contratti di lavoro, per richiedere agli stati
che rescindono da tali accordi di pagare gli indennizzi
di milioni di dollari.
Durante l’incontro si è discusso anche della necessità
di lavorare per frenare gli investimenti della Banca
Europea di Investimento nel settore dell’acqua, e
promuovere in cambio la gestione pubblica della risorsa
idrica.
Gli attivisti che erano presenti a Vienna hanno convocato
inoltre le organizzazioni e i movimenti sociali che
lavorano per l’acqua a livello mondiale, al fine di
svolgere azioni in tutto il mondo tra il 20 e il 31
ottobre, nell’ambito di quello che verrà definito
Ottobre Azzurro.
Il mese di ottobre è altamente significativo per i
sostenitori dell’acqua quale diritto umano a livello
mondiale. Ad esempio, il 31 ottobre si celebra il
plebiscito in Uruguay del 2004, attraverso cui più
del 60% della cittadinanza ha deciso di riformare
la Costituzione del paese consentendo il passaggio
dell’erogazione dell’acqua interamente in mano statale
cosicché la sua gestione e distribuzione non sia guidata
da criteri esclusivamente economici.
Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto
Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Il
presidente della CONAIE candidato alla presidenza
dell’Equador.
Lunedì, 22 maggio 2006
Il 2° Congresso della Confederazione
dei Popoli di Nazionalità Kichwa dell’Equador (ECUARUNARI)
ha proclamato come precandidato alla presidenza del
paese Luis Macas, attuale presidente della Confederazione
delle Nazioni Indigene dell’Equador (CONAIE).
L’informazione arriva dall’agenzia stampa equadoriana
Ciudadanía Informada, che ha spiegato che Macas ha
ottenuto il 90% delle adesioni dei 1500 partecipanti
al Congresso, che è iniziato giovedì nella città di
Cañar, nel centro del paese.
Secondo quanto sostiene Ciudadanía Informada, il Congresso
ha anche deciso che l’attuale presidente di ECUARUNARI,
Humberto Cholango, manterrà questo incarico per il
periodo 2006-2009.
I partecipanti al Congresso, fra i quali anche rappresentanti
di nazionalità indigene non equadoriani, richiedono
al governo dell’Equador, presieduto da Alfredo Palacio,
la nazionalizzazione degli idrocarburi, e di servizi
strategici come elettricità o telecomunicazioni.
Gli indigeni hanno anche discusso la necessità di
lottare affinché non si privatizzino risorse come
l’acqua, che in generale si trovano nei territori
indigeni.
I rappresentanti dei popoli originari hanno anche
avvertito in Cañar che è importante rimanere allerta
sul comportamento del governo riguardo al Trattato
del Libero Commercio (TLC) che vuole firmare con gli
Stati Uniti.
Anche se le negoziazioni sono in fase di stallo e
le autorità statunitensi hanno affermato che non verranno
riprese, gli indigeni equadoriani preferiscono non
considerare conclusa la battaglia contro il TLC per
evitare soprese.
L’estinzione del contratto con l’impresa petrolifera
statunitense Occidental Petroleum viene considerata
dai kichwa come l’inizio di un nuovo processo, la
cui sfida sarà il controllo della gestione degli idrocarburi
e dei profitti da parte della Petroecuador, l’impresa
petrolifera statale.
Traduzione di Benedetta Scardovi-Mounier
- Progetto Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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La
Cina ha inaugurato la più grande centrale idroelettrica
del mondo
Lunedì, 22 maggio 2006
La Diga delle Tre Gole è più grande,
e dannosa, del progetto di Itaipú
Il governo cinese ha inaugurato sabato la più grande
centrale idroelettrica del mondo, i cui lavori di
costruzione sono iniziati tre anni fa e hanno richiesto
un investimento di circa 23 mila milioni di dollari.
Si tratta del progetto Tre Gole, costruito sul fiume
Yangtzè, che misura più di 2.300 metri di longitudine
e 185 metri di altezza.
Secondo quanto affermato dai rappresentanti del governo
cinese l’opera sarà la “chiave per la domanda energetica”
necessaria all’economia del paese, una delle più importanti
del mondo.
La stampa cinese e le agenzie internazionali hanno
ribattezzato questo megaprogetto la “nuova grande
muraglia cinese”.
Però diversi gruppi ambientalisti hanno messo in allarme
sui possibili “gravi impatti ecologici”, e hanno reso
noto che il bacino della diga corre il rischio di
essere contaminato dai rifiuti delle città e dei paesi
vicini.
In base alle stime dei suoi promotori, l’attività
di questa mega diga comporterà l’allontanamento di
1,3 millioni di persone.
Tuttavia, le organizzazioni che sin dall’inizio si
sono opposte all’iniziativa stimano che alla fine
saranno colpite dalla centrale idroelettrica circa
due milioni di persone.
Secondo quanto segnalato dai gruppo ecologisti, questo
“controverso progetto” rappresenta inoltre un grave
“rischio geologico”.
Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto
Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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La
Biodiversità in Bolivia
di Jubenal Quispe
Lunedì, 22 maggio 2006
Per il suo dislivello di altitudine, che oscilla tra
i 130 e i 6.542 metri sul livello del mare, la Bolivia
è uno degli otto paesi più ricchi del mondo per diversità
biologica. Il suo territorio comprende 4 biomasse,
32 regioni ecologiche e 199 ecosistemi.
Tra questi gli ecosistemi di Los Yungas, la Amazzonia,
il Bosque Chiquitano, il Gran Chaco e i Boschi Interandini.
In questo spazio geografico megadiverso convive una
delle riserve silvestri più grandi del mondo.
Il territorio boliviano rappresenta appena lo 0,2%
della superficie mondiale. I suoi boschi rappresentano
circa il 3,5% di quelli del mondo. Tuttavia, nei suoi
territori si trova tra il 30 e il 40% di tutta la
diversità biologica mondiale.
La Bolivia è tra i 10 paesi più “diversi” per vertebrati,
con una approssimazione di 2.902 specie, distribuite
tra 398 specie di mammiferi, 277 specie di rettili,
635 specie di pesci, 204 specie di anfibi e 1.398
specie di uccelli. Quest’ultima situa la Bolivia come
settima potenza a livello mondiale per la diversità
di uccelli.
Le oltre 20.000 specie di piante superiori che si
trovono nel territorio boliviano collocano la Bolivia
tra i primi 11 paesi del mondo con il maggior numero
di specie di piante, e sesto in America del Sud.
Di questa diversità di flora e fauna un’alta percentuale
sono specie endemiche. Vale a dire, vivono solo nell’area
delimitata. La maggiore concentrazione di piante endemiche
si trovano nelle Ande. Più specificatamente in Los
Yungas e nelle valli asciutte interandine. 106 specie
della fauna boliviana sono endemiche, delle quali
circa il 90% si trova in Los Yungas.
Nel 2002 si è formato il Gruppo dei Paesi Megadiversi
con Spiriti Affini composto da 14 paesi (Brasile,
Sudafrica, Cina, Costa Rica, Bolivia, Colombia, Ecuador,
Perù, India, Indonesia, Kenya, Messico, Venezuela
e Malesia). Questi paesi rappresentano il 70% della
biodiversità del pianeta, e il 45% della biodiversità
culturale.
Questa è la Bolivia biodiversa, sconosciuta a molti
boliviani e boliviane e nota agli interessi stranieri
che cercano il momento opportuno per impossessarsene
e impadronirsene. Per ignoranza, e alcune volte per
necessità di sopravvivenza, distruggiamo e lasciamo
distruggere quotidianamente tale ricchezza biologica.
Ricchezza che non sappiamo con esattezza a quanto
corrisponde, dato che il nostro territorio è ancora
un mistero para la taxonomia, e non esiste una banca
dati nazionale che registri con esattezza ciò che
abbiamo. Siamo ancora in tempo per conoscere e amare
ciò che possediamo. Forse dopo potrebbero restarci
solo nostalgiche fotografie. Allora, sarà troppo tardi
per lamentarci.
Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto
Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
–www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Giorno
Internazionale della Diversità Biologica: gravi minacce
alle zone aride
Lunedì, 22 maggio 2006
Il Segretario Generale dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite (ONU), Kofi Annan, ha sollecitato
per questo lunedì, nel Giorno Internazionale della
Diversità Biologica, la protezione delle zone aride
del mondo. Secondo le informazioni dell’agenzia stampa
EFE, Annan ha chiesto “attenzione urgente” sul deterioramento
che colpisce le zone aride del mondo, dove 2.300 specie
sono a rischio di estinzione.
Il Segretario Generale dell’ONU ha detto che otto
dei dieci paesi meno sviluppati del mondo si trovano
in regioni aride, in quelle aree vivono circa 2.000
milioni di persone (quasi un terzo della popolazione
mondiale).
Da parte sua l’organizzazione ambientalista Greenpeace
ha richiesto la creazione di una rete mondiale di
aree forestali e marine protette.
Secondo il quotidiano messicano La Jornada, la modifica
dell’uso del suolo nelle terre aride e il loro eccessivo
sfruttamento, principalmente attraverso attività agricole,
ha portato al degrado di circa il 20% degli ecosistemi,
provocando desertificazione e siccità.
In base alle informazioni del media spagnolo Consumer,
Greenpeace ricorda che i paesi firmatari della Convenzione
sulla Diversità Biologica hanno assunto l’impegno
di stabilire una rete mondiale di aree forestali e
marine protette, per assicurare la conservazione della
biodiversità.
L’organizzazione ambientalista avverte che meno del
10% dei boschi del pianeta sono inalterati e aggiunge
che l’estinzione di specie animali e vegetali è approssimativamente
1.000 volte maggiore rispetto alle epoche precedenti
alla comparsa dell’essere umano.
Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto
Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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I
prigionieri Mapuche hanno ricominciato lo sciopero
della fame
Lunedì 22 maggio 2006
Mentre organizzazioni sociali di tutto
il mondo appoggiano la “causa dei quattro prigionieri
politici Mapuche”, questi ultimi hanno deciso venerdì
scorso di ricominciare lo sciopero della fame, dopo
un’ulteriore “condotta a tradimento” da parte del
governo cileno.
Secondo un comunicato diffuso dagli scioperanti –
i quali sono stati 63 giorni a digiuno chiedendo la
propria scarcerazione - il governo cileno “ha tradito
ancora una volta” la buona volontà dei nativi attraverso
“inganni e menzogne”.
Il comunicato dei prigionieri Mapuche dichiara che
“tutte le accuse” contro di loro sono “false”, e che
sono state inventate a partire da una prospettiva
legale di carattere “razzista e discriminatorio”.
Aggiungono inoltre che nella loro “lotta per la libertà”
stanno “mettendo a rischio” la propria vita.
I quattro attivisti Mapuche si trovano in carcere
accusati di essere gli autori di un attentato contro
la compagnia forestale Mininco nel 2002.
I giudici cileni hanno condannato i Mapuche a dieci
anni di prigione e a pagare una considerevole somma
di denaro come indennizzo alla compagnia.
Un comunicato divulgato dalla coalizione ‘Forum Sociale
per la Democrazia’, solidale con i prigionieri Mapuche,
denuncia che le istituzioni dello Stato cileno si
basano su “criteri discriminatori, repressivi, razzisti,
classisti e indolenti”.
Aggiungono che mediante meccanismi del genere gli
apparati dello Stato “si sono storicamente scontrati
con la legittima lotta del popolo Mapuche per i propri
diritti”.
Le organizzazioni firmatarie della dichiarazione dichiarano
inoltre che la Mininco occupa terre “storicamente
appartenenti” alle comunità indigene fin dai “tempi
ancestrali”.
Denunciano che l’impresa ha utilizzato forze militari
del regime dittatoriale, con a capo il leader di estrema
destra Augusto Pinochet, per cacciare le comunità
indigene nel 1977.
Secondo quanto dichiarano questi gruppi, la situazione
dei quattro prigionieri in sciopero di fame costituisce
un “mancato compimento della promessa” pronunciata
il sei gennaio dalla presidentessa Michelle Bachelet,
quando assicurò che durante il suo mandato sarebbe
terminata la “criminalizzazione del popolo Mapuche”.
“Com’è possibile che dopo tutto questo, si possa affermare
che in Cile sia vigente un vero Stato di diritto?
Di quale democrazia stiamo parlando?”, concludono
le organizzazioni cilene nel proprio comunicato.
Fonti: http://www.mapuexpress.net/
http://www.nodo50.org/azkintuwe
Tradotto da Arianna Ghetti rev. Daniela
Cabrera –Progetto Terre Madri – Traduttori per la
Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
L’Unione
Europea si avvale dell’OMC per convertire il Brasile
in un deposito di pneumatici usati
Lunedì 22 maggio 2006
L’importazione di pneumatici usati
è proibita in Brasile dal 1991, e si inserisce in
un’ampia legislazione, vigente da 50 anni, che vieta
l’importazione di beni usati. Tuttavia, diverse misure
provvisorie approvate dal Potere Giudiziario di fronte
a richieste avanzate da compagnie brasiliane che riutilizzano
pneumatici usati hanno permesso l’introduzione tra
il 1990 e il 2004 di più di 34 milioni di pneumatici
usati.
I pneumatici usati, importati in larga misura dall’Unione
Europea, vengono riutilizzati in Brasile, estendendo
in questo modo la propria durata.
A metà di quest’anno, è entrata in vigore in Europa
una legislazione che vieta la disposizione finale
di pneumatici usati nei depositi sanitari.
Questo fa sì che l’Unione Europea debba affrontare
un problema ambientale di grandi dimensioni, della
forma di 300 milioni di pneumatici buttati all’anno.
La soluzione a questo problema sarebbe di aprire i
mercati del Sud a cui destinare i propri residui,
avvalendosi dell’OMC.
Tuttavia, la questione dei pneumatici usati è chiaramente
una problematica ambientale, poiché dopo il loro riutilizzo,
milioni di pneumatici si trasformano in residui di
difficile compattazione, facilmente infiammabili e
luoghi favorevoli per la riproduzione degli agenti
portatori di dengue e febbre gialla.
Uno studio realizzato dal Ministero della Salute del
Brasile nell’anno 2003, ha rivelato che in 284 paesi
di diversi Stati i pneumatici sono stati la fonte
principale di riproduzione della zanzara Aedes Aegipti,
portatrice di dengue.
L’Unione Europea ha chiesto che venga condotto uno
studio e ha avviato una controversia in occasione
di un pannello arbitrale dell’Organizzazione Mondiale
del Commercio sulla legislazione brasiliana, esigendo
che al Brasile venga garantito lo stesso trattamento
riservato all’Uruguay - socio del MERCOSUR - per i
propri pneumatici usati.
La differenza è che dall’Uruguay provengono al massimo
circa 130 mila pneumatici usati all’anno, mentre dall’Unione
Europea ne starebbero arrivando 30 milioni.
Il caso presentato dall’Unione Europea si basa sul
fatto che certe misure vigenti in Brasile limitano
l’importazione di pneumatici usati e tali misure non
si applicano ad altri paesi.
Questo si spiega dopo che il Brasile fu citato dall’Uruguay
di fronte ad un tribunale commerciale del MERCOSUR,
e obbligato ad aprire le proprie frontiere ai pneumatici
usati uruguaiani.
Il Brasile possiede la più grande flotta di veicoli
dei paesi in via di sviluppo, scartando circa 40 milioni
di pneumatici all’anno. Questo trasforma il paese
in un mercato molto attraente per i milioni di pneumatici
utilizzati e scartati dai paesi europei.
Diverse organizzazioni di diritti umani ed ecologiste
stanno organizzando una campagna che mette in guardia
sui pericoli per l’ambiente e la salute pubblica derivanti
dall’importazione di milioni di pneumatici.
Un comunicato emesso dalle organizzazioni dichiara
che
“l’importazione di pneumatici usati rappresenta un
aumento effettivo del passivo ambientale, una volta
che ogni pneumatico usato e riutilizzato passa ad
avere la metà della vita utile rispetto ad un pneumatico
nuovo. Nel momento in cui importiamo prodotti già
scartati, dobbiamo in realtà cercare di risolvere
un problema ambientale riguardo la “destinazione finale”
di questi prodotti.
Tradotto da Arianna Ghetti revisione
di Daniela Cabrera–Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 15 AL 21 MAGGIO 2006
|
Saramago
difende i mapuche, Bachelet le multinazionali
di Marcos Roitman Rosenmann*
domenica, 21 maggio 2006
La presidentessa del Cile, Michelle
Bachelet, indossa un abito azzurro e si trova a suo
agio. Il suo ambasciatore, il democristiano Enrique
Krauss –voluto da Endesa e da Martín Villa, suo attuale
direttore generale, al governo di Ricardo Lagos- s’incarica
di depennare dalla lista ed eliminare ogni persona
molesta durante il ricevimento ufficiale per gli intellettuali
e gli esponenti della cultura che il regno di Spagna
offre alla sua invitata.
La segretaria di Stato per la Cooperazione Internazionale,
Leire Pagin, e la ministra per la Cultura,
Carmen Calvo, accompagnano alla Casa de América l’ospite
con due discorsi pieni di promesse. Tuttavia, prima
che la presidentessa del Cile prenda la parola, come
previsto, parlerà il premio Nobel per la Letteratura,
José Saramago.
Ma l’intervento, grazie alla sua intelligenza, spezza
la dinamica insignificante e vuota dell’atto. La sua
improvvisata architettura discorsiva fa supporre un
insperato cambio di rotta. Il volto della presidentessa
del Cile perde il colorito rosato e impallidisce,
sono le 10:30 della mattina del 10 maggio 2006. Il
suo viaggio diventa meno piacevole. Si sente scomoda,
disturbata dal discorso del premio Nobel portoghese.
Il suo sguardo chiede delle spiegazioni. E il seguito
che l’accompagna capisce che il letterato lusitano
sta oltrepassando il limite: dall’etichetta agli espliciti
atti di accusa alle autorità cilene. I mormorii degli
invitati indicano opinioni contrastanti. Alcuni appoggiano
lo scrittore e sorridono complici. Altri si schierano
apertamente con la presidentessa e affibbiano allo
scrittore portoghese il consueto aggettivo di comunista.
La delegazione cilena s’incupisce e l’ambasciatore
Krauss, ex ministro dell’Interno, insieme a Frei Montalva,
uomo grigio, oppressore e corrotto che ha partecipato
alla trama civile del golpe militare contro Salvador
Allende con il fratello Jaime, generale dell’esercito
attualmente sotto processo per aver torturato fino
alla morte nel campo di concentramento di Pisagua
sette militanti di sinistra, lo insulta insieme ai
suoi accompagnatori. Dentro di sè Krauss pensa che
è stato un errore, accettare l’idea della ministra
della Cultura, Carmen Calvo. La sua proposta era più
sensata, l’oratore doveva essere Mario Vargas Llosa,
Carlos Fuentes o Jorge G. Castañeda. Non vale la pena
rischiare l’immagine del Cile e la sua politica estera
per uno scapestrato che approfitta di ogni occasione
per screditare il paese, le istituzioni e la sua democrazia.
I discorsi etici che trattano l’attività dei governi
sulla concertazione in materia di violazione dei diritti
umani, quando si tratta della popolazione aborigena,
è una questione che non risponde alla realtà del XXI
secolo. Si deve procedere allo sterminio e all’erradicazione
tramite l’etnocidio. Oggi si applica la legge antiterrorista
ai mapuche e li si condanna per aver difeso i loro
territori e la loro cultura.
Ma cosa ha dato fastidio alla presidentessa del Cile
e al suo ambasciatore, così come alla ministra e alla
segretaria di Stato?
Il discorso di Saramago è passato sotto silenzio,
e anche la stampa spagnola, cilena ed estera lo
nasconde senza dargli alcuna importanza. La presidentessa
Bachelet non ha neppure contestato il suo interlocutore,
dimostrando la sua insensibilità nei confronti di
uno sciopero della fame che potrebbe concludersi con
la morte dei mapuche sottoposti ad un giudizio privo
di garanzie e con gravi lacune procedurali anche nel
suo svolgimento.
Così glielo ha fatto sapere Saramago: "Voglio
chiederle di concentrare la sua attenzione sui mapuche(...)
Parlo della loro condizione di mapuche e di cileni,
e di come i diritti dei cileni sembrano non riguardarli(...)
Questi abitanti nativi che sono stati estromessi da
tali diritti, sono ora attaccati dalle multinazionali
che vengono ad espropriargli le terre per costruire
industrie", e ha proseguito... "Io le chiedo
che quanto sto per dirle non venga riferito alle autorità,
ma c’è stato un tempo in cui sono andato in Cile e
ho partecipato ad una riunione clandestina con una
comunità mapuche, e quando ho lasciato il Cile, mi
sono reso conto che quei mapuche erano stati arrestati
ed erano in carcere...". Ha poi fatto riferimento
alla democrazia e ai suoi valori per la protezione
degli esseri umani.
La risposta della presidentessa è stata laconica di
fronte alla realtà che colpisce il popolo mapuche.
Non ha dedicato neppure un minuto. Ha detto solo,
nel peggiore stile populista, che il tema delle popolazioni
indigene è sempre stata una questione di profonda
preoccupazione. Ma stava nascondendo la realtà. Conosce
la situazione del popolo mapuche, doveva dare una
risposta alla politica di sterminio ed etnocidio riconosciuta
dalla relazione del relatore per il Cile alle Nazioni
Unite, Rodolfo Stavenhagen, nel caso di Endesa e la
nona regione, senza dimenticare lo sciopero della
fame, che da due mesi viene portato avanti dai quattro
dirigenti incarcerati e sul punto di morire. Espropriazione
delle terre, false accuse, arresti illegali, accuse
e giudizi in applicazione della legge antiterrorista.
Il colonialismo interno è una pratica che definisce
oggi l’attività dei governi sulla concertazione. La
presidentessa ha difeso lo stato di diritto e la proprietà
privata, le azioni delle forze dell’ordine, la legalità
vigente e i diritti dei latifondisti. Ogni giorno
i mapuche vengono sottoposti ad una politica di oppressione,
visto che le loro terre sono ricche di risorse naturali,
flora e fauna. Le multinazionali si sono alleate con
i governi per mettere fine ai popoli e alle culture
indigene tramite la violenza estrema. Nel XIX secolo,
Bartolomé Mitre disse a Sarmiento che di umano l’indio
aveva solo il sangue di color rosso. Oggi, in pieno
secolo XXI, in Cile, Michelle Bachelet continua a
prendere alla lettera questa affermazione, nella guerra
contro il popolo mapuche, solo che ora sono le multinazionali
a sostenerla. Presidentessa, non risparmi sangue di
mapuche, ciò che hanno di umano è il rosso del loro
sangue, per questo si può prescindere da questa specie.
Grazie, Saramago, per il coraggio.
* Pubblicato su La Jornada di Città
del Messico.
Traduzione di Sonia Chialastri, rev.
Daniela Cabrera - Progetto Terre Madri –Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal –www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
Il
Governo boliviano rifiuta le raccomandazioni del FMI
Venerdì, 19 maggio 2006
Il governo boliviano presieduto da
Evo Morales ha rifiutato le raccomandazioni del Fondo
Monetario Internazionale (FMI) che lo esortavano a
negoziare un risarcimento alle compagnie petrolifere
colpite dalla nazionalizzazione degli idrocarburi,
decretata dal governo all’inizio di maggio.
Secondo Red Erbol, il ministro delle finanze boliviano,
Luis Arce, ha detto che il FMI non può proporre raccomandazioni
politiche di questo genere, perché l’eventuale decisione
di negoziare o no con una qualsiasi impresa spetta
al governo della Bolivia.
Il portavoce del FMI, Masood Ahmed, aveva suggerito
al governo di Morales di negoziare con le compagnie
petrolifere straniere un risarcimento contro i beni
nazionalizzati, oltre alle caratteristiche dei nuovi
contratti per operare nel paese.
Secondo Ahmed le negoziazioni potrebbero determinare
“la disponibilità di capitale privato nazionale e
straniero investibili nel settore degli idrocarburi
della Bolivia”.
Il portavoce del FMI ritiene che la nazionalizzazione
degli idrocarburi comporterà “conseguenze economiche
di larga portata”.
Secondo Red Erbol, il premio Nobel per l’Economia
del 2001, Joseph Stiglitz, ha detto in Bolivia che
la nazionalizzazione degli idrocarburi attuata dal
governo Morales implica semplicemente la il recupero
da parte dello stato Boliviano di ciò che gli appartiene,
e pretende un giusto risarcimento per le risorse naturali.
Stiglitz, statunitense ed ex capo economista della
Banca Mondiale, ritiene che adesso Morales deve pensare
ad altri settori da riportare nelle mani dello Stato
boliviano, oltre ad occuparsi opportunamente dell’istruzione
e della salute.
L’economista si è recato in Bolivia per fornire consulenze
al governo di questo paese riguardo alle politiche
di commercio internazionale e relazioni economiche.
Stiglitz ha criticato i trattati di libero commercio
(TLC) imposti dagli Stati Uniti ed ha affermato che
una delle conseguenze di questi sarà la morte di molte
persone che non avranno accesso, ad esempio, ai farmaci.
I brevetti sui farmaci e l’aumento della loro validità
temporale, una delle grandi pretese dei negoziatori
degli Stati Uniti nei TLC, consentono la produzione
di farmaci esclusivamente a chi ne ha detiene i diritti,
che approfittando della scarsa reperibilità li vendono
a prezzi altissimi.
Traduzione di Orsetta Spinola - Progetto
Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
Joseph Stiglitz, ex capo economista
della Banca Mondiale |
Pascal
Lamy ammette che i TLC "non sono equi per i paesi
piccoli"
Venerdì, 19 magio 2006
Il Direttore Generale dell’Organizzazione
Mondiale del Commercio (OMC) Pascal Lamy ha ammesso,
questa settimana, nella città svizzera di Ginevra,
che i trattati di libero commercio (TLC) bilaterali
sono strumenti “poco equi” per le economie più deboli.
Lamy ha sottolineato in un’intervista pubblicata dal
quotidiano peruviano El Commercio che “non si può
negare” che gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la
Cina si trovano in una posizione “più comoda in occasione
di negoziazioni con un paese piccolo”.
L’alto dirigente dell’OMC ha spiegato tale “vantaggio
comparativo” delle parti negoziatrici delle grandi
potenze mondiali in base ai “grandi mercati e grandi
risorse” di cui dispongono.
“Lo squilibrio è inevitabile e il paese piccolo dovrà
accettare condizioni meno eque”, ha aggiunto Lamy.
Inoltre, sostiene, le economie più deboli dovrebbero
optare per negoziazioni multilaterali come quelle
promosse dall’OMC.
Il direttore del’organismo, che ha fatto queste dichiarazioni
durante una conferenza stampa per giornalisti latinoamericani,
ha aggiunto che i TLC di Perú e Colombia con gli Stati
Uniti “prevedono elementi pregiudiziali per le loro
economie”.
Nonostante abbia sostenuto che a causa della sua posizione
all’interno dell’OMC non può esprimersi riguardo a
tali accordi bilaterali, ha affermato di avere l’impressione
che le economie latinoamericane “sono in pericolo”.
Lamy ha concluso che questi trattati dei paesi andini
saranno valutati dall’OMC per determinare se “violino
qualcuna delle sue norme”.
Immediate le reazioni degli stupiti e alquanto sconcertati
promotori peruviani del TLC.
Il ministro del Commercio Estero e del Turismo, Alfredo
Ferrero, ha respinto ieri le dichiarazioni di Lamy
ed ha chiesto che l’OMC stabilisca “regole più eque”
al suo interno.
“Il fatto che i TLC non siano equi non significa che
non siano proficui. Lo sarebbero ancor di più se l’OMC
avesse maggior potere regolativo su questioni come
i sussidi”, ha sottolineato Ferrero.
Il ministro ha sostenuto che paesi come il Perú “non
possono sperare” che l’OMC risolva tutti i problemi,
e nel frattempo devono “promuovere l’accesso ad altri
mercati in ambito bilaterale”.
Informazione di: El Comercio
Traduzione di Orsetta Spinola - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
Pascal Lamy: contro il libero
commercio o contro il bilateralismo? |
L’ONU
richiede la chiusura di Guantanamo agli Stati Uniti
Venerdì 19 maggio 2006
Il Comitato contro la tortura delle
Nazioni Unite ha richiesto agli Stati Uniti la chiusura
della base militare / prigione che si trova nella
baia di Guantanamo, nella parte sud-est dell’isola
di Cuba, dichiarando che si tratta di una struttura
che “viola le norme internazionali”.
Secondo quanto hanno dichiarato esperti indipendenti
dell’ONU dopo avere esaminato Guantanamo, nonostante
l’opposizione di Washington, le autorità militari
statunitensi hanno l’obbligo di “abolire qualsiasi
tecnica di interrogatorio” che costituisca “maltrattamento
o tortura”.
La relazione pubblicata questa mattina riporta come
esempio di “tecniche illecite” l’uso di cani durante
gli interrogatori.
Specifica inoltre che, nel caso di Guantanamo, si
tratta senza dubbio di una prigione di “detenzione
segreta”, dove le accuse a carico dei detenuti sono
sconosciute.
Secondo le conclusioni dei rappresentanti dell’ONU
questo tipo di tecniche “viola le norme internazionali”.
Gli Stati Uniti applicano lo stesso regime in altre
prigioni segrete in Iraq e in Afganistan.
Le autorità statunitensi giustificano queste tecniche
clandestine nell’ambito della “lotta contro il terrorismo”,
e tengono come prigionieri centinaia persone, la maggioranza
delle quali di religione islamica, sospettati di appartenere
a gruppi terroristici.
Il Comitato contro la tortura dell’ONU ha richiesto
all’inizio di maggio la presenza a Ginevra di 30 delegati
degli Stati Uniti per illustrare le pratiche usate
in questi centri di detenzione.
Gli inviati statunitensi hanno eliminato gli ultimi
dubbi. I rappresentanti di Washington hanno difeso
le loro posizioni fermando che a Guantanamo i casi
di abuso sono “relativamente pochi”.
Fonte: Reuters ABN
Traduzione di Benedetta Scardovi-Mounier
- Progetto Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
–www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Organizzazioni
e manifestanti denunciano la Respol YPF in Spagna
Venerdì 19 maggio 2006
La Controcommissione delle Persone
Colpite dalla Repsol YPF e la campagna internazionale
“Chi deve a chi?” hanno organizzato nelle giornate
di sabato e domenica delle attività di denuncia contro
l’industria petrolifera ispano-argentina Repsol YPF
a Madrid, capitale spagnola, e a Barcelona e Tarragona,
città situate nel nordest della Spagna.
La Controcommissione delle Persone Colpite dalla Repsol
YPF raggruppa persone, comunità che hanno subito danni
dall’industria petrolifera e diverse organizzazioni,
per creare reti di riflessione e di denuncia delle
attività della compagnia. È stata creata come alternativa
alle commissioni di azionisti della Repsol YPF.
La campagna internazionale “Chi deve a chi?” riunisce
persone e organizzazioni che cercano di costruire
uno spazio di analisi e di lavoro contro il debito
esterno ed ecologico e i meccanismi che lo generano.
Le due campagne hanno organizzato sabato scorso a
Barcellona un seminario dal titolo “Impatti sociali
e ambientali della Repsol YPF nel Nord e nel Sud”.
Durante questo seminario si è discusso della compagnia
petrolifera ispano-argentina in relazione con il debito
ecologico, la crisi energetica e la perdita di sovranità
dei popoli.
Nel corso dell’incontro, rappresentanti del popolo
boliviano Guaraní Itika Guasu, che vive nel dipartimento
di Tarija (nel sud del paese), hanno illustrato gli
impatti sociali, ambientali e culturali causati dalle
attività della Repsol YPF nelle loro terre.
Domenica scorsa a Tarragona i rappresentanti indigeni
boliviani assieme a più di 60 persone hanno organizzato
una manifestazione contro una fabbrica petrolchimica
della Repsol YPF, con lo scopo di denunciare l’irresponsabilità
sociale corporativa dell’impresa.
Questa domenica più di 100 manifestanti si sono riuniti
in una piazza di Madrid sotto lo slogan “La Bolivia
ha diritti. La Repsol ruba”.
Le diverse organizzazioni facenti parte della Controcommissione
delle Persone Colpite, la campagna “Repsol Mata” (lett.
“La Repsol Uccide”) (che opera a livello internazionale
contro la compagnia petrolifera) e la campagna “Chi
deve a chi?”, tra le altre, continueranno ad organizzare
attività in diverse città spagnole.
A metà giugno si riunirà la Commissione degli Azionisti
della Repsol YPF a Madrid e parallelamente anche la
Controcommissione delle Persone Colpite da questa
stessa impresa.
Vedere notizie correlate su Radio
Mundo Real:
Repsol YPF opera en Neuquén "con la complicidad
del Gobierno de la provincia que es el que les da
seguridad jurídica"
Repsol YPF "invade en América Latina cientos
de comunidades, decenas de territorios indígenas y
áreas protegidas"
Indígenas bolivianos reclaman en España pago de indemnización
de Repsol YPF
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
- Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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La
Stora Enso studia la possibilità di installare una
fabbrica di cellulosa in Argentina
Venerdì 19 maggio 2006
La Stora Enso, multinazionale produttrice
di pasta di cellulosa, ha già avviato le negoziazioni
con il governatore della provincia argentina di Corrientes,
situata nel nordest del paese, per la costruzione
di una fabbrica di cellulosa nel territorio.
Le trattative si stanno portando avanti senza sollevare
molto polverone, per via della crisi fra Uruguay e
Argentina a causa dell’installazione di due fabbriche
di cellulosa nel dipartimento uruguaiano di Río Negro,
situato nella parte occidentale del paese e separato
dalla provincia argentina di Entre Ríos solo dal fiume
Uruguay.
L’Argentina chiede che si fermino i lavori a Río Negro
per permettere di condurre uno studio sugli impatti
ambientali che assicuri che le fabbriche non contamineranno
oltre i limiti consentiti.
La Stora Enso, finanziata da capitali svedesi e finlandesi,
sta considerando anche altri luoghi dove potersi installare,
come per esempio la provincia di Misiones (vicina
a Corrientes e nella quale sono già attive tre fabbriche
di cellulosa), o lo Stato brasiliano di Rio Grande
do Sul, situato nel sud del paese, tra gli altri.
Secondo il quotidiano economico El Cronista Comercial
de Argentina, il governatore della provincia di Entre
Ríos (vicina a Corrientes), Jorge Busti, avrebbe avvertito
il governatore di Corrientes, Arturo Colombi, che
sarebbe un “atto di ipocrisia” negoziare l’installazione
di una fabbrica di cellulosa.
Nel frattempo, e paradossalmente, il segretario argentino
dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile, Atilio
Savino, ha inaugurato martedì scorso la prima riunione
della Commissione Nazionale per la Conservazione e
l’Utilizzo Sostenibile della Diversità Biologica.
L’obiettivo di questa commissione è quello di identificare
le carenze del paese in materia di protezione della
biodiversità e di pianificare una strategia nazionale
di biodiversità, allo scopo di preservare specie,
geni ed ecosistemi.
Secondo la rivista Argentina Forestal, il sottosegretario
dell’Ambiente del paese, Homero Bibiloni, ha dichiarato
che lo Stato argentino ha preso coscienza del fatto
che la biodiversità è una risorsa strategica da preservare
e che “si sta passando dagli accordi politici alle
azioni programmatiche”.
Savino ha dichiarato che l’incontro aveva come obiettivo
principale quello di generare politiche locali di
conservazione.
Bibiloni ha aggiunto che “la produzione e (la protezione
dell’) l’ambiente non sono termini antagonistici”.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
- Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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"Costruire
un progetto alternativo, basato sul progresso nazionale,
la sostenibilità, la pace e la giustiza sociale"
Mercoledì, 17 Maggio 2006
L’Unione Europea e il Centroamerica
hanno stabilito che inizieranno a negoziare un accordo
di associazione tra le due macroaree, che includerà
un Trattato di Libero Scambio (TLC in castigliano).
La decisione è stata adottata la settimana scorsa,
a Vienna, nel corso del IV Forum tra i governi dell’America
Latina e dei Carabi e L’Unione Europea.
L’accordo comprenderebbe, oltre al Trattato di Libero
Scambio, il dialogo e la concertazione sui temi di
attualità e di rilevanza mondiale e la cooperazione
tra le due regioni.
Ángel Ibarra, integrante della “Red Ciudadana contra
el Comercio e Inversión (Sinti Techan)” di El Salvador,
che raggruppa diverse organizzazioni di questo paese,
si era pronunciato alcune settimana fa sostenendo
che esiste “la minaccia per i nostri popoli” che a
Vienna comincino formalmente le negoziazioni tra l’Unione
Europea e il Centroamerica.
In una intervista rilasciata a Carlos Santos, dell’organizzazione
ambientalista “Redes – Amigos de la Tierra Uruguay”,
Ibarra ha indicato alcune basi sulle quali si discuterà
l’accordo di associazione tra gli stati dell’America
Centrale e l’Unione Europea.
L’attivista salvadoregno sostiene che il Centroamerica
ha, attualmente, una relazione con l’Europa che “si
colloca al livello più basso (...) Oggi, politicamente,
l’Unione Europea appare essere molto vicina alla politica
statunitense nella regione”.
Ibarra se è riferito alla politica di cooperazione,
che avrebbe dovuto essere negoziata nell’accordo di
associazione. Ha dichiarato che “sempre più gli europei
chiamano cooperazione con il Centroamerica, l’allineamento
agli interessi commerciali”.
Riguardo al TLC Ibarra ha detto che “ciò che vuole
ottenere l’Europa con questo trattato non è favorire
il Centroamerica nel suo commercio verso l’Unione
Europea”. In realtà, per Ibarra, l’Europa cerca di
rafforzare la sua presenza nell’America Centrale,
ottenendo benefici attraverso alcuni passi del TLC
come quelli riguardanti “gli investimenti, la proprietà
intellettuale, gli acquisti governativi, la clausola
della nazione maggiormente favorita, che sono il spina
dorsale del TLC”.
Sulle imprese europee presenti in El Salvador, principalmente
spagnole, Ibarra ha sottolineato le conseguenze delle
loro azioni sull’ambiente e il loro inadempimento
delle norme che regolano il lavoro salariato.
“In campo lavorativo queste imprese proibiscono la
sindacalizzazione degli operai e non rispettano i
diritti dei lavoratori e le leggi nazionali che li
riguardano (...) C’è una flessibilizzazione dell’orario
di lavoro (tra le altre cose si lavora più di otto
ore) che significa una precarizzazione del lavoro
in El Salvador”, ha dichiarato il rappresentate di
Red Sinti Techan.
“Queste imprese si caratterizzano per utilizzare tecnologia
di scarto, ormai inutilizzabile in Europa, e non si
attengono alle norme internazionali di protezione
dell’ambiente e, molto meno, a quelle europee”, ha
aggiunto Ibarra.
Traduzione di Gianni Tarquini Progetto
Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal
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L'Ecuador
Ordina l'Estinzione del Contratto tra lo Stato e la
Società Petrolifera Statunitense Occidental Petroleum
Mercoledì, 17 Maggio 2006
Lunedì, il Ministro ecuadoriano dell'Energia,
Ivan Rodriguez, ha decretato l'estinzione del contratto
tra lo stato e la società petrolifera statunitense
Occidental Petroleum.
Mentre il movimento indigeno ecuadoriano festeggiava
la decisione, sulla quale c'erano molti dubbi, le
autorità del governo statunitense hanno avvisato che
l'estinzione del contratto significava la fine delle
negoziazioni tra i due paesi per la firma di un Trattato
di Libero Commercio (TLC).
Ivan Rodriguez ha agito da giudice nella causa contro
l'Occidental Petroleum, accusata dal pubblico ministero
e dalla società petrolifera di stato Petroecuador
di non aver soddisfatto il contratto.
L'Occidental Petroleum, nota anche come Oxy, ha venduto
il 40 per cento delle sue azioni di un pozzo petrolifero
in Amazzonia alla società canadese Encana, senza darne
avviso allo stato ecuadoriano.
Rodriguez ha ordinato alla Petroecuador di prendere
immediatamente il controllo degli impianti e dei giacimenti
di petrolio della Oxy, cosa che l' azienda di stato
ha già iniziato a fare.
Secondo un articolo pubblicato dalla rivista argentina
Argenpress, scritto dal giornalista Kintto Lucas,
che lavora in Ecuador, la Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell'Ecuador (CONAIE) ha accolto la decisione
contro la Oxy.
Il presidente della CONAIE, Luis Macas, ha dichiarato
che "l'ordine di estinzione del contratto della
Oxy, dopo le manifestazioni del movimento indigeno
e di altri movimenti sociali, dimostra che quando
agiamo insieme, quando camminiamo insieme, quando
non siamo divisi, otteniamo importanti vittorie per
il paese".
Il leader indigeno ha aggiunto che "più che di
una vittoria del movimento indigeno, questa è una
vittoria di tutto il paese. È una vittoria di coloro
che lottano per un paese migliore e più giusto, un
paese che non esclude né discrimina nessuno".
Macas ha anche detto che il governo deve ora definitivamente
concludere le negoziazioni per un TCL con gli Stati
Uniti.
Secondo il giornale ecuadoriano El Universo, il portavoce
dell'ufficio del rappresentante commerciale statunitense,
Neena Mooriani, ha affermato che il governo degli
Stati Uniti "ha rotto il dialogo con l'Ecuador
per la firma di un Trattato di Libero Commercio".
Le autorità statunitensi sono convinti anche che la
decisione del governo ecuadoriano sia una confisca
dei beni di proprietà della Oxy.
Secondo quanto scritto nel giornale
El Universo, il Sottosegretario Aggiunto per gli Affari
dell'Emisfero Occidentale del Dipartimento di Stato
degli Stati Uniti, Charles Shapiro, ha annunciato
che la Oxy può ricorrere ad un accordo di investimenti
bilaterale firmato tra l'Ecuador e gli Stati Uniti
per regredire le misure.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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I
contadini si preparano ad occupare gli uffici statali
in Paraguay
Mercoledì 17 maggio 2006
Circa diecimila contadini senza terra
paraguaiani iniziano oggi una giornata nazionale di
protesta per le “promesse non mantenute” del presidente
Nicanor Duarte Frutos, e stanno organizzando una serie
di occupazioni di uffici pubblici per “porre fine
alle bugie”.
Secondo quanto dichiarano i lavoratori della Federazione
Nazionale Contadina, il presidente ha promesso da
alcuni mesi il pagamento di un sussidio per coprire
le perdite causate dai cattivi raccolti degli ultimi
anni.
La maggior parte dei contadini sono arrivati ad Asunción,
capitale del paese, dai dipartimenti di Concepción,
San Pedro e Caaguazú, nel nordest del paese, le zone
più colpite dalle ultime ondate di siccità.
I lavoratori dichiarano che le autorità governative
avevano promesso l’invio di fondi pubblici per l’acquisto
di insetticidi, il recupero del suolo, oltre ad altri
microcrediti destinati al settore produttivo.
Hanno anche affermato che diverse comunità contadine
hanno organizzato altre manifestazioni nelle varie
zone colpite, e che le proteste contro il governo
proseguiranno a “tempo indeterminato”.
Durante la notte di martedì i manifestanti arrivati
dall’interno del paese hanno montato un accampamento
di fronte al Ministero dell’Agricoltura.
Odilón Espínola, della Federazione Nazionale Contadina,
ha dichiarato ieri che la manifestazione è l’“unico
modo per denunciare l’indifferenza e l’inefficienza
del governo”.
Tuttavia, il Ministro dell’Agricoltura, Carlos Santacruz,
comunque, ha affermato che i “compatrioti contadini”
hanno troppa fretta, e che l’accordo prevedeva che
il pagamento alle vittime sarebbe cominciato il 23
maggio. "Credo che abbiano ricevuto informazioni
sbagliate”, ha aggiunto Santacruz.
Tuttavia, il dirigente agricolo Marcial Gómez ha rifiutato
le dichiarazioni del funzionario, e ha affermato che
il governo si pone come priorità “altre questioni
non produttive”, che gli costano “molto denaro”.
Gómez ha citato come esempio le elezioni interne del
Partito della maggioranza Colorado, che si svolgeranno
in novembre.
Fonti: AP Jakueke
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
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Colombia:
muore un indigeno durante scontri con la polizia.
Mercoledì 17 maggio 2006
Gli scontri durissimi tra polizia
ed esercito colombiano da una parte e indigeni, contadini
e rappresentanti di comunità nere dall’altra nel dipartimento
di Cauca, nella parte occidentale del paese, hanno
già provocato la morte di un indigeno, il ferimento
di circa 50 persone e l’arresto di una quarantina
di manifestanti, mentre una decina risultano dispersi.
Da lunedì, circa 15.000 persone si stanno mobilitando
in diversi territori di Caldono e Piendamó, nel dipartimento
di Cauca, e hanno bloccato una delle strade principali
della zona.
Protestano, tra le altre cose, contro il Trattato
di Libero Commercio (TLC) che la Colombia ha stipulato
con gli Stati Uniti, contro la rielezione del presidente
Álvaro Uribe e le fumigazioni delle piantagioni illegali.
I lavoratori e gli indigeni chiedono inoltre l’introduzione
nel paese di una riforma agraria integrale e che il
governo di Uribe firmi un nuovo accordo sul possesso
delle terre e il rispetto dei diritti ancestrali dei
popoli indigeni.
Secondo Radio Caracol di Colombia, durante gli scontri,
la polizia cercava di sgomberare la strada e uno degli
indigeni è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco
che gli è costato la vita.
Radio Cadena Nacional, un’altra emittente colombiana,
rivela che l’organizzazione non governativa Coordinazione
Colombia-Europa-Stati Uniti, denuncia che tre elicotteri
dell’esercito colombiano hanno sparato colpi d’arma
da fuoco e lanciato gas lacrimogeni contro i manifestanti.
L’organizzazione aggiunge che sono si sono verificati
anche “attacchi di militari e polizia a terra”.
Il Consiglio Regionale Indigeno di Cauca ha dichiarato
che circa 300 membri dello squadrone mobile antisommossa
sono intervenuti per reprimere la protesta.
Come solitamente accade in questi casi, rappresentanti
del governo colombiano hanno dichiarato che tra i
manifestanti si sarebbero infiltrati membri della
guerriglia di sinistra, le Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia (FARC), che starebbero anche facendo
pressioni affinché vengano organizzate le manifestazioni.
Secondo Radio Cadena Nacional, il Ministro dell’Interno
e della Giustizia, Sabas Pretelt, ha dichiarato che
il governo “non permetterà il blocco delle strade”.
Il governatore di Cauca, Juan José Chaux, ha affermato
che le autorità hanno l’ordine di sgombrare la strada
bloccata il prima possibile. I leader indigeni chiedono
la presenza a Cauca di almeno cinque ministri.
Oltre a questi episodi, sempre sulla linea della crudeltà
verso i contadini colombiani, sono stati trovati i
cadaveri di quattro lavoratori assassinati in un casolare
nel dipartimento di Santander, situato nel centro
del paese.
Rappresentanti dell’esercito colombiano non hanno
esitato nel dichiarare che le FARC operano nel luogo
dell’assassinio.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
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Il
70 per cento dei Popoli che Soffrono di Fame sono
Produttori di Generi
Alimentari
Martedì, 16 Maggio 2006
Quasi 200 rappresentanti del movimento
contadino internazionale, principalmente membri di
Via Campesina, hanno organizzato una manifestazione
fuori della sede dell'Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC) a Ginevra, in Svizzera.
I dimostranti hanno protestato contro il neoliberalismo
commerciale promosso dall'OMC, soprattutto nel settore
dell'agricoltura. La manifestazione si è svolta mentre
nella sede dell'OMC era riunito il Consiglio Generale
dell'organismo per concludere le negoziazioni iniziate
cinque anni fa, al Doha Round, celebrato alla fine
del 2001.
L'obiettivo di queste negoziazioni è quello di rafforzare
la liberalizzazione commerciale dell'agricoltura,
dei prodotti industriali e dei servizi, tra le altre
cose, attraverso la riduzione delle tariffe.
Via Campesina ha riunito centinaia di organizzazioni
contadine di quasi 60 paesi e questa settimana a Ginevra
continuerà ad organizzare attività parallele all'incontro
dell'OMC.
Altre organizzazioni, come il gruppo ambientalista
Amici della Terra Internazionale, FoodFirst Information
ed Action Network, hanno sostenuto il lavoro di Via
Campesina a Ginevra.
Radio Mundo Real ha intervistato uno dei coordinatori
di Via Campesina in Europa, l'agricoltore basco Paul
Nicholson.
Il leader contadino ha dichiarato che "oggi è
il primo giorno dell'incontro dei ministri del Consiglio
dell'OMC ed essi sono bloccati. Stiamo manifestando,
dicendo che non può essere raggiunto nessun accordo,
che ciò che stanno negoziando, la privatizzazione
delle risorse naturali, la liberalizzazione del commercio
alimentare, dell'industria e dei servizi, non può
accadere".
"Non può succedere che il commercio venga posto
al di sopra dei diritti umani, ambientali e dei popoli.
Questo movimento non è contro il commercio, ma il
commercio deve rispondere alle necessità dei popoli
di tutto il mondo, invece che rispondere agli interessi
delle multinazionali", ha aggiunto Nicholson.
Il coordinatore in Europa di Via Campesina ha trattato
cifre preoccupanti sulla povertà e la pressione cui
sono sottoposte le famiglie che vivono in zone rurali.
"Secondo le ultime cifre della FAO (Organizzazione
per l'Alimentazione e l' Agricoltura), il 55 per cento
degli abitanti del pianeta sono lavoratori agricoli,
contadini, per lo più donne", ha riferito Nicholson.
"La maggior parte delle persone che soffrono
di fame, e ce ne sono oggi più di 850 milioni, appartengono
al mondo rurale. Le cifre della FAO indicano che il
70 per cento dei popoli che soffrono di fame sono
precisamente produttori di generi alimenti",
ha aggiunto il leader contadino.
Secondo Nicholson, "è chiaro che questa liberalizzazione
del commercio, l' imposizione di un modello di commercio,
un modello di produzione, di consumo, distrugge soprattutto
il mondo rurale, la nostra economia locale, le nostre
piccole imprese, la nostra coesistenza".
Ed ha concluso affermando che quel sistema "impone
anche un modello di agricoltura senza agricoltori,
basata sulle grandi aziende che intendono l' ambiente,
il mondo rurale, la produzione agricola, come un semplice
fatto commerciale. Non capiscono che è parte dell'identità
di un popolo, dei diritti sociali ed ambientali, dei
diritti dei contadini".
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Terre Madri - Traduttori per
la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Multinazionali:
indigeni boliviani chiedono in Spagna il pagamento
di un indennizzo da parte della Repsol YPF
Martedì 16 maggio 2006
Indigeni boliviani del popolo Guaraní
Itika Guasu, che vivono nella provincia di O’Connor,
nel dipartimento meridionale di Tarija, si trovano
ora a Madrid, capitale spagnola, per chiedere all’impresa
petrolifera di questo paese, la Repsol YPF, il pagamento
di un indennizzo a causa degli impatti negativi provocati
sul territorio boliviano.
Gli indigeni Guaraní chiedono alla Repsol YPF 42 milioni
di dollari di risarcimento, per i danni che da dieci
anni a questa parte la compagnia ha causato all’ambiente
e alla cultura del popolo Itika Guasu.
L’ammontare del risarcimento sarebbe destinato a un
piano di sviluppo per implementare i territori indigeni.
Il popolo Itika Guasu vive nelle terre comunitarie
di origine di O’Connor, dove la Repsol YPF, tra le
altre imprese, possiede il campo Margarita, una delle
tre riserve di gas più importanti della Bolivia.
L’organizzazione non governativa boliviana CEADES
(Colectivo de Estudios Aplicados al Desarrollo Social)
appoggia la richiesta degli indigeni in Spagna.
Secondo il quotidiano boliviano Los Tiempos, Henry
Guardia, membro di CEADES, ha dichiarato che i rappresentanti
indigeni hanno intenzione di incontrarsi con i dirigenti
della Repsol YPF e con autorità del paese, ai quali
chiederanno che “lo Stato spagnolo si assuma le proprie
responsabilità”.
Secondo Los Tiempos, uno dei leader
di una comunità Itika Guasu che vive nel Campo Margarita,
Fabián Callo, ha chiesto alla Repsol YPF di “cambiare
atteggiamento e di rispettare le autorità Guaraní”.
“Fino all’arrivo della Repsol nel 1997 vivevamo tranquilli
con gruppi di lavoro addetti alla produzione”, ma
da allora “ci ha maltrattato, ci ha ingannati e ora
ci ritroviamo più poveri”, ha aggiunto Callo.
Benildo Vaca, responsabile delle risorse naturali
di Tarija, ha dichiarato inoltre che dopo 10 anni
di attività della Repsol nel campo Margarita “non
rimane alcun beneficio per la comunità”.
La Repsol YPF “ci divide, fa scomparire
la nostra
cultura e abusa dei lavoratori indigeni”, ha spiegato
Vaca, il quale ha anche rivelato che l’impresa petrolifera
“non ci ha consultato prima di entrare in una zona
di terre comunitarie di origine, perché fanno ciò
che vogliono”. Secondo Vaca, la presenza della Repsol
YPF nelle terre del popolo Itika Guasu significa “una
violazione sistematica dei diritti degli indigeni
e dell’identità culturale del popolo Guaraní”.
Tradotto da Arianna Ghetti e revisione
di Sonia Chialastri –Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
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Incidenti
in Cile durante manifestazione Mapuche
Martedì 16 maggio 2006
Organizzazioni indigene cilene, per la maggior parte
appartenenti all’etnia Mapuche, hanno organizzato
una manifestazione a Santiago, capitale del paese,
a favore dei "quattro prigionieri politici”,
che da più di sessanta giorni stanno facendo lo sciopero
della fame in un carcere di Temuco.
Secondo quanto denunciato dai manifestanti, i quali
hanno dichiarato che si tratta di un “chiaro esempio”
di criminalizzazione della protesta, la manifestazione
si è svolta “pacificamente”, tuttavia la “furia delle
forze armate” ha causato gravi incidenti con i manifestanti.
Un comunicato degli organizzatori riporta che le forze
della polizia hanno cominciato ad utilizzare cannoni
caricati ad acqua “senza alcun precedente tentativo
di dialogo”, e a trattenere “ con la forza ” i manifestanti.
“Soprattutto coloro che indossavano abiti tipicamente
mapuche”, dichiarano nel comunicato .
Le organizzazioni a sostegno dei prigionieri hanno
affermato che lo stato di salute degli scioperanti
è “molto delicato”, e che gli indigeni rischiano di
morire “in qualsiasi momento”.
Da parte sua, l’associazione dei familiari dei prigionieri
ha emesso un altro comunicato nel quale esortano i
parlamentari cileni a soddisfare le loro “giuste richieste”.
“È sufficiente la volontà di 20 voti del parlamento
perché i prigionieri politici possano ottenere la
propria libertà”, rivelano.
Chiedono inoltre che la giustizia cilena riveda la
sentenza che ha portato alla detenzione dei quattro
attivisti, presunti responsabili di un incendio verificatosi
nel dicembre 2001 nei territori dell’impresa forestale
Mininco. Per questi fatti i quattro accusati sono
stati condannati a dieci anni di prigione.
I familiari dei quattro scioperanti denunciano come
l’intero processo giudiziario sia stato “costellato
di irregolarità”.
Infine, i Mapuche lamentano che un “governo socialista”
non abbia remore ad applicare leggi create dal “tiranno
Pinochet”.
Fonte: Diario El Gong
Tradotto da Arianna Ghetti e revisione di Sonia Chialastri
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Organizzazioni
Salvadoregne preoccupate per l'aumento della deforestazione.
Lunedì, 15 Maggio 2006
Il Comitato Ecologista di Los Planes
de Renderos, appartenente alla municipalità di Panchimalco,
El Salvador, continua a denunciare la distruzione
di un'area protetta per far posto alla costruzione
di 300 case.
L' organizzazione ambientalista Cesta – Amici della
Terra El Salvador, sostengono le denunce del comitato
ecologista.
Entrambe le organizzazioni hanno spiegato, nel corso
di una conferenza stampa tenuta l'8 maggio, che il
complesso residenziale chiamato “Quintas Doradas”
distruggerà cinque lotti di terreni boschivi, cosa
che sta già avvenendo.
Il progetto minaccia inoltre di esaurire le poche
riserve di acqua dei Planes de Renderos e di altre
aree della municipalità di Panchimalco.
Il progetto Quinta Dorada è gestito da un'impresa
appartenente alla famiglia dell'attuale viceministro
dei lavori pubblici Carlos Guerrero.
Secondo il quotidiano salvadoregno Co Latino, “il
progetto preoccupa oltre 30.000 residenti dei Planes
de Renderos”.
Il rappresentante dl Comitato Ecologista dei Planes
de Renderos, Jaime Bairo, ha detto, durante la conferenza
stampa, che si tratta di un progetto “enorme, una
cosa mai vista in Planes de Renderos, il primo di
quel genere”.
I costruttori “hanno ottenuto tutte le autorizzazioni
ambientali, hanno il permesso del viceministro all'edilizia
residenziale.
Il membro dell'organizzazione ecologista ha inoltre
affermato che “presto si esaurirà la riserva d'acqua
dei Planes de Renderos, e si vorrà portare l'acqua
prelevandola da altre aree di Panchimalco, lasciando
così otto villaggi a sud della municipalità senza
acqua, si vogliono esaurire le riserve idriche dell'area”.
Il presidente di Cesta – Amici della Terra El Salvador,
Ricardo Navarro, ha inoltre denunciato il taglio di
alberi nella capitale del paese, San Salvador.
Una impresa costruttrice chiamata Abansa Ingenieros
ha tagliato, l'altra settimana, 500 alberi, senza
autorizzazione da parte del governo locale di San
Salvador.
“Il governo locale aveva rifiutato di accordare le
autorizzazioni, ma ciononostante 500 alberi sono stati
tagliati” ha detto Navarro.
Traduzione di Giuseppina Vecchia,
Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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I
negoziati per il Trattato di Libero Commercio tra
Ecuador e Stati Uniti rimangono a un punto morto.
Lunedì, 15 Maggio 2006
Non è ancora stata stabilita una data
per la ripresa dei negoziati per la firma del Trattato
di Libero Commercio (FTA) tra Stati Uniti ed Ecuador,
e rimane incerto anche se questi avranno luogo.
Stando al giornale ecuadoriano La Hora, il ministro
ecuadoriano per il commercio, Jorge Illignworth, ha
affermato che, in base alle ultime dichiarazioni di
funzionari statunitensi, i negoziati dovrebbero riprendere
a breve.
Tuttavia l'agenzia giornalistica Argenpress cita frasi
abbastanza pessimistiche del principale negoziatore
ecuadoriano al FTA, Manuel Chiriboga, il quale afferma
che il suo gruppo ha cercato di avvicinare i delegati
del Dipartimento per il commercio degli Stati Uniti,
ma che questi ultimi hanno sempre rifiutati i colloqui.
Chiriboga riconosce, sempre secondo Argenpress, che
le possibilità di raggiungere un accordo sono abbastanza
remote.
Ciò che appare piuttosto chiaro, è che ci sono in
Ecuador due temi fondamentali, e che le posizioni
del governo su questi temi possono facilitare un nuovo
incontro con gli stati Uniti, o un definitivo divorzio.
Una di queste questioni riguarda le decisioni da prendere
nei confronti della multinazionale statunitense Occidental
Petroleum, che si trova ad affrontare un processo
per aver ceduto parte delle proprie azioni in un pozzo
in Amazonia alla società petrolifera canadese Encana
senza la preventiva autorizzazione da parte dello
stato ecuadoriano.
Se l'Ecuador dovesse rescindere il contratto con Occidental
Petroleum, come viene richiesto da vari movimenti
sociali del paese, e in particolare da movimenti indigeni,
la possibilità di riprendere i negoziati si allontanerebbe
ulteriormente.
Nelle scorse settimane, si sono sparse voci secondo
le quali il governo ecuadoriano rinegozierà il contratto
con Occidental e che cercherà una soluzione che non
implichi la fine delle attività della compagnia statunitense
in Ecuador.
Quella di oggi potrebbe rivelarsi una giornata chiave
per il il futuro della compagnia. Secondo La Hora,
Fernando Gonzales, presidente esecutivo dell'impresa
petrolifera statale Petroecuador, esaminerà le possibilità
giuridiche di accettare le proposte di rinegoziazione
sottoposte da Occidental.
Da questa risposta dipenderà la rescissione o meno
del contratto con la compagnia petrolifera.
L'altra questione fondamentale riguarda la possibilità
che il governo ecuadoriano adotti misure legislative
per garantire profitti economici alle compagnie petrolifere
operanti nel paese.
I negoziati per la firma del Trattato di Libero Commercio
si erano bloccati alla fine di marzo, dopo che il
Congresso ecuadoriano aveva approvato alcuni emendamenti
alla legge sugli idrocarburi che mettono lo stato
in condizioni di ricevere maggiori benefici dalle
operazioni di compagnie petrolifere transnazionali
che operano nel paese.
Traduzione di Giuseppina Vecchia,
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Vía
Campesina divulga gli effetti del libero commercio
sull’agricoltura: la OMC "mette in pericolo i
diritti contadini"
Lunedì, 15 Maggio 2006
Mentre il Consiglio Generale della
OMC continua a discutere le modalità di liberalizzazione
commerciale nel quadro del Doha Round dell’Organizzazione
Mondiale del Commercio (OMC), milioni di contadini
in tutto il pianeta vengono cacciati dalle proprie
terre a causa delle politiche neoliberali.
Il Doha Round si basa sul presupposto che il libero
commercio contribuirà allo sviluppo e alla riduzione
della povertà. Tuttavia, l’esperienza dei contadini
riguardo la liberalizzazione commerciale è di crescente
marginalizzazione, di povertà, esilio e persino morte.
Le organizzazioni contadine che confluiscono nel movimento
internazionale Vía Campesina si incontrano a Ginevra
per testimoniare le diverse forme di sottomissione
causate dalle attuali politiche della OMC sull’agricoltura
contadina.
Vía Campesina vuole dare visibilità agli effetti concreti
dei “progressi” della OMC; in Tailandia, i contadini
sono caduti nella trappola dei debiti; in India, migliaia
di contadini si sono suicidati a causa dell’aumento
dei costi di produzione e alla caduta dei prezzi;
in Corea, i contadini sono giunti alla disperazione
a causa delle importazioni di alimenti più economici;
in Europa, scompare un contadino ogni tre minuti...
Durante la Conferenza Ministeriale della OMC ad Hong
Kong -dicembre 2005-, circa 900 manifestanti, principalmente
contadini di Vía Campesina, sono stati arrestati per
aver difeso il loro diritto alla vita.
In tutto il mondo, i movimenti contadini vengono criminalizzati
per la lotta in difesa dei propri diritti, della propria
terra e del proprio sostentamento.
Questo 15 maggio a Ginevra, la delegazione internazionale
di Vía Campesina esporrà la sua posizione sulle attuali
negoziazioni della OMC e pubblicherà la sua relazione
annuale sulle violazioni dei diritti dei contadini,
dal titolo “Violazione dei diritti umani dei contadini–Una
relazione su Casi e Padroni delle Violazioni 2006”.
Traduzione di Sonia Chialastri, revisione
di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori
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Arrestati
alcuni dirigenti di organizzazioni contadine in Colombia
Lunedì, 15 Maggio 2006
Secondo l’agenzia Prensa Rural, i
leader delle organizzazioni contadine Miguel Ángel
Bobadilla e Nieves Mayusa sono stati “arbitrariamente”
arrestati la settimana scorsa dalla polizia colombiana
nel dipartimento di Meta, nel centro del Paese.
Fanno parte entrambi della Federación Nacional Sindical
Unitaria Agropecuaria (Fensuagro – Federazione Nazionale
Sindacale Unitaria del Settore Agricolo e Zootecnico),
che negli ultimi mesi ha subito persecuzioni ed arresti
di alcuni dei principali dirigenti.
In questo caso, sembra che gli agenti di polizia siano
entrati con la forza nell’abitazione di Bobadilla
e Mayusa, ed abbiano esercitato una “pressione psicologica”
sui due figli della coppia.
Membri della Fensuagro affermano che durante il procedimento
gli agenti di polizia hanno accusato i detenuti di
far parte della guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia (FARC).
Secondo i membri della Fensuagro, gli agenti si sono
presentati ai leader delle organizzazioni contadine
dicendo che portavano loro un “saluto” da parte di
Álvaro Uribe Vélez, presidente del Paese.
Il comunicato della federazione agricola indica inoltre
che durante l’operazione sono stati sequestrati manifesti,
giornali, libri, CD ROM ed alcuni documenti riguardanti
l’organizzazione.
Bobadilla, che dal 2001 è membro del Comitato Esecutivo
Nazionale della Fensuagro, aveva già denunciato in
diverse occasioni di aver ricevuto minacce di morte
per telefono.
Alcuni mesi fa l’agente Rafael García, ex funzionario
del Dipartimento Amministrativo nazionale per la Sicurezza
(DAS),aveva affermato che tanto Bobadilla quanto altri
leader della Fensuagro figurano in una lista dei cosiddetti
“sindacalisti da eliminare”, elaborata da questo organismo.
García ha affermato in quell’occasione che alcuni
membri del DAS hanno consegnato la lista a bande paramilitari
per commettere gli assassini.
L’agenzia Prensa Rural conclude, in relazione a questo
documento filtrato, che diversi leader regionali ed
altri sindacalisti inclusi nella lista sono scomparsi
o sono stati assassinati.
Informazioni tratte da: Prensa Rural
Indymedia Colombia
Traduzione di Cecilia Silveri e revisione
di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori
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Haiti
è entrata in Petrocaribe
Lunedì, 15 Maggio 2006
Il vicepresidente venezuelano, José
Vicente Rangel ed il recentemente eletto presidente
haitiano, René Préval, hanno firmato domenica un “atto
di accordo” per l’ingresso di Haiti in Petrocaribe.
Secondo quanto affermato da entrambi i gerarchi durante
l’insediamento alla presidenza di Préval, tramite
questo accordo di collaborazione energetica il Venezuela
venderà petrolio al Paese impoverito dei Caraibi con
un tasso di interesse basso ed un finanziamento a
lungo termine.
Già lo scorso sabato è arrivato ad Haiti un carico
di 100 mila barili di petrolio, che il presidente
venezuelano, Hugo Chávez, ha offerto al suo collega
haitiano durante il loro ultimo incontro.
In questo modo Rangel ha assicurato che l’ingresso
di Haiti in Petrocaribe – un’iniziativa promossa da
Chávez per facilitare la spedizione di combustibile
ai 13 Paesi dei Caraibi – è stato formalizzato “nei
fatti”.
Durante la commemorazione, il vicepresidente venezuelano
ha detto, in riferimento alle pratiche militari attuate
dagli Stati Uniti nei Caraibi, che è in questi casi
che si evidenzia la differenza tra il Venezuela ed
il “gigante del nord”.
“Le navi dell’impero sono le navi della guerra e del
ricatto, quelle venezuelane sono le navi della libertà,
della democrazia e dell’aiuto sociale”, ha dichiarato
Rangel.
Ha aggiunto inoltre che gli alti prezzi internazionali
del greggio, che venerdì ha chiuso a 72 dollari al
barile, penalizza soprattutto i Paesi poveri come
Haiti.
Rangel ha affermato che molte comunità delle aree
rurali di questo Paese non hanno “nessuna fonte di
elettricità” ormai da diversi mesi a causa della carenza
di combustibile.
Il funzionario venezuelano ha annunciato anche che
il suo Paese donerà nel corso di un anno circa 120
tonnellate al mese di asfalto, per contribuire ai
lavori di “modernizzazione” dell’isola.
Tuttavia, Rangel ha voluto chiarire che con questi
accordi il Venezuela non pretende di “controllare
Haiti”, ma che cerca di “aiutare la sua crescita sociale
e politica”.
Informazione tratta da: ABN
Traduzione di Cecilia Silveri e revisione
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 8 AL 14 MAGGIO 2006
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La
Centrale sindacale dell´Uruguay in "allerta"
per il possibile accordo commerciale (TLC) con gli
Stati Uniti
Venerdi' 12 Maggio 2006
La centrale sindacale dei lavoratori
dell´Uruguay, PIT-CNT, ha dichiarato il proprio "stato
di allerta" dopo gli annunci fatti da parte dei
funzionari del governo in relazione ai temi vincolati
al cambio di stategia nelle relazioni internazionali
dell´Uruguay, in particolare riferendosi al MERCOSUR
e alla possibilità di iniziare a negoziare un Accordo
di Libero Commercio (TLC) con gli Stati Uniti.
Lo stato di allerta è stato reso pubblico attraverso
un comunicato della centrale divulgato mercoledì.
Oltre a questa iniziativa è stato comunicata al governo
l´intenzione di mantenere riunioni con il Ministero
degli Esteri e con Presidente della Repubblica per
conoscere in maniera tempestiva le decisioni dell´esecutivo.
Coerente con questa impostazione, la centrale sindacale
ha fatto richiesta di una "definizione chiara"
da parte del governo "sulla sua strategia di
politica internazionale, così come sull´apertura di
un ambito di discussione all´interno del quadro delineato
dal Compromesso Nazionale per analizzare la grave
situazione prospettata".
Il comunicato nel suo punto quattro esprime il rifiuto
ai TLC visti "come strategia degli Stati Uniti,
complementare all´ALCA. La diretta conseguenza di
ciò è stata la distruzione della Comunità Andina delle
Nazioni; l´altro blocco regionale (ndr. Insieme al
MERCOSUR) alternativo all´egemonia nordamericana nel
continente".
Nella parte finale il PIT-CNT difende il processo
di integrazione regionale del MERCOSUR, che qualifica
come "la strategia di ingresso nelle relazioni
internazionali per il medio e lungo periodo".
Il comunicato riporta inoltre, che " la costruzione
di un blocco regionale che includa nella sua agenda
la negoziazione unitaria degli investimenti, la costituzione
di fondi finanziari per il completamento della catena
produttiva e per le infrastrutture, e una politica
comune per i negoziati internazionali, è essenziale
per ribaltare la situazione storica di dipendenza
dei nostri paesi rispetto ai paesi dell´emisfero nord".
Di seguito, nel punto cinque del comunicato si rifiuta
anche " l´attuale linea di conduzione politica
del MERCOSUR che confonde la tattica con la strategia",
nel quale di mette in discussione tanto il governo
argentino che quello uruguayano " per la tendenza
ad optare per i TLC - o accordi simili - paralleli
al MERCOSUR " i quali, secondo il comunicato,
" invece di permettere di avanzare sulla soluzione
dei problemi, debilitano il blocco nella sua struttura
più profonda".
Traduzione di Gianni Tarquini
Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radio
Mundo Real
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Musica
con voce di donna per lottare contro la precarietà
lavorativa in America Latina
Venerdi' 12 Maggio 2006
Attività di “Allacciando Alternative”
a Guadalajara
Il disco “Voci di donne”, al quale hanno partecipato
quattro cantanti colombiane è parte della
campagna “Commercio con giustizia: i miei diritti
non sono negoziabili”, in cui si denunciano gli
effetti della precarietà lavorativa sulle donne in
America Latina che è stato presentato
nell’ambito dell’incontro “Allacciando alternative
2”.
Andrea Echeverri, Liliana Montes, Etelvina Maldonado
e Petrona Martínez cantano in questo CD per sostenere
questa iniziativa in favore dei diritti sul lavoro
delle donne, insieme a quasi 50
organizzazioni e associazioni di altri paesi latino
americani.
Secondo la relazione presentata per “Allacciando alternative
2” in Colombia l’80% delle
lavoratrici riceve meno di due salari minimi legali;
meno del 35% delle donne ha diritto
all’assistenza medica; e il salario medio è del 14,28
% inferiore a quello degli uomini.
María Martín. Radio Vallekas/Rete
internazionale di donne giornaliste e specialiste
in
comunicazione Foro de Radios / Enlazando Alternativas
2
Traduzione di Benedetta Scardovi-Mounier
- Progetto Terre Madri - Traduttori per la
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Preval
assumerà domenica la presidenza di Haiti
Venerdì: 12 Maggio 2006 - 14:51 René
Preval inaugura domenica il suo secondo mandato come
presidente. Il paese più povero dell’America Latina
si prepara per l’assunzione del suo nuovo presidente:
René Preval assumerà l’incarico per la seconda volta
domenica, dopo avere promesso che normalizzerà la
difficile situazione istituzionale di Haiti.
Preval, che è ideologicamente vicino al presidente
destituito Jean Bertrand Aristide, ha
dichiarato questa settimana che durante il suo mandato
saranno garantiti la libertà di stampa, il
confronto e il dialogo.
Ha anche aggiunto che prevede di assicurare la “normale
fornitura” di elettricità a tutta la
popolazione, di ristabilire la sicurezza per i cittadini
e di frenare gli elevati indici di
inflazione. Preval ha pronosticato che i “principali
motori” della sua economia saranno l’agricoltura e
il turismo.
Il vicepresidente del Brasile, José Alencar, e l’attuale
governatore dello stato della Florida, Jeb Bush, fratello
del presidente degli Stati Uniti, hanno già confermato
che saranno presenti durante l’investitura domenica.
Secondo fonti del governo brasiliano la presenza di
Alencar ha un “grande peso simbolico” e rispecchia
il ruolo di estrema importanza portato avanti dai
militari brasiliani” nel processo di stabilizzazione
di Haiti.
Il Brasile, con un contingente di 1.200 militari,
è a capo della Missione delle Nazioni Unite per la
Stabilizzazione di Haiti (Minustah dal suo acronimo
in francese) che comprende anche militari dall’Argentina,
Cile e Uruguay.
Da parte sua, la presidente del Cile Michelle Bachelet,
ha insistito questa settimana sulla necessità di mantenere
queste truppe di intervento ad Haiti.
Secondo quanto ha affermato la Bachelet, la presenza
militare latino americana “è stata essenziale per
garantire” il processo democratico di questo paese
dei Carabi.
Tuttavia diversi gruppi politici ed organizzazioni
in difesa dei diritti umani di Haiti si sono mobilitati
già da vari mesi con campagne internazionali per chiedere
il “ritiro immediato” delle truppe della Minustah.
Questi gruppi sostengono che la presenza militare
in questa povera isola è “illegittima ed umiliante”.
Fonte: Reuters El Mostrador (Cile)
Traduzione di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace -
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Ecuador:
la grande manifestazione amazzonica contro l’impresa
petrolifera statunitense è arrivata nella capitale
Giovedì 11 maggio 2006
Manifestazioni contro la Oxy in Ecuador
La manifestazione amazzonica contro
il rinnovo del contratto tra lo Stato ecuadoriano
e l’impresa petrolifera statunitense Occidental Petroleum
è arrivata martedì a Quito, capitale dell’Ecuador.
Migliaia di persone hanno partecipato alla mobilitazione.
La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador
(CONAIE) è stata una delle principali organizzazioni
a prendere parte alla manifestazione. Tra gli altri,
hanno partecipato anche rappresentanti dei governi
locali dell’Amazzonia e deputati del Movimento dell’Unità
Plurinazionale Pachakutik-Nuevo País. I manifestanti
ecuadoriani rifiutano che lo stato risolva le tensioni
con la Occidental Petroleum, conosciuta anche come
Oxy, attraverso un accordo senza il consenso delle
due parti.
I movimenti sociali ecuadoriani, soprattutto
quelli indigeni, chiedono che cessi il contratto che
unisce l’impresa petrolifera statunitense allo Stato
dell’Ecuador.
La Occidental Petroleum è attualmente in causa per
la avere venduto all’impresa canadese Encana le sue
azioni in un blocco dell’Amazzonia, senza il previo
consenso dello stato. La manifestazione di martedì
è passata dalla Procura Generale dello Stato e dal
Ministero dell’Energia.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, il
presidente della CONAIE, Luis Macas, e il presidente
della Confederazione dei Popoli di Nazionalità Kichwa
dell’Ecuador (ECUARUNARI), Humberto Cholango, hanno
dichiarato che il movimento indigeno organizzerà una
grande mobilitazione se il governo non caccerà la
Oxy dal paese.
I movimenti e i rappresentanti dell’Amazzonia ecuadoriana
chiedono inoltre, tra le altre cose, che la propria
regione riceva maggiori benefici dall’attività petrolifera
e che vengano attuate misure per tutelare l’ambiente.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto Terre Madri
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Problemi
fisici delle donne, i lati oscuri dello sfruttamento
della Suez a Manaos
Giovedì 11 maggio 2006
Problemi fisici delle donne, i lati
oscuri dello sfruttamento della Suez a Manaos
La cattiva gestione della multinazionale Suez a Manaos
(Brasile) causa, tra le altre cose, seri problemi
fisici alle donne, secondo quanto ha denunciato oggi
Francis Santos Junior, testimone nella causa intentata
contro la Suez che si svolge presso il Tribunale dei
Popoli, nell’ambito dell’incontro “Allacciando Alternative
2”.
Dolori alla colonna vertebrale, vene varicose e persino
disturbi ginecologici sono alcuni dei problemi che
la testimone ha illustrato per fare luce su una situazione
che passa inosservata dalla società in generale.
La brasiliana ha dichiarato che le poche ore di fornitura
di acqua costringono la gente ad alzarsi all’alba
e caricarsi in spalla pesanti barili per il consumo
giornaliero della casa e per poi dedicarsi ai propri
rispettivi lavori. Questo lavoro, secondo Francis
Santos Junior, lo fanno sempre le donne, a volte gravide
o con bambini appena nati, e persino le bambine, che,
secondo lei, soffriranno di mali maggiori in futuro.
La Suez è stata una delle multinazionali a cui è stata
fatta causa, assieme a Aguas de Barcelona, GTZ e Unión
Fenosa, nell’ambito dei servizi pubblici (acqua ed
elettricità).
María Martín. Radio Vallekas Red Internacional
de Mujeres Periodistas y Comunicadoras
Foro de Radios / Enlazando Alternativas 2
Traduzione di Arianna Ghetti
– Revisione di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto
Terre Madri Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Notizie:
Stédile mette in guardia sui pericoli della modernizzazione
dell’agricoltura in Cina
Giovedì 11 maggio 2006
Il brasiliano Joao Pedro Stédile,
rappresentante di Vía Campesina, mette in guardia
sui pericoli come conseguenza della modernizzazione
dell’agricoltura in un paese come la Cina, non soltanto
per la sua popolazione, quanto per il mondo intero.
“Se il governo cinese, che non ha niente di comunista
da tempo, adottasse delle misure per modernizzare
la propria agricoltura, 400 milioni di contadini sarebbero
costretti ad emigrare. “Sarebbe una tragedia”, ha
rivelato Stédile, incaricato di esporre davanti al
Tribunale il giudizio in merito alle risorse naturali
e la catena agroalimentare, i casi della proliferazione
delle fabbriche di cellulosa nel Cono Sud, la coltivazione
di soia nella regione così come le multinazionali
Bayer e British Tobacco.
Secondo Stédile, il massiccio sfruttamento da parte
delle imprese multinazionali causerà gravi conseguenze
per le risorse naturali universali. “Non è una minaccia,
è la verità”, ha dichiarato.
María Martín. Radio Vallekas Red Internacional
de Mujeres Periodistas y Comunicadoras
Foro de Radios / Enlazando Alternativas 2
Traduzione di Arianna Ghetti
– Revisione di Benedetta Scardovi-Mounier - Progetto
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Le
Comunità Promuovono un'Estrazione Mineraria Sostenibile:
"L'Oro Verde" Mercoledì,
10 Maggio 2006 I contadini
del dipartimento di Chocó, in Colombia, assicurano
che la loroprincipale risorsa di sostentamento economico
è l'"oro verde".
Affermano che questo particolare progetto, che non
è diverso dall'estrazione di altri minerali, è emerso
dopo "anni di devastazione" della biodiversità
ad opera di grandi imprese minerarie.
Si tratta di un'iniziativa di utilizzazione dell'oro
come qualunque altra, sebbene la sua principale caratteristica
è l'uso di tecniche che cercano di minimizzare i danni
ambientali.
I promotori del progetto Oro Verde hanno spiegato
che, sfortunatamente, l'iniziativa di organizzarsi
intorno a questa strategia nasce da un singolo fattore:
l'assenza dello stato e l'indulgenza di enti pubblici
di fronte all'utilizzazione irresponsabile del metallo.
Essi sottolineano il fatto che "sono stanchi"
di vedere che una delle regioni più ricche della Colombia
è anche una delle "più povere ed arretrate".Aristarco
Mosquera, uno dei promotori dell'utilizzazione mineraria
pulita,ha detto "l'Oro è sempre stato estratto
dalla regione del Choco, ma tutte le risorse finiscono
all'estero, e a noi restano solo i danni".
Mosquera afferma che la proposta dell'Oro Verde si
basa su due principi: adottare metodi tradizionali
di estrazione che sono meno dannosi, e utilizzare
una strategia di sviluppo locale, vale a dire che
i profitti derivati dall'estrazione dell'oro restano
nella comunità.
"Qui nel Choco è sempre stata imposta un'economia
enclave, sin dai tempi del colonialismo", ha
aggiunto.
Finora, 150 famiglie hanno preso parte al progetto
Oro Verde, con una media di sette membri per ogni
famiglia. Il cosiddetto "Oro Verde" viene
commercializzato in Colombia e a livello internazionale
attraverso "canali di commercio equo e di commercio
verde", hanno spiegato i promotori.
Essi hanno aggiunto che uno dei principali passi da
fare è "analizzare I promotori del progetto si
basano su una normativa recentemente
approvata, che stabilisce che le terre improduttive
possono essere
amministrate dalle
comunità, e che essi prevedono garantisca di per sé
"l'attuazione di
tecniche di utilizzazione responsabili".
Fonti:
www.ecoportal.net
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la
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Si
è Concluso il Forum Sociale Europeo: I Dimostranti
Dichiarano: "Rifiutiamo Questa Europa Neoliberale"
Mercoledì, 10 Maggio 2006
Si è concluso domenica ad Atene, in
Grecia, il IV Forum Sociale Europeo con la firma di
un documento che esorta le organizzazioni ed i partecipanti
al forum a realizzare, alla fine di settembre, una
settimana di azioni contro le guerre di tutto il mondo.
Circa 15 mila persone, inclusi i rappresentanti di
130 organizzazioni sociali, hanno partecipato all'incontro
di Atene.
Secondo l'agenzia di stampa Prensa Latina, il documento
finale firmato alla fine del forum rappresenta una
dichiarazione contro la guerra. In particolare fa
riferimento all'occupazione statunitense dell'Afghanistan,
iniziata nel 2001, alla guerra in Iraq, promossa dagli
Stati Uniti nel 2003, e al conflitto tra israeliani
e palestinesi.
La dichiarazione finale del IV Forum Sociale Europeo
avvisa della minaccia bellica statunitense contro
l'Iran, come risultato del programma di arricchimento
dell'uranio di questo paese, che può portare ad un'altra
guerra.
Secondo l'emittente spagnola Canal Solidario, la dichiarazione
finale del forum pone in evidenza una delle maggiori
preoccupazioni dei partecipanti all'incontro, cioè
il deterioramento delle condizioni dilavoro in Europa
e l'approvazione di un Trattato Costituzionale (per
l'Unione Europea) non tiene in considerazione le necessità
sociali.
Nella dichiarazione si legge: "respingiamo
questa Europa neoliberale e qualunque sforzo di rilanciare
il Trattato Costituzionale; stiamo lottando per un'altra
Europa, una Europa femminista, aperta, pacifica, dove
ci siano giustizia sociale, livelli di vita sostenibili,
autonomia dei prodotti alimentari e solidarietà, che
rispetti i diritti delle minoranze e l'auto-determinazione
dei popoli".
Vi si aggiunge che: "anche se l'Unione Europea
è una delle zone più ricche del mondo, dieci milioni
di persone vivono in povertà come risultato dell'enorme
livello di disoccupazione e delle cattive condizioni
di lavoro. Le politiche dell'Unione Europea basate
sull'interminabile espansione della competitività
fuori e dentro l'Europa costituiscono una minaccia
per l'occupazione, i lavoratori, e i diritti del ben
essere, i servizi pubblici, l'istruzione, la salute,
ecc".
Secondo Canal Solidario, le organizzazioni che hanno
partecipato al forum hanno stabilito un ordine del
giorno di argomenti da trattare che include, tra le
altre cose, l'occupazione e la pace. Una delle sfide
è quella di migliorare la coordinazione tra i movimenti
sociali delle diverse parti d'Europa. Sabato, i partecipanti
al forum hanno organizzato una dimostrazione per le
strade di Atene, alla quale hanno partecipato più
di 60.000 persone.
Circa 6.000 agenti di polizia hanno formato la squadra
di sicurezza che ha operato durante la dimostrazione,
e ci sono stati anche alcuni scontri con i manifestanti.
Traduzione di Elena Tagliata
- Progetto Terre Madri - Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it
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Multinazionali:
Unión FENOSA viola “legislazioni locali, diritti collettivi
e umani degli abitanti”
Mercoledì 10 maggio 2006
“Unión Penosa”: è lo slogan delle
organizzazioni colombiane unite nella campagna “Atarraya
Nacional en Defensa del Agua y la Energía”
Comincia questo mercoledì a Vienna, capitale austriaca,
il “II Incontro ‘Intrecciando Alternative 2 America
Latina – Unione Europea” (UE), che riunisce organizzazioni
non governative e rappresentanti della società civile
europea e latinoamericana. L’incontro si svolgerà
parallelamente al IV Summit dei Capi di Stato e di
Governo di America Latina, Caraibi e Unione Europea,
che si svolgerà nelle giornate di venerdì e sabato
a Vienna.
I partecipanti di “Intrecciando Alternative 2” vogliono
denunciare il neoliberalismo nascosto dei trattati
commerciali che l’UE ha negoziato o sta negoziando
con paesi dell’America Latina e dei Caraibi.
Nell’ambito di questo incontro alternativo si svolgerà
nelle giornate di mercoledì e giovedì un “Tribunale
dei Popoli sulle violazioni dei diritti umani” commesse
dalle multinazionali europee in America Latina e Caraibi.
Il tribunale non ha carattere vincolante.
Radio Mundo Real ha intervistato Juan Pablo Soler,
membro dell’organizzazione ambientalista Censat Agua
Viva – Amici della Terra Colombia, il quale presenterà
denunce contro l’impresa spagnola del settore energetico
Unión Fenosa.
Soler ha dichiarato che “dopo aver monitorato Unión
Fenosa in Nicaragua, Panama, Guatemala e Colombia,
l’intenzione è mostrare alla comunità internazionale,
in questo caso il tribunale, le azioni illegali perpetrate
dalla multinazionale in ognuno di questi paesi”.
“Metteremo in evidenza un’ampia gamma di denunce,
fondamentalmente focalizzate sulle azioni di Unión
Fenosa, la quale ha violato legislazioni locali, diritti
collettivi e umani degli abitanti, soprattutto nei
quartieri più poveri”, ha aggiunto Soler.
Secondo Soler, il caso della Colombia è paradigmatico
per ciò che riguarda l’enorme potere di pressione
esercitato dalle imprese nei confronti dei governi
latinoamericani. In Colombia “le multinazionali sono
riuscite ad ottenere influenza politica per la determinazione
di alcuni decreti”, come per esempio quello che ha
permesso loro di introdurre un programma di “energia
sociale”, ha rivelato.
Sotto questo programma, sono gli stessi abitanti della
comunità che svolgono i lavori dell’impresa, che fanno
pagare per il servizio energetico.
Unión Fenosa utilizza questa “strategia sociale” per
apparire come un’impresa che facilita la partecipazione
delle popolazioni locali nel proprio,operato, mentre
offre opportunità lavorative.
Tuttavia, secondo Soler queste azioni di Unión Fenosa
“portano con sé gravi conseguenze sociali, come per
esempio conflitti all’interno della stessa comunità”.
Le reazioni delle comunità locali alle operazioni
di Unión Fenosa in Colombia sono state “interessanti”
per quanto riguarda la coordinazione con sindacati
e organizzazioni sociali comuni per denunciare questo
genere di condotte corporative.
Tradotto da Arianna Ghetti –
progetto Terre Madri Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Forte
resistenza al TLC in Guatemala
Mercoledì 10 maggio 2006
Oppositori al TLC cercano in tutti
i modi di evitare la sua entrata in vigore
Ci si aspetta che migliaia di guatemaltechi
partecipino ad una “notte di veglia” di fronte all’edificio
della statale Corte Costituzionale, che studia la
possibilità di contestare il già approvato Trattato
di Libero Commercio (TLC) con gli Stati Uniti.
La manifestazione, che è stata richiesta dal Collettivo
di Organizzazioni Sociali, aspetterà il verdetto che
la corte dovrebbe rendere noto nella mattinata di
giovedì, dopo un ricorso di incostituzionalità contro
il TLC presentato da circa trenta gruppi di opposizione.
"Il TLC mette in pericolo la sovranità nazionale,
viola la Costituzione e priva di diritti i guatemaltechi",
ha sottolineato ieri il dirigente indigeno José Callejas.
Callejas ha assicurato che si tratta di una manifestazione
pacifica, il cui obiettivo principale è denunciare
i “danni inaspettati” che verranno provocati attraverso
la messa in vigore di un accordo con gli Stati Uniti.
Secondo quando ha dichiarato il dirigente, nemmeno
le stesse autorità governative sono consapevoli degli
impatti che un TLC con gli Stati Uniti avrebbe sulla
popolazione.
Alberto Ramírez, anch’egli membro di un’organizzazione
indigena, ha messo in guardia sugli “ovvi danni” che
soffrirebbe il settore della piccola e media impresa
del Guatemala.
“È piuttosto semplice da capire: queste imprese non
hanno alcuna possibilità di competere con i prodotti
statunitensi”, ha sottolineato l’attivista.
Le organizzazioni che hanno intentato la causa hanno
dichiarato di fronte alla Corte che il TLC “viola
lo spirito della Costituzione in diversi aspetti e
la sua approvazione non è stata discussa con il popolo”.
Il TLC con gli Stati Uniti è stato già approvato dal
Congresso del Guatemala, tuttavia non è ancora entrato
in vigore poiché l’approvazione della cosiddetta “legge
di implementazione” è ancora in corso.
Tradotto da Arianna Ghetti – progetto
Terre Madri Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Salvador:
Allarme per la probabile privatizzazione dei servizi
idrici
Martedì, 9 maggio 2006
Beatrice de Carrillo, difensore dei
diritti umani salvadoregno, denuncia che la decisione
del governo di trasferire la gestione dei servizi
idrici alle municipalità nasconde in realtà l'intenzione
di privatizzarli.
De Carrillo avverte che l'organismo da lei presieduto
vigilerà sulle azioni del governo salvadoregno di
Antonio Saca dirette a trasferire i servizi idrici
ai governi locali delle varie municipalità.
Cesar Funes, presidente dell'ente statale che fornisce
i servizi idrici in Salvador (Amministrazione nazionale
per gli acquedotti e fognature), ha annunciato che
uno dei suoi scopi è il trasferimento di questi servizi
ai governi municipali.
La De Carrillo è convinta che i governi locali non
hanno le risorse economiche e le competenze necessarie
per fornire i servizi idrici al popolo del Salvador.
Stando al quotidiano salvadoregno Co Latino, la De
Carrillo avrebbe affermato: “non possiamo ignorare
che molte municipalità hanno risorse sia tecniche
che economiche troppo ridotte per poter far fronte
a situazioni tanto delicate come il trattamento e
la distribuzione dell'acqua.
“I servizi idrici verranno privatizzati, una volta
che le municipalità si mostreranno incapaci di gestirli”
ha aggiunto.
La De Carrillo ritiene inoltre che il governo del
presidente Saca debba promuovere progetti idrici che
portino benefici a tutta la popolazione e sostenere
i governi locali prima di trasferire la responsabilità
della fornitura dei servizi di acqua e fognature.
La signora De Carrillo ha anche partecipato ad una
azione di protesta del Comitato ecologico di Planes
de Renderos,nella provincia centrale di San Salvador,
la settimana scorsa. La protesta era stata indetta
per denunciare la distruzione di una riserva ecologica.
La popolazione locale accusa la ditta edile Guerrero
di essere responsabile del finanziamento della costruzione
di 300 case in un'area protetta, con la conseguente
distruzione dell'ambiente.
Secondo il giornale Co Latino, Beatrice De Carrillo
ha trovato foreste sradicate, e l'interramento del
fiume Amatitan. La De Carrillo sostiene che le proteste
della popolazione di Planes de Renderos dovranno essere
presentate alla Suprema Corte di Giustizia, all'Assemblea
legislativa del Congresso, e infine davanti alla corte
Interamericana per i diritti umani.
Ad aprile, l'organizzazione ambientalista Cesta-Amici
della Terra ha inviato all'assemblea legislativa tre
lettere nelle quali si denunciavano, tra l'altro,
i danni ambientali a Planes de Renderos.
Traduzione di Giuseppina Vecchia,
Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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Il
Governo Russo Ordina di Cambiare il Percorso dell'Oleodotto
per Evitare l'Inquinamento del Lago Baikal
Martedì, 09 Maggio 2006
Il presidente russo, Vladimir Putin,
ha ordinato di cambiare il percorso dell'oleodotto
Siberia Orientale - Oceano Pacifico, attraverso il
quale la Russia progetta di rifornire la Cina e il
Giappone - tra gli altri paesi - di petrolio greggio,
questo per impedire che il progetto colpisca il lago
siberiano Baikal, patrimonio dell'umanità e una delle
più grandi riserve d'acqua fresca del mondo.
La Siberia è la parte asiatica della Russia, ad est
del paese. Il lago
Baikal è stato in pericolo perché, secondo il progetto
iniziale, l'oleodotto doveva passare proprio a 800
metri dalle sponde del lago. Inoltre, la "Duma"
russa o Casa dei Rappresentanti ha modificato una
disposizione legislativo per permettere all'oleodotto
di passare vicino al Lago Baikal.
Comunque, a fine aprile, il presidente Vladimir Putin
ha ordinato di cambiare il percorso dell'oleodotto.
Il presidente ha discusso la questione con ecologisti,
scienziati e uomini d'affari collegati all'impresa
Trasneft, proprietaria del progetto dell'oleodotto.
Putin ha sorpreso ancora di più quando ha confermato
che l'oleodotto sarebbe passato a più di 40 km dalle
sponde del Lago Baikal, una distanza proposta dal
vice presidente dell'Accademia di Scienze russa, Nikolái
Laverov, per evitare l'inquinamento causato dalle
fuoriuscite di petrolio.
Gruppi ecologisti russi e stranieri avevano avvisato
che la costruzione dell'oleodotto Siberia orientale
- Oceano Pacifico avrebbe inquinato le acque del Lago
Baikal.
Secondo il giornale spagnolo El Pais, Putin ha affermato
che "riguardo alle future generazioni, dobbiamo
fare tutto quello che possiamo per escludere anche
la minima possibilità di inquinare il Lago Baikal".
D'accordo con El Pais, il direttore esecutivo di Greenpeace
in Russia, Serguéi Tsiplenkov, ha aggiunto che "la
decisione di portare l'oleodotto al di fuori della
zona di sicurezza delle acque del Lago Baikal è un
grande passo, molto corretto da un punto di vista
ecologico".
E sempre secondo il giornale spagnolo, l'oleodotto
sarà lungo circa 4.180 km. Sarà il più grande oleodotto
della Russia e permetterà di trasportare fino a 80
milioni di tonnellate di greggio l'anno.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la
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Il
Governo Boliviano Lavora all'Attuazione della Riforma
Agraria
Martedì, 09 Maggio 2006
Lo scorso lunedì, il governo boliviano
ha annunciato che presto avrebbe distribuito dagli
11 ai 14 milioni di ettari di terra ai contadini,
alle comunità indigene e ai boliviani che non ne possiedono,
come parte della sua strategia di riforma agraria.
Questo annuncio è stato fatto dal Ministro dello Sviluppo
Agricolo, Hugo Salvatierra. Il ministro ha aggiunto
che il presidente boliviano, Evo Morales, sta lavorando
ad una serie di regolamenti per assicurare la nazionalizzazione
della terra.
Secondo il giornale boliviano La Presa, il ministro
Salvatierra ha detto che il presidente Morales sta
lavorando ad "otto decreti e un disegno di legge
affinché lo stato espropri tutte le terre che non
svolgono una funzione sociale o i cui diritti di proprietà
sono stati ottenuti in modo illecito".
Il Ministro boliviano alla Panificazione, Carlos Villegas,
ha spiegato che il governo attuerà il programma del
partito di Evo Morales, il Movimento al Socialismo
(MAS), che propone la realizzazione di una riforma
agraria. Oltre ad avere uno scopo economico, la riforma
agraria mira a combattere la povertà nelle zone rurali.
Secondo il giornale La Prensa, il Vice Ministro della
Terra, Alejandro Almaraz, ha spiegato che in base
alla legge attuale, lo Stato della Bolivia ha il diritto
di costringere coloro che non pagano le tasse, a restituire
le loro le terre.
Tuttavia, le tasse sono basse e sono pochissimi i
proprietari che non le pagano. Il governo di Evo Morales
sta lavorando ad una serie di leggi per assicurare
che la terra appartenga alle persone che la lavorano.
Il governo boliviano vuole anche che lo stato espropri
le terre caratterizzate dalla "mancanza di produttività".
I proprietari devono consegnare la terra se non soddisfano
una funzione "produttiva".
Il governo progetta anche di creare un organismo giuridico
per costringere i proprietari che ottengono crediti
ad investire questo denaro sulle loro terre. Se non
lo facessero, dovrebbero consegnare le stesse terre
allo Stato Boliviano.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Indigeni
brasiliani protestano contro la multinazionale Procter
& Gamble
Martedì 9 maggio 2006
La Procter & Gamble è anche accusata
di maltrattamento di animali nelle prove di laboratorio.
Un gruppo di indigeni brasiliani e attivisti di organizzazioni
non governative europee stanno bloccando l’entrata
alla principale fabbrica della multinazionale Procter
& Gamble, nella città tedesca di Neuss.
I manifestanti rivelano che questa ditta, che produce
prodotti per la casa, di cosmetica e farmaceutici,
tra le altre cose, è una delle principali acquirenti
dell’impresa di cellulosa Aracruz, che opera in Brasile.
I nativi brasiliani accusano questa compagnia forestale
di “invadere” le terre dei popoli indigeni Tupinikim
e Guaraní, nello Stato settentrionale di Espirito
Santo.
Aracruz è la maggiore produttrice a livello mondiale
di cellulosa, ed è proprietaria in questa regione
di più di 247 mila ettari di piantagioni di eucalipto.
Secondo quanto riportato dal Consiglio Indigeno Missionario,
una delle organizzazioni che favorisce la campagna
contro la Procter & Gamble, questa impresa utilizza
la materia prima di Aracruz per produrre fazzoletti
di carta della marca Tempo, una delle più commercializzate
in Europa.
I manifestanti hanno affisso un cartellone nei portoni
della fabbrica con lo slogan “le nostre narici non
ne possono più!”.
La campagna contro il binomio Aracruz – Procter &
Gamble include anche un appello a non usare i fazzoletti
di carta delle marche “Charmin” e “Bess”,
anch’essi prodotti nella fabbrica di Neuss e commercializzati
in tutta Europa.
”I tedeschi devono sapere che noi, indigeni Tupiniquim
e Guaraní, siamo stati brutalmente cacciati a causa
della materia prima di Tempo e queste carte igieniche”,
ha denunciato Paulo Henrique, uno degli indigeni che
ha partecipato alla protesta.
Gli indigeni chiedono alla multinazionale tedesca
di “fare pressione su Aracruz” affinché vengano restituiti
i mille ettari e più alle comunità indigene dello
Stato di Espirito Santo.
Fonte: Adital www.angelfire.com
Tradotto da Arianna Ghetti –Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Multinazionali
europee accusate di violazioni in America Latina
Martedì 9 maggio 2006
Diverse imprese europee saranno citate
in giudizio questa settimana durante una riunione
alternativa realizzata in parallelo al IV Summit Unione
Europea – America Latina/Caraibi (UE-ALC) che si terrà
in Austria, paese che attualmente presiede l’Unione
Europea.
Nel corso del Summit, i capi di Stato discuteranno
dei piani per promuovere accordi commerciali e di
investimento tra i due blocchi. I governi si trovano
sotto pressione dai leader imprenditoriali, i quali
si riuniranno dall’11 al 13 maggio per dare voce alle
proprie richieste, in particolare una maggiore liberalizzazione
del commercio e degli investimenti.
Dall’altra parte, i partecipanti del Summit alternativo
desiderano che i leader dell’UE e dell’ALC
smettano di promuovere la liberalizzazione del commercio
e degli investimenti, e hanno organizzato per le giornate
del 10 e 11 maggio un "Tribunale dei Popoli sulle
violazioni dei diritti umani" perpetuate dalle
multinazionali europee in America Latina e nei Caraibi.
La liberalizzazione del commercio e degli investimenti
ha già causato effetti disastrosi per molti settori
in diversi paesi dell’America Latina e di altri continenti.
Gruppi di “Amici della Terra” di Europa e America
Latina partecipano al Summit alternativo e convocano
quattro compagnie europee al Tribunale dei diritti
umani a Vienna per il proprio coinvolgimento in violazioni
dei diritti sociali, ambientali e umani in America
Latina e Caraibi.
“Il Tribunale dichiara che molte compagnie europee
stanno causando problemi sociali e ambientali in America
Latina e nei Caraibi. Anziché favorire una maggiore
liberalizzazione, i capi di stato dovrebbero discutere
i modi di consolidare i diritti delle comunità colpite,
ha dichiarato Paul de Clerck di Amici della Terra
Internazionale.
Le quattro multinazionali convocate dai gruppi di
Amici della Terra sono:
Vion Food Group:
Con sede nei Paesi Bassi, è uno tra i più grandi venditori
di prodotti suini e leader nel mercato del bestiame
– è il mattatoio più grande in Europa.
L’alimentazione per i suini deriva principalmente
dalla soia del Brasile. La produzione di soia causa
la deforestazione su larga scala della zona amazzonica,
violazioni dei diritti umani, espulsione di contadini
locali e contaminazione da pesticidi.
Suez:
Nel dipartimento di Maldonado in Uruguay, il gigante
francese di acqua ed energia Suez ha fornito servizi
idrici negli ultimi otto anni attraverso la sua affiliata
spagnola Aguas de Barcelona. In quegli anni, i prezzi
dell’acqua sono aumentati fino a circa il 700%, escludendo
una larga parte della popolazione povera ad accedere
a questa risorsa.
Andritz AG:
Andritz AG dell’Austria è leader mondiale di macchinari
per la lavorazione del legno. La compagnia è coinvolta
in progetti controversi di cellulosa e carta in Brasile,
Cile e Uruguay, con conseguente distruzione del bosco,
grave contaminazione e conflitti con la popolazione
locale.
L’impianto di Botnia per la produzione
di cellulosa in Uruguay ha recentemente causato accese
proteste e un conflitto internazionale tra i governi
di Uruguay e Argentina, i quali hanno portato questo
caso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia
all’Aia.
Unión Fenosa:
Il gruppo spagnolo di elettricità ha succursali in
Guatemala, Nicaragua, Messico, Costa Rica, Panamá
e Colombia. La compagnia è accusata di azioni illegali,
tra cui disconnettere le persone dalla rete di distribuzione
di energia elettrica senza preavviso, violazioni di
accordi lavorativi internazionali, intimidazione di
leader locali e altre violazioni di diritti umani.
Tradotto da Arianna Ghetti –Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Indigeni
mapuche occupano il consolato cileno di Bariloche
Lunedì, 8 maggio 2006
Circa 20 indigeni mapuche hanno occupato
martedì il consolato cileno della città argentina
di Bariloche, nella provincia centrale di Río Negro,
per richiedere che vengano rilasciati i quattro prigionieri
politici mapuche che sono stati condannati a dieci
anni di prigione a causa della legge antiterrorista
cilena. “L’unica cosa che lo stato cileno ha fatto
è stato reprimere, incarcerare e uccidere i mapuche”
ha dichiarato un membro del gruppo che ha chiesto
di potere rimanere nell’anonimato in un’intervista
per Radio Mundo Real.
I prigionieri, Juan Huenulao, Patricio Marileo, Jaime
Marileo e Patricia Troncoso, rifiutano la qualifica
di “terroristi”, per la quale sono stati processati.
Più di 50 giorni fa, hanno iniziato lo sciopero della
fame nella prigione della località di Angol, che si
trova nella nona regione del Cile nel centro del paese,
conosciuta anche come Araucanía.
Nel 2004 sono stati dichiarati colpevoli da tre rappresentanti
del ministero degli affari pubblici cileno per avere
appiccato un incendio “terrorista” sulla proprietà
dell’impresa forestale Mininco.
I correspondenti di Radio Mundo Real in Argentina
e membri dell’organizzazione ambientalista Amigos
de la Tierra Buenos Aires, Raquel Schrott e Ezequiel
Miodownik, hanno parlato con uno dei mapuche che partecipa
all’occupazione del consolato cileno a Bariloche e
che ha chiesto di potere rimanere nell’anonimato.
Il rappresentante mapuche ha dichiarato: “Abbiamo
preso questa iniziativa insieme a diversi fratelli
del popolo mapuche: occupare pacificamente le strutture
fino a che i nostri fratelli prigionieri politici
non verranno liberati .[…] Porteremo avanti questa
iniziativa costi quel che costi”.
Ha rivelato che i prigionieri indigeni “stanno facendo
uno sciopero della fame con pericolo di morte. […]
La loro salute è in condizioni critiche e precarie.
Si tratta di tre uomini e di una donna. Quest’ultima
è in una situazione molto critica: presenta sangue
nelle orine che indica un’infezione urinaria molto
grave e rischia di morire da un momento all’altro.”
L’attivista indigeno ha spiegato che “lo stato del
Cile mantiene una politica razzista e di sterminio
attraverso le leggi lasciate dalla dittatura di Pinochet
che oggi continuano a venire applicate in uno stato
che si professa “democratico”.
“La nostra gente difende i propri boschi perché non
vengano devastati dalla guardia forestale, perché
le miniere non mettano dinamite nelle montagne, perché
non inquinino i fiumi, perché le mega-opere idroelettriche
non inondino le comunità, i cimiteri, i luoghi sacri.
Il popolo mapuche ha iniziato a protestare e reclama
fermamente il propri diritti di legittimo popolo originario”
ha aggiunto.
Tuttavia, secondo il nostro intervistato “l’unica
cosa che lo Stato ha fatto è stato reprimere, incarcerare
e uccidere la nostra gente. Ci sono già state quattro
morti, 20 prigionieri politici, decine di processati
e di clandestini, perché in quel paese non c’è alcuna
sicurezza per la nostra gente. I diritti umani vengono
violati costantemente.”
Si vedano gli articoli di Radio Mundo
Real su questo argomento:
"Los mapuches luchan contra las
madereras"
"Chile: mapuche muere víctima
de atentado de empresa forestal"
"Planta de celulosa provoca desastre
ambiental en Chile"
"Mapuches piden amnistía y solidaridad"
"Mapuches chilenos llevan 16
días de huelga de hambre por reivindicaciones"
"Indígenas chilenos denuncian
"criminalización de la protesta"
"Indígenas chilenos ocuparon
consulado de Bolivia"
Traduzione di Benedetta Scardovi-Mounier
- Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace -
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Multinazionali
europee accusate del proprio operato in America Latina
Lunedì 8 maggio 2006
Convocazione dell’incontro di “Intrecciando
Alternative 2”
L’Incontro “Intrecciando Alternative
2. America Latina – Unione Europea” ha inizio questo
mercoledì a Vienna, capitale austriaca. Riunirà organizzazioni
non governative e rappresentanti della società civile
europea e latinoamericana che accusano l’Europa di
favorire in America Latina un libero commercio pericoloso
per la regione.
L’incontro si svolgerà parallelamente al IV Summit
dei Capi di Stato e di Governo di America Latina,
Caraibi e Unione Europea, che si svolgerà nelle giornate
di venerdì e sabato a Vienna.
Secondo l’agenzia di stampa Europa Press, ci sono
circa 200 organizzazioni convocanti le iniziative
di “Intrecciando Alternative 2” e si attendono circa
1.000 partecipanti.
Gli organizzatori vogliono mettere in guardia sul
fatto che l’Unione Europea sostiene un “neoliberalismo
segreto” nell’ambito degli accordi di associazione
stipulati con Messico e Cile, sul fatto che negozia
con il MERCOSUR e che starebbe per negoziare con l’America
Centrale.
Una delle attività più importanti che si svolgeranno
nell’ambito di “Intrecciando Alternative 2” è il lavoro
di un tribunale di giustizia, non a carattere vincolante,
che giudicherà l’operato di multinazionali europee
in America Latina, soprattutto le violazioni dei diritti
umani perpetrate dalle stesse.
L’organizzazione ambientalista ecuadoriana Acción
Ecológica presenterà davanti al tribunale denunce
contro la società petrolifera spagnola Repsol YPF,
l’italiana Agip e la francese Perenco.
Il rappresentante di Acción Ecológica José Proaño
ha illustrato le denunce che l’organizzazione intende
presentare in un’intervista rilasciata a Carlos Santos,
membro dell’organizzazione ambientalista Redes-Amici
della Terra Uruguay.
“Presentiamo il caso in tribunale
con l’idea di poter denunciare le azioni che abbiamo
raccolto nel corso di diversi anni di lavoro all’interno
delle piattaforme petrolifere di multinazionali (...),
di violazioni dei diritti ambientali, culturali, umani,
la militarizzazione applicata all’interno di questi
campi”, ha spiegato Proaño.
Repsol YPF, Agip e Perenco “sono socie di un consorzio
che ha iniziato a costruire un oleodotto in Ecuador
nel 2001, terminato poi nel 2003. Anche la costruzione
era caratterizzata da molteplici irregolarità, corruzione,
violenza estrema, casi piuttosto gravi”, ha aggiunto
il rappresentante di Acción Ecológica.
Proaño ha anche dichiarato che al tribunale di Vienna
saranno presenti “persone dei campi (petroliferi)
direttamente colpite, la gente che sta soffrendo e
che è costretta ogni giorno a lottare contro le imprese,
con la contaminazione che provocano e la violenza
che generano”.
Tradotto da Arianna Ghetti –Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Foro
de Radios Trasmette da "Intrecciando Alternative
2"
Lunedì, 08 maggio 2006
Dal 10 al 13 maggio si terrà a Vienna,
in Austria, il Summit dei Capi dello Stato e dei Governi
dell'America Latina, dei Caraibi e dell'Unione Europea.
Parallelamente alla riunione ufficiale si terrà un
incontro alternativo chiamato "Intrecciando Alternative
2", un meeting tra movimenti sociali ed organizzazioni
non governative dell'Europea, dell'America Latina
e dei Caraibi.
Durante l'incontro, Foro de Radios, realizzerà un
servizio condiviso con e per radio alternative e comunitarie
di tutto il mondo via Internet. La trasmissione includerà
gli atti di apertura e di chiusura, alcune conferenze
e programmi radiofonici dell'Europa e dell'America
Latina.
Sarà una trasmissione senza interruzione, congiunta
e multilingue, che potrà essere ascoltata sul sito
www.foroderadios.fm.
Sarà anche possibile scaricare i programmi trasmessi
dal sito web una volta che si saranno concluse le
attività degli incontri.
La scaletta del programma sarà presto disponibile
sul sito web e comprenderà programmi in tedesco, olandese,
inglese, spagnolo e portoghese.
Foro de Radios è un'iniziativa di convergenza tecnologica
che unisce il lavoro di radio comunitarie, network
e altri attori legati al mondo delle Tecnologie dell'Informazione
e della Comunicazione (ICT), quindi che crea un progetto
di libero interscambio nella produzione di informazioni
in formato radiofonico.
Nelle precedenti edizioni, come il Terzo Summit delle
Popolazioni, tenutosi a Mar del Plata, la VI Conferenza
Ministeriale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio
(WTO) ad Hong Kong, il Forum Mondiale Sociale tenutosi
a Porto Alegre in Brasile e a Caracas in Venezuela,
ed il Forum Sociale Brasiliano, Foro de Radios ha
promosso questi spazi di comunicazione insieme ad
altre iniziative di comunicazione condivisa.
Uno degli scopi principali di questo progetto è quello
di contribuire a rafforzare la cooperazione tra le
radio di tutto il mondo attraverso l'uso strategico
di nuove tecnologie e costituisce in sé uno spazio
comune di mezzi di informazione indipendenti.
Tutte le organizzazioni con una precedente esperienza
radiofonica possono partecipare a questo evento per
rafforzare uno spazio che diventa la voce dei popoli
e dei movimenti sociali dell'Europa e dell'America
Latina che lottano per un mondo più giusto.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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La
Nestlé e la Coca Cola nelle mire dei colombiani
Lunedì 8 maggio 2006
Si è svolto giorni fa a Bogotà, capitale
della Colombia, il Tribunale Permanente dei Popoli,
un’iniziativa promossa dall’Osservatorio Sociale di
Corporazioni Transnazionali al fine di “perseguire”
l’attività di varie compagnie che operano in diversi
paesi.
In questa riunione, i rappresentanti di varie organizzazioni
locali hanno creato un giurì che ha dichiarato che
l’attività delle imprese Coca Cola e Nestlé in Colombia
ha provocato un “sovrasfruttamento di manodopera”
molto grave.
Hanno anche accusato entrambe le compagnie di essere
responsabili dello “sterminio e persecuzione” dei
principali movimenti sociali e dei rispettivi leader.
Dall’altra parte, questo “giurì speciale” ha deciso
di accusare anche lo Stato colombiano di “complicità
e permissivismo” nei confronti delle imprese.
Durante l’udienza, alla quale hanno partecipato circa
400 persone, sono stati presentati diversi documenti
riguardanti l’attività di queste imprese in Colombia
e il graduale aumento dei benefici economici delle
stesse.
Secondo uno di questi rapporti, il capitale della
famosa marca di gassosa è passato da diecimila dollari
nel 1942, anno in cui si è installata nel paese, a
628 milioni nel 2005.
Aggiungono anche che ogni impiegato che lavora nelle
fabbriche della Nestlé produceva nel 1990 circa 109
mila dollari annuali, mentre la produttività per lavoratore
nel 2005 ha raggiunto la cifra record di 427 mila
dollari all’anno.
Il documento denuncia inoltre il fatto che mentre
i profitti della Nestlé aumentano sempre di più, gli
impiegati che vi lavorano soffrono le conseguenze
dell’“instabilità lavorativa e il deterioramento dei
propri standard di vita”.
Nel caso della Coca Cola, i giurì del Tribunale dei
Popoli hanno condannato la sistematica “politica di
persecuzione sindacale” della multinazionale, mentre
nel caso della Nestlé hanno sottolineato il fatto
che solo il 3 per cento dei suoi lavoratori completa
i dieci anni di permanenza nell’impresa.
Fonte: Red Voltaire
Tradotto da Arianna Ghetti –Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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La
Deforestazione in Argentina Arriva a Livelli Allarmanti
Lunedì, 08 maggio 2006
Un rapporto pubblicato dall'organizzazione
ambientalista Vida Silvestre rivela che l'Argentina
perde ogni anno 250 mila ettari di foresta, e che
le province di Salta e Chaco sono quelle maggiormente
colpite dalla deforestazione indiscriminata.
Secondo il documento, la deforestazione è un processo
che ha "impatti devastanti" e che è peggiorato
nel corso degli ultimi anni, soprattutto come risultato
dell'espandersi del terreni agricoli.
Vida Silvestre ha fatto notare che "soltanto
negli ultimi anni abbiamo iniziato a realizzare che
questo è un problema veramente serio".
Secondo le cifre riportate da Vida Silvestre, nel
2002 l'Argentina aveva una stima di 33 milioni di
ettari di foresta, e che da quell'anno in poi, essa
perde in media ogni anno 250 mila ettari di foresta.
Gli ambientalisti la descrivono come un'"enorme
perdita" e affermano che in alcune aree specifiche
la deforestazione aumenta a ritmo accelerato.
Secondo questo studio, nella regione chiamata Chaco
Seco, è stato rimosso il 70% delle foreste native
per favorire la produzione agricola.
Un'altra regione che è particolarmente minacciata
dall'industria per la produzione di legname è la foresta
pluviale di Yungas, che comprende anche i territori
delle province di Salta, Jujuy e Tucuman, che è una
delle zone più ricche del continente americano in
quanto a biodiversità.
Il rapporto assicura che questi impatti sull'ambiente
spiegano alcuni degli ultimi disastri naturali che
hanno colpito diverse province dell'Argentina: periodi
di siccità, inondazioni e aumenti senza precedenti
nei livelli dell'
inquinamento.
Fonti: Télam www.vidasilvestre.org.ar
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 1 AL 7 MAGGIO 2006
|
Iniziato
ad Atene il 4° Forum Sociale Europeo
Venerdì, 5 maggio 2006
È iniziato giovedì ad Atene, in Grecia,
il 4° Forum
Sociale Europeo, al quale hanno partecipato circa
15.000 persone provenienti da varie parti del mondo.
Il Forum è stato lanciato sotto lo slogan di "un'altra
Europa è possibile" e "il cuore della resistenza
batterà ad Atene".
Il Forum si concluderà domenica, e sono previste circa
270 attività, come conferenze, workshop, e attività
culturali.
Seconda l'agenzia di stampa Prensa Latina, una delle
principali attività del Forum sarà quella di organizzare
una dimostrazione di pace nel centro di Atene e per
garantire la sicurezza dei dimostranti saranno impiegati
8.000 poliziotti.
Durante la dimostrazione sarà condannata l'occupazione
dell'Iraq da parte di soldati stranieri. Gli Stati
Uniti hanno iniziato una guerra contro l'Iraq nell'aprile
del 2003, dopo aver accusato il paese di possedere
armi di distruzione di massa (WMD).
Più di tre anni dopo, e nonostante il governo statunitense
abbia ammesso che i rapporti investigativi erano sbagliati,
perché le armi di distruzione di massa non sono mai
state effettivamente trovate, l'occupazione dell'Iraq
da parte degli Stati Uniti continua.
Alcuni dei temi che saranno analizzati durante il
Forum sono la lotta contro la globalizzazione, l'emancipazione
delle donne, i diritti dei lavoratori, la salute pubblica,
l'immigrazione ed il razzismo.
Si prevede che debba essere analizzato il conflitto
tra gli Stati Uniti e l' Iran riguardo il programma
nucleare di quest'ultimo.
Secondo Prensa Latina, uno dei partecipanti al Forum
è il leader contadino francese Josè Bovè, oltre a
studiosi, dirigenti sindacali e politici, ecologisti,
difensori dei diritti umani.
Il Primo Forum Sociale Europeo ha avuto luogo alla
fine del 2000 a Firenze, in Italia. A quella prima
edizione hanno partecipato 50.000 attivisti anti-globalizzazione.
Una delle attività realizzate a Firenze è stata una
dimostrazione contro l'invasione dell'Iraq da parte
degli Stati Uniti – con l'aiuto dei suoi alleati,
soprattutto Spagna e Regno Unito - alla quale hanno
partecipato quasi mezzo milione di persone.
Il Secondo Forum Sociale Europeo si è tenuto a Parigi,
in Francia, nel 2003, e la terza edizione a Londra,
Inghilterra, nel 2004.
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto
Terre Madri - Traduttori per la
Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Appena
una Piccola Vittoria
Venerdì, 5 Maggio 2006
Dopo quindici giorni di proteste e
manifestazioni, una coalizione di organizzazioni indigene
del Paraguay ha raggiunto il suo obiettivo: la destituzione
del capo dell'INDI (Istituto Nazionale Indigeno),
che è stato criticato per "non aver capito la
situazione dei nostri popoli".
Negli ultimi giorni, circa 400 indigeni appartenenti
a 18 gruppi etnici si
sono accampati fuori del quartier generale dell'INDI
ad Asuncion, capitale del Paraguay, chiedendo cambiamenti
nelle politiche indigene del governo.
Gli indigeni sostengono che negli ultimi nove mesi
il rapporto con il capo dell'INDI, Marta Dàvalos,
"è stato un fallimento", e accusano la funzionaria
di favorire la "divisione tra i popoli".
I dimostranti avevano fissato questo fine settimana
come termine ultimo affinché il governo rimuovesse
il capo dell'istituto.
Essi hanno anche fatto notare che se ciò non fosse
accaduto, avrebbero "bloccato le strade e impedito
alla Davalos di accedere al suo luogo di lavoro".
Finalmente hanno raggiunto il loro obiettivo e la
Davalos ieri è stata sostituita da Augusto Fogel,
che ha promesso di "combattere la povertà che
affligge i nativi".
Durante la sua cerimonia di inaugurazione, al quale
hanno partecipato i leader delle proteste indigene,
Fogel ha affermato che avrebbe dato la priorità "alla
produzione agricola e alla proprietà terriera".
Il nuovo capo dell'INDI ha aggiunto che le comunità
native "saranno in grado di vivere soltanto dei
loro prodotti se lavoreranno la terra".
Egli ha esortato gli altri capi dello stato ad unirsi
a lui per "migliorare il livello dell'istruzione
e l'accesso alla formazione professionale" dei
popoli indigeni.
Fonti: Adital - ABC Color (Paraguay)
Traduzione di Elena Tagliata - Progetto Terre Madri
- Traduttori per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it
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Il
governo colombiano è preoccupato perché gli Stati
Uniti hanno mandato un TLC diverso da quello accordato
Venerdì 5 maggio 2006
Il governo colombiano ha dichiarato
mercoledì di aver ricevuto dagli Stati Uniti un testo
del Trattato di Libero Commercio (TLC) diverso rispetto
a quello accordato a fine febbraio, con alcune modifiche
importanti soprattutto nel settore agricolo.
Nell’allegato del TLC sul settore agricolo, dove sarebbero
presenti le principali differenze tra i due testi,
vengono stabiliti, tra le altre cose, i termini e
le scadenze per la liberazione graduale del commercio
di prodotti agricoli e gli impegni dei due paesi in
materia di quote.
Il governo colombiano, con a capo Álvaro Uribe, la
prossima settimana invierà una delegazione a Washington,
capitale degli Stati Uniti, affinché rappresentanti
dei due paesi discutano le differenze tra i due testi
del TLC.
Secondo il quotidiano El Colombiano, coloro che si
recheranno a Washington sarebbero Hernando José Gómez,
capo negoziatore della Colombia per il TLC, e Andrés
Felipe Arias, ministro dell’Agricoltura.
Finora i rappresentanti dei due paesi hanno discusso
telefonicamente e hanno risolto alcune differenze
tra i due testi.
Tuttavia, ci sono altre imprecisioni per risolvere
le quali ci sarebbe bisogno di revisionare le note
prese durante le negoziazioni, sia in inglese che
in spagnolo. Per questo, la riunione a Washington
potrebbe risultare fondamentale.
Secondo El Colombiano, Gómez, Arias e Jorge Humberto
Botero – ministro del commercio, Industria e Turismo
– non hanno nascosto la propria preoccupazione a causa
delle differenze riscontrate, soprattutto negli allegati
del settore agricolo.
I funzionari governativi riconoscono che le differenze
si ritrovano in “cinque o sei temi”, anche se hanno
preferito non elencarli.
Nemmeno la Colombia ha divulgato il testo del TLC
negoziato con gli Stati Uniti, che causa tanto rifiuto
tra gli oppositori di questo trattato commerciale
e il presidente Uribe.
In un’intervista rilasciata alla radio colombiana
“La FM”, Gómez ha dichiarato che i testi del TLC presentano
“ambiguità che possono trasformarsi in gravi problemi,
che è necessario chiarire per evitare conflitti”.
Il capo negoziatore colombiano ha aggiunto che “gli
avvocati vivono delle imprecisioni e mbiguità dei
testi legali, ma il nostro dovere in quanto negoziatori
nel nome dello Stato colombiano è minimizzare o eliminare
il più possibile questi rischi, o evitare in futuro
una rinegoziazione dei
termini del trattato”.
Tradotto da Arianna Ghetti -
progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Movimenti
sociali del Brasile protestano contro gli aumenti
delle tariffe elettriche
Mercoledì 3 maggio 2006
Proteste del MST in Rio Grande do
Sul
Organizzazioni di lavoratori rurali
e piccoli agricoltori del Brasile si sono mobilitati
negli ultimi giorni in diverse parti dello Stato di
Rio Grande do Sul, nel sud del paese, per chiedere
l’interruzione degli “aumenti abusivi” delle tariffe
elettriche urbane e rurali.
Centinaia di manifestanti, soprattutto membri di Via
Campesina, movimento contadino internazionale, hanno
bloccato le strade nei paesi di Erechim e Passo Fundo.
Durante la manifestazione hanno chiesto al governo
del Brasile di “rispettare le promesse fatte”, in
merito al rifinanziamento dei debiti dei piccoli produttori
rurali.
Secondo quanto hanno affermato, le autorità “non hanno
ancora avviato” un programma speciale di credito agricolo.
I contadini si sono mobilitati dal centro di Erechim
e, assieme a rappresentanti di organizzazioni sindacali
locali, hanno consegnato un testo contenente le proprie
petizioni al consiglio di amministrazione della succursale
statale Banco do Brasil.
Dall’altra parte, nel corso della protesta è stato
diffuso un comunicato nel quale si rifiuta la misura
adottata dall’Agenzia Nazionale di Energia Elettrica
– anch’essa statale, che ha autorizzato un nuovo aumento
delle tariffe dell’impresa Rio Grande Energia, che
opera in questo Stato brasiliano.
Secondo quanto dichiarano, da quando sono stati privatizzati
i servizi di fornitura, il prezzo dell’elettricità
è aumentato di circa il 400%.
Aggiungono che lo stesso è successo con i prezzi di
luce e telefono, che hanno registrato incrementi “sempre
al di sopra dei tassi d’inflazione”.
Tutte queste attività di protesta contro l’“abuso
tariffario” sono supportate dal Movimento dei Lavoratori
Rurali Senza Terra (MST), dal Movimento delle popolazioni
colpite dalle dighe (MAB) e dal Movimento dei Piccoli
Agricoltori (MPA).
Tradotto da Arianna Ghetti
Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Bolivia:
La prima nazionalizzazione di idrocarburi del XXI
secolo
martedì, 02 maggio 2006
Beat Schmid, da La Paz per Radiomundoreal
É stata una enorme sorpresa e i volti
delle persone in Plaza Murillo a La Paz davanti al
Palazzo Presidenziale erano pieni di sorrisi. In diretta,
per radio, il loro presidente Evo Morales aveva appena
reso noto a sorpresa il decreto di nazionalizzazione
di tutto il settore petrolifero e del gas a partire
da quella data. Tecnici dell’impresa statale YPFB,
esponenti del ministero dell’economia e membri dell’Esercito
hanno iniziato a prendere possesso delle installazioni
e sono stati accompagnati in alcuni casi da Morales.
È stata la prima nazionalizzazione di questo genere
del 21° secolo, esattamente nel corso della giornata
governativa numero 99. Il governo, eletto con il 54%
dei voti, ha adempiuto ad una delle sue promesse centrali.
Anche se pochi giorni prima aveva dichiarato che questa
nazionalizzazione era una cosa complessa e mancavano
i tecnici per realizzarla.
Tutto faceva pensare ad un 1° maggio per nulla facile
per il governo, a causa dell’elevata conflittualità
sociale. I conducenti di bus interdipartimentali sono
in sciopero, perché non ritengono corretto dover pagare
l’IVA come qualsiasi altro settore della economia;
il personale sanitario chiede un aumento salariale
del 7%; al confine con il Brasile nella piccola cittadina
di Puerto Suárez c’è uno sciopero civico, perché verrà
mandata via una impresa brasiliana che ha un impianto
per fondere il ferro senza il relativo permesso ambientale
e ha preteso di usare il carbone di decine di migliaia
di chilometri quadrati di selva della zona; 2000 impiegati
della privatizzata Líneas Aéreas Bolivianas lottano
per i loro posti di lavoro all’interno della società
in bancarotta e le province di Santa Cruz e Tarija
non si stancano di chiedere con forza maggiore autonomia
e fondi per la sanità e l’educazione in virtù della
propria ricchezza di idrocarburi.
Con questi presupposti la storica centrale unica COB
manifestò da sola e contro il governo, dato che il
suo dirigente Jaime Solares ritiene si tratti di un
“governo riformista, traditore e venditore della patria
… l’ultima alternativa dell’impero”. Con queste affermazioni
non sorprende che la convocazione per uno sciopero
generale il 21 aprile senza rivendicazioni chiare
sia stata un clamoroso fallimento, così come la marcia.
Tuttavia, durante le settimane passate, gli sforzi
governativi sembravano concentrati nello spegnere
i molteplici focolai sociali e ci si aspettava nel
giorno della festa del lavoro “solamente” l’annuncio
di un incremento del salario minimo e l’annullamento
di una legge di liberalizzazione del mercato del lavoro.
Mai si è pensato che sin dal primo giorno di governo,
commissioni di lavoro stessero preparando questa nazionalizzazione
delle seconde riserve del gas naturale del continente,
dopo il Venezuela. Ancora una volta, dopo la prima
nazionalizzazione del continente nel 1937, la Bolivia
apre la strada, questa volta nel 21° secolo.
In concreto è l’impresa statale YPFB, quella che assume
il controllo sulla estrazione, immagazzinamento, trasformazione
e commercializzazione del petrolio e del gas naturale
della Bolivia. Si dà un termine di sei mesi per rinegoziare
i contratti con le imprese multinazionali – principalmente
Petrobras, la filiale argentina di Repsol, la britannica
BP e la Total francese – e in caso non si raggiunga
un accordo, l’impresa nazionale assume la totale responsabilità.
Mentre durante la presidenza dei neoliberali Banzer
e Sánchez de Losada le multinazionali hanno preso
l’82% del valore, questa percentuale si riduce ora
a 18; adesso quel 82% rimane in Bolivia e verrà distribuito
tra l’impresa, il governo centrale, le province e
i municipi.
Questa nuova regola si applica ai cosiddetti megacampi,
mentre le piccole realtà estrattive continueranno
a funzionare con le regole attuali con royalties del
50%.
Secondo il vicepresidente García Linares questo significa
un’entrata addizionale di 300 milioni di dollari l’anno
per la Bolivia, a cui si sommano entrate in questo
ambito per un totale di 780 milioni. Molto diversa
la situazione rispetto ai 140 milioni del periodo
neoliberale e rispetto alla guerra del gas che è costata
decine di morti, fino a quando l’allora presidente
Sánchez de Losada è fuggiro in esilio negli Stati
Uniti.
Morales ha chiesto un po’ di pazienza sino alla realizzazione
dei seguenti step, menzionando esplicitamente i settori
minerari e del legname, così come la questione della
terra, il che ha strappato applausi e volti pieni
di speranza tra i consiglieri indigeni.
Il presidente Evo Morales ha pregato i lavoratori
e le lavoratrici e i tecnici dell’industria petrolifera
di evitare qualsiasi sabotaggio e superare l’attesa
resistenza con l’appoggio delle organizzazioni sociali
e di tutta la popolazione.
Come esempio ha spiegato che fino alle 3 del 1° maggio
sono stati a definire i dettagli con le commissioni
incaricate di preparare la nazionalizzazione e che
successivamente si è riunito insieme al suo gabinetto
fino alle 5 per spostarsi poi al sud del paese per
l’atto e il discorso ufficiale. Questa disciplina
di lavoro, come il fatto di ridursi della metà il
proporio salario ha contribuito a generare una enorme
fiducia morale nel presidente da parte della gente
che si esprime con un’approvazione nei sondaggi che
oscilla tra il 70 e l’80%.
Dei suoi 1900 dollari mensili il 30% va alla campagna
per il suo partito -il MAS- per l’Assemblea Costituente
di luglio. Questo risparmio sui salari dei ministri,
deputati/e, consiglieri, magistrati, ecc. ha reso
possibile la creazione di 2000 posti di lavoro per
maestri/e e personale sanitario.
Un’altra novità è l’azione decisa contro la corruzione,
un cancro che è sopravvissuto a tutti i governi fino
ad oggi. Un viceministro è stato catturato il giorno
stesso in cui è stata emanata una denuncia di corruzione
e il capo di sezione è stato sollevato da tutti gli
incarichi affinché potesse difendersi come una persona
qualsiasi contro le accuse di abuso di potere.
Dopo aver saputo della implicazione di un componente
di un corpo di élite della polzia in un triplice assassinio
di turisti europei, la Ministra degli Interni non
ha avuto esitazione nell’intervenire immediatamente
all’interno del corpo, chiarendo che era solo il primo
passo di una profonda ristrutturazione della polizia.
Nessuno l’ha contraddetta, nemmeno la destituzione
dell’Esercito ha provocato maggiori agitazioni e i
comandi rimangono nelle mani di ufficiali più o meno
giovani infettati dal virus del golpismo, Morales
ha ringraziato esplicitamente in un suo discorso la
lealtà della polizia e dell’esercito.
Il 2 maggio sarà il giorno 100 del governo di Evo
Morales. Molto è cambiato da allora. Cinque delle
dieci promesse elettorali del MAS sono state attualmente
adempiute. Però molte cose importanti continuano a
rimanere in sospeso e la pressione sociale di una
popolazione che sono 514 anni che vive con il colonialismo
e una povertà che colpisce due abitanti su tre, verso
il primo governo dei “suoi” è enorme.
Molte istanze di governo continuano a riorganizzarsi
e a pianificare il loro lavoro per gli anni successivi
in giornate lunghe e intense. Ma come afferma la Ministra
della Sanità, Nila Heredia, questo non produce risultati
concreti per la gente che si mostra molto angosciata,
nonostante sia stata annunciata l’estensione della
copertura assicurativa materna–infantile a giovani
fino ai 21 anni e a donne fino a 60 anni a partire
dal 2007.
Può anche relazionare come le équipe oftalmiche cubane
abbiano già realizzato 6000 operazioni nell’ambito
della “Operación Milagro“ per restituire la vista
alla gente più umile che non dimenticherà come tutto
ciò non gli sia costato neppure un peso.
Entro breve si riavvieranno 20 ospedali regionali
dove 600 medici cubani realizzeranno visite e operazioni
per togliere il carico ai pochi ospedali di terza
categoria. Ma anche così alla Ministra non mancano
i problemi, dato che il personale sanitario non è
unanime sull’ aumento del 7% (rispetto ad una inflazione
del 4% durante il 2005) e ad aprile si sono persi
3 giorni lavorativi a causa degli scioperi.
La campagna di alfabetizzazione servirà per far sì
che un milione di adulti apprendano a leggere e scrivere
entro il 2008. Attualmente c’è un ritardo nel cronogramma,
però quando Evo ha annunciato che “in passato tagliavano
le mani e cavavano gli occhi agli aymara e ai quechua
che avevano imparato a leggere e scrivere“ (sì, questi
spagnoli “scopritori” che si definirono cristiani
e che proclamano di aver portato la “civilizzazione”),
mentre oggi si consegnano matite, non può commuovere
di meno e sta ad indicare come dopo secoli di sfruttamento,
emarginazione e razzismo, la gente stia recuperando
la sua dignità.
Un altro programma in questa direzione è la documentazione
cittadina, il 20% delle personi sarebbero privi di
documenti di identità.
La volontà di impegnarsi per la ridistribuzione, al
momento quasi interamente a favore dei settori urbani
più marginali, si riflette nella riduzione del prezzo
della luce per i piccoli consumatori di un 25% e dell’incremento
delle pensioni che dà benefiici proporzionalmente
più a coloro che ne ricevono meno.
Assemblea Costituente, accesso al mare e migrazione
In queste ambito rimane pendente al momento la maggior
parte del debito storico con la popolazione contadina
e indigena, che incomincia a dimostrare la sua non
conformità. In occasione della redazione delle liste
per l’Assemblea Costituente – una delle rivendicazioni
indigene da ben 10 anni – la presenza indigena è risultata
molto scarsa, il che ha portato a proteste e prese
di posizioni a cui si sono aggiunte quelle delle organizzazioni
delle donne, delle minoranze sessuali e delle organizzazioni
della popolazione nera.
La partecipazione di una lista con noti rappresentanti
di movimenti sociali non è stata accettata perché
privi di parte della documentazione e significa un
indebolimento della capacità di elaborazione della
futura Assemblea Costituente.
Queste elezioni, che si terranno il 2 luglio, saranno
più di un termometro per il governo e per il Movimiento
al Socialismo (MAS) ad alcuni mesi della loro gestione.
Costituiscono un punto chiave nel processo di costruzione
di una Bolivia nuova. La volontà politica e le entrate
ottenute tramite le sue ricchezze naturali consentirebbero
un processo di redistribuzione e d’investimento sociale
che può essere alla base per una società più giusta.
Però il sistema elettorale sembra ostacolare questa
impresa, dato che seppure con il 54% dei voti, il
MAS raggiungerebbe appena il 45% del quorum. Pertanto
una volta di più può essere che la pressione sia l’elemento
decisivo visto che risulterebbe difficile una nuova
costituzione che valga questo attributo come prodotto
di negoziati con ciò che resta dei partiti tradizionali.
Uno dei pochi temi di consenso in Bolivia è l’aspirazione
di recuperare l’accesso al mare, perduto nel XIX secolo
con il Cile in una guerra, che non fu tanto guerra
e gestita dai baroni dello stagno a loro convenienza.
Ancora oggi, entrambi i paesi non hanno relazioni
diplomatiche e il tema non è stato trattato. Però
la visita di Morales alla neoeletta Michelle Bachelet
in Cile ha rotto il ghiaccio e la necessità cilena
del gas boliviano sarà una forte elemento nelle negoziazioni
bilaterali, avviate con molto tatto per evitare rigurgiti
nazionalisti. Un prevedibile accordo negoziato equivarrebbe
ad un trionfo storico del governo di Morales.
Un altro fattore economico sono i boliviani all’estero.
Circa il 20% vivono principalmente in Argentina, Stati
Uniti e Spagna e e loro rimesse sono un fattore importante,
soprattutto per le zone povere.
Molti vivono a Buenos Aires e lavorano in condizioni
di semi schiavitù in laboratori di sartoria. Un incendio,
che è costato la vita a 6 lavoratori che non sono
riusciti a scappare dai luoghi in fiamme, è stata
la goccia che ha fatto traboccare il vaso e gli “irregolari”
hanno manifestato energicamente per le strade di Buenos
Aires.
I governi hanno agito rapidamente e l’Argentina ha
accettato di mettere in regola i clandestini dando
loro un permesso di lavoro e di soggiorno (corrispondenti
a quelli dei governi europei e degli Stati Uniti con
i cd. “rifugiati economici”).
Il personale dell’ambasciata boliviana lavora 24 ore
al giorno, 7 giorni su 7 per redigere la documentazione.
Il console, che manteneva legami con i proprietari
delle fabbriche illegali ha fatto le valigie il giorno
stesso in cui si è saputo dei suoi traffici privati.
Strette relazioni con Venezuela e Cuba e no al TLC
Nella politica estera, Morales dà continuità alle
sue prime visite che lo hanno portato a L’Avana e
Caracas. L’integrazione latinoamericana è prioritaria,
essendo particolarmente importanti Brasile ed Argentina
per la loro vicinanza e le esportazioni del gas naturale.
Le relazioni con Perù e Colombia sono un po’ meno
cordiali per via dei negoziati per un Trattato di
Libero Commercio con gli Stati Uniti, il che colpirebbe
le esportazioni boliviane di questi paesi, sebbene
nel caso del Perù l’ultima parola non è detta in vista
della prossima seconda tornata delle elezioni presidenziali.
Mentre le camere di commercio e l’industria insistono
sulle opportunità di un TLC con gli USA, il governo
ha presentato un progetto di Trattato di Commercio
dei Popoli che è stato sottoscritto da Cuba e Venezuela,
sebbene ancora non si conoscano nel dettaglio le implicazioni
concrete.
I segnali dello zio Sam sono stati finora contraddittori.
Mentre la cooperazione allo sviluppo segue il suo
corso, così come la cooperazione per la riduzione
delle coltivazioni illegali di coca, Ann Paterson
– conosciuta in El Salvador per le dubbiose credenziali
e attualmente numero 2 dell’ente incaricato per la
lotta antidroga – ha respinto categoricamente l’intenzione
di togliere la coca dalla lista delle sostanze proibite
per consentire l’esportazione di tè, pomate, ecc.
In questo modo si continua ad attendere che i piccoli
produttori riducano le loro superfici di coltivazioni
convertendosi al caffè, agrumi o banani con assicurazione
di prezzi e mercati.
Beat Schmid
Cooperante GV
Attualmente a La Paz Bolivia
Tradotto da Sonia Chialastri
- Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - ww.traduttoriperlapace.org
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Migliaia
di persone hanno manifestato negli Stati Uniti per
i diritti migratori
Martedì, 02 Maggio 2006
Milioni di immigrati hanno manifestato
ieri nelle principali città statunitensi per chiedere
una riforma giusta ed integrale sull’immigrazione
che contempli i diritti dei lavoratori provenienti
da diversi Paesi del mondo. Il cosiddetto “Giorno
Senza Emigranti” ha avuto la sua massima espressione
nella città di Los Angeles, nelle cui strade principali
ha manifestato oltre un milione di persone. A New
York la mobilitazione ha coinvolto circa 600 mila
persone.
La giornata ha assunto un carattere politico ed economico,
dal momento che l’astensione dal fare acquisti e consumare
prodotti si è trasformata in un modo di far sentire
l’importanza del contributo sulla popolazione attiva
degli immigrati, in un Paese che non riconosce ufficialmente
il primo maggio come il Giorno dei Lavoratori.
Prima consegna di Radio KPFK da Los
Ángeles
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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L’ONU
esamina le denunce di violazione dei diritti delle
popolazioni indigene ecuadoriane
Martedì, 02 Maggio 2006
La Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’Ecuador (CONAIE) ha consegnato ad un
relatore speciale dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU), un rapporto nel quale si denunciano le
violazioni dei diritti umani che subiscono le popolazioni
indigene del Paese.
Il relatore speciale dell’ONU per le popolazioni indigene,
Rodolfo Stavenhagen, in questo momento si trova in
Ecuador e per una decina di giorni si occuperà dello
studio della situazione dei diritti dei popoli originari
nel Paese.
Stavenhagen riesaminerà inoltre gli effetti sulla
popolazione ecuadoriana delle fumigazioni per lo sradicamento
delle piante di coca che la Colombia sta realizzando
nell’area di confine con l’Ecuador e le conseguenze
sulle popolazioni indigene dell’attività delle compagnie
multinazionali di petrolio in Amazzonia.
Il rappresentante delle Nazioni Unite si è già riunito,
tra gli altri, con il presidente ecuadoriano Alfredo
Palacio, il presidente della CONAIE Luis Macas ed
il presidente della Confederazione dei Popoli di Nazionalità
Kichua dell’Ecuador (ECUARUNARI), Humberto Cholango.
In un comunicato la CONAIE ha affermato che il rapporto
consegnato al relatore dell’ONU “presenta diversi
casi emblematici sul modo in cui si stanno violando
i Diritti Fondamentali delle Popolazioni Indigene”.
Aggiunge che il rapporto denuncia anche il genocidio
etnico “contro i gruppi Tagaeri Taromenani in isolamento
volontario; il genocidio culturale contro la nazionalità
Huaorani ed il razzismo statale contro il movimento
indigeno ecuadoriano da parte dei governi di Lucio
Gutiérrez e Alfredo Palacio”.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, il
vicepresidente della CONAIE, Santiago de la Cruz,
ha affermato: “abbiamo consegnato un volume di informazioni
riguardo tutti gli atti di violazione dei diritti
umani, attentati, invasioni di terre, contaminazione
da parte delle aziende petrolifere in territori indigeni,
e tutto ciò che pensiamo che il relatore debba sapere”.
La CONAIE ha inoltre denunciato di fronte al relatore
dell’ONU una “azione di repressione sistematica contro
le popolazioni indigene durante le manifestazioni
del Marzo 2006”, organizzate contro il Trattato di
Libero Commercio che l’Ecuador sta negoziando con
gli Stati uniti, tra le altre ragioni.
Il comunicato aggiunge che “la CONAIE continuerà a
controllare che i Diritti delle Nazionalità e delle
Popolazioni Indigene siano realmente garantiti dallo
Stato e che siano fermate le incursioni delle aziende
petrolifere, minerarie, del legno, coltivatrici di
palme e conservazioniste a danno e minaccia dei territori
indigeni”. |
I
sindacati ecuadoriani chiedono l’espulsione della
OXY nel Giorno dei lavoratori
Martedì, 02 Maggio 2006
Le due principali organizzazioni operaie
dell’Ecuador hanno organizzato una manifestazione
nel centro di Quito, capitale del Paese, per celebrare
il Giorno dei Lavoratori e chiedere la “immediata
espulsione” dell’azienda petrolifera Occidental Petroleum,
nota anche con il nome di Oxy.
I manifestanti accusano la multinazionale petrolifera
di “violare le condizioni stabilite”, e di portare
fuori dal Paese in modo fraudolento circa 1.800 milioni
di dollari.
I lavoratori hanno espresso inoltre un “profondo rifiuto”
al processo di negoziazione per la firma di un Trattato
di Libero Commercio (TLC) tra i governi dell’Ecuador
e gli Stati Uniti.
Secondo Mesías Tatamuez, del Frente Unitario de Trabajadores
(FUT – fronte unitario dei lavoratori), le negoziazioni
bilaterali per questo accordo commerciale sono state
la causa principale della “rottura della Comunidad
Andina de Naciones”.
Tatamuez ha chiesto inoltre al governo ecuadoriano
di promuovere una “riforma agraria integrale”, che
comprenda “crediti blandi ed assistenza tecnica” per
gli agricoltori.
D’altro canto, i lavoratori hanno inserito nel loro
proclama una dura critica alla legge sull’immigrazione
in discussione al Senato degli Stati Uniti, ed hanno
ricordato che in questo Paese vivono migliaia di ecuadoriani
che verrebbero danneggiati dalla nuova normativa.
Secondo le stime degli organizzatori, circa cinque
mila persone hanno partecipato agli atti commemorativi,
che hanno compreso una protesta davanti all’ambasciata
degli Stati Uniti.
Informazione da: http://actualidad.terra.es
http://www.lahora.com.ec
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Notizie:
Campagna internazionale contro compagnia mineraria
statunitense
Martedì 2 maggio 2006
L’organizzazione ambientalista Amici
della Terra Internazionale e comunità locali di persone
colpite dall’attività mineraria provenienti da Perú,
Indonesia e Ghana stanno promuovendo una campagna
mondiale per denunciare i danni provocati dalla multinazionale
energetica Newmont, appartenente a capitali statunitensi.
Secondo quanto dichiarano, la compagnia mineraria
“avvelena l’acqua potabile” in ogni luogo abbia installato
progetti di esplorazione o sfruttamento aurifero.
L’idea della campagna contro la Newmont, la maggior
produttrice di oro a livello mondiale, è presentare
i casi più noti in questi tre paesi di fronte ai manager
della compagnia nella città statunitense di Denver,
al centro del paese.
Un comunicato emesso dalle organizzazioni richiedenti
assicura che nel 2000 nella città peruviana di Choropampa
circa quattrocento persone sono state ricoverate in
ospedale dopo un rovesciamento di 150 chili di mercurio,
per il quale la compagnia mineraria è ritenuta responsabile.
Dopo l’incidente, i direttori della Newmont hanno
negato qualsiasi tipo di legame con l’episodio e hanno
vinto una causa presso un tribunale d’appello intentata
contro di loro dalle persone colpite.
Nello stesso senso, i gruppi che incitano la campagna
affermano che in Indonesia e in Ghana l’attività mineraria
ha provocato gravi impatti nella fornitura di acqua
potabile.
Secondo quanto dichiarano, l’assenza di controlli
e l’“utilizzo smisurato” di prodotti quali arsenico
e mercurio, ha provocato gravi danni alla salute delle
comunità vicine ai giacimenti d’oro. Gli attivisti
ritengono la Newmont responsabile di “centinaia di
casi” di malattie cutanee, tumori e malformazioni
congenite.
Nel caso del Ghana, l’inizio delle operazioni della
Newmont nella zona di Ahafo, al centro del paese,
è stato accompagnato dalla costruzione di una diga
idroelettrica che ha rimosso un migliaio di persone.
Secondo quanto concludono, l’avvio di questi due megaprogetti
energetici ha messo a rischio l’accesso all’acqua
potabile alle comunità che vivono sulle coste,
Tradotto da Arianna Ghetti Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Notizie:
Bolivia: nazionalizzazione degli idrocarburi
Martedì 2 maggio 2006
Il presidente boliviano Evo Morales
ha firmato lunedì un decreto di nazionalizzazione
di tutti gli idrocarburi del paese e ha concesso alle
compagnie straniere che operano nel settore un periodo
di 180 giorni entro il quale firmare nuovi contratti
con lo Stato; diversamente, saranno costretti a lasciare
la Bolivia.
In questo modo, Morales ha rispettato una delle sue
più importanti promesse elettorali, poco prima di
arrivare ai 100 giorni del proprio mandato.
Il decreto è stato letto dal presidente boliviano
nel campo petrolifero di San Alberto, situato nel
dipartimento meridionale di Tarija, amministrato dalla
compagnia petrolifera brasiliana Petrobras, la quale
è associata all’ispano-argentina Repsol YPF e alla
francese Total.
Durante la serata, già tornato a La Paz, capitale
boliviana, Morales ha dichiarato che dopo la nazionalizzazione
degli idrocarburi sarà il turno di quella dell’industria
mineraria, del settore forestale e di tutte le risorse
naturali.
Le Forze Armate boliviane controllano ora i campi
petroliferi e del gas della Bolivia. Tra gli obiettivi
principali del nuovo decreto c’è la volontà di consolidare
la compagnia petrolifera statale Yacimientos Petrolíferos
Fiscales Bolivianos (YPFB), che sarà rifondata in
60 giorni, la quale attualmente detiene il pieno controllo
dell’industria idrocarburifera.
Il decreto di Morales stabilisce che le multinazionali
operanti in Bolivia debbano consegnare subito tutta
la propria produzione allo Stato boliviano. Qualora
rifiutino di farlo, saranno tenute a lasciare il paese
entro 180 giorni.
Secondo il quotidiano boliviano Los Tiempos, Morales
ha affermato che “è giunta l’ora, il giorno tanto
atteso, un giorno storico per la Bolivia di riprendersi
il controllo assoluto delle proprie risorse naturali”
e ha aggiunto che “è finito il saccheggio delle imprese
straniere”.
Morales ha anche detto alle multinazionali che operano
in Bolivia di rispettare la dignità dei boliviani
e la nazionalizzazione, avvisandoli che se non lo
fanno volontariamente, il governo boliviano li “costringerà
con la forza” a farlo.
Il leader boliviano ha chiesto alle Forze Armate in
quanto istituzione di “difendere la propria patria,
la propria sovranità, la propria dignità, e soprattutto
l’integrità del proprio territorio nazionale. Desidero
chiedere loro, a partire da questo momento, di prendere
tutti i campi petroliferi di tutta la Bolivia”.
Uno degli obiettivi fondamentali della presenza delle
Forze Armate nelle installazioni petrolifere è assicurare
la normale fornitura di energia affinché la Bolivia
continui a rispettare i propri impegni nazionali e
internazionali. Secondo Los Tiempos, il vicepresidente
boliviano, Álvaro García Linera, ha annunciato che
“56 stazioni idrocarburifere sono state già occupate
da Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos, dalle
forze armate” e dalle autorità fiscali.
Le principali compagnie straniere che operano in Bolivia
nel settore degli idrocarburi sono Petrobras, Repsol
YPF, Total e le inglesi British Gas e British Petroleum.
Secondo il quotidiano boliviano Jornada, il governo
del Brasile ha definito il decreto di Morales una
“misura tutt’altro che amichevole”, mentre il governo
spagnolo come un atto “profondamente preoccupante”.
Tradotto da Arianna Ghetti - Progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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1
maggio 2006 - Giorno Internazionale dei lavoratori
e delle lavoratrici
Lunedì, 01 Maggio 2006
Jubileo Sur/ Americas
Noi di Jubileo Sur/Américas ci mostriamo
solidali alle mobilitazioni continentali in difesa
dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, in
particolare agli scioperi indetti dagli immigrati
latinoamericani contro le politiche razziste di George
Bush. In migliaia hanno dovuto emigrare dai propri
Paesi d’origine a causa delle conseguenze del Libero
Commercio, la Militarizzazione ed il Debito, in cerca
di un futuro migliore.
120 anni fa, i lavoratori lottavano per la giornata
lavorativa di 8 ore, che costò la vita ai cosiddetti
“martiri di Chicago”. Potrebbe sembrare una menzogna
dire che oggi continuiamo a subire le stesse condizioni
di schiavitù lavorativa.
Lo vediamo a Buenos Aires con il decesso avvenuto
di recente di sei lavoratori boliviani, ammucchiati
in capannoni dove filavano e cucevano, spesso senza
ricevere alcun ricompenso. Lo vediamo con l’occupazione
militare ed economica di Haiti e l’intenzione di ampliare
le zone franche sul suo territorio.
Anche nelle molende messicane, dove le donne lavorano
dall’alba al tramonto per pochi spicci, nel sudest
asiatico dove migliaia di bambini e bambine sono obbligati
a “lavorare” in condizioni inumane per le grandi multinazionali
o nelle massicce manifestazioni dei giovani francesi
contro i contratti di lavoro precari.
Alla dittatura dei mercati e allo sfruttamento capitalista
si aggiunge il continuo salasso legato al pagamento
del debito estero, che rappresenta una delle peggiori
razzie delle ricchezze prodotte dai lavoratori. Invece
di onorare un debito illegittimo, dovrebbero occuparsi
di fare leggi che creino posti di lavoro genuini,
per poter alleviare la situazione di disoccupazione,
povertà e miseria generata ed iniziare in questo modo
a saldare l’enorme debito storico e sociale con la
classe lavoratrice.
Come facciamo dal 1999, anno della
nostra fondazione, continuiamo a lottare per un nuovo
millennio libero da debiti e dominazioni. Per questo,
nel Giorno Internazionale dei lavoratori vogliamo:
• Porre fine alla schiavitù lavorativa, il precariato
e lo sfruttamento;
• Dire NO al pagamento del debito estero per chiedere
che queste risorse siano utilizzate nelle politiche
sociali per garantire il benessere della popolazione;
• Aumentare gli stipendi per coprire le spese basilari
delle famiglie;
• Garantire lo stesso salario per la stessa posizione,
per porre fine alla discriminazione delle donne in
ambito lavorativo;
• Porre fine ai procedimenti giudiziari nei confronti
di coloro che lottano per la società, per fermare
la persecuzione e la criminalizzazione delle proteste
nella richiesta di miglioramenti in ambito salariale
e sindacale.
¡Per un millennio senza debiti né
sfruttamento!
¡NO al pagamento del debito estero!
¡NON siamo debitori, siamo creditori!
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Petrobras
ha concluso l’acquisto delle attività Shell in Colombia
Lunedì, 1 Maggio 2006
La compagnia petrolifera statale brasiliana,
Petrobras, ha annunciato lo scorso venerdì la conclusione
dell’acquisto delle attività della petrolifera olandese
Shell in Colombia, relative alla distribuzione e commercializzazione
di combustibili.
Secondo quanto affermato da Petrobras in un comunicato
stampa, le stazioni di servizio di Shell in Colombia
lavorano ora sotto la responsabilità dell’impresa
brasiliana.
Il contratto concluso da Petrobras in Colombia, dove
opera dal 1972, forma parte di un pacchetto che include
anche l’acquisizione di attività della Shell in Paraguay
e in Uruguay, in una operazione che secondo Petrobras
si aggira sui 140 milioni di dollari.
L’impresa statale brasiliana segnala inoltre che l’affare
concluso in Colombia è uno degli obiettivi della pianificazione
strategica dell’impresa, al fine di consolidarsi come
compagnia leader in America Latina e con una forte
presenza nel resto del mondo.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Comercio, con
l’acquisto delle attività della Shell in Colombia,
Petrobras si trova a gestire 39 stazioni di servizio,
una installazione di immagazzinamento e una fabbrica
di miscela di lubrificanti.
Il quotidiano del mattino ecuadoriano aggiunge che
quest’anno Petrobras ha annunciato l’innalzamento
a 90 milioni di dollari del bilancio per l’esplorazione
petrolifera in Colombia, una cifra quattro volte superiore
a quella inizialmente pianificata.
El Comercio conclude dicendo che alla fine del 2005
il gestore commerciale di Petrobras, Santiago Ocampo,
aveva detto: “Speriamo di mantenere e migliorare le
stazioni che ha la Shell a Bogotà (capitale della
Colombia). Petrobras ha circa 6.000 stazioni di servizio
in Brasile e 1.000 in Argentina, il che ci dà la capacità
di fornire ai colombiani un eccellente servizio e
diversificazione di prodotti”.
Tradotto da Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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