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Terre Madri: Selezione in italiano dalle news
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 23 AL 31 MARZO 2006
|
Continuano
le minacce e la violenza del governo
Viernes, 31 de Marzo de 2006
Confederazione delle Nazionalità Indigene
dell’Ecuador (CONAIE)
Quito, 30 marzo 2006
La disperazione del regime di Alfredo
Palacio, in combutta con gli imprenditori per la firma
del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti,
lo fa ricorrere alle uniche risorse di cui dispone:
le menzogne e la repressione. Il governo nazionale
agisce alle spalle del popolo ecuadoriano, mentre
un numero sempre maggiore di settori del Paese reclama
trasparenza e democrazia. Gli chiedono di smettere
di rispondere agli interessi degli Stati Uniti e del
pugno di imprenditori che hanno preso il governo.
Nonostante le provocazioni e le minacce del regime
e delle forze armate, la CONAIE terrà nella mattina
di domani 31marzo la sua Assemblea Nazionale, per
valutare l’evoluzione delle azioni intraprese nelle
ultime settimane e per accordare nuove misure che
porteremo avanti con gli altri settori del Paese,
in difesa della sovranità nazionale.
Il governo mente al Paese, nel momento stesso in cui
afferma di dialogare e stringere accordi con i movimenti
indigeni. È assolutamente falso, visto che né i popoli
né le nazionalità indigene hanno concordato la realizzazione
di alcun tipo di dibattito informativo sul TLC. Ciò
che la CONAIE ed il Paese vogliono è una consultazione
popolare affinché tutti gli ecuadoriani possano decidere
se vogliono un TLC con gli Stati Uniti. È un’azione
del tutto elementare e democratica, che però viene
negata dal regime di Palacio e dagli imprenditori
che controllano il governo per rispondere ai propri
interessi e a quelli degli Stati Uniti.
Come pretende il regime di Palacio di compromettere
il futuro dell’Ecuador, senza considerare l’opinione
dei suoi cittadini? Come può giustificare che un TLC
che va ad intaccare la vita di tutti noi venga deciso
da un gruppo di funzionari, per di più pagati dagli
stessi Stati Uniti? La CONAIE non cerca di imporre
le proprie idee come il regime, ma lotta affinché
tutti gli ecuadoriani possano conoscere a fondo, dibattere
e decidere sul futuro e la sovranità del nostro Paese.
La CONAIE non ha preso e non prenderà le sue azioni
in modo arbitrario. Non rispondiamo ad un cronogramma
elettorale, né ad interessi come fa questo regime
illegittimo. Stiamo presentando queste esigenze democratiche
da diverso tempo. Continueremo la nostra marcia insieme
alla maggior parte dei movimenti sociali, portando
avanti azioni di resistenza e lotta. Nonostante le
minacce, le repressioni e le menzogne.
La nostra forza sta nella difesa per la vita. Il nostro
impegno con il Paese è la ferma volontà di costruire
uno Stato Multinazionale e Democratico per tutti gli
ecuadoriani. Invitiamo i popoli e le nazionalità indigene
tutte, meticci, afroecuadoriani, contadini, giovani
universitari, donne e cittadini in generale, ad unirsi
a questa grande lotta per la vita contro il TLC.
Shuk shunkulla, un solo cuore; shuk
makilla, un solo pugno,
shuk shimilla, una sola voce
Luis Macas
Presidente
Consiglio di Governo della CONAIE
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Nuova
mobilitazione contadina in Perú
Venerdì, 31 Marzo 2006
Organizzazioni peruviane di contadini,
riunite nel Comité Unitario de Gremios Agrarios, hanno
manifestato giovedì scorso contro la firma del Trattato
di Libero Commercio che il governo di Alejandro Toledo
sta negoziando con gli Stati Uniti e pretende di firmare
a breve tempo.
Secondo gli organizzatori, le principali corporazioni
agrarie del Paese hanno rispettato le previsioni e
circa dodici mila contadini hanno protestato contro
l’accordo in tutto il territorio peruviano.
Al meno quindici manifestanti sono stati arrestati
dopo gli scontri con la polizia nella regione meridionale
di Pisco, durante una protesta promossa dai sindacati
dei lavoratori di cotone.
I contadini prevedono che nel caso si concretizzi
il TLC, verranno danneggiati circa due milioni di
produttori agricoli e zootecnici peruviani.
Un comunicato della Coordinadora Nacional de Comunidades
del Perú Afectadas por la Minería (CONACAMI – Coordinatore
Nazionale delle Comunità Peruviane Vittime dell’Industria
Mineraria), una delle organizzazioni che hanno convocato
la protesta, definisce l’accordo commerciale con gli
Stati Uniti come una “minaccia per la sovranità e
la produzione agricola nazionale”.
Il presidente della CONACAMI, Miguel Palacin Quispe,ha
assicurato durante le manifestazioni che il governo
peruviano “vuole portarci a competere con i produttori
agroindustriali degli Stati Uniti che possono contare
su sussidi governativi”.
Il dirigente dell’organizzazione contadina ha affermato
inoltre che il trattato “mette in pericolo la biodiversità
e le conoscenze collettive dei popoli indigeni e delle
comunità del Perù”.
Secondo Palacin Quispe, “è chiaro” che gli Stati Uniti
mirano a controllare le risorse naturali, la biodiversità
e l’acqua.
Il documento della CONACAMI aggiunge che “la parte
più preoccupante” per questa organizzazione sono i
capitoli del TLC che si riferiscono agli investimenti.
“E’ risaputo che l’industria mineraria è uno dei settori
produttivi che concentra i maggiori investimenti stranieri
e che attualmente ha un enorme potenziale di sviluppo
di oltre 240 progetti minerari in Perù”, affermano
i contadini.
Le vittime dell’industria mineraria temono che mentre
le imprese “avranno molti e migliori vantaggi per
investire nel Paese”, le comunità contadine non disporranno
“di alcun meccanismo giuridico” di tutela di fronte
ai processi di appropriazione delle terre.
Informazione di: Radio Programas de
Perú
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
La
Colombia negozia il TLC con diversi Paesi dell’America
Centrale
Venerdì, 31 Marzo 2006
Il governo colombiano presieduto da
Álvaro Uribe ha iniziato questa settimana le negoziazioni
commerciali con Guatemala, Honduras e El Salvador
per cercare di firmare il Trattato di Libero Commercio
(TLC) con questi Stati.
Ci si aspetta che i negoziati durino circa un anno.
Secondo il sito web colombiano Portafolio, specializzato
in economia, la Colombia cercherà di inserire nel
TLC anche Costa Rica, Repubblica Dominicana e Nicaragua.
Sebbene le economie di Guatemala, Honduras e El Salvador
non siano forti a livello internazionale, il governo
colombiano vuole approfondire le relazioni economiche
con questi Paesi.
Portafolio spiega che “sebbene queste economie siano
molto piccole, rappresentano comunque un’opportunità
per gli imprenditori colombiani che l’anno scorso
hanno esportato in Costa Rica, Guatemala, El Salvador,
Honduras, Nicaragua e Repubblica Dominicana, 1.076
milioni di dollari”.
Secondo l’emittente colombiana Radio Cadena Nacional,
il ministro del Commercio di questo Paese, Jorge Humberto
Botero, ha dichiarato che l’intenzione dei negoziati
era “ottimizzare l’accesso ad un mercato che nell’insieme
dei Paese dell’America Centrale è più o meno delle
stesse dimensioni di quello della Colombia”.
“Sono tutti parte dell’attività manifatturiera della
Colombia, che nei Paesi dell’America Centrale hanno
un enorme potenziale”, ha aggiunto Botero.
La Colombia potrebbe inoltre esportare a questi Paesi,
in caso di firma del TLC, prodotti tessili ed industriali.
Radio Cadena Nacional aggiunge che sebbene il governo
di Uribe non abbia voluto anticipare i prodotti sensibili
delle negoziazioni con l’Amercia Centrale, i beni
agricoli sono importanti in questa regione e potrebbero
essere uno dei punti complicati delle discussioni.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Si
preparano manifestazioni contro il BID in Brasile
Venerdì, 31 Marzo 2006
I contadini protesteranno anche contro le politiche
del BID
Organizzazioni sociali brasiliane protesteranno nel
fine settimana contro le politiche della Banca Interamericana
per lo Sviluppo (BID, nella sua sigla spagnola), che
terrà nella città di Belo Horizonte la sua assemblea
annuale, nella quale verranno discussi diversi progetti
riguardanti le infrastrutture energetiche per tutti
i Paesi latinoamericani.
Gli organizzatori delle proteste contro l’assemblea
ufficiale del BID criticano il fatto che in questo
contesto si stia promuovendo la cosiddetta Iniziativa
di Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana
(IIRSA, nella sua sigla spagnola).
La IIRSA è stata approvata da tutti i presidenti dei
Paesi del Sud America, durante un summit che si è
tenuto a Brasilia nell’agosto del 2000, e ora vuole
integrare Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Cile,
Ecuador, Guyana, Paraguay, Surinam, Uruguay e Venezuela.
I presidenti concordarono in quell’occasione che l’obiettivo
principale del progetto fosse di “promuovere lo sviluppo
delle infrastrutture dei trasporti, dell’energia e
delle telecomunicazioni, dal punto di vista regionale”.
Secondo gli oppositori alla IIRSA, la proposta dei
governi promuove la “estradizione intensiva” delle
risorse naturali ed è “funzionale” alla strategia
dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA).
Il Movimento brasiliano delle Vittime delle Dighe
(MAB, nella sua sigla portoghese, branca di Vía Campesina
Brasil) sta organizzando una marcia di oltre 200 chilometri
per giungere sabato a Belo Horizonte e protestare
“contro le politiche ed i progetti distruttivi” del
BID.
Rappresentanti del MAB prevedono che durante la riunione
dell’organismo di credito “potrebbero emergere nuovi
progetti idroelettrici” e avvertono che il loro impatto
incrementerà il già grande numero di famiglie colpite
finora.
Secondo loro, a Belo Horizonte si discuterà, tra le
altre cose, la costruzione di un complesso di centrali
idroelettriche sul fiume Madeira, nella regione settentrionale
dell’Amazonia.
Gli attivisti avvertono che se si realizzerà questo
megaprogetto “migliaia di famiglie dovranno abbandonare
le proprie terre e verranno distrutti milioni di ettari
della regione più ricca di biodiversità al mondo”.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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La
"sinistra" dell’acqua, di Carlos Santos*
Venerdì 31 marzo
2006 In Messico, tra il 14
e il 22 marzo scorso, hanno avuto luogo i due eventi
internazionali più importanti legati all’acqua: da
un lato, il IV Forum Mondiale dell’Acqua, patrocinato
dalle grandi multinazionali del settore e dalle istituzioni
finanziarie internazionali; dall’altro, il Forum Internazionale
in Difesa dell’Acqua, che ha raccolto organizzazioni
e movimenti sociali di tutto il mondo che lottano
in favore di una gestione pubblica, partecipativa
e sostenibile dell’acqua.
L’Uruguay ha avuto un ruolo chiave
in entrambi gli eventi: nel primo, i rappresentanti
governativi hanno mostrato una posizione in linea
con quella dei governi di Bolivia, Cuba e Venezuela,
firmando una dichiarazione congiunta nella quale propongono
di considerare l’acqua un diritto umano ed esprimono
la propria preoccupazione per i possibili effetti
degli "accordi di libero commercio" sull’acqua.
Nel frattempo, durante il Forum delle
organizzazioni e dei movimenti sociali, il ruolo dell’Uruguay
- con l’approvazione della riforma costituzionale
del 2004 e il ruolo dominante dell’ organismo e sociale
che lo ha sostenuto (la Commissione Dipartimentale
a Difesa dell’Acqua e della Vita, CNDAV) - ha continuato
ad amplificarsi e a ripercuotersi in tutto il mondo.
Da Caracas al Messico
L’evento che si è svolto in Messico
è stato reso possibile grazie ad un processo di raggruppamento
compatto tra le organizzazioni e i movimenti di America
Latina, America del Nord ed Europa, cominciato durante
il Forum Sociale Policentrico svoltosi a Caracas.
In quell’occasione, durante l’ultima settimana di
gennaio del 2006, era stata redatta una dichiarazione
che raccoglieva le diverse prospettive dei movimenti
sociali in merito alla questione dell’acqua e gettava
le basi per la costruzione di una futura agenda comune.
Questo è stato uno dei documenti principali
utilizzati per l’elaborazione della Dichiarazione
proposta dal Ministro dell’Acqua della Bolivia, Abel
Mamani - ex-dirigente della FEJUVE, Federazione delle
giunte di quartiere di El Alto- durante il IV Forum
Mondiale dell’Acqua. Il testo comprendeva quattro
punti fondamentali: 1) considerare l’acqua come un
diritto umano fondamentale , 2) gettare le basi per
una gestione pubblica e partecipativa dell’acqua,
3) escludere l’acqua dagli accordi commerciali e 4)
sottolineare i riferimenti critici al processo che
aveva condotto ai Forum Mondiali dell’Acqua (nel caso
del Forum del Messico, i partecipanti erano tenuti
a pagare un’iscrizione pari a circa 120 dollari al
giorno per poter partecipare).
Nel processo di negoziazione che si
è svolto in Messico, la posizione della Bolivia è
stata discussa con i rappresentanti ufficiali di Venezuela,
Cuba, Brasile, Paraguay, Uruguay e alcuni paesi europei.
In questo processo hanno avuto un ruolo importante
i delegati dei movimenti sociali vicini a queste delegazioni.
In realtà, una delle prime riunioni che ha facilitato
questa negoziazione era stata coordinata nella marcia
di apertura del Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua.
Alla fine, i quattro punti centrali
della dichiarazione della Bolivia sono stati mantenuti
nel testo della dichiarazione alternativa, con una
clausola aggiuntiva relativa al tema del legame acqua-libero
commercio, sottolineando la "profonda preoccupazione
sui possibili impatti negativi che qualsiasi strumento
finanziario internazionale, come ad esempio i trattati
di libero commercio e degli investimenti, può avere
sulle risorse idriche”. E' stato anche chiesto di
“riaffermare il diritto sovrano di ogni paese a controllare
e regolamentare le proprie risorse idriche" .
La gremita marcia di apertura del
forum sociale dell’acqua ha posto, simbolicamente,
alcune pietre miliari per il futuro: 1) permettere
il consolidamento di un movimento globale in difesa
dell’acqua, che raccolga le differenti prospettive
ed erediti lo "spirito di Caracas" - come
molti hanno definito il processo aperto e orizzontale
che ha condotto alla suddetta dichiarazione - che,
per la prima volta, e' stata in grado di coordinare
gli sforzi nella realizzazione di un forum alternativo
rispetto a quello ufficiale, 2) esprimere i punti
di forza del movimento messicano in difesa dell’acqua,
che nonostante fosse ad uno stadio iniziale, e' riuscito
a riunire circa 50.000 persone nella propria mobilitazione
e nelle iniziative precedenti e 3) dimostrare che
esistono forti legami tra i movimenti e i rappresentanti
di alcuni governi, soprattutto latinoamericani, i
quali hanno dato loro voce nell'ambito delle discussione
ufficiali.
Nel caso dell’Uruguay, la posizione
dei delegati ufficiali, Carlos Colacce presidente
di OSE (Obras Sanitarias del Estado) e José Luis Genta,
Direttore Nazionale dell’Acqua (Ministerio de Vivienda,
Ordenamiento Territorial y Medio Ambiente), segna
un evento interessante di difesa dell’acqua come diritto
umano – ciò che non è condiviso da tutti i paesi del
MERCOSUR [mercato comune dell’America meridionale
– NdT] (basti segnalare l’assenza del Brasile nella
firma della dichiarazione alternativa) – e getta le
basi per creare un ambito governativo regionale che
inizi a fissare una posizione compatta sull’inclusione
dell’acqua negli accordi commerciali, soprattutto
in vista dell’imminente apertura del "pacchetto"
dei servizi pubblici nell’Accordo
generale sugli scambi di servizi (GATS)
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
A questi ambiti, al cosiddetto forum
dell’acqua "ufficiale" – poiché si tratta
di un forum d’affari che prevede la partecipazione
di autorità - e a quello "sociale" , si
è aggiunto una iniziativa di parlamentari, dal quale
e' scaturita una forte dichiarazione, sottoscritta
da legislatori di Bolivia, Brasile, Messico, Uruguay
e Venezuela nella quale si chiede di sospendere "qualsiasi
negoziazione sui servizi idrici e potabilizzazione
di base nell'Accordo
generale sugli scambi di servizi della
OMC" aggiungendo la richiesta che "l’acqua,
in tutti i suoi utilizzi e servizi, venga tolta dalla
portata dei trattati bilaterali di investimenti".
I legislatori uruguaiani presenti
in questo ambito - Jorge Patrone (Assemblea Uruguay)
e Jorge Souza (Movimento di Partecipazione Popolare)
hanno firmato questa dichiarazione nella quale si
stabilisce che "la gestione delle risorse idriche
sia pubblica, basata su un approccio partecipativo,
democratico e integrato e che includa gli utenti nel
processo decisionale".
Chiaramente, le posizioni delle organizzazioni
sociali e dei rappresentanti governativi dell’Uruguay
si sono incontrate in Messico in difesa del quadro
costituzionale su cui conta il paese per la politica
dell’acqua, nello spirito della carta magna che sancisce
la via alla democrazia diretta con il supporto del
65% della cittadinanza.
* Membro di REDES-Amigos de la Tierra
(Uruguay)
Tradotto da Arianna Ghetti –
Revisione di Ermanno Geronzi - progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
La
Francia promulga la legge sul primo impiego
Venerdì 31 marzo 2006 Manifestazione
contro il CPE
Il Consiglio Costituzionale francese
ha dichiarato legale la controversa legge sul primo
impiego, che ha provocato settimane di proteste in
Francia.
La proposta del primo ministro francese,
Dominique de Villepin, per combattere la piaga della
disoccupazione nel paese, denominata Contratto di
Primo Impiego (CPE l’acronimo francese), che in apparenza
conferisce un trattamento preferenziale ai giovani
affinché siano assunti dai datori di lavoro, ha scatenato
una grande opposizione da parte di chi ( soprattutto
gli stessi giovani) afferma che tale legge genererà
solo maggiore povertà e contribuirà a far sì che i
datori licenzino i lavoratori aventi meno di 26 anni
di età.
Il presidente Jacques Chirac, che
si dice abbia preso una delle “decisioni più difficiltose”
della sua carriera politica, terrà oggi un discorso
teletrasmesso indirizzato a tutto il paese. Chirac
ha l’ultima parola rispetto alla promulgazione della
legge.
I dimostranti si oppongono alla legge
del primo ministro, il CPE, che permette ai datori
di lavoro di rescindere contratti con persone al di
sotto dei 26 anni in qualunque momento nel corso del
primo biennio .
Tutto il paese, in particolare il
mondo universitario, è stato sconvolto da settimane
di proteste. Studenti, sindacati e attivisti di sinistra
hanno portato a termine una campagna e organizzato
scioperi per diverse settimane. Martedì scorso hanno
organizzato una delle più grandi manifestazioni contro
la legge in tutto il paese, attirando milioni di cittadini
francesi.
Secondo Indymedia di Parigi, gli studenti
e i sindacati hanno annunciato un altro sciopero di
un giorno previsto per martedì prossimo.
Più del 20% dei francesi tra i 18
e i 25 anni sono disoccupati, più del doppio della
media nazionale.
Fonti: www.indymedia.org, www.lemonde.com , Foto:
http://www.diariodenavarra.es
Tradotto da Arianna Ghetti –
Revisione di Ermanno Geronzi - progetto Terre Madri
–
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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Funzionari
paraguaiani per l’Ambiente definiscono "insolita"
la protesta degli industriali del legno
Giovedì, 30 Marzo 2006
Funzionari della Segreteria per l’Ambiente
del Paraguay hanno respinto la richiesta presentata
dagli imprenditori del legname al governo paraguaiano
affinché venga destituito, tra gli altri, il Ministro
per l’Ambiente Alfredo Molinas.
I funzionari della Segreteria per
l’Ambiente hanno definito il comportamento degli imprenditori
del legno opportunista.
La Federación de Madereros del Interior, presieduta
da Marcelo Pettit, chiede anche la destituzione del
titolare del Servizio Forestale Nazionale, Miguel
María Marengo, e la sospensione dei rappresentanti
della Fiscalía per l’Ambiente Ricardo Merlo e José
Luis Casaccia.
Per raggiungere questi obiettivi gli industriali della
Federación de Madereros del Interior stanno organizzando
assemblee di strada come forma di protesta.
Gli imprenditori del legno sono contrari ai controlli
attuati dalle autorità ambientali paraguaiane, che
ritengono del tutto arbitrari.
Secondo il mezzo d’informazione paraguaiano Neike,
i funzionari della Segreteria per l’Ambiente del Paraguay
ritengono che Petit abbia come unico obiettivo continuare
a guadagnare denaro dallo sfruttamento delle risorse
locali, mediante l’estrazione e la vendita di legno
in maniera irregolare.
La Segreteria per l’Ambiente paraguaiana aggiunge
anche che gli imprenditori del legno violano le leggi
sull’attività industriale di quell’area.
Secondo Neike, l’incaricato dell’ufficio e direttore
generale di controllo della qualità ambientale della
Segreteria per l’Ambiente, Gustavo Rodríguez, ha definito
insolite le proteste dei produttori di legname.
Rodríguez ha detto che il Paraguay è l’unico paese
in cui una corporazione manifesta contro l’adempimento
delle leggi ambientali.
Il funzionario ha aggiunto che sia la Segreteria per
l’Ambiente, la Fiscalía per l’Ambiente e il Servizio
Forestale Nazionale svolgono un lavoro serio al fine
di garantire l’adempimento delle leggi sull’ambiene
vigenti nel Paese. Tuttavia, ha riconosciuto che ciò
non conviene e disturba la gran parte degli industriali
del legname che lavorano al limite della legalità.
Secondo il quotidiano paraguaiano ABC, i produttori
di legname questo giovedì hanno rinviato le assemblee
di strada perché sostengono che il presidente paraguaiano,
Nicanor Duarte, si sia impegnato a destituire Alfredo
Molinas e Miguel María Marengo.
Venerdì della prossima settimana gli industriali del
legno si riuniranno ancora con Nicanor Duarte, sperando
che a quella data saranno già in carica le nuove autorità.
Traduzione di Sonia Chialastri, revisione
di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
Contadini
venezuelani chiedono al governo di mantenere le promesse.
Giovedì, 30 Marzo 2006
Il Frente Nacional Campesino Ezequiel
Zamora del Venezuela ha manifestato lo scorso lunedì
davanti alla sede della Vicepresidenza a Caracas,
capitale del Paese, per reclamare all’Esecutivo il
mantenimento di alcune promesse, denunciare atti di
corruzione e chiedere di aprire un’inchiesta sui reati
perpetrati contro i contadini.
Una dichiarazione emessa lunedì dal Frente Nacional
Campesino Ezequiel Zamora informa che manifestano
“contro la corruzione, la burocrazia, il riformismo
e l’inadempienza degli accordi”.
I contadini hanno detto chiaramente di lottare per
raggiungere la sovranità alimentare e per “concretizzare
la rivoluzione bolivariana, non contro di essa, legata
al suo leader storico e comandante della rivoluzione
Hugo Chávez”.
Sono diversi gli impegni presi dal governo di Hugo
Chávez, secondo i lavoratori venezuelani, e che non
sono stati mantenuti.
Tra questi impegni figura l’aggiudicazione di organizzazioni
contadine della rappresentazione nella Commissione
Agraria Nazionale, l’indennizzo alle famiglie vittime
della violenza sistematica dei contadini da parte
di bulli pagati dai proprietari terrieri, e la designazione
di 34 magistrati per indagare e giudicare sugli omicidi
dei contadini.
I contadini aggiungono che il governo di Chávez si
era anche impegnato ad indagare, punire e rimuovere
dai propri incarichi militari e poliziotti accusati
di corruzione, repressione, violazione dei diritti
umani e crimini contro i contadini.
Secondo i lavoratori del Frente Ezequiel Zamora, l’Esecutivo
venezuelano si sarebbe assunto la responsabilità di
formare una commissione, composta da deputati e una
quindicina di dirigenti contadini, incaricata di indagare
sui casi di omicidio dei contadini.
I lavoratori aggiungono che il governo venezuelano
aveva stretto degli accordi con loro sui temi del
latifondismo, della previdenza sociale e dell’infrastruttura
rurale, tra le altre cose.
Secondo il quotidiano venezuelano El Universal, un
coordinatore nazionale del Frente Ezequiel Zamora,
Robinson Rujano, ha spiegato che il Fondo per lo Sviluppo
Agricolo, Zootecnico, Forestale ed Affini (FONDAFA)
insieme alla Corporazione per l’Approvvigionamento
ed i Servizi Agricoli sono debitori di grosse somme
di denaro. “Circa 600 milioni di bolivares (circa
280.000 dollari) equivalenti al 75 percento del raccolto
di mais prodotto dai membri del Frente Zamora”, ha
affermato Rujano.
Ha inoltre affermato che FONDAFA concede “crediti
a proprietari terrieri che accumulano grandi appezzamenti
di terra”, ma non concede ai contadini i documenti
agrari su terreni che hanno abitato e lavorato per
anni, nonostante siano stati promessi loro da più
di dieci mesi. Tali documenti permetterebbero ai contadini
di lavorare e vivere su questi terreni.
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
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I
leader arabi decidono di sostenere la missione di pace
nel Darfur e l'Autorità Palestinese
Giovedì, 30 Marzo 2006
Durante il loro summit a Khartoum, iniziato mercoledì, i
leader dei paesi arabi hanno deciso di fornire supporto
logistico e finanziario alla forza di peacekeeping dell'Unione
Africana nella regione sudanese del Darfur. Dodici
capi di stato arabi su 22 membri della Lega Araba hanno
partecipato alla sessione di apertura e hanno stabilito
di concedere finanziamenti alle truppe dell'Unione Africana
nella regione del Darfur, in Sudan. L'UA
non ha abbastanza denaro per sostenere la presenza
delle sue 7000 truppe nel Darfur, e pertanto aveva
intenzione di accettare di passare la missione all'ONU
a partire da settembre. Il governo sudanese ha condotto
un'aspra campagna contro il convolgimento dell'ONU
e a favore del proseguimento della missione dell'UA.
Nel frattempo, il Consiglio di Sicurezza
dell'ONU ha deciso all'unanimità di estendere fino
al 29 settembre 2006 il mandato di una commissione
di esperti che monitora l'embargo di armi contro i
belligeranti della regione. Il conflitto e la crisi
umanitaria nel Darfur hanno già provocato la morte
di 300.000 persone, per un totale di 2 milioni di
persone colpite.
Il Consiglio ha raccomandato a tutti
gli organi delle Nazioni Unite, all'Unione Africana
(UA) e alle altre parti interessate di collaborare
con la commissione, fornendole qualsiasi informazione
possa essere utile per l'embargo delle armi e le sanzioni.I
ministri degli esteri arabi hanno inoltre promesso
di continuare a sostenere finanziariamente l'Autorità
Palestinese, inviando “55 milioni di dollari al mese
e raccomandando ai loro governi di eliminare il debito
dell'Iraq che ammonta a milioni di dollari.”
Nel suo discorso di apertura, il Presidente
sudanese Omar Hassan al-Bashir ha invitato “la comunità
internazionale a rispettare la volontà del popolo
palestinese e a riconoscere le proprie responsabilità
nel sostegno al governo palestinese, nato da elezioni
libere e giuste.”
Inoltre i leader hanno chiesto al
mondo di aiutarli a rilanciare la pace in Medio Oriente
e di rispettare i risultati delle elezioni palestinesi
vinte da Hamas a gennaio.
Fonti:www.allafrica.com
Traduzione di Isabella Mangani - progetto Terre
Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal -
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Documenti
e Dichiarazioni: Che il nostro grido si trasformi
in una sola voce
Giovedì, 30 Marzo 2006
Organizzazione Nazionale degli Indigeni della Colombia
(ONIC)
La voce dei nostri popoli
è la voce della terra,
della memoria,
della resistenza
e della Speranza.
L’Organizzazione Nazionale degli Indigeni
della Colombia, fa un appello di solidarietà e sostegno
verso i nostri fratelli indigeni dell’Ecuador, le
organizzazioni sociali e popolari, insieme alla Confederazione
di Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) nella
giusta e dura lotta per la dignità, l’autonomia e
la vita e contro il Trattato di Libero Commercio,
che il governo ecuadoriano dovrebbe firmare con gli
Stati Uniti, pregiudicando gli interessi del popolo
ecuadoriano, contro il Plan Colombia, che peraltro
non ha risolto la nostra crisi acuta, che non solo
ci ha rinchiuso nei nostri territori, ma che oggi
costringe i nostri fratelli all’esilio nel territorio
ecuadoriano e aggredisce i territori e l’autonomia
dei nostri fratelli.
Li appoggiamo incondizionatamente nella loro lotta
eroica per la dignità, affinché venga estinto il contratto
con la società petrolifera OXY e che essa esca dal
Paese, poiché ha violato la legge ed ingannato lo
Stato ecuadoriano, che è passato sopra le autonomie
e le autorità e che sta dissanguando la nostra madre
terra.
I nostri fratelli ecuadoriani manifestano dal 13 marzo
scorso, nelle tre regioni del Paese. Stanno subendo
azioni di repressione dal governo, e vi sono notizie
sul maltrattamento di decine di compagni feriti, alcuni
dei quali si trovano in gravi condizioni o sono stati
arrestati. Questa violenza è totalmente ingiustificata,
perché i nostri fratelli ecuadoriani, nella loro giusta
ed esemplare lotta per l’autodeterminazione e la sovranità,
hanno agito in modo pacifico, esercitando i propri
diritti costituzionali ed il diritto ancestrale alla
resistenza.
Rifiutiamo categoricamente e ardentemente:
La repressione che stanno portando
avanti le forze armate e di polizia che si traducono
in arresti di dirigenti e abitanti di varie province,
perquisizioni militari presso comunità e villaggi,
decine di feriti, minacce di cattura rivolte a dirigenti
della CONAIE e della ECUARUNARI.
Davanti a questi fatti, ci rivolgiamo
con un appello di solidarietà all’opinione pubblica
nazionale ed internazionale per manifestare quanto
segue:
- Condannare il comportamento del
Governo di Alfredo Palacio di rispondere ad una giusta
protesta del popolo ecuadoriano con la militarizzazione
e la repressione generalizzata, con gravi conseguenze
di violazione dei diritti umani, dei diritti collettivi
delle popolazioni indigene, dei diritti civili universalmente
consacrati in diversi strumenti giuridici internazionali.
- Responsabilizzare il Governo di
Alfredo Palacio, il Congreso Nacional, le Forze Armate
e di Polizia per la vita, l’integrità fisica e la
libertà dei dirigenti della CONAIE e della ECUARUNARI,
nonché di dirigenti, cantonali, parrocchiali e di
popoli e nazionalità mobilitati.
- Esprimere la nostra unanime solidarietà
come popoli fratelli, attraverso la lotta che portano
avanti le nazionalità e le popolazioni del Ecuador,
nonché l’insieme di organizzazioni sociali che si
sono aggregate alla lotta per la dignità del popolo
ECUADORIANO e contro il TLC. Solidarietà fraterna
con i fratelli dirigenti della CONAIE e della ECUARUNARI
per trasmettere loro il nostro messaggio di fermezza
in questi momenti di lotta in difesa della vita e
della dignità dei nostri popoli contro il Trattato
di Libero Commercio, contro il Plan Colombia e contro
la OXY che rappresenta una minaccia per i nostri popoli
e la nostra sopravvivenza.
- Per tutto questo, con il pensiero
libero, con la mente completamente volta verso i nostri
sogni nel ricordo di coloro che hanno sacrificato
la propria vita per la dignità, l’autonomia e la difesa
dei nostri diritti; chiediamo la compattezza e l’unione
necessarie alla preparazione di una grande manifestazione
continentale contro il TLC che i nostri governi stanno
promuovendo, una mobilitazione che porti a condannare
i governi per i crimini infami commessi contro la
dignità umana.
Unità, Territorio, Autonomia e Cultura.
Comitato Esecutivo della ONIC
Comunicato emesso il 21 marzo 2006,
pubblicato sulla pagina web della ONIC.
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
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Notizie:
Paraguay accusato di violazione dei diritti degli
indigeni
Giovedì, 30 Marzo 2006
Accusano il Paraguay di violazione dei diritti degli
indigeni
Il Tribunale Interamericano dei Diritti Umani è chiamato
a giudicare lo Stato del Paraguay per “violazione
dei diritti alla terra e attentati alla vita” nei
confronti di comunità indigene appartenenti all’etnia
enxet.
Il Tribunale, che sta tenendo a Brasilia, capitale
del Brasile, il suo periodo di sessioni straordinarie,
analizza un possibile rimborso economico per gli indigeni
paraguaiani di fronte alla “sistematica violazione”
dei loro diritti fondamentali, da parte dello Stato.
Secondo il quotidiano paraguaiano “Ultima Hora”, gli
indigeni accusano il governo di aver violato diversi
articoli della Convenzione Americana sui Diritti Umani.
Tra i vari articoli, il quotidiano sottolinea quelli
relativi al diritto alla vita, all’integrità personale,
alle garanzie sulla proprietà e la tutela giudiziale.
Gli indigeni, che per la maggior parte vivono nella
regione del Chaco paraguaiana, sono affiancati dall’organizzazione
non governativa Tierraviva.
Secondo alcuni membri di tale organizzazione, si è
ricorsi alla denuncia al Tribunale Interamericano
una volta esauriti “tutti i procedimenti giudiziari
a livello locale”.
Si tratta del secondo caso di condanna da parte di
indigeni nei confronti dello Stato paraguaiano che
giunge a istanze sovranazionali, dopo che membri della
comunità Yakie Axa, anch’essa appartenente al popolo
enxet, vinsero nel 2005 un processo per la restituzione
di territori ancestrali.
Un censimento realizzato in Paraguay nel 2002 ha rivelato
che in questo Paese vivono oltre 85 mila indigeni,
dei quali più della metà vive nella regione settentrionale
del Chaco, soprattutto nei dipartimenti di “Presidente
Hayes” y “Boquerón”.
Informazioni da: Ultima Hora www.tierraviva.org.py
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Daniela
Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori Per la
Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Greenpeace
denuncia l’allarmante distruzione delle foreste vergini
Giovedì, 30 Marzo 2006
Meno del 10% della terra è ricoperta
da foreste ancora intatte, e di questa superficie
solo l’8% è adeguatamente protetto. Questo è quanto
ha affermato Greenpeace, l’organizzazione protezionista
internazionale, durante l’ottava riunione dei paesi
firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite sulla
diversità biologica (COP) che è in corso a Curitiba,
nello stato brasiliano del Paraná, e che termina questo
venerdì. I dati presentati da Greenpeace si basano
su rilevazioni fotografiche satellitari.
Il responsabile della conservazione delle foreste
di Greenpeace per la Russia, Alexei Uaroshenkov, ha
dichiarato secondo quanto riferito dal quotidiano
spagnolo El País che la metà della superficie boscata
distrutta negli ultimi centomila anni è sparita a
partire dal 1950.
Greenpeace ha dato l’allarme sulla velocità senza
precedenti a cui si stanno distruggendo le foreste
autoctone. Ogni due secondi, è stato detto a Curitiba
secondo quanto riferisce il sito “Argentina Forestal”,
viene deforestata un’area pari a un campo di calcio.
Secondo il rapporto di Greenpeace l’attuale tasso
d’estinzione delle specie animali e vegetali è all’incirca
mille volte più accelerato di prima della comparsa
della specie umana, e si prevede che lo diventi diecimila
volte di più entro il 2050. Solo in 42 paesi restano
superfici boscate intatte; è l’Europa, secondo El
Paìs, il continente in cui si fa più fatica a trovare
una foresta vergine.
Il 35% della superficie boscata intatta del pianeta
si trova in America Latina, per la maggior parte in
Amazzonia. Tuttavia, a quanto afferma uno studio dell’Università
brasiliana dello stato di Minas Gerais, questo manto
forestale potrebbe ridursi del 40 % nei prossimi 45
anni. Secondo Greenpeace, negli ultimi 30 anni in
Africa sono praticamente sparite tutte le foreste
vergini. La deforestazione ha tra le sue cause principali
il taglio del legname a scopo industriale.
A questo ritmo si prevede che tra pochi anni non esistano
più foreste vergini. Greenpeace spiega che l’aumento
di superfici boscate, che avviene soprattutto nei
Paesi occidentali, è dovuta a piantumazioni povere
in quanto a varietà e con specie spesso estranee all’ecosistema
locale, con danno quindi della biodiversità.
Traduzione di M. Guya, revisione di
Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
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Protesta
di tre giorni contro le elezioni di domenica prossima
in Tailandia
Mercoledì 29 marzo 2006
Gli attivisti tailandesi hanno proposto una manifestazione
della durata di tre giorni prima delle elezioni generali
della prossima domenica, richieste dal Primo Ministro
tailandese, Thaksin Shinawatra.
Migliaia di manifestanti stanno preparando
una mobilitazione nel principale quartiere commerciale
di Bangkok, capitale della Tailandia. Gli attivisti
hanno in programma di marciare dallo Stadio Nazionale
fino al nuovo centro commerciale (il più grande del
sudest asiatico).
Thaksin Shinawatra ha a suo carico
accuse di corruzione, i suoi oppositori hanno protestato
per diversi mesi contro di lui e ora richiedono le
sue dimissioni. Thaksin nega le imputazioni per corruzione
e continua con la sua campagna elettorale, dichiarando
di non volersi dimettere.
Questa manifestazione di tre giorni
sarà l’ultima prima delle elezioni di domenica, nelle
quali ci si aspetta la vittoria del partito di Thaksin
(Thai Rak). I partiti dell’opposizione hanno annunciato
un boicottaggio, che potrebbe invalidare i comizi.
La situazione politica in Tailandia
diventa ogni giorno più complessa. Pipop Thongchai,
leader del principale partito dell’opposizione, l’Alleanza
Popolare per la Democrazia, assicura che l’attuale
governo è il peggior nemico del popolo e appoggia
le manifestazioni e le proteste.
Gli oppositori di Thaksin hanno organizzato
mobilitazioni giornaliere di fronte all’ufficio del
mandatario sin dai primi giorni di marzo, per manifestare
contro le sue politiche economiche e sociali, per
reclamare riforme nel campo dell’istruzione e per
porre fine alla corruzione.
Le critiche sono aumentate dopo che
la famiglia di Thaksin ha guadagnato 1.900 milioni
di dollari non imponibili lo scorso gennaio con la
vendita delle azioni della società di telecomunicazioni
Shin Corp a investitori di una compagnia di Singapore.
Thaksin ha anche proposto l’inserimento
nel nuovo governo dei partiti dell’opposizione nel
caso venisse rieletto dalla maggior parte dei cittadini,
i quali, secondo alcune inchieste, non lo vorrebbero
come Primo Ministro per un altro periodo.
Traduzione di Cecilia Silveri,
rev. Daniela Cabrera- progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace - Radiomundoreal
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Lavoratori
accusano di omicidio un’azienda mineraria
Mercoledì 29 marzo 2006
Organizzazioni sindacali messicane
hanno presentato una denuncia penale nei confronti
di Grupo México per “omicidio industriale, premeditato
e colposo”, nell’esplosione che a febbraio ha provocato
la morte di 65 lavoratori in una miniera di carbone
nello stato di Coahila, nel nord del Messico.I lavoratori
accusano l’azienda di “irresponsabilità” per aver
mandato i minatori all’interno di una miniera che
era in “pessime condizioni”, e dove alla fine sono
rimasti intrappolati.Secondo i sindacalisti, le cattive
condizioni lavorative hanno “reso impossibili” i lavori
di soccorso dei minatori che sono caduti in un fosso
di circa 150 metri di profondità.Questa miniera sotterranea
ha una capacità annuale di circa 280 mila tonnellate
metriche di carbone, ma ora la sua attività è paralizzata.I
dirigenti delle organizzazioni sindacali hanno minacciato
di fare uno sciopero nazionale se l’azienda non si
assume “tutta la responsabilità” del caso.D’altra
parte, i familiari delle vittime si sono rivolti a
deputati federali esigendo “l’inizio immediato” di
un’indagine per verificare se i figli di Marta Sahagún,
moglie del presidente Vicente Fox, hanno delle azioni
di Grupo México.Secondo quanto hanno detto, è “vergognoso”
che il mandatario abbia visitato la miniera “solo
dopo la catastrofe”, e non abbia tenuto conto delle
condizioni in cui lavoravano i minatori.I familiari
dei 65 lavoratori morti hanno presentato nuovamente
la loro accusa nei confronti di Grupo México e le
autorità della Segreteria statale del Lavoro.
Hanno inoltre assicurato che gli ispettori
di quest’ultima “non hanno mai visitato” gli impianti
dell’azienda mineraria.
Da informazioni di: Vanguardia, La
Jornada
Foto: http://www.elpolverin.com.mx
Traduzione di Cecilia Silveri,
revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri
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La
Monsanto semina morte tra i contadini indù
di Vandana Shiva*
Mercoledì 29 marzo 2006
In occasione dell’Ottava Conferenza
sulla Convenzione dell’ONU per la Diversità Biologica,
che verrà celebrata a Curitiba, Brasile, con le riunioni
sul Protocollo per la Biosicurezza (20-31 marzo),
ci saranno all’ordine del giorno i sementi assassini
dell’industria delle biotecnologie. Semi che uccidono
la biodiversità, i coltivatori e la libertà degli
individui. Tra questi troviamo il Bt. Cotton della
Monsanto, che ha già sommerso migliaia di agricoltori
indù di debiti, gettandoli nella disperazione e nella
morte. I governi di Australia, Nuova Zelanda e Canada,
agendo da strumenti del governo degli Stati Uniti
e dell’industria biotecnologica, cercano di minare
la moratoria attualmente esistente – imposta dall’Unione
Europea — su tutti gli alimenti e i sementi geneticamente
modificati e sulla tecnologia cosiddetta Terminator,
che fa produrre alle piante geneticamente modificate
sementi sterili.
L’OMC (Organizzazione Mondiale del
Commercio – NdT) si è espresso contro la moratoria
dell’Unione Europea il 7 febbraio scorso. E il messaggio
è chiaro: la libertà dei cittadini di scegliere ciò
che desiderano coltivare e mangiare non ha carta di
cittadinanza in un mondo regolato dai profitti delle
grandi multinazionali. Il Bt. Cotton, un tipo di cotone
geneticamente modificato venduto dalla Monsanto, ha
ripetutamente ingannato gli agricoltori indù da quando
l’impresa cominciò illegalmente i propri esperimenti
nel 1998. E da quando è stata autorizzata, nel 2003,
la commercializzazione dei suoi sementi. La pubblicità
della Monsanto prometteva ai contadini una produzione
di 15 quintali per acro e circa 226 dollari di ricavati
aggiuntivi. Tuttavia, per numerosi agricoltori il
Bt. Cotton ha significato la perdita di interi raccolti.
Molti altri hanno raccolto in media solo tre quintali
per acro, un quinto di ciò che era stato loro promesso.
Le nostre indagini sulle coltivazioni
delle stagioni precedenti hanno mostrato per il Maharashtra
e il Andrhra Pradesh raccolti medi di 1,2 quintali
per acro. Uno studio condotto dal Centro per l’Agricultura
Sostenibile ha dimostrato che mentre i sementi del
Bt. Cotton costano ai contadini 36 dollari per acro,
quelli dei coltivatori organici costano solamente
10 dollari per acro, ovvero meno di un terzo. Il Bt.
Cotton deve essere spruzzato tre volte e mezzo con
pesticidi, ad un costo di 59 dollari per acro. I coltivatori
organici, invece, utilizzano per il controllo dei
parassiti sostanze ecologiche che costano meno di
9 dollari per acro, cioè una sesta parte del costo
del Bt. A causa dei costi elevati di coltivazione
e degli esigui guadagni derivanti dal suo rendimento,
i contadini indù si trovano intrappolati in gravi
debiti, per riparare ai quali ci stanno rimettendo
la vita. Nell’ultimo decennio, in India, si sono suicidati
più di 40.000 agricoltori (anche se sarebbe più esatto
parlare di omicidio o di genocidio). Più del 90% dei
contadini che si sono tolti la vita a Maharashtra
e Andhra Pradesh durante la stagione del cotone dello
scorso anno avevano piantato Bt. Cotton. Tuttavia,
i lobbisti delle biotecnologie come Graham Brookes
e Peter Barfoot manipolano i dati per occultare questo
orrore. Durante un recente viaggio in India, Brookes
ha dichiarato che gli agricoltori indú, coltivando
il Bt. Cotton, avrebbero ricavato 113 milioni di dollari,
con un incremento di 45 dollari per ettaro. In realtà,
utilizzare i sementi della Monsanto ha significato
per i coltivatori 50 dollari in più per acro, che
rappresenta più di 226 milioni di dollari in perdite.
Questo è il motivo per cui i governi dell’Andhra Pradesh
e del Gujarat hanno trascinato la Monsanto in tribunale.
La monopolizzazione dei sementi da
parte delle multinazionali è una ricetta efficace
per distruggere la biodiversità e gli agricoltori.
Più del 90% del mercato dei semi geneticamente modificati
è costituito da solo quattro tipi di colture: frumento,
soia, colza e cotone. Solamente due varietà sono state
commercializzate su vasta scala: le coltivazioni resistenti
agli erbicidi e le coltivazioni di Bt. Cotton. E più
del 90% del mercato dei sementi geneticamente modificati
è controllato da una sola compagnia: la Monsanto.
Lo studio effettuato da Brookes e
Barfoot non si basa su dati empirici di prima fonte,
ma su estrapolazioni tratte da falsi presupposti e
studi manipolati. Per quanto riguarda gli Stati Uniti,
i lobbisti sostengono che il cotone resistente agli
erbicidi farebbe guadagnare agli agricoltori nordamericani
66,59 dollari per ettaro di profitti aggiuntivi. Tuttavia,
90 coltivatori di cotone texani hanno citato in giudizio
la Monsanto a causa delle enormi perdite subite nei
propri raccolti: la Monsanto non li aveva avvertiti
di un difetto del suo cotone geneticamente modificato.
Con la causa intentata intendono ottenere risarcimenti
per ciò che definiscono ”una lunga campagna di inganni”.
Il tentativo di introdurre la tecnologia Terminator
aumenterà la vulnerabilità degli agricoltori indù
e minaccerà la biodiversità. Quando a gennaio scorso
si è riunito a Granada il gruppo di lavoro sull’articolo
8(j) della Convenzione sulla biodiversità, gli Stati
Uniti hanno sostenuto la falsa tesi, secondo la quale
la tecnologia Terminator, una tecnologia che crea
sterilità, farebbe “aumentare la produttività”.
Le popolazioni indigene considerano
la tecnologia Terminator una minaccia alla propria
libertà e sovranità. Come ha affermato in Brasile
Mariana Marcos Tarine, a nome del Forum internazionale
indigeno sulla biodiversità, “la tecnologia Terminator
rappresenta una minaccia al nostro benessere e alla
nostra sovranità alimentare, e costituisce una violazione
del nostro diritto all’autodeterminazione”. E in gioco
non c’è solo la libertà delle popolazioni indigene.
La dichiarazione dell’OMC sulla questione degli OGM
[organismi geneticamente modificati] minaccia la libertà
di tutti noi sulla scelta dei sementi da coltivare
e sul modo di nutrirsi. Nel 2003, quando il presidente
Bush avviò le ostilità belliche, organizzammo una
campagna mondiale. Nel corso della riunione dell’OMC
2005 a Hong Kong, io assieme all’agricoltore e attivista
francese José Bové abbiamo inviato all’OMC più di
60 milioni di firme stampate in una dichiarazione
nella quale si affermava che essere liberi da OGM
è parte integrante del nostro diritto fondamentale
a scegliere liberamente i raccolti che coltiviamo
e gli alimenti che mangiamo. Non ci lasceremo ridurre
in schiavitù dai giganti della genetica. Non permetteremo
che i loro sementi assassini uccidano i nostri agricoltori
e la nostra libertà. Continueremo a conservare i nostri
semi come un dovere verso la creazione e la nostra
comunità. Difenderemo le zone libere da OGM come zone
della nostra biodiversità e della nostra libertà alimentare.
Spargeremo semi di pace e blinderemo la fonte di diffusione
dei sementi della morte.
* Vandana Shiva è una famosa analista
politica e attivista hindú.
Pubblicato sul sito Internet: http://www.sinpermiso.info
Traduzione di Arianna Ghetti – Progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - RadioMundoReal
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Interviste:
“Tra l’8 e il 10 percento di Misiones è proprietà
di Arauco”
Martedì 28 marzo 2006
Manifestazione contro la fabbrica
di cellulosa
La fabbrica di cellulosa Alto Paraná,
proprietà della società cilena Arauco, è quella che
ha provocato maggiori danni ambientali nella provincia
argentina di Misiones, situata a nordest del Paese.Secondo
le organizzazioni ambientaliste che lavorano nella
zona, il processo di deperimento di Misiones è impressionante.
Alto Paraná è la fabbrica che lavora la maggiore quantità
di legno nella zona, visto che a Misiones esistono
altre due aziende similari.Questo modello di produzione
ha bisogno della creazione di piantagioni di monocolture
su grande scala per fornire le cartiere.
Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, corrispondenti
di Radio Mundo Real in Argentina e membri di Amici
della Terra Buenos Aires, hanno intervistato Rulo
Bregagnolo, rappresentante del gruppo ecologista Cuña
Pirú* che sta lavorando a Misiones.
Bregagnolo ha spiegato che gli effetti
delle fabbriche di cellulosa di Misiones comprendono
effluenti ed emanazione di schiume e liquidi scuri
che si riversano direttamente nel fiume Paraná. L’odore
nauseabondo è un’altra caratteristica della zona dove
si trova la fabbrica.L’ambientalista argentino ha
riassunto le principali conseguenze dell’attività
delle fabbriche di cellulosa.“Le cartiere hanno un
fulcro di inquinamento che sono gli effluenti, che
vengono prodotti durante il processo di fabbricazione
della carta e vanno a finire nel fiume Paraná. Il
cattivo odore è un altro fattore che ovviamente ha
i suoi effetti: è ciò che provoca l’azienda per raggiungere
questi livelli di produzione che comportano il disboscamento
massiccio dell’area.
Secondo Bregagnolo, le aziende proprietarie
delle fabbriche di cellulosa di Misiones applicano
“programmi di devastazione da 3.000 a 5.000 ettari
all’anno, con i quali si fa tabula rasa della foresta
della regione di Misiones”.L’inquinamento e l’attività
sull’ecosistema provocano “la morte definitiva di
una quantità inimmaginabile di specie nella provincia
e la trasformazione del paesaggio e della biodiversità
per poter piantare pini (per poi tagliarli ed utilizzarne
il legno)”, ha aggiunto l’ambientalista.
*Cuña Pirú fa parte della Federazione
Amici della Terra Argentina.
Intervista realizzata nell’ambito
del Programma Argentina Sustentable, iniziativa di
varie organizzazioni ecologiste e sociali del Paese.
Fonte:
http://www.greanpeace.org
Traduzione di Cecilia Silveri,
revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri
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L’
Unione Europea attende una decisione della Comunidad
Andina de Naciones per negoziare il TLC
Martedì, 28 Marzo 2006
L’Unione Europea è tornata ad esprimere
alla Comunidad Andina de Naciones (CAN) la sua intenzione
di avviare i negoziati per la firma di un Trattato
di Libero Commercio (TLC) tra i due blocchi.
Ciononostante, il blocco europeo ha comunicato a quello
andino che è giunto il momento di chiarire se si ha
la stessa volontà politica di negoziare un TLC. La
Comunidad Andina de Naciones è formata da Bolivia,
Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela.
L’Unione Europea vuole iniziare le negoziazioni con
i cinque Paesi andini a maggio a Vienna, capitale
austriaca, quando si terrà il summit Unione Europea
– America Latina.
Secondo l’agenzia stampa AFP, il Commissario Europeo
per le Relazioni con l’Estero, Benita Ferrero Waldner,
ha dichiarato che l’UE spera di “poter avviare le
trattative a Vienna. Ma dipende dalla volontà politica.
Se quei Paesi vogliono andare avanti, possiamo, ma
dipende da loro”.
Ferrero ha detto inoltre che i problemi interni che
hanno gli Stati della Comunidad Andina de Naciones
potrebbero rendere difficoltoso il processo dei negoziati
con i Paesi dell’Unione Europea.
Il Commissario Europeo si riferisce ad alcune affermazioni
del presidente del Venezuela Hugo Chávez, che venerdì
ha dichiarato che la Comunidad Andina de Naciones
“non esiste” a causa della decisione di Perù e Colombia
– secondo il suo parere - di “pugnalare” la comunità
mettendosi d’accordo con gli Stati Uniti per la firma
di TLC individuali. Il Venezuela ha attualmente la
presidenza di turno della CAN.
L’Ecuador da parte sua continua i negoziati per un
TLC con gli Stati Uniti ed è possibile sperare che
nel breve periodo giungano ad un accordo.
Il Venezuela ha tra i suoi attuali principali obiettivi
accelerare il processo di entrata nel Mercato Comune
del Sud (MERCOSUR), approvato a dicembre da Uruguay,
Brasile, Argentina e Paraguay, che fanno parte di
tale blocco.
Secondo il giornale venezuelano
El Universal, il Segretario Generale della Comunidad
Andina de Naciones, Allan Wagner, ha dichiarato di
sperare che Chávez non ostacoli un eventuale negoziato
per la firma di un TLC con l’Unione Europea.
Vedere nota relativa su Radio Mundo Real:
Lanzamiento de negociaciones para firma de un TLC
entre Unión Europea y Comunidad Andina sin fecha segura
Foto: http://europa.eu.int Traduzione di Sonia Chialastri,
revisione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri
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Indigeni
cileni si mobilitano per l’acqua
Martedì 28 marzo 2006
Organizzazioni indigene del Cile,
per la maggior parte appartenenti all’etnia mapuche,
hanno protestato nella regione dell’Araucanía, nel
centro del paese, per chiedere alle autorità di migliorare
i servizi idrici e idraulici.
Secondo un comunicato degli attivisti, l’impatto delle
imprese forestali che si
sono insediate nella zona ha provocato la "mancanza
di acqua", e in tale situazione i “più colpiti”
risultano essere gli indigeni.
Gli organizzatori dell’iniziativa, alla quale hanno
partecipato anche gruppi ambientalisti e sindacati,
hanno fatto notare che una delle principali conquiste
della manifestazione è stata la possibilità di "fare
strada" al tema dell’acqua e della siccità nell’agenda
regionale.
Hanno altresì dichiarato la necessità di “riempire
di contenuti” la proposta di promuovere un “governo
dei cittadini”, e hanno chiesto agli enti pubblici
che forniscono servizi di acqua potabile di “essere
coerenti” con il discorso ufficiale emanato dal Potere
Esecutivo a seguito del mandato di Michelle Bachelet.
Secondo quanto segnalato dal mezzo di informazione
Mapuexpress, l’unità del movimento mapuche consolida
la propria “capacità di incidenza pubblica”, e nelle
autorità provinciali “si stanno cominciando ad intravedere”
altri stili di governabilità.
Si legge nell’articolo di Mapuexpress: "Il movimento
indigeno si ricolloca come attore sociale chiave con
il proprio modo di fare cittadinanza democratica".
Secondo l’articolo, la recente manifestazione per
l’acqua condotta dal popolo mapuche “è stata un successo”;
tuttavia, pone “nuove sfide” per ottenere ciò che
sta chiedendo.
L’articolo conclude: “Oggi nessuno mette in dubbio
il fatto che l’acqua sia parte fondamentale della
piattaforma rivendicativa mapuche”.
Fonti: Mapuexpress , Diario El Gong - Foto: http://www.mapuche.info/
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia
SIlveri – progetto Terre Madri –
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I
francesi scendono in strada per protestare contro
la nuova legge sull’impiego
Martedì 28 marzo 2006
Centinaia di migliaia di persone
hanno protestato martedì sera contro le nuove leggi
sull’impiego introdotte dal governo francese, paralizzando
il Paese; uno sciopero nazionale aveva già chiuso
gran parte delle reti di trasporto del Paese. Lavoratori
e studenti in più di 100 città hanno chiesto al governo
di abolire il nuovo contratto d’impiego, denominato
“contratto di primo impiego” (CPE, l’acronimo francese).
Il CPE permette ai datori di lavoro di “rescindere
contratti lavorativi di coloro che hanno meno di 26
anni d’età in qualsiasi momento in un periodo di due
anni, senza essere tenuti a fornire spiegazioni né
preavviso”.
Il governo difende la legge dichiarando che “spronerà”
i datori di lavoro ad assumere personale
giovane; tuttavia, gli studenti temono che colpirà
la stabilità lavorativa in Francia, dove più del 20%
degli abitanti tra i 18 e i 25 anni è disoccupato.
I sostenitori della legge ritengono che favorirà l’assunzione
di personale, mentre gli oppositori affermano che
la legge permetterà fondamentalmente ai datori di
lavoro di utilizzare lavoratori giovani per due anni
per poi licenziarli, evitando in questo modo di dover
fornire loro i benefici sociali propri dei contratti
a lungo termine.
Secondo un’inchiesta pubblicata lunedì da Le Monde,
il 63 percento dei francesi si oppone alla decisione
del Primo Ministro, Dominique de Villepin, di conservare
la legge.
Indymedia Francia ha informato che gli organizzatori
delle proteste ritengono che i parigini siano stati
testimoni martedì sera della più grande protesta nella
città mai vista prima, mentre a Marsiglia i sindacati
hanno informato che la manifestazione ha visto la
partecipazione di un numero di persone tra i 200.000
e i 250.000.
Tutto il paese ha difficoltà ad utilizzare i mezzi
di trasporto, per il fatto che i lavoratori del settore
si sono uniti allo sciopero. A Parigi, la metropolitana
ed il servizio urbano dei trasporti erano già colpiti
dallo sciopero.
La presenza delle forze dell’ordine è aumentata in
tutto il paese. Secondo l’emittente CBC News, “Il
presidente francese Jacques Chirac ha annullato un
viaggio all’estero, la Torre Eiffel
rimane chiusa ai visitatori e le edizioni di molti
quotidiani non sono state pubblicate”, per via delle
proteste.
Fonti: www.cbc.co.uk , www.lemonde.com ,
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia
Silveri – progetto Terre Madri –
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Membri
delle FARC accusati dal sistema giudiziario statunitense
Martedì 28 marzo 2006
Il pubblico ministero statunitense
Alberto Gonzáles ha presentato delle imputazioni a
carico di 50 leader e membri delle Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia (FARC). Se verranno arrestati, i guerriglieri
potrebbero essere estradati.Gli Stati Uniti offrono
una ricompensa di 75 milioni di dollari per informazioni
che permettano l’arresto dei guerriglieri.Gonzáles
accusa i membri della guerriglia colombiana di gestire
la distribuzione di oltre la metà della cocaina in
circolazione nel mondo e di essere i principali fornitori
del mercato statunitense.I capi d’accusa da parte
del pubblico ministero statunitense sono stati presentati
mercoledì scorso e, secondo la rivista colombiana
Semana, si tratta di “una delle principali manifestazioni
di appoggio degli Stati Uniti al presidente (colombiano)
Álvaro Uribe”.
Secondo la rivista, Gónzalez ha affermato che si tratta
della “più grande accusa per narcotraffico presentata
nella storia degli Stati Uniti ed incrementa la nostra
speranza di ridurre la violenza legata alla droga
in Colombia e di soffocare l’enorme quantità di droghe
illegali che entrano nel nostro Paese”.
Semana aggiunge che “è la prima volta che gli statunitensi
riescono ad accusare un gruppo che hanno tenuto di
mira per diversi anni. La notizia è stata la ciliegina
sulla torta per Uribe”.Il presidente colombiano ha
sempre definito i membri delle FARC come terroristi,
sequestratori, violatori dei diritti umani, assassini
e trafficanti di droga, tra le altre cose.
L’appoggio degli Stati Uniti ad Álvaro Uribe nella
sua politica di lotta al traffico di droga in Colombia,
inquadrato nella strategia militare dei due Stati,
il cosiddetto Plan Colombia, è stato fondamentale.Semana
afferma che “sarà sempre più difficile per la guerriglia
divulgare il proprio pensiero rivoluzionario dopo
che sarà stata qualificata da Washington (capitale
degli Stati Uniti) come il cartello del narcotraffico
più grande della storia”.Tuttavia, alcune organizzazioni
colombiane si sono dichiarate contrarie all’imputazione
nei confronti dei guerriglieri colombiani presentata
dagli Stati Uniti.L’azione legale è considerata da
queste organizzazioni come un’ingerenza inammissibile
nelle questioni di politica interna della Colombia.
Secondo la rivista Semana, l’annuncio ha provocato
in Colombia la sensazione che si stia allontanando
sempre di più la possibilità di raggiungere “un accordo
di pace definitivo con la guerriglia, dato che l’estradizione
è considerata uno scoglio verso qualsiasi negoziazione”.
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
di Gianni Tarquini - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
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l’opposizione
tailandese rifiuta l’offerta del Primo Ministro
Martedì 28 marzo 2006
In Tailandia, i principali partiti
dell’opposizione hanno rifiutato l’offerta del Primo
Ministro di questo Paese, Thaksin Shinawatra, di “inserirli”
nel suo nuovo governo in caso di rielezione nel prossimo
fine settimana. Thaksin assicura che offrirà ai suoi
oppositori posizioni importanti nel gabinetto, a condizione
che non si presentino alle elezioni.
I partiti dell’opposizione hanno protestato per mesi
contro il governo di Thaksin e la sua proposta di
rielezione.Secondo la stampa tailandese, il Primo
Ministro Thaksin ha dichiarato ai giornali che questa
formazione di governo “darebbe una nuova unità al
Paese”.
Sia i manifestanti antigovernativi che i membri dell’opposizione
hanno respinto l’offerta di Thaksin.Sondhi Limthongkul,
uno dei principali leader delle manifestazioni contro
Thaksin, ha detto alla televisione nazionale che il
Primo Ministro è “impazzito”.
“Ha proposto un governo di unità nazionale
e ci ha invitato ad unirci dopo aver etichettato i
suoi oppositori come i ‘cattivi’”, ha aggiunto Sondhi.A
seguito dei commenti rilasciati domenica scorsa da
entrambe le fazioni, le mobilitazioni contro Thaksin
sono continuate nella capitale. Migliaia di persone
hanno manifestato nel quartiere commerciale di Bangkok.
Ci si aspettano ulteriori proteste
questa settimana, prima delle elezioni di domenica
prossima. La Commissione Elettorale ha dichiarato
che si sono registrate per votare 681.116 persone,
di più rispetto agli ultimi comizi, tenutisi a febbraio
2005.
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it -
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Si
prepara la giornata di solidarietà con Haiti
Lunedi' 27 marzo 2006
Organizzazioni sociali di varie parti del mondo preparano
per questa settimana una "giornata di solidarietà
con la popolazione di Haiti", durante la quale,
tra le altre cose, si reclamerà il "ritiro immediato"
delle truppe straniere che occupano militarmente il
Paese.
Secondo un comunicato della Assemblea dei Movimenti
Sociali, che ha promosso quest'attività nell'ambito
del Forum Sociale Mondiale, tenutosi a gennaio in
Venezuela, l'obiettivo di questa campagna di solidarietà
è quello di rafforzare la "sovranità e l'autodeterminazione"
di Haiti. Gli attivisti aggiungono che il Paese caraibico
ha bisogno che il suo debito estero, da loro definito
illegittimo, venga "annullato in modo incondizionato
ed immediato".
Inoltre affermano che nel 2005 i pagamenti versati
agli organismi di credito multilaterali hanno rappresentato
la spesa più importante del budget nazionale haitiano.
Nel documento si condanna fortemente la Missione di
Stabilizzazione dell'Onu nel Paese (Minustah, dal
suo acronimo in francese) e si afferma che, dietro
al presunto "aiuto umanitario", si nasconde
un "umiliante" intervento militare.
“E’ giunto il momento di iniziare a saldare il nostro
debito storico con il popolo haitiano", reclamano
le organizzazioni che hanno firmato il documento.
Gli attivisti ricordano che Haiti è stato il "primo
Paese nero e schiavo" ad ottenere l'indipendenza
politica e che il suo contributo è stato fondamentale
per "tutte le battaglie di emancipazione"
dell'America Latina.
Aggiungono inoltre che "dopo 202 anni, purtroppo,
il suo popolo sa ancora lottando per far rispettare
la sua sovranità e il suo diritto all'autodeterminazione
e per ottenere condizioni di vita degne per tutti
gli uomini e le donne del Paese".
Secondo quanto indicato nel testo dell'Assemblea dei
Movimenti Sociali, l'impoverito Paese caraibico "riflette
una sintesi della dominazione a cui sono sottoposti
le popolazioni del Sud" , e rappresenta un esempio
di "dignità e lotta per la conquista della vera
indipendenza".
"Ad Haiti è in gioco il futuro di tutti i nostri
popoli; la sua lotta è la nostra lotta", conclude
il documento.
Informazioni tratte da:
Minga Informativa de Movimientos Sociales
Foto: http://haiticulture.com
Traduzione di Loredana Stefanelli – Revisione di Cecilia
Silveri
Progetto Terre Madri Radiomundioreal – Traduttori
per la pace
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Stati
Uniti ed Ecuador cominciano ad analizzare il capitolo
sull’agricoltura del TLC
Lunedì 27 marzo 2006
Questo lunedì, Stati Uniti ed Ecuador
inizieranno a Washington, capitale dello stato nordamericano,
le discussioni sul capitolo agricolo nell'ambito del
Trattato del Libero Commercio (TLC), in fase
di negoziazione tra i due Paesi.
Il team di negoziazione ecuadoriano, guidato da Manuel
Chiriboga, attende dagli Stati Uniti una risposta
riguardo alla proposta in ambito agricolo presentata
nel novembre del 2005. Chiriboga ricopre anche il
ruolo di coordinatore della tavola di negoziazione
agricola.
Lo scorso novembre, il negoziatore ecuadoriano aveva
chiesto agli Stati Uniti una risposta alla proposta
agricola del suo Paese ed aveva avvertito che, in
caso contrario, le negoziazioni si sarebbero arenate.
Ad ogni modo gli Stati Uniti hanno ritardato la risposta
e, come hanno sempre fatto nelle negoziazioni di trattati
simili, hanno relegato all'ultimo posto il problema
agricolo tanto importante per l'Ecuador e l'America
Latina.
Questa tattica permette loro di far dipendere alcune
concessioni già fatte o che sono disposti a fare su
altri argomenti dall'accettazione o meno da parte
dell'Ecuador delle condizioni prospettate in materia
agricola.
Il mezzo stampa ecuadoriano El Comercio ha aggiunto
che, nella proposta agricola presentata dall'Ecuador,
il team di negoziazione di questo Paese ha precisato
quali sono i prodotti che desidera proteggere dall'apertura
commerciale, dal momento che includerli nel trattato
avrebbe un impatto negativo in quel settore rurale
e a livello lavorativo.
Questi prodotti includono il riso, il mais e i latticini.
Esistono comunque prodotti agricoli e zootecnici che
l'Ecuador è disposto a negoziare perché pensa che
possano essere maggiormente richiesti nel mercato
statunitense.
Tra questi prodotti vi sono la frutta tropicale, i
derivati del latte e del cacao e il tabacco, fra i
tanti.
Secondo El Comercio, lo Stato sudamericano pretende
una quota addizionale di esportazione verso gli Stati
Uniti di 80.000 tonnellate di zucchero.
Sempre lo stesso giornale spiega che, in accordo con
formule già utilizzate dagli Stati Uniti in altri
trattati commerciali, se loro accettano un incremento
della quota di esportazione dello zucchero,
l'Ecuador dovrà accettare l'importazione di glucosio
di mais statunitense.
Secondo il team di negoziazione ecuadoriano, le trattative
agricole potrebbero terminare nei primi giorni di
aprile. Si spera che, in seguito alle negoziazioni,
il sistema dei dazi oggi in vigore subisca dei
cambiamenti.
Durante l'ultima settimana, settori ecuadoriani contrari
alla firma di un TLC tra gli Stati Uniti e l'Ecuador
si sono mobilitati contro questo trattato, soprattutto
a Quito, capitale del Paese. Il governo ecuadoriano,
presieduto da Alfredo Palacio, ha contestato le manifestazioni
utilizzando la repressione politica.
Il presidente della Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’ Ecuador (CONAIE) Luis Macas sta percorrendo
varie province del Paese nel tentativo di trovare
l'appoggio di settori contrari al TLC.
Secondo il quotidiano ecuadoriano La Hora, l'obiettivo
della CONAIE sarebbe quello di unire l'appoggio popolare
a quello delle organizzazioni per un'eventuale sollevazione
popolare.
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Traduzione di Loredana Stefanelli – Revisione di Cecilia
Silveri
Progetto Terre Madri
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Gli
indigeni paraguaiani "vittime della schiavitù"
Lunedì 27 marzo 2006
Comunità indigene: le più colpite dalla povertà in
Paraguay
Un recente rapporto dell'Organizzazione Internazionale
del Lavoro (OIL) rivela che la popolazione maggiormente
colpita dalla piaga della schiavitù in Paraguay è
quella indigena guaraní, e che nella maggioranza dei
casi coloro che applicano questo tipo di pratica sono
le grandi classi rurali.
Il documento, stilato dall'antropologo Eduardo Bedoya,
è stato presentato nell'ambito di un seminario sul
lavoro "schiavista" nel corso della II Conferenza
Internazionale sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo
Rurale, tenutasi nella città brasiliana di Porto Alegre.
Durante il convegno, promosso dall'Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'Alimentazione el'Agricoltura
(FAO), il consulente dell'OIL ha assicurato che degli
oltre 12 milioni di "schiavi" presenti in
tutto il mondo, quasi un milione e mezzo vivono in
paesi dell'America Latina e nei Caraibi.
Bedoya ha spiegato che la popolazione rurale rappresenta
il 75 percento dei poveri del mondo, e che fattori
quali la "mancanza di accesso alle terre, la
povertà e l'assenza dello Stato" favoriscono
lo sfruttamento nelle zone rurali.
Secondo quanto confermato dall'antropologo, anche
in paesi come la Bolivia e il Perù, la popolazione
indigena risulta essere la più sottomessa a condizione
di schiavitù.
Ha aggiunto che circa 20 mila indigeni peruviani vengono
"sfruttati" nelle attività di silvicoltura
nella regione amazzonica del paese, e che i loro reclutatori
"imprigionano intere famiglie" e le costringono
a lavorare.
Bedoya ha anche dichiarato che nel caso della Bolivia
la maggior parte dei casi di schiavitù si registrano
nella produzione di canna da zucchero, e che in alcune
classi sono stati scoperti casi di "pene severe"
ai lavoratori, comprese punizioni corporali.
Fonti:
http://www.lanacion.com.py
Foto: www.cruzroja.org
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia
Silveri progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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Terzo
giorno di mobilitazioni contro il muro di confine
con gli Stati Unit
Lunedì 27 marzo 2006
Migliaia di immigrati latinoamericani
hanno manifestato nel fine settimana nella città statunitense
di Los Angeles contro il progetto di legge che promuove
la costruzione di un muro al confine con il Messico.
Secondo gli oppositori, questa polemica riforma migratoria
“criminalizza” gli stranieri privi di documenti ed
inasprisce i controlli di frontiera.
Il progetto, che si inizia a discutere lunedì al Senato
e che è già stato approvato dalla camera bassa del
Congresso, comprende normative che colpiscono “in
modo pesante” i clandestini, che verrebbero così classificati
come “criminali”.
Le organizzazioni di immigrati latinoamericani hanno
annunciato nuove manifestazioni per questa settimana,
dopo che sabato si è tenuto a Los Angeles uno degli
atti di protesta più importanti degli ultimi anni.
Le forze dell’ordine di questa città
hanno stimato la partecipazione di circa 500 mila
persone alla manifestazione organizzata dai gruppi
della comunità latina.
L’Unione dei Lavoratori Contadini
(UFW è la sigla inglese), insieme ad altri gruppi
di ispanici, tra i quali Hermandad Nacional Mexicana,
hanno fatto un omaggio al sindacalista César Chávez,
assassinato in Arizona nel 1993.
Durante questa celebrazione, che si
è tenuta nella cattedrale di Los Angeles, sono stati
anche lanciati proclama contro l’inasprimento delle
politiche migratorie che promuovono i settori più
conservatori del Partito Repubblicano al governo.
Gli organizzatori della manifestazione hanno ricordato
che solo nella città di Los Angeles vivono circa 4
milioni di immigrati latini, che rappresentano oltre
il 44% della popolazione totale.
I contadini esigono che venga rispettata “la dignità
di tutti gli esseri umani negli Stati Uniti”, e hanno
chiesto la regolarizzazione dei quasi 12 milioni di
immigrati che vivono nel Paese.
Secondo i loro pronostici, queste riforme migratorie
rafforzeranno i controlli alle frontiere, tratteranno
i clandestini come criminali e infliggerà pene maggiori
a chi assumerà stranieri.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Evo
Morales ha annunciato la sua strategia di fronte all’elezione
dei costituenti
Lunedì 27 marzo 2006
Il presidente boliviano Evo Morales
la scorsa domenica ha annunciato che parte della strategia
del Movimento al Socialismo (MAS), partito che lo
portò alla presidenza, per avere una maggior quantità
di candidati nell’Assemblea Costituente è presentare
candidati che fanno parte di altri raggruppamenti
politici con i quali si possono stringere alleanze.
L’elezione dei costituenti si terrà
il 2 luglio prossimo. Morales ha presentato il suo
annuncio durante il discorso di inaugurazione della
casa di campagna del MAS per l’Assemblea Costituente
nella zona di Sopocachi, quartiere della capitale
La Paz.
Morales ha chiesto ai raggruppamenti
che compongono il MAS di frammentare la partecipazione
dei propri membri e di presentare alle elezioni i
candidati con sigle diverse.
Questa strategia sarà particolarmente
utilizzata nelle regioni in cui il MAS riscuote maggiore
sostegno, per riuscire ad avere i tre rappresentanti
per ogni circoscrizione.
Secondo il quotidiano boliviano La
Razón, Morales ha già stretto alleanze, tra gli altri,
con i sindaci di La Paz, Cochabamba ed Oruro, rispettivamente
leader dei raggruppamenti Movimiento Sin Miedo, Ciudadanos
Unidos e Movimiento San Felipe de Austria.
Verranno eletti 255 membri dell’Assemblea,
tre per ognuna delle 70 circoscrizioni del Paese e
cinque per ognuno dei 9 dipartimenti.
Parte della strategia è anche presentare
il MAS con sigle e candidati propri in alcune regioni,
e cercare alleanze con altri raggruppamenti cittadini
locali in altre.
L’obiettivo principale dell’Assemblea
Costituente, che inizierà il suo lavoro il 6 agosto,
è redigere una nuova Costituzione, che in seguito
dovrà essere sottoposta a referendum per essere approvata
dal popolo boliviano.
Secondo il quotidiano boliviano La
Prensa, domenica Morales ha dichiarato: “Non possiamo
regalare il terzo membro dell’Assemblea alla destra
(…). A tal proposito, ieri abbiamo deciso a El Chapare
che quattro federazioni si presenteranno con il MAS,
mentre le altre due avranno sigle diverse, in modo
da garantire il terzo costituente in ogni circoscrizione”.
andatario ha aggiunto che il MAS ha
adottato questa strategia perché i partiti oppositori
non hanno accettato di dargli i tre costituenti a
circoscrizione, sebbene Evo Morales abbia ottenuto
oltre il 50 percento dei voti nelle elezioni presidenziali
dello scorso dicembre.
Secondo La Prensa, Morales ha aggiunto
che “vi sono molti modi per garantire il terzo costituente,
loro (la destra) non hanno voluto, ma non mi interessa”.
Il presidente boliviano ha inoltre
aggiunto che la sua organizzazione “non permetterà
ai partiti di destra di avere un rappresentante; (non
è d’accordo sul fatto che) quando il MAS può ottenere
più del 90 percento dei voti possa avere due costituenti,
mentre loro possano averne uno quando non rappresentano
nessuno”.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Asia:
Una ex dissidente politica candidata alla carica di
Primo Ministro della Corea del Sud
Venerdì 24 marzo 2006
Han Myung-Sook, una ex dissidente
politica e femminista, è stata designata dal presidente
della Corea del Sud, Roh Moo-hyun, a diventare la
prima donna Primo Ministro del paese. Essa ha già
svolto la funzione di ministro dell’uguaglianza dei
sessi sudcoreano, e prima ancora è stata ministro
dell’ambiente.
Myung-Sook è una legislatrice dell’URI,
il partito al potere. Ha combattuto i dittatori della
Corea del Sud negli anni ’70 e ’80 ed è stata in prigione
per due anni per aver partecipato ad attività in favore
della democrazia nel 1979. Secondo la costituzione
sudcoreana, il Primo Ministro è a capo del gabinetto
ed è secondo al presidente come autorità. Il precedente
Primo Ministro della Corea del Sud, Lee Hae-Chan,
si è recentemente dimesso a causa di una polemica
partita di golf che stava giocando durante uno sciopero
nazionale delle ferrovie.
Han Myung-Sook ha annunciato che rappresenterà
le donne emarginate del suo paese, che contano su
di lei. Dice di sapere che molte delle donne emarginate
della Corea del Sud contano su di lei per essere rappresentate
in futuro.
La sua nomina a Primo Ministro deve
essere ancora approvata dal Parlamento, dove il partito
dell’URI non ha la maggioranza, tuttavia la sua immagine
pulita senza alcuno scandalo nel passato, le da un
vantaggio, secondo quanto affermano gli esperti.
Fonti:www.interworldradio.net , www.voanews.com
Traduzione di Elena Tagliata – progetto
Terre Madri -
Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
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Non
privatizziamo la biodiversità: “Spegniamo il fuoco
delle multinazionali”
Venerdì 24 marzo 2006
La visita di Roberto Requiao – Governatore
dello Stato del Paranà, Brasile – al luogo dove le
delegazioni indigene hanno organizzato attività parallele
all’8° Meeting della Conferenza delle Parti alla Convenzione
sulla Diversità Biologica (COP 8) tenutosi a Curitiba,
si è rivelata essere un atto di sostegno e di riconoscimento
alla lotta delle diverse nazionalità indigene contro
le aziende multinazionali in America Latina.
Requiao è stato accolto dalle diverse
nazioni che sono arrivate a Curitiba, e mentre i nativi
organizzavano una cerimonia di benvenuto in suo onore
– che consisteva nell’accendere un fuoco a terra –
egli dichiarava che le nazioni indigene lì riunite
avrebbero dovuto fare un grande rituale dell’acqua
per “spegnere definitivamente il fuoco delle multinazionali”
che operano in America Latina.
La delegazione del governo del Paranà
guidata da Requiao è stata presentata ai gruppi indigeni
da Marcos Terena, amministratore di un affiliata della
Fondazione Nazionale della popolazione Indigena (FUNAI)
e rappresentante brasiliano dell’ONU per i diritti
dei popoli indigeni.
L’amministrazione di Requiao potrebbe
essere definita molto sensibile alle questioni ambientali,
fino al punto che il Paranà è pubblicamente definito
come “la terra che resiste agli OGM”.
Il giorno della visita di Requiao
alle delegazioni indigene, è stata firmata una disposizione
di legge di stato per costringere le aziende ad etichettare
i prodotti che consistono di OGM e che vengono venduti
in tutto lo Stato del Paranà.
Anche se le nazioni indigene hanno
partecipato all’incontro plenario del COP 8, gli osservatori
ed i rappresentanti delle organizzazioni e dei movimenti
ambientalisti che erano presenti a Curitiba, sono
stati d’accordo nel denunciare la partecipazione inefficiente
ed ipocrita che il segretariato della Convenzione
sulla Diversità Biologica ha dato alle popolazioni
indigene.
Traduzione di Elena Tagliata – progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal
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L’Unione
Europea testerà gli immigranti
Venerdì 24 marzo 2006
L’Unione Europea chiederà agli immigranti
di firmare un “contratto di integrazione”, giurando
“libertà di espressione e rispetto di tutte le fedi
religiose”. I ministri dell’interno del G6 - gruppo
di sei paesi dell’Unione Europea (Gran Bretagna, Germania,
Francia, Italia, Spagna e Polonia) - hanno annunciato
che agli immigranti potrà anche essere richiesto di
imparare la lingua locale.
Secondo la dichiarazione dei ministri,
coloro che arrivano in Europa potrebbero essere obbligati
a sostenere un test, nel quale dovranno dimostrare
la propria conoscenza del paese ospitante. Tale test
si dice essere stato progettato da un gruppo di esperti,
e inizialmente verrà imposto in alcuni paesi, per
poi estendersi anche a tutti gli altri membri dell’Unione
Europea.
L’UE ha dichiarato che la decisione
è stata presa in seguito a diversi “attacchi terroristici”,
tra il timore che l’estremismo islamico si intensifichi
in alcune comunità musulmane residenti in Europa.
La Gran Bretagna ha già introdotto
contratti che prevedono test e cerimonie per coloro
che aspirano ad ottenere la cittadinanza britannica.
Un portavoce ha affermato che il governo stava “considerando
la possibilità di introdurre esami di lingua inglese
per qualsiasi immigrante desideri la residenza permanente
in Gran Bretagna, senza ottenere la cittadinanza".La
Gran Bretagna non è l’unico paese ad aver introdotto
questi “test”. Una settimana fa, l’Olanda ha annunciato
il suo nuovo processo di immigrazione, che include
esami di lingua e di cultura e un ammontare di 375
ore di studio nel paese di origine prima di emigrare.
I ministri hanno anche convenuto che
un gruppo di lavoro potrebbe “ampliare gli elementi
del potenziale contratto di integrazione” che era
stato inizialmente proposto da Nicolas Sarkozy, Ministro
dell’Interno francese, probabilmente ispirato dall’esperienza
francese, la quale dal 2004 ha imposto un “contratto
nazionale di benvenuto e integrazione” dopo aver implementato
progetti pilota l’anno precedente.
Fonti: www.interwor
ldradio.net , www.times.co.uk
Tradotto da Arianna Ghetti –
progetto Terre Madri –
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L’Argentina
statalizza i servizi idrici
Venerdì 24 marzo 2006
Il governo argentino ha deciso martedì
di ri-nazionalizzare i servizi idrici a Buenos Aires,
e rescindere il contratto delle imprese europee Suez
e Aguas de Barcelona, socie del consorzio Aguas Argentinas.
La società, che nel 1995 ha ricevuto
un finanziamento di 70 milioni di euro dalla Banca
Europea per gli Investimenti (BEI), non stava realizzando
gli investimenti accordati né adottò le misure necessarie
per gestire l’elevato livello di nitrato nell’acqua
che compromise la salute degli abitanti.
Nonostante il fallimento in termini
di fornitura e qualità dell’acqua, la società pretese
un incremento delle tariffe. Anche la Suez intentò
un’azione legale per 1.400 milioni di dollari contro
il governo per non voler permettere il suddetto aumento.
Alla fine il governo decise di rescindere
il contratto delle imprese private e di passare i
servizi in mano allo Stato, attraverso la creazione
della compagnia Aguas y Saneamiento Argentino.Magda
Stoczkiewicz, dell’Osservatorio corporativo dell’Europa
(sigla inglese: CEO – Corporate Europe Observatory
- NdT), incaricato di monitorare l’operato della BEI,
ha dichiarato che “non si tratta dell’unico progetto”
nel quale l’organo di credito appoggia il settore
privato affinché amministri i servizi idrici.
Secondo quanto dichiarato, esistono
casi simili nelle Filippine e in Indonesia nei quali
il modello sembra essere il medesimo”.
“Una grande società di acqua con il
sostegno del denaro pubblico della BEI assume il controllo
dei servizi pubblici, non fornisce un buon servizio;
tuttavia, aumenta le tariffe a carico degli abitanti
del luogo”, ha spiegato.
In Argentina, la BEI è coinvolta da
dieci anni in altri due casi di privatizzazione dell’acqua:
a Córdoba e Misiones, attraverso due prestiti nel
1998 e 2000 rispettivamente per un totale di 56 milioni
d euro.
Jaroslava Colajacomo, autrice del
rapporto ”Banca Europea per gli Investimenti. Chi
sono i beneficiari?”, a dichiarato che con l’appoggio
dei prestiti della BEI, la multinazionale Suez “era
già coinvolta” in cause ai governi di Argentina e
Filippine nel 2003.
In quest’ultimo caso, la causa ha
provocato un aumento delle tariffe di circa il 500
per cento. Secondo quanto dichiarato dalla ricercatrice,
la dichiarazione ministeriale emessa durante il IV
Forum Mondiale dell’Acqua, che si svolse in Messico,
non riconosce il fallimento del modello di associazione
pubblico-privato dell’acqua, che “la BEI ha finanziato
nel Sud”.
La Colajacomo ha fatto notare che
la dichiarazione non riconosce nemmeno gli impatti
negativi nella sovranità dei governi per decidere
una politica nazionale dell’acqua.
Foto: http://www.inforegion.com.ar
Tradotto da Arianna Ghetti – progetto
Terre Madri –
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Non
privatizziamo la biodiversità: Le donne di Vía Campesina
entrano durante la sessione plenaria ufficiale della
COP 8 e denunciano la criminalizzazione della protesta
agraria
Giovedì, 23 marzo 2006
Questo mercoledì circa 50 donne appartenenti
a diverse organizzazioni di Vía Campesina Internacional
hanno manifestato silenziosamente nella sala dove
si teneva l’ottava riunione plenaria dei paesi parte
della Convenzione sulla Diversità Biologica delle
Nazioni Unite (COP 8), mentre un centinaio di delegati
partecipavano alle discussioni sulla biodiversità
del pianeta. Le donne sono entrate distribuendosi
in circolo lungo le pareti della sala della plenaria,
collocandosi tra i negoziatori e lo schermo gigante
e tenendo in mano candele e cartelli, in cui si leggevano
slogan quali “Sì alla vita, i semi Terminator non
passeranno”, o “Non uccideranno i semi contadini con
i Terminator”.
Per circa 15 minuti le donne appartenenti
a diversi paesi sono rimaste in silenzio, tenendo
sempre bene in vista le parole d’ordine del movimento
contadino internazionale, davanti allo sguardo attento
e allo stesso tempo silenzioso dei negoziatori. L’oratore
che stava presentando la propria dissertazione ha
proseguito senza interruzioni.
L’azione delle donne di Vía Campesina
si è svolta, del resto, in un contesto di crescente
criminalizzazione della protesta agraria in Brasile,
dato che la notte di martedì altre componenti del
Movimento delle Donne Contadine sono state arrestate
e portate al commissariato di Passo Fundo, Stato di
Río Grande do Sul, per rilasciare dichiarazioni sull’occupazione
delle installazioni della Aracruz Celulose dello scorso
8 marzo (vedi
in proposito la nota su RMR del 22 marzo).
Radio Mundo Real ha seguito
l’azione, di seguito alcune foto della giornata.
Traduzione di Sonia Chialastri – Revisione
Orsetta Spinola - progetto Terre Madri - Traduttori
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Contadini
paraguayani occupano ufficio pubblico
Giovedì, 23 marzo 2006
Un migliaio di produttori di cotone
paraguayani hanno occupato un ufficio pubblico della
Dirección de Extensión Agraria nel dipartimento di
San Pedro, nel centro del paese, per protestare contro
gli "inadempimenti" del governo in questo
settore, uno dei più colpiti dell’economia nazionale.
Secondo i braccianti, il Partido
Colorado, ora al potere, aveva promesso prima delle
elezioni interne che avrebbe concesso dei sussidi
alla produzione cotoniera, evento che "non si
è mai concretizzato".
I principali dirigenti assicurano
che non "sgombereranno l’ufficio" finché
il governo, presieduto da Nicanor Duarte Frutos, non
avrà adempiuto alle sue promesse.
I contadini sostengono che le autorità
paraguayane si erano impegnate a rivolgere "particolare
attenzione" ai produttori proprio per i danni
subiti a causa delle ultime e persistenti siccità.
L’accordo con le organizzazioni contadine
includeva inoltre il condono di ingenti debiti derivanti
dall’acquisto di insetticida.
Il produttore di cotone Florencio
Ruiz ha sottolineato che, in base ai dati raccolti
dagli occupanti, solo a San Pedro si sono registrate
perdite tra il 70 e l’80% sulla produzione totale,
rispetto ai raccolti degli anni passati.
"Ci sono sufficienti ragioni
perché il governo ci dia la somma che chiediamo, soprattutto
visto che si tratta di un importo bassissimo”, ha
detto Ruiz.
Uno dei principali dirigenti della
Federazione Nazionale Contadina, Odilón Espínola,
ha preteso dal governo l’implementazione di "politiche
pubbliche di finanziamento del settore, una riforma
agraria integrale e l’industrializzazione del cotone".
Secondo quanto sostenuto da Espínola,
il cotone è uno dei principali prodotti esportati
dal Paraguay con un settore che impiega circa 270
mila famiglie di piccoli produttori.
Espínola ha dichiarato che qualora
l’amministrazione guidata da Duarte Frutos non "ascolterà
le richieste", i lavoratori intensificheranno
le loro proteste.
Fonte: Jakueke
Traduzione di Sonia Chialastri
e revisione di Orsetta Spinola - progetto Terre Madri
- Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
L’
Indonesia preavvisa una compagnia mineraria statunitense
che inizierà una serie di azioni legali
Giovedì, 23 marzo 2006
Le proteste della settimana passata realizzate nella
provincia di Papùa contro le attività della Grasberg,
impresa legata alla Freeport McMoRan Copper and Gold,
hanno provocato una presa di posizione del governo
di questo paese che ha preavvisato l’impresa dell’inizio
di una serie di azioni legali rivolte alla protezione
dell’ambiente naturale.
Secondo notizie fornite dagli abitanzi del posto,
mercoledì scorso una frana, “causata dagli impatti”
dell’attività mineraria, ha lasciato molti operai
feriti.
La loro opposizione all’impresa estrattiva “non è
solo” derivante dai danni che provoca ma anche dallo
“scarso contributo” nei confronti dell’economia locale,
nonostante le affermazioni del governo dell’Indonesia
che parlano della Freeport come della maggiore contribuente
fiscale del paese.
Durante le proteste a Papúa, quattro poliziotti e
un soldato sono rimasti uccisi. La frana di mercoledì
nella miniera ha lasciato un saldo di tre morti e
diversi feriti, a causa delle “tonnelate di fango”
smottate sulla caffetteria del complesso minerario,
come raccontano alcuni testimoni.
L’ultima ricerca realizzata dal governo indonesiano
puntualizza che il gigante industriale estrattivo
statunitense, Freeport, "deve migliorare lo smaltimento
dei milioni di tonnellate di rifiuti generati dalla
miniera Grasberg”. Il ministro dell’ambiente, Rachmat
Witoelar, ha espresso la preoccupazione che “i rifiuti
diventino instabili, provocando smottamenti di terra
o inondazioni”.
Ha aggiunto che la compagnia “deve sottostare a la
legge del paese e prendere in considerazione i sentimenti
della persone”.
Un portavoce della miniera ha segnalato che l’impresa
persegue "lo stesso obiettivo" delle autorità,
cioè la"minimizzazione dell’impatto delle attività
nei confronti dell’ambiente”, come scrive il sito
web della BBC.
Il governo indonesiano ha raggiunto recentemente un
accordo con un’altra compagnia mineraria, la Newmont,
responsabile di inquinamento dell’isola Sulawesi.
In questo caso l’accordo ha previsto il pagamento,
da parte della Newmont, di 30 milioni di dollari per
finanziare un monitoraggio ambientale e altri progetti
comunitari.
Fonti: www.alertnet.org ; www.indymedia.org
Traduzione di Gianni Tarquini, revisione di Nadia
Angelucci, Progetto TERRE MADRI – Traduttori Per la
Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org
www.radiomundoreal.fm/italiano |
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 18 AL 22 MARZO 2006
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Documenti
e dichiarazioni: gli indigeni ecuadoriani condannano
lo stato di emergenza decretato dal governo
Mercoledì 22 marzo 2006
La Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’Ecuador (CONAIE), con le sue diramazioni
regionali, condanna l’atteggiamento dittatoriale del
presidente ad interim Alfredo Palacio che ha decretato
lo stato di emergenza per contrastare la lotta pacifica
e coraggiosa delle popolazioni indigene dell’Ecuador.
Mentre alcuni portavoce del governo attraverso i canali
televisivi invitano pubblicamente al dialogo, non
si capisce la sua posizione nel decretare lo stato
di emergenza mentre è in atto una lotta di popolo,
delle nazionalità e dei settori sociali. Questa azione
dittatoriale è stata analizzata dai principali dirigenti
nazionali e di base durante una manifestazione nazionale
nella città di Quito.
I presidenti di ECUARUNARI e CONAIE, assieme alle
basi, condannano lo stato di emergenza decretato ieri
sera dal presidente Alfredo Palacio, nonostante ciò
la mobilitazione continua nel paese fino a che si
non otterrà una risposta da parte di Alfredo Palacio
e finché egli non discuterà con tutti gli ecuadoriani
e soprattutto con le diverse nazionalità.
Per ottenere un qualsiasi avvicinamento e dialogo,
Alfredo Palacio deve prima di tutto revocare lo stato
di emergenza; nel frattempo le azioni e la manifestazione
continuano con maggiore fermezza. Fin da ora attribuiamo
la responsabilità al governo di Alfredo Palacio per
qualsiasi cosa possa succedere con i la gente che
lotta in ognuna delle provincie, con i dirigenti di
base, provinciali e nazionali.
Nella nostra lotta continuiamo ad insistere sulla
cacciata immediata della Oxy, No al Piano Colombia,
convocazione di un’Assemblea Nazionale Costituente
e il No alla firma del TLC (Trattato di Libero Commercio
con gli USA), su quest’ultimo punto si chiede la sospensione
della negoziazione del TLC con il governo degli Stati
Uniti e che Palacio si comprometta a consultare tutti
gli ecuadoriani per la sua approvazione.
Marcia a Quito
Circa 3.000 indigeni si trovano già a Quito mentre
altri stanno per arrivare nonostante tutti gli ostacoli
nelle principali vie di accesso alla capitale tanto
al nord come al sud, ma la saggezza delle popolazioni
può molto di più della brutale repressione che si
riceve dal governo.
Dopo il riposo in alcuni luoghi a Quito, principalmente
nella Universidad Politécnica Nacional, dalle ore
8.30 ci concentreremo di nuovo tutti nella Ágora de
la Casa della Cultura, per informare tutti i manifestanti
sulle azioni da compiere. In seguito alle 10.00 cominceremo
a manifestare attraverso le principali strade della
città di Quito, verso il Congresso Nazionale dove,
attraverso i deputati di Pachakutik è stata chiesta
udienza per le ore 11 e 30 al presidente del Congresso
nazionale, per fare sì che i deputati si pronuncino
in merito alla situazione del paese, sul decreto di
emergenza e sulla mobilitazione degli ecuadoriani.
I settori sociali della capitale hanno dichiarato
che a partire da oggi si sono uniti alla lotta delle
popolazioni indigene a Quito e in tutto il paese,
e speriamo di aggiungere sforzi e azioni per il bene
di tutti i poveri dell’Ecuador.
Commisione di Comunicazione
ECUARUNARI - CONAIE.
Traduzione: Benedetta Scardovi e Arianna
Ghetti, rev. Gianni Tarquini Progetto Terre Madri-
Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it
www.traduttoriperlapace.org |
Contadini
paraguayani occupano ufficio pubblico
Giovedì, 23 marzo 2006
Un migliaio di produttori di cotone
paraguayani hanno occupato un ufficio pubblico della
Dirección de Extensión Agraria nel dipartimento di
San Pedro, nel centro del paese, per protestare contro
gli "inadempimenti" del governo in questo
settore, uno dei più colpiti dell’economia nazionale.
Secondo i braccianti, il Partido Colorado, ora al
potere, aveva promesso prima delle elezioni interne
che avrebbe concesso dei sussidi alla produzione cotoniera,
evento che "non si è mai concretizzato".
I principali dirigenti assicurano che non "sgombereranno
l’ufficio" finché il governo, presieduto da Nicanor
Duarte Frutos, non avrà adempiuto alle sue promesse.
I contadini sostengono che le autorità paraguayane
si erano impegnate a rivolgere "particolare attenzione"
ai produttori proprio per i danni subiti a causa delle
ultime e persistenti siccità.
L’accordo con le organizzazioni contadine includeva
inoltre il condono di ingenti debiti derivanti dall’acquisto
di insetticida.
Il produttore di cotone Florencio Ruiz ha sottolineato
che, in base ai dati raccolti dagli occupanti, solo
a San Pedro si sono registrate perdite tra il 70 e
l’80% sulla produzione totale, rispetto ai raccolti
degli anni passati.
"Ci sono sufficienti ragioni perché il governo
ci dia la somma che chiediamo, soprattutto visto che
si tratta di un importo bassissimo”, ha detto Ruiz.
Uno dei principali dirigenti della Federazione Nazionale
Contadina, Odilón Espínola, ha preteso dal governo
l’implementazione di "politiche pubbliche di
finanziamento del settore, una riforma agraria integrale
e l’industrializzazione del cotone".
Secondo quanto sostenuto da Espínola, il cotone è
uno dei principali prodotti esportati dal Paraguay
con un settore che impiega circa 270 mila famiglie
di piccoli produttori.
Espínola ha dichiarato che qualora l’amministrazione
guidata da Duarte Frutos non "ascolterà le richieste",
i lavoratori intensificheranno le loro proteste.
Fonte: Jakueke
Traduzione di Sonia Chialastri e revisione
di Orsetta Spinola - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Documenti
e dichiarazioni: dopo i negoziati di hong kong; gruppi
contadini si dichiarano scettici rispetto alla posizione
dell’india
21 marzo 2006, New Delhi
Il Comitato di Coordinamento Indiano
del Movimento Contadino, affiliato dell’Asia meridionale
al movimento La Via Campesina, ha organizzato il 21
marzo un’imponente manifestazione nei pressi del Parlamento
Indiano a Nuova Delhi. Tale manifestazione è stata
concepita per protestare contro le importazioni di
frumento e per esercitare pressione sul Governo affinché
non venga compromesso il settore dell’agricoltura
a favore dei profitti al tavolo dei negoziati dell’Organizzazione
Mondiale per il Commercio (OMC - WTO in inglese).
In un memorandum inviato al Primo Ministro indiano,
il Comitato ha attaccato apertamente il Governo e
i negoziati commerciali sviluppati per accelerare
il completamento del Doha Development Round (DDA)
e la volontà di rispettare la data ultima del 30 aprile
prossimo per concludere le modalità di negoziazione
nel settore agricolo. Anche il Ministro del Commercio,
Kamal Nath, è stato accusato di “usare” i paesi in
via di sviluppo per salvare la faccia al fallimento
istituzionale del WTO di Hong Kong. Nel memorandum,
è stato esplicitamente richiesto al Governo di mantenere
il settore dell’agricoltura e dell’alimentazione fuori
dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio.
50.000 contadini si sono riuniti a Nuova Dehli, raggiungendo
la capitale da Uttar Pradesh, Rajasthan, Uttranchal,
Punjab, Haryana, Madhya, Pradesh e molte altre zone
del paese.
In seguito ai risultati dell’ultimo G6 tenutosi a
Londra, Yadhvir Singh, rappresentante del Sindacato
Bhartiya Kissan ha commentato: “Sono preoccupanti
le due facce dei negoziati indiani. Si incontrano
i rappresentanti degli USA e dell’Europa a porte chiuse
e si compromettono gli interessi dei contadini indiani
in cambio di inutili plusvalenze nel Mode 4 e nei
GATS. Allo stesso tempo però, in pubblico, si enfatizzano
i tentativi di proteggere gli interessi dei contadini
indiani in sede WTO.”. Tale contraddizione divenne
ancora più esplicita in una dichiarazione di Gopal
Pillai, responsabile dei negoziati indiani, rilasciata
durante una conferenza sui G20 organizzata da La Via
Campesina ad Hong Kong il dicembre scorso. “Meglio
non sviluppare alcuna operazione commerciale, che
svilupparne di sbagliate”, aveva dichiarato, ed è
però ben noto ciò che è avvenuto ad Hong Kong. “Durante
gli incontri pubblici, i nostri negoziatori commerciali
propongono una visione diversa, studiata per il pubblico
e questa non combacia con le loro attività all’interno
degli uffici influenti. È assurdo che i negoziatori
indiani vengano visti sventolare seri diagrammi riguardanti
il loro impegno nei negoziati sull’agricoltura in
svolgimento, quando il risultato finale non farà altro
che compromettere i nostri stessi interessi, visti
i drastici tagli accettati sulle tariffe agricole,
atti a facilitare l’accessibilità ai mercati per i
paesi sviluppati in cambio di concessioni nel Mode1
e Mode 4”, ha dichiarato Yudhvir Singh.
Altre accuse al Governo provengono dal Sign. Sunilam
del Madhya Pradesh Kisan Sanghrash Samiti. Il responsabile
ha criticato la decisione del Governo indiano di accettare
il taglio alle tariffe dei prodotti agricoli con la
giustificazione dell’eccessivo scarto tra i valori
delle tariffe vincolanti e quelli delle tariffe applicate.
In realtà vi sono svariati prodotti per cui non vi
è alcuna differenza tra tariffa applicata e tariffa
vincolante, come per esempio olio di soia (45%), mele
(50%), latte in polvere (60%), riso (70%) etc. “Eventuali
altri tagli sui dazi d’importazione risulterebbero
disastrosi per i contadini indiani e potrebbero portare
ad un’escalation di suicidi tra i contadini.” ha dichiarato
Sunilam.
Altra critica sporta al Governo dai contadini riguarda
la decisione di importare 500.000 tonnellate di frumento
con dazi d’importazioni pari a 0%, in pieno periodo
di mietitura e raccolta degli agricoltori locali.
Rivolgendosi ai manifestanti, l’ex Primo Ministro,
V. P. Singh ha affermato: “ Perché il Governo indiano
ha deciso di importare 500.000 tonnellate di frumento,
quando non vi era alcuna carenza nel paese? Invece
di impegnarsi nel sostegno dei contadini indiani,
il Governo sembra essere più preoccupato per gli agricoltori
australiani, visto l’acquisto del loro frumento al
costo sproporzionato di 950 Rupie al quintale, quando
avrebbe potuto acquistarlo a 650 Rupie al quintale
in India e allo stesso tempo sostenere i propri contadini.
Perché il Governo non paga i nostri contadini con
lo stesso prezzo con cui paga gli agricoltori australiani?”
“Le politiche agricole del Governo dell’Alleanza Progressiva
Unitaria stavano portando i contadini al suicidio.
La decisione del Governo di importare cotone ha causato
la fame in Madhya Pradesh. I contadini soffocavano
tra i debiti e le loro terre venivano confiscate in
nome dell’economia di mercato,” ha aggiunto V. P.
Singh. Ajit Singh del Rashtriya Lok Dal ha affermato:
“Le politiche del Governo attuale stanno rendendo
l’agricoltura indiana sterile dal punto di vista dei
profitti.”
Come reazione all’accordo Indo-Americano e in risposta
all’importazione del frumento a scapito dei contadini
indiani, Mahendra Singh Tikait, leader veterano dei
contadini, ha commentato: “non vi era alcun bisogno
di importare frumento visto che la raccolta era ormai
prossima. Perché il Governo indiano ha abbandonato
il suo “ruolo manageriale”, per diventare un “commerciante”;
perché continua a firmare accordi contro gli interessi
dei nostri contadini e della nostra agricoltura?”
Al termine della manifestazione, più di 10.000 contadini
sono stati trattenuti e si sono rifiutati di allontanarsi
dalla Stazione di polizia di Parliament Street fino
a quando non hanno incontrato intorno a mezzanotte
Prithviraj Chavan, membro del Gabinetto di Manmohan
Singh, nonché Ministro di Stato dell’Ufficio del Primo
Ministro. Prithviraj Chavan li ha rassicurati dicendo
che il Governo avrebbe valutato le loro richieste
e promettendo che lui stesso avrebbe illustrato le
loro preoccupazioni al Primo Ministro. Inoltre ha
assicurato che il Primo Ministro li convocherà presto
per un incontro con il Ministro del Commercio, Kamal
Nath, con il Ministro dell’Agricoltura e il Ministro
delle Finanze per discutere vari tematiche riguardanti
l’agricoltura indiana, i contadini e la loro posizione
rispetto a AoA/WTO.
Traduzione di Gianluca Tenin - progetto Terre Madri
- Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Non
privatizziamo la biodiversità: Le donne di Vía Campesina
entrano durante la sessione plenaria ufficiale di
COP 8 e denunciano la criminalizzazione della protesta
agraria.
Giovedì, 23 marzo 2006
Questo mercoledì circa 50 donne appartenenti a diverse
organizzazioni di Vía Campesina Internacional hanno
manifestato silenziosamente nella sala dove si teneva
l’ottava riunione plenaria dei paesi parte della Convenzione
sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite (COP
8), mentre un centinaio di delegati partecipavano
alle discussioni sulla biodiversità del pianeta. Le
donne sono entrate distribuendosi in circolo lungo
le pareti della sala della plenaria, collocandosi
tra i negoziatori e lo schermo gigante e tenendo in
mano candele e cartelli, in cui si leggevano slogan
quali “Sì alla vita, i semi Terminator non passeranno”,
o “Non uccideranno i semi contadini con i Terminator”.
Per circa 15 minuti le donne appartenenti a diversi
paesi sono rimaste in silenzio, tenendo sempre bene
in vista le parole d’ordine del movimento contadino
internazionale, davanti allo sguardo attento e allo
stesso tempo silenzioso dei negoziatori. L’oratore
che stava presentando la propria dissertazione ha
proseguito senza interruzioni.
L’azione delle donne di Vía Campesina si è svolta,
del resto, in un contesto di crescente criminalizzazione
della protesta agraria in Brasile, dato che la notte
di martedì altre componenti del Movimento delle Donne
Contadine sono state arrestate e portate al commissariato
di Passo Fundo, Stato di Río Grande do Sul, per rilasciare
dichiarazioni sull’occupazione delle installazioni
della Aracruz Celulose dello scorso 8 marzo (vedi
in proposito la nota su RMR del 22 marzo).
Traduzione di Sonia Chialastri
– Revisione Orsetta Spinola - progetto Terre Madri
- Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it
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Non
privatizziamo la Biodiversità: "I semi Terminator
uccidono le altre colture e I contadini"
Mercoledì 22 marzo 2006-03-23
La campagna "Terminiamo I Terminator"
ha già riunito oltre 500 Organizzazioni e movimenti
di tutto il mondo e consiste nel denunciare le Aspirazioni
delle grandi imprese del commercio agricolo e dell'ingegneria
Genetica di imporre la tecnologia transgenica nota
come Terminator.
Silvia Ribeiro, esperta di biotecnologia agricola,
ha spiegato a Radio Mundo Real che questo tipo di
tecnologia consiste nel produrre su larga scala semi
Sterili, che quindi non sono in grado di riprodursi.
"La tecnologia Terminator non solo produce semi
suicida, ma produce anche semi che uccidono le altre
colture che stanno loro intorno, come pure I contadini
che rimangono senza semi per vivere. Questi semi sono
essenzialmente semi Killer" ha detto la Ribeiro.
La giornata dell'azione contro I semi Terminator ha
avuto luogo martedì a Curitiba, fuori del Centro Conferenze
dove si stava svolgendo l'Ottava Sessione della Conferenza
delle Parti alla Convenzione dell'ONU sulla Diversità
Biologica (COP 8). L'evento ha riunito quasi 300 contadini
di Via Campesina Brasil e di organizzazioni e movimenti
agricoli di tutto il mondo.
Silvia Ribeiro ha riferito a Radio Mundo Real che
"la campagna mira a Bandire la tecnologia Terminator".
"Siamo veramente preoccupati che ci possa essere
un'imminente approvazione della tecnologia Terminator
alla Conferenza dell'ONU. All'interno della Convenzione
sulla Diversità Biologica esiste una moratoria di
questo tipo di semi che è in vigore dal 2000,"
ha aggiunto. Le considerazioni al
momento riguardano gli impatti socio-economici e quelli
sulla biodiversità, se I semi saranno usati in maniera
massiccia.
Per mezzo di questa moratoria ai governi è stato chiesto
di bandire la produzione e la commercializzazione
dei semi Terminator, "anche dei test sui campi"
ha spiegato la Ribeiro.
Le pressioni per porre fine alla moratoria sono iniziate
all'incirca un anno e mezzo fa, e le imprese, tramite
I governi del Canada, dell'Australia e della Nuova
Zelanda, hanno creato una proposta molto ambigua contro
i principi precauzionali chiedendo che I divieti vengano
studiati "caso per caso".
"Non esiste nessun caso in cui l'uso della tecnologia
Terminator sia buono, questa è una montatura"
ha aggiunto la Ribeiro. L'esperta ci ha dato l'esempio
di ciò che accadrebbe ai paesi agricoli se si liberalizzasse
l'uso dei semi Terminator. "In Brasile, che è
uno dei più grandi produttori di soia del mondo, l'87%
dei produttori non compra I semi, ma conserva quelli
propri. Ma se sono costretti a comprarli, per le imprese
questo significherebbe un profitto annuo di 550 milioni
di dollari".
Per quanto riguarda l'incontro del Protocollo di Cartagena
sulla biosicurezza (MOP 3) che si è concluso la scorsa
settimana a Curitiba, la Ribeiro ha affermato che
non ci sono stati progressi per garantire la biosicurezza.
"In questa edizione del MOP 3 è stato impressionante
vedere che I paesi che avevano firmato I trattati
bilaterali del libero commercio con gli Stati Uniti,
e che erano famosi per essere difensori della biosicurezza,
adesso difendono gli interessi delle imprese multinazionali
e degli Stati Uniti".
La Ribeiro afferma che "la Colombia, l'Honduras,El
Salvador ed il Messico," hanno difeso le posizioni
più vicine agli interessi delle industrie della biotecnologia
e dell'ingegneria genetica. "Questi paesi sono
devastati dall'attività di queste grandi imprese.
Sia le loro economie che la loro agricoltura sono
il risultato della contaminazione transgenica".
Ed ha aggiunto: "Invece di muoversi in direzione
della biosicurezza, per esempio, per quanto riguarda
l'etichettatura dei cibi transgenici, allo scopo di
sapere ciò che si consuma e come viene prodotto, esistono
leggi internazionali che solo I paesi che di fatto
proteggono la biosicurezza osservano".
Questo spazio dell'ONU non era ciò che si supponeva
dovesse essere, ha dichiarato. E conclude affermando:
"Dovrebbe essere uno spazio dove le istituzioni
pubbliche e I governi vedono in che modo proteggere
la biodiversità e I diritti delle persone. Invece,
è stato un forum dove gli interessi delle imprese
multinazionali vengono legalizzate (ma non legittimate)
sui temi che vengono trattati".
Traduzione di Elena Tagliata - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la
Pace - Radiomundoreal
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Asia:
"Non è facile capire la politica thailandese"
Martedì 21 marzo 2006
Gli sforzi dell'Alleanza del Popolo
per la Democrazia di stabilire un dialogo tra il Primo
Ministro tailandese Thaksin Shinawatra e l'opposizione
non hanno sortito gli effetti sperati e possono dirsi
falliti da lunedì, dopo un incontro di tre ore in
cui il partito di Thaksin ha proposto ai rivali del
Primo Ministro di accettare i risultati delle elezioni
del 2 aprile.
I tre principali partiti di opposizione stanno boicottando
le elezioni e centinaia di candidati di partiti minori
sono stati esclusi perché non posseggono i requisiti
minimi richiesti.
Asli Pelit di Real World Radio ha intervistato il
tailandese Jacques-Chai Chomthongdi di Focus on the
Global South sulla situazione politica nel suo Paese
negli ultimi due mesi.
“Da due mesi una coalizione di numerose organizzazioni
sta chiedendo al Primo Ministro Thaksin di dimettersi
per i numerosi casi di corruzione emersi nel Paese”,
spiega Chai. “I tailandesi non approvano questi scandali.”
Il modo in cui il Primo Ministro ha gestito la questione
dei diritti umani sia nella guerra alla droga del
2004 (in cui furono uccise 2500 persone) sia in merito
alle violenze nel sud, nonché al suo controllo dei
media e alla notevole crescita dei suoi investimenti
personali durante il suo mandato hanno “esasperato
la popolazione”, ha aggiunto Chai. Negli ultimi due-tre
mesi la gente è scesa nelle piazze per esprimere il
proprio disappunto su questi argomenti.
“Invece di dimettersi, il Primo Ministro ha indetto
nuove elezioni, programmate per il 2 aprile. Ma la
gente non vuole le elezioni, vuole che lui se ne vada”,
sottolinea Chai, “ecco perché la situazione è tanto
complicata”. Secondo Chai, la gente probabilmente
boicotterà le elezioni.
In risposta alla richiesta di elezioni fatta da Thaksin,
l’opposizione gli ha chiesto di accettare un dibattito
televisivo, ma il premier insiste perché tutte le
conversazioni avvengano “a porte chiuse”. Il suo portavoce,
Suraponf Suebwonglee ha dichiarato che il governo
ha deciso di non partecipare al dibattito programmato
per il 24 marzo perché “non sarebbe vantaggioso per
le elezioni”.
Un altro fattore che contribuisce a complicare la
scena politica del Paese è che la popolazione tailandese
è divisa sull’ipotesi che il re possa intervenire
sulla questione, come è successo in passato. “Molte
persone non desiderano che il Re intervenga,” afferma
Chai.
Ha poi aggiunto che non ci sono candidati, quindi
le elezioni potrebbero non sfociare nella nomina di
un nuovo parlamento, eppure il Primo Ministro insiste
che si vada avanti con il progetto. La Commissione
Elettorale si riunirà martedì mattina per valutare
un possibile rinvio delle elezioni.
Traduzione di Isabella Mangani, revisione di Cecilia
Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la
Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Non
Privatizziamo l’ACQUA: alcuni governi latinoamericani
potrebbero diffondere una nuova dichiarazione sull’acqua
Martedì 21 marzo 2006
Lunedì Radio Mundo Real ha ricevuto
un’informazione che, se fosse confermata, farebbe
sperare nella presentazione nelle prossime ore di
una nuova dichiarazione sulla questione dell’acqua,
che sarebbe in qualche modo diversa da quella diffusa
la scorsa domenica dagli organizzatori del Forum Internazionale
a Difesa dell’Acqua, conclusosi a Città del Messico,
capitale del Paese.
Un rappresentante dell’organizzazione ambientalista
Redes-Amici della Terra Uruguay, Carlos Santos, ha
detto a Radio Mundo Real di aver avuto accesso ad
un’informazione, secondo la quale i rappresentanti
di alcuni governi latinoamericani, presenti alle attività
del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, avrebbero
tenuto alcune riunioni per cercare di concordare una
nuova dichiarazione sull’acqua. Tra questi governi
vi sarebbero l’Uruguay, il Venezuela e la Bolivia.
Tale dichiarazione presenterebbe una posizione diversa
da quella elaborata dagli organizzatori del Forum.
D’altra parte, Carlos Santos ha confermato a Radio
Mundo Real che i governi di Bolivia e Venezuela non
sottoscriveranno la dichiarazione che verrà fuori
dal IV Forum Mondiale sull’Acqua, in quanto vi sono
alcune differenze tra i governi e le imprese che partecipano
a questo forum, che sarebbero inconciliabili.
Radio Mundo Real presenta di seguito
un’intervista a Carlo Santos, nell’ambito della quale
ha commentato questa nuova informazione emersa nelle
ultime ore.
Traduzione di Cecilia Silveri e revisione
di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Non
privatizzare la biodiversità: “Le vittime del commercio
agricolo” presenti a Cutriba per il COP 8
Martedì, 21 marzo 2006
Una delle attività organizzate dal
Foro Globale della Società Civile, che si tiene questa
settimana a Curitiba, Brasile, parallelamente alla
COP 8 ha riguardato la presentazione di testimonianze
di vittime e persone danneggiate dalle imprese multinazionali
agroalimentari, provenienti da Paraguay, Argentina,
Messico, Ecuador, Brasile e Colombia. Una delle testimonianze
più commoventi è stata quella della contadina paraguayana
Petrona Vilasboas, madre del bambino Silvino Talavera,
morto avvelenato da sostanze tossiche agricole disperse
proprio sulla sua fattoria il 7 gennaio 2003.
Un’altra testimonianza è stata data da Jorge Galeano,
dirigente del Movimento Agrario Popolare del Paraguay,
che ha esposto la situazione dei contadini senza terra
e dei piccoli agricoltori del dipartimento di Caaguazú
rispetto all’avanzamento incontenibile delle coltivazioni
di soia transgenica da parte di imprenditori stranieri.
Secondo Galeano, "90 mila contadini vengono trasferiti
ogni anno dalle loro terre”.
“In Paraguay ci sono attualmente oltre due milioni
di ettari di soia transgenica, con una crescita annua
di 250 mila ettari, pari al 64% della totalità delle
coltivazioni del paese”. Gli impatti derivanti da
questo modello sono l’espulsione dei piccoli agricoltori,
delle comunità indigene e dei contadini senza terra.
“Tutto ciò si esprime con il radicamento della povertà,
la concentrazione della terra nelle mani di pochi
e nella costante violazione dei diritti umani dei
contadini” ha affermato Galeano.
Da parte sua Sofía Gatica ha esposto le condizioni
disperate in cui vivono gli abitanti del quartiere
Ituzaingó Anexo, nella provincia di Córdoba, Argentina.
Gatica è la fondatrice dell’organizzazione Madri di
Ituzaingó Anexo, che ha appena denuciato il sistematico
e indiscriminato impiego di sostanze agricole tossiche
nelle piantagioni di soia transgenica.
Di fronte al proliferare di malformazioni congenite,
casi di cancro, leucemia e porpora di Schoenlein Henoch,
che colpisce soprattutto i bambini, il quartiere Ituzaingó
Anexo tre settimane fa è stato dichiarato “inabitabile”
dalle autorità sanitarie della provincia.
“Ciò lo dobbiamo all’Argentina che è il secondo esportatore
di soia transgenica del mondo” ha dichiarato Gatica.
Il quartiere Ituzaingó Anexo è circondato da piantagioni
di soia transgenica, costantemente irrigate con sostanze
agricole tossiche quali il glifosato, l’endosulfan,
il DDT e il malation.
“Dalle analisi mediche fatte all’acqua utilizzata
dal quartiere risulta contaminata da Endosulfan” ha
reso noto l’attivista. Nonostante tali prove, ha concluso,
“il governo provinciale nega il problema”.
Le Madri di Ituzaingó Anexo hanno iniziato il coordinamento
di azioni e campagne con altre organizzazioni di base
tra cui quelle dei contadini del nord della provincia
di Córdoba, “che ancora stanno soffrendo per il trasferimento
delle loro terre a vantaggio dell’avanzata delle coltivazioni
di soia”.
Un’altra strategia attuata dall’organizzazione di
Ituzaingó Anexo consiste nella denuncia internazionale
di quanto stanno patendo, dato che secondo quanto
ritiene Gatica, “ormai non sappiamo più come difenderci”.
Traduzione di Sonia Chialastri - progetto
Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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No
alla privatizzazione dell’acqua: accolte con gioia
le sentenze del tribunale latinoamericano dell’acqua
Martedì, 21 marzo 2006
Lunedì, il Tribunale Latinoamericano
dell’Acqua, corte internazionale per la giustizia
ambientale, ha concluso i suoi lavori a Città del
Messico. Nella capitale messicana sono stati resi
noti i verdetti relativi ai 14 casi di problematiche
ambientali e sociali presentati a partire dal 13 marzo
e strettamente legati al tema dell’acqua in varie
aree dell’America Latina.
I rappresentanti delle comunità locali di vari paesi
dell’America Latina coinvolti in progetti idraulici
o più in generale di sviluppo, con il relativo impatto
sull’acqua, hanno esposto ai giudici la settimana
passata i casi relativi alle proprie realtà, in trepidante
attesa dei verdetti.
Circa 300 persone provenienti dalle più disparate
parti del mondo hanno riempito le strutture dell’ex
Templo de Corpus Christi, sede di lavoro del tribunale
negli ultimi otto giorni.
Tra i giudici che formavano la giuria vi erano anche
la cubana Zelma Díaz, nel ruolo di cancelliere, il
guatemalteco Augusto Willemsen, come presidente di
giuria, il brasiliano Alexandre Camanho e il messicano
Óscar González.
Tutta la giuria era formata da studiosi di formazione
accademica ed esperti professionisti in settori quali
diritto internazionale, tematiche indigene e medio
ambiente, per citarne alcuni.
Prima della lettura dei verdetti, la responsabile
della cerimonia ha letto una dichiarazione del Tribunale
Latinoamericano dell’Acqua, che ha suscitato scalpore
poiché non vi era alcun riferimento al concetto di
“diritto umano all’acqua”. Tale concetto viene rivendicato
e sottolineato da tutti i movimenti sociali che hanno
partecipato ai lavori di Città del Messico in difesa
dell’acqua. I giudici invece lo definivano come “diritto
fondamentale all’acqua”.
Ciò nonostante al momento della lettura dei verdetti
i giudici hanno citato ripetutamente il concetto del
“diritto umano all’acqua”.
Ecco alcuni dei casi analizzati dal tribunale: l’impatto
ambientale sul santuario del fiume Crucis; l’alto
tasso di mortalità della fauna acquatica nella città
di Valdivia, Chile, quale conseguenza delle attività
di una cartiera; lo sfruttamento minifero nella città
di Cajamarca, Perù, con il conseguente impatto sociale
e ambientale; la violazione dei diritti umani, quale
conseguenza della costruzione di dighe nel bacino
del fiume Guayas, Ecuador.
Alcuni verdetti del Tribunale sono stati accolti in
maniera entusiasta dal pubblico presente per i forti
contenuti espressi nei giudizi, nelle raccomandazioni
e nelle decisioni prese.
Uno di questi verdetti riguarda la privatizzazione
dell’acqua nella municipalità di El Alto, Bolivia.
Il caso era stato inoltrato al Tribunale dalla FEJUVE
(Federación de Juntas Vecinales) di El Alto, che si
batte contro l’impresa Aguas del Illimani, una sussidiaria
della compagnia Suez.
Altro verdetto ben accolto è quello che si riferisce
alla diga idroelettrica La Parota che il governo messicano
vuole costruire a tutti i costi sulle acque del fiume
Papagayo nel municipio di Acapulco, nello stato meridionale
di Guerriero.
Per quanto riguarda il caso di Aguas del Illimani
in Bolivia, il Tribunale Latinoamericano dell’Acqua,
tra le altre decisioni, ha anche dichiarato che non
vi potrà essere alcuna richiesta di risarcimento danni
da parte della compagnia che è prossima a lasciare
il territorio boliviano, dato che tale richiesta è
“inammissibile” visto il mancato rispetto degli accordi
contrattuali presi.
Per quanto riguarda La Parota, invece, il Tribunale
ha annunciato la sospensione del progetto di costruzione
della diga e riferendosi alla Comisión Federal de
Electricidad, impresa statale coinvolta nel progetto,
ha sottolineato la necessità per quest’ultima di procedere
alla regolarizzazione della propria situazione legale
e al ritiro delle accusa di illegalità espresse contro
le assemblee di campesinos della zona.
Traduzione di Gianlica Tenin - progetto
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Non
Privatizziamo l’ACQUA: gli Stati Uniti cercano di
“usare il nostro patrimonio idrico come fosse loro”
Lunedì 20 marzo 2006
“L’acqua è un diritto, averne cura
un obbligo”
L’ultima attività che si è tenuta
nell’ambito del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua
a Città del Messico è stata la conferenza intitolata
“Fuori l’Acqua dagli Accordi sul Libero Commercio”,
che ha visto la partecipazione di un centinaio di
persone in uno dei piccoli auditori del Sindicato
Mexicano de Telefonistas.
A conclusione di questa attività c’è stata la celebrazione
di chiusura del Forum e la lettura della dichiarazione
finale.
La conferenza è stata convocata, tra gli altri, da
Fundación Solón della Bolivia e dal Progetto Pianeta
Azzurro del Consiglio dei Canadesi, considerata dai
suoi membri una delle organizzazioni civili più grandi
del Canada.
Uno dei temi analizzati nell’agenda di questa attività
è stato il Trattato di Libero Commercio (TLC) che
la Colombia ha firmato poche settimane fa con gli
Stati Uniti e che comporterebbe la consegna di gran
parte della sovranità colombiana su temi che riguardano
direttamente l’acqua.
Il membro dell’organizzazione ambientalista Censat
– Amici della Terra Colombia, Danilo Urrea, ha partecipato
a questa attività e Radio Mundo Real lo ha intervistato
subito dopo.
Chiediamo a Danilo Urrea le sue considerazioni riguardo
la conferenza per lasciare l’acqua fuori dal TLC.
Urrea ha spiegato che “il dibattito era volto principalmente
a cercare di presentare le implicazioni del TLC sul
tema dell’acqua. E mi è sembrato che il tema dell’acqua
in alcuni Paesi, nei loro accordi di libero commercio,
non sia stato ampiamente discusso. Per questo mi sembra
che (la conferenza) fosse sulla strada giusta”.
Il nostro ospite ha aggiunto che in Colombia il tema
dell’acqua non è stato discusso seriamente nell’ambito
del TLC, che questo Paese ha accordato con gli Stati
Uniti.
Ciò “ha fatto sì che diventasse invisibile una problematica
che in qualche modo potrebbe portare la società civile,
i contadini e gli indigeni a dover creare, tra i propri
piani d’azione, degli accordi concreti” nei confronti
di questo trattato, ha aggiunto Urrea.
Radio Mundo Real ha chiesto all’attivista quali potrebbero
essere, secondo lui, le conseguenze del TLC, che il
suo Paese ha negoziato con gli Stati Uniti, sulla
questione dell’acqua.
L’attivista colombiano ha risposto che “in primo luogo,
credo che dovremmo dire che il TLC concluso con gli
Stati Uniti è una nuova arma di colonialismo, è il
loro modo di porre fine alla sovranità”.
“Credo che l’acqua nel TLC, attraverso la sua inclusione
in capitoli quali quello relativo a beni, servizi
ed investimenti, venga chiaramente considerata una
merce. Considerare l’acqua un servizio, un settore
nel quale si possano fare investimenti, considerare
l’acqua come un servizio ambientale è chiaramente
un modo per andare verso la sua privatizzazione e
commercializzazione”, ha aggiunto.
Il membro di Censat crede che “in ambito internazionale
gli Stati Uniti stiano cercando di allungare tutti
i tentacoli del suo polipo per iniziare ad usare il
nostro patrimonio idrico come fosse di loro proprietà”.
Urrera ha parlato inoltre di un altro strumento che
gli Stati Uniti utilizzano e che si muove in ambito
legislativo in Colombia. “Uno di questi strumenti
è la nuova Legge sull’Acqua che sta proponendo il
governo (colombiano, presieduto da Álvaro Uribe) e
che si trova in fase di discussione al Congreso de
la República. Questa legge è un chiaro strumento dei
trattati, in quanto stabilisce un legame, molto ben
pensato dagli Stati Uniti, per cui l’acqua perde il
suo carattere di bene comune e diventa una merce”.
Traduzione di Cecilia Silveri
– progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal –
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Raggiunto
un Accordo sulla etichettatura degli OGM alla conferenza
ONU sulla biodiversita’
Lunedì 20 marzo 2006
La conferenza dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite sul commercio mondiale di Organismi
Geneticamente Modificati (OGM) ha raggiunto un accordo
sull’etichettatura dei semi geneticamente modificati
e commercializzati a livello mondiale.
Nnimmo Bassey di Amici della Terra della Nigeria,
ha detto che “la protezione dell’ambiente e delle
persone, dalle coltivazioni geneticamente modificate
ha fatto oggi un piccolo passo avanti”.
“Tuttavia, è evidente che gli interessi commerciali
e l’industria biotecnologica hanno impedito di raggiungere
un accordo migliore. Le persone hanno il diritto di
sapere ciò che importano i loro paesi e hanno il diritto
di dire ‘no’ alle coltivazioni geneticamente modificate”,
ha aggiunto Bassey. In una intervista a Radio Mundo
Real realizzata la settimana scorsa, Bassey aveva
detto che il risultato della riunione non sarebbe
stato molto positivo.
L’industria biotecnologica, insieme ad altri importanti
produttori di alimenti geneticamente modificati, tra
cui Stati Uniti e Nuova Zelanda, si sono opposti ai
requisiti volti ad identificare ed etichettare chiaramente
le coltivazioni geneticamente modificate.
Il Protocollo di Biosicurezza dell’ONU (sottoscritto
nel gennaio 2000), dispone norme internazionali basilari
che permettono sostanzialmente ai paesi in via di
sviluppo, di regolamentare la sicurezza degli alimenti
geneticamente modificati. A tutt’oggi e’ stato ratificato
da 132 paesi, ma i tre principali paesi che producono
coltivazioni geneticamente modificate (Stati Uniti,
Argentina e Canada) si sono rifiutati di sostenerlo.
Dieci anni dopo la prima importante piantagione di
coltivazioni geneticamente modificate, non sono stati
conseguiti benefici né per i consumatori né per l’ambiente
e tali coltivazioni non hanno mantenuto le promesse
fatte dall’industria biotecnologica. Oltre l’80% dell’area
destinata a coltivazioni biotecnologiche è ancora
concentrata in tre paesi: Stati Uniti, Argentina e
Canada.
Amici della Terra Internazionale ha reso noto che,
nonostante le argomentazioni dei difensori degli alimenti
OGM, tali coltivazioni “non danno benefici all’ambiente“,
né combattono la fame e la povertà (la maggior parte
delle coltivazioni geneticamente modificate vengono
commercializzate e destinate all’alimentazione animale).
La relazione aggiunge inoltre che dopo “30 anni di
ricerca, solamente due modifiche genetiche hanno ottenuto
che queste coltivazioni potessero entrare nel mercato
su vasta scala: la resistenza agli insetti e la tolleranza
agli erbicidi".
Traduzione di Sonia Chialastri –Revisione
Ermanno Geronzi
Progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
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Non
Privatizziamo l’ACQUA: si è concluso il Forum Internazionale
a Difesa dell’Acqua
Lunedì 20 marzo 2006
Con una cerimonia di chiusura emozionante
davanti ad un grande pubblico che è arrivato fino
al Sindicato Mexicano de Telefonistas di Città del
Messico, capitale di questo Paese, domenica scorsa
si è concluso il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua.
I rappresentanti delle decine di organizzazioni che
hanno convocato questo Forum hanno riconosciuto l’immenso
sostegno ricevuto da istituzioni nazionali ed internazionali
nell’organizzazione dell’evento.
È stata anche l’occasione per gli organizzatori, tra
cui spicca la Coalizione di Organizzazioni Messicane
a Difesa dell’Acqua (COMDA), di ricordare, con l’allegria
e la tranquillità di aver compiuto il proprio dovere,
tutto il lavoro per la realizzazione del Forum.
Annette von Schonfeld, rappresentante dell’organizzazione
internazionale Pane per il Mondo e una delle incaricate
a dirigere la cerimonia di chiusura del Forum, ha
ricordato in modo particolare le conferenze telefoniche
che gli organizzatori messicani ed internazionali
hanno dovuto tenere all’alba per alcuni e a notte
fonda per altri, a seconda della regione del mondo
in cui si trovavano.
Per questo arduo lavoro realizzato, gli organizzatori
del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua si sono
dimostrati felici e soddisfatti del successo ottenuto.
Radio Mundo Real ha realizzato un
resoconto giornaliero da Città del Messico sul Forum.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
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Non
Privatizziamo la Biodiversità: Vía Campesina difende
davanti alla FAO, alla OMC e alla ONU il diritto alla
vita e alla sovranità alimentare
Lunedì 20 marzo 2006
I risultati della terza Riunione
dei Paesi firmatari del Protocollo sulla Biodiversità
di Cartagena (MOP3) tenutasi a Curitiba, Brasile,
tra il 13 ed il 17 marzo, sono stati “deludenti”,
secondo la dichiarazione di Paul Nicholson, dirigente
di Vía Campesina Internacioanl durante un’intervista
a Radio Mundo Real.
Durante la MOP3 sono state evidenziate tutte le carenze
di questo tipo di riunioni, in cui centinaia di delegati
discutono i diritti di milioni di persone. Secondo
Nicholson, “il processo del dibattito è stato povero,
la metodologia è stancante, non facilita la partecipazione
sociale, e la posta in gioco è alta, niente meno che
la privatizzazione della vita e delle risorse naturali.
E i governi sono molto deboli, molto pressati dalle
multinazionali e non vogliono lottare in favore delle
future generazioni”.
In relazione alla recente Conferenza sulla Riforma
Agraria e lo Sviluppo Rurale dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura
(FAO) che si è tenuta a Porto Alegre nella seconda
settimana di marzo, il dirigente campesino
ha dichiarato che “sono state le mobilitazioni di
fuori a trasformare tutto quello che è accaduto dentro”,
nel senso che nella stessa dichiarazione finale di
questa conferenza “si riscattano concetti come quelli
della sovranità alimentare e del territorio, dei diritti
delle comunità di pescatori e delle popolazioni nomadi
ed indigene”.
Le azioni di Vía Campesina a Porto Alegre parallelamente
alla Conferenza della FAO, alle quali si riferisce
Paul Nicholson, hanno compreso l’ingresso in due occasioni
di grandi delegazioni di contadini di tutto il mondo
nel locale dove si teneva la Conferenza, l’occupazione
di un immobile dell’impresa Aracuz Celulosa nel Giorno
Internazionale della Donna da parte di contadine ed
agricoltrici, ed attività di dibattito e coordinamento
internazionale per le campagne che Vía Campesina sta
portando avanti quest’anno.
“Credo che i governi della FAO stiano cominciando
a sentire ed ascoltare per la prima volta”, ha detto
il dirigente campesino, nel senso che stanno
prendendo in considerazione le richieste degli agricoltori.
Secondo Nicholson, il lato negativo di questo cambiamento
che sta sperimentando il dibattito sulla riforma agraria
a livello della FAO e di alcuni governi è che non
si danno “le risorse, i mezzi e le forze politiche”
per una vera trasformazione della proprietà della
terra nel mondo.
Infine, in relazione ai negoziati che si stanno tenendo
nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
(OMC), Nicholson ha dichiarato che il processo è “in
dirittura d’arrivo e i termini stanno scadendo”.
“Se la OMC non arriva ad un accordo per il mese di
luglio va in pezzi tutto quello che era stato creato
a Hong Kong. È importantissima la mobilitazione in
questo contesto. A Vía Campesina siamo convinti che
ora sarà importante la mobilitazione in tutti i Paesi,
e che bisogna fare pressione sui governi chiave, come
il Brasile, l’India o l’Indonesia, affinché assumano
posizioni molto più solide di fronte ai ricatti e
alle pressioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea”.
La campagna di mobilitazioni che porterà avanti Vía
Campesina comincerà ad intensificarsi a partire dal
15 maggio prossimo e, secondo Nicholson, il movimento
contadino ha una grande aspettativa di raggiungere
l’obiettivo di fare uscire l’agricoltura dalla OMC
e far capitolare i negoziati del cosiddetto “libero
commercio”.
“Crediamo di avere la possibilità di frenare questo
giro, di poterlo bloccare, a partire dal 15 maggio
durante i negoziati di Ginevra, ma anche in molti
altri Paesi. Per questo è importante consolidare le
alleanze con altri movimenti come quello ambientalista”.
Traduzione di Cecilia Silveri - progetto
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INDONESIA:
POLIZIA ATTACCA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA CONTRO
LA MINIERA
Lunedì 20 marzo 2006
Tre persone sono rimaste ferite venerdì
durante degli scontri con la polizia in Indonesia,
mentre partecipavano ad una manifestazione di protesta
contro l’attività della Freeport – McMoran Cooper
& Gold Inc, una delle più grandi miniere al mondo
di proprietà statunitense.
Secondo il portavoce della polizia Anton Bachrul Alam,
“non sono chiare le ragioni per cui la polizia abbia
fatto fuoco venerdì”, visto che la protesta era tutt’altro
che violenta.
La repressione poliziesca si è innescata in risposta
alla mobilitazione degli studenti contro la stessa
compagnia che ha avuto luogo giovedì nella zona di
Papua, a circa 3500 chilometri da Jakarta, capitale
dell’Indonesia, e nella quale sono rimasti uccisi
tre poliziotti e un soldato dell’aviazione.
Sono centinaia i poliziotti e i soldati dispiegati
nel presidiare Papua, dove 57 persone sono già state
arrestate. Cinque studenti sono stati trattenuti perché
sospettati di essere i responsabili della morte degli
agenti e del militare.
Le attività minifere furono bloccate in febbraio per
quattro giorni, prima che i manifestanti, per la maggior
parte lavoratori illegali della stessa miniera, abbandonassero
completamente le strutture della compagnia.
Freeport – McMoran rappresenta il più grande contribuente
in Indonesia. I manifestanti chiedono la chiusura
immediata della miniera a causa del suo impatto sull’ambiente
nonché il controllo sull’effettivo riconoscimento
economici alla comunità di Papua e sulla legalità
dei fondi adoperati per i compensi alle forze di sicurezza
indonesiane che controllano l’area.
Il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono
ha rifiutato le richieste di blocco immediato dei
lavori della compagnia, ma allo stesso tempo intende
“impegnare alcuni suoi ministri nell’analisi degli
aspetti sociali collegati alle attività della miniera”.
Jefri Pagawak, uno degli organizzatori delle prime
proteste contro Freeport e coordinatore delle attuali
mobilitazioni afferma che “le proteste non cesseranno
fino a quando le attività della Freeport andranno
avanti.” Tali dichiarazioni sono state rilasciate
alla testata Sydney Morning Herald e più precisamente
al reporter Mark Forbes, primo giornalista occidentale
a cui è stato permesso l’accesso alla zona di Papua,
dopo aver trascorso circa due anni a Timida, località
non lontana dal sito minifero controllata da guerrieri
tribali, che potrebbero decidere di “attaccare il
governo per auto-difesa nel caso in cui le richieste
contro la Freeport continuassero ad essere ignorate
e la dura repressione poliziesca non accennasse a
terminare.”
Fonti:www.interworldradio.net , www.smh.com.au
raduzione Gianluca Tenin – revisione
Gianni Tarquini Progetto TERRE MADRI – Traduttori
Per La Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it
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Privatizziamo l’ACQUA: il carattere ambientale dell’acqua
Lunedì 20 marzo 2006
Domenica scorsa circa 150 persone
hanno partecipato al dibattito intitolato “Ambiente,
Sostenibilità ed Ecologia”, che si è tenuto nell’ambito
del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, conclusosi
lo stesso giorno nella capitale messicana, Città del
Messico.
Il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua ha riunito
decine di movimenti sociali del mondo che difendono
il diritto umano all’acqua, che si è tenuto in questa
città parallelamente al IV Forum Mondiale sull’Acqua.
La prima parte del dibattito ha visto tra gli oratori
Monti Aguirre, membro della Rete Latinoamericana contro
le Dighe, Carlos Santos dell’organizzazione ambientalista
Redes – Amici della Terra Uruguay, e Gustavo Rodríguez
dell’associazione civile messicana Acqua e Ambiente.
Il moderatore di questa attività è stato Oscar Rivas,
membro dell’organizzazione Sobrevivencia – Amici della
Terra Paraguay.
Durante il suo discorso, Monti Aguirre ha affermato
che è importante “inserire il concetto dell’acqua
all’interno dell’ecosistema”. Secondo Aguirre è di
importanza fondamentale sapere quale percorso segue
l’acqua prima di arrivare al rubinetto. “L’acqua proviene
dal fiume, dalle sorgenti, non dal rubinetto”, ha
aggiunto.
Secondo l’attivista è necessario educare la popolazione
per portarla a conoscere il processo che porta l’acqua
ad uscire dai nostri rubinetti, perché capire da dove
proviene l’acqua aiuterebbe l’azione a livello politico
e a sapere a cosa ci si riferisce quando si parla
di qualità dell’acqua.
Gustavo Rodríguez ha parlato soprattutto di ciò che
lui considera un enorme spreco di acqua, caratteristico
di tutti i Paesi del mondo. “Non abbiamo imparato
a rispettare ed utilizzare razionalmente l’acqua”,
ha affermato. Secondo Rodríguez, parte della difesa
dell’acqua è saperla utilizzare.
D’altro canto, Carlos Santos ha dichiarato che è necessario
fare pressione sulle istituzioni pubbliche affinché
siano democratiche e forniscano alla popolazione delle
informazioni sicure sulle tematiche che riguardano
l’acqua, per poter giudicare e partecipare in modo
responsabile.
Seguendo la stessa linea di pensiero, Santos ha affermato
che è necessario implementare strategie di educazione
ambientale per i movimenti di base, per facilitare
la partecipazione popolare a difesa dell’acqua.
In conclusione, Oscar Rivas ha aggiunto che negli
incontri come il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua
è fondamentale costruire insieme degli atteggiamenti
reciproci che permettano di affrontare in condizioni
migliori la lotta per la difesa dell’acqua, e non
solo limitarsi a presentare tematiche od esperienze,
per quanto possano essere importanti.
Traduzione di Cecilia Silveri e revisione
di Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori
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Privatizziamo l’ACQUA: i partecipanti al Forum Internazionale
a Difesa dell’Acqua manifestano all’interno del IV
Forum Mondiale sull’Acqua.
Lunedì 20 marzo 2006
Circa 50 persone appartenenti alle
organizzazioni Amici della Terra Internazionale, il
Consiglio dei Canadesi, la Rete Internazionale per
i Fiumi ed il Movimento Mondiale per lo Sviluppo,
tra le altre, hanno manifestato domenica scorsa presso
il Centro Banamex di Città del Messico, capitale del
Paese, dove si sta tenendo il IV Forum Mondiale sull’Acqua.
I rappresentanti di queste organizzazioni, che hanno
partecipato al Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua,
hanno detto alle imprese e ai governi che partecipano
al Forum Mondiale sull’Acqua che sono contrari alla
privatizzazione dell’acqua, in quanto essa è un diritto
e non una merce.
Hanno partecipato alla manifestazione, tra gli altri,
Longgena Ginting di Amici della Terra Internazionale,
Nail Naidoo del progetto Pianeta Azzurro del Consiglio
dei Canadesi, e l’attività brasiliano Silvano Da Costa.
Hanno partecipato anche il rappresentante del governo
venezuelano Santiago Arconada e l’attivista internazionale
Maude Barlow, autrice insieme a Tony Clarke del libro
“Oro Azul”, nella quale fa una rassegna sulla gestione
dell’acqua nel mondo.
I manifestanti hanno messo delle monete all’interno
di alcune bottiglie per fare rumore muovendole e così
attirare l’attenzione all’interno del Centro Banamex.
Molti giornalisti, che si stavano occupando della
copertura del Forum Mondiale sull’Acqua, hanno seguito
l’evoluzione della manifestazione.
Gli attivisti hanno cantato e gridato le loro principali
rivendicazioni, oltre a portare striscioni sui quali
si leggeva, tra le altre scritte, “il diritto all’acqua
non ha niente a che vedere con il controllo delle
corporazioni”.
Alcuni dei messaggi urlati dai manifestanti sono stati:
“il popolo qui fuori vi porta un messaggio, lottiamo,
lottiamo, lottiamo per l’acqua”, “acqua pubblica per
sempre” o “il Forum Mondiale sull’Acqua non ci rappresenta”.
Traduzione di Cecilia Silveri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
–
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Contro la
privatizzazione della biodiversita' . A Curitiba prende
il via il COP8: i movimenti degli indigeni e dei contadini
promuovono attivita' alternative alla conferenza ufficiale
l
Lunedi' 20 marzo 2006
L'8° Conferenza delle parti della
Convenzione sulla diversità biologica (COP 8) ha avuto
inizio lunedì 20, dopo il fallimento della riunione
dei Paesi che hanno firmato il protocollo di Cartagena
sulla biosicurezza. Le posizioni di Messico e Paraguay
hanno impedito di adottare l'obbligatorietà dell'etichettatura
e dell'identificazione del cibo OGM proveniente dai
Paesi confinanti.
Il Forum della società civile, che si tiene all'esterno
della Conferenza ufficiale dell'Onu, riunisce movimenti
sociali e organizzazioni non governative impegnate
nella protezione della biodiversità rispetto alle
attività distruttive promosse dalle imprese multinazionali
e da governi di tutto il mondo.
Il COP 8 è stato inaugurato lunedì mattina, alla presenza
di centinaia di delegati dei governi, nonché delle
agenzie internazionali e delle organizzazioni non
governative ambientaliste.
Nel frattempo, al di fuori della sede della Conferenza,
un gruppo di 50 indigeni di diverse nazionalità hanno
tenuto una cerimonia silenziosa, attraverso la quale
hanno rappresentato il concetto che è alla base della
Conferenza dell'Onu: mentre centinaia di delegati
governativi negoziano, essi rimangono estranei a un
processo nel quale sono a rischio il futuro del sapere
tradizionale e delle risorse naturali delle comunità
che sono alla base della loro stessa esistenza.
I rappresentanti delle ONG hanno iniziato domenica
a discutere della posizione che assumeranno di fronte
ai delegati del COP 8 e la discussione è proseguita
anche lunedì. Circa 70 rappresentanti di organizzazioni
e coordinamenti internazionali hanno discusso dei
problemi principali da esporre nella conferenza ufficiale,
come l'impatto dei processi di liberalizzazione del
commercio sulla biodiversità. Queste operazioni vengono
negoziate presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio
nei settori della proprietà intellettuale, dei servizi
ambientali e degli investimenti.
In queste negoziazioni multilaterali nell'ambito dell'OMC,
o quelle bilaterali e regionali condotte nel 2005
dagli Usa con i Paesi centroamericani e andini, la
principale minaccia di privatizzazione delle risorse
naturali viene dall'apertura alle compagnie multiazionali
di "servizi ambientali", come il turismo
"ecologico" o la bioprospezione genetica.
Lunedì, alla fine della terza riunione sul protocollo
di Cartagena sulla biosicurezza (MOP 3), hanno avuto
inizio anche le attività del "Forum della società
civile globale: benvenuti nel mondo reale".
Le iniziative del forum toccano diverse questioni,
come l'avanzata delle grandi imprese agroalimentari
come la Monsanto sull'agricoltura contadina dei Paesi
agricoli in via di sviluppo.
Nell'ambito della prima iniziativa di lunedì, "Esame
dei reali progetti della Monsanto e delle sue conseguenze
sull'America Latina", testimoni provenienti da
Paraguay, Argentina, Messico, Colombia, Ecuador e
Brasile hanno denunciato gli effetti delle attività
di questa impresa transnazionale sulle popolazioni
e le comunità rurali.
Secondo Jorge Rulli della ONG argentina Grupo de Reflexión
Rural, "l'agrobusiness è avanzato in silenzio,
modificando i rapporti di lavoro nelle campagne e
traendo profitti dai brevetti internazionali sulle
sementi e sulle risorse naturali".
Le iniziative del Forum della società civile globale
si terranno in parallelo al COP 8, fino al 31 marzo,
con l'obiettivo di accompagnare le negoziazioni ufficiali
e offrire delle risposte da parte dei movimenti sociali
che rifiutano la privatizzazione delle risorse naturali
e della biodiversità.
Traduzione Marina Callegari – rev.
Gianni tarquini– Progetto Terre Madri – traduttori
Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it
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Proteste negli Usa contro un progetto di legge sulle
immigrazioni
Sabato 18 marzo 2006
Manifestazioni di protesta contro
il progetto di una nuova legge sulle immigrazioni
si sono svolte nei giorni scorsi in varie città degli
Stati Uniti, e sono state annunciate per la prossima
settimana.
Circa centomila manifestanti hanno paralizzato venerdì
il centro di Chicago, e altre dimostrazioni si sono
avute martedì a Filadelfia e mercoledì a Monterey
Bay.
L’ approvazione del disegno di legge, attualmente
in discussione al Senato, provocherebbe pesanti conseguenze
per i circa dodici milioni di immigranti irregolari
degli Stati uniti, nonché per le organizzazioni umanitarie
che li appoggiano.
Il progetto legislativo definisce infatti come “atto
criminale”, sanzionabile con la prigione, il soggiorno
illegale negli Stati uniti. Inoltre amplia la definizione
di Alien smuggling (traffico illegale di immigrati),
che verrebbe a includere qualsiasi tipo di aiuto dato
a chi è privo di documenti di soggiorno, compreso
quello offerto da agenzie di rifugiati, parrocchie
e altre organizzazioni.
Orlando de la Cruz, uno degli organizzatori della
marcia e parte di un gruppo di studenti latinoamericani
di Aztlàn , ha criticato il progetto di legge e affermato
che le azioni di proteste vogliono suonare un campanello
di allarme sulla gravità delle possibili conseguenze.
De la Cruz , che lavora in un’organizzazione che fornisce
assistenza agli immigrati irregolari, ha aggiunto
che la legge colpirebbe anche lui. Hong An Tran, un
avvocato specializzato nel campo dell’immigrazione,
ha criticato il disegno di legge per l’accento messo
solo sulla penalizzazione, ritenendo che non costituisca
“una vera riforma dell’immigrazione”.
Alcune organizzazioni di irregolari hanno sostenuto
che negli Stati uniti loro “ fanno solamente i lavori
che nessuno vuole fare”, e che sarebbero criminalizzati
con la nuova legislazione nonostante il loro obiettivo
sia solo quello di integrarsi nella società.
Il presidente degli Stati uniti George W. Bush si
è detto d’accordo con le ricadute previste dalla nuova
legge, appoggiata anche da gruppi contrari all’immigrazione
come i Minuteman, che pattugliano la frontiera tra
gli Usa e il Messico.
Traduzione di Guya M., revisione
Gianni Tarquini, Progetto TERRE MADRI – Traduttori
Per la Pace – RadioMUndoReal www.terremadri.it
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Non
privatizziamo l’ACQUA: “In realtà la lotta per l’acqua
è la lotta per la vita”
Sabato 18 marzo 2006
La presenza di Oscar Olivera, il
più che rispettato dirigente boliviano che si è reso
protagonista della lotta per l’acqua nel suo Paese,
al Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua che si
sta tenendo nella capitale messicana, Città del Messico,
attribuisce a questo incontro l’importanza dei movimenti
sociali che credono che la risorsa idrica sia un diritto
inalienabile.
Olivera è stato uno dei baluardi della lotta della
popolazione del dipartimento boliviano di Cochabamba,
situato al centro del Paese, per la difesa dell’acqua,
soprattutto durante la cosiddetta Guerra dell’Acqua.
L’attivista internazionale è stato una delle persone
incaricate di dare ufficialmente inizio al Forum Internazionale
a Difesa dell’Acqua lo scorso venerdì. Poco dopo la
cerimonia Radio Mundo Real lo ha intervistato.
Oscar, quali sono le tue prime impressioni dopo l’apertura
del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua?
Prima di tutto vorrei ringraziare Radio Mundo Real,
che si è praticamente trasformata nella principale
emittente per la divulgazione della problematica delle
nostre popolazioni. Sono molto onorato di essere qui,
molto contento del lavoro dei nostri amici messicani,
ma ancor più emozionato e motivato da tutti i processi
di lotta che sto seguendo qui in Messico da oltre
un anno, da quando sono arrivato ed ho potuto condividere
con diverse comunità rurali e cittadine queste lotte
contro la privatizzazione dell’acqua, per far rimanere
l’acqua un bene comune, collettivo, e perché la questione
era stata resa invisibile dai mezzi di comunicazione
ufficiali e formali. Le lotte per l’opposizione alla
costruzione della diga La Parota, quelle nei piccoli
centri urbani contro l’inquinamento delle risorse
idriche per le concessioni minerarie, la lotta per
accedere ai servizi fondamentali nelle zone extraurbane,
sono tutte simili a quelle di altri Paesi del mondo.
Quando sentiamo i nostri amici messicani è come se
ascoltassimo anche i boliviani, che hanno le stesse
difficoltà, le stesse speranze e gli stessi sogni
di lotta contro la privatizzazione dell’acqua. Credo
che il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, dei
movimenti sociali e delle persone che lottano contro
la privatizzazione dell’acqua sia un momento di incontro
molto importante che trova in realtà, o direi scopre,
questa grande capacità della gente di cercare di recuperare
non solo i beni comuni, molti dei quali sono nelle
mani di imprese private multinazionali, ma anche tutto
il sapere. E credo che sia molto importante che noi
stessi possiamo conoscere questo sapere per poter
trovare soluzioni ai problemi che ci ha lasciato un
modello economico che ha semplicemente saccheggiato
e avvelenato i nostri territori.
Sicuramente non ci sarà un altro Forum Internazionale
a Difesa dell’Acqua nei prossimi tre anni. Cosa provi
ad essere qui a condividere la lotta con persone come
la scrittrice di “Oro Azul”, Maude Barlow?
Si tratta di una lotta tra pari, una lotta con persone
che consideriamo uguali a noi, ognuno dal proprio
punto di vista, dalla propria posizione, dalla propria
quotidianità, dalle proprie esperienze, dal proprio
Paese, con tutte le difficoltà e le limitazioni che
ci sono. Credo che prima di tutto è importante che
la gente si unisca per qualcosa di più grande, come
la lotta per la vita. In realtà la lotta per l’acqua
è la lotta per la vita. È dall’acqua che ha avuto
origine la vita su questo pianeta, è dall’acqua che
generosamente la Pachamama, la Madre Terra, dà la
vita agli esseri viventi. Credo quindi che sia questa
la cosa importante, che ci unisce: la lotta per la
vita. Non c’è altra alternativa che continuare a lottare
per la vita.
E credo che prima di tutto importante che la gente
semplice e lavoratrice dei nostri popoli e le persone
importanti come Maude Barlow si considerino gente
comune ed uguale, con assoluta orizzontalità. Credo
che questi forum ci diano la possibilità di sentirci
tutti uguali e fratelli. Credo che il patrimonio più
grande che possiamo lasciare alle prossime generazioni
sia quello di aver raggiunto proprio questo: aver
lottato per la vita.
Ti rivolgiamo due domande in una per terminare. Quali
sono le tue aspettative in quel che rimane del Forum
che terminerà domenica? E poi, che impressioni hai
avuto sulla marcia di giovedì scorso nella quale,
nonostante il quantitativo impressionante di poliziotti,
le migliaia di persone sono riuscite a passare per
il Centro Banamex dove si tiene il IV Forum Mondiale
dell’Acqua?
Primo, il Forum termina domenica, ma sono sicuro che
la lotta continuerà. Credo che questa lotta, da quello
che stiamo vedendo qui in Messico e in molte altre
parti del mondo, sia una lotta destinata a continuare
in modo assolutamente irreversibile. È una lotta per
la dignità, per la giustizia, per la vita, è una lotta
per i nostri beni comuni, per recuperare il nostro
sapere, per mantenere e preservare il patrimonio che
ci hanno lasciato i nostri padri ed i nostri antenati,
è una lotta per dare dignità alle generazioni future.
Credo che ciò che continua ad tenerci uniti siano
le vittorie che sicuramente i popoli del mondo stanno
ottenendo sulla questione dell’acqua e di cui siamo
informati ogni giorno. Quello che sta accadendo in
Argentina contro la Suez è molto importante per noi,
come anche quello che sta accadendo in Bolivia, o
in Ecuador e Colombia, o in Perù contro l’inquinamento
delle risorse idriche. Sono lotte vittoriose e questo
ci da la forza per andare avanti e che trovano uniti
tutti i movimenti sociali. Secondo, sulla questione
della marcia di ieri, è una marcia che mi ha colpito
molto per la forza e l’energia della gente, ma anche
per l’enorme dispiegamento di polizia che non mi era
mai capitato di vedere da nessun’altra parte del mondo.
Non avevo mai visto tanti poliziotti ordinati in tre
file dietro una palizzata di metallo, come fossimo
delle bestie. Direi che più della polizia è stato
il timore dei potenti, dei ricchi, degli imprenditori,
delle multinazionali, della Banca Mondiale, nei confronti
delle gente, di questa energia della gente che ha
voce e sentimenti. Credo che la voce ed i sentimenti
della gente siano la causa del timore di coloro che
hanno le armi e il denaro, e credo che la voce ed
i sentimenti della gente vinceranno le armi e il denaro.
Traduzione di Cecilia Silveri – revisione
Gianni Tarquini – Progetto Terre Madri - Traduttori
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Conferenza
stampa convocata dagli organizzatori del Forum Internazionale
in Difesa dell’Acqua Sabato
18 marzo 2006 La Coalizione
delle Organizzazioni Messicane per il Diritto all’Acqua
(COMDA), una delle principali organizzatrici del Forum
Internazionale in Difesa dell’Acqua, ha deciso di
realizzare il venerdì successivo all’inizio del forum
una conferenza stampa per effettuare alcune puntualizzazioni
in merito alla grande manifestazione in difesa dell’acqua
che si è svolta giovedì.
Le organizzazioni messicane erano particolarmente
preoccupate a ausa di alcuni episodi di violenza che
si sono succeduti al termine della manifestazione,
quando un gruppo di forze della polizia ha colpito
e ferito circa 20 giovani.
Secondo quanto denunciato dalla COMDA, i poliziotti
protagonisti degli episodi di violenza con i manifestanti
indossavano abiti civili, e si erano infiltrati nella
manifestazione.
Coloro che hanno preso parte alla conferenza sono:
Jaime Rello, rappresentante del Movimento Urbano Popolare
del Messico, Ana María Martínez, membro del Centro
(anch’esso messicano) di Diritti Umani Agustín Pro
Juárez, e Miguel Valencia, membro della rete ecologista
Ecomunidades.
Sono intervenuti anche la scrittrice Maude Barlow,
autrice del libro “Oro Blu”, che indaga sulla gestione
dell’acqua nel mondo, Santiago Arconada, rappresentante
del governo venezuelano, e José Martín Velázquez,
membro della COMDA.
I conferenzieri hanno manifestato anche di fronte
ad un importante gruppo di mezzi di comunicazione
messicani e internazionali, che stanno monitorando
la diseguale copertura che i mezzi del paese stanno
realizzando se si considera il IV Forum Mondiale dell’Acqua
e le iniziative alternative.
Hanno accusato soprattutto le due grandi reti televisive
del Messico, Televisa e TV Azteca, di minimizzare
le diverse attività parallele al IV Forum Mondiale
dell’Acqua, che si stanno svolgendo dal 13 marzo a
Città del Messico.
Ana María Martínez ha fatto anche riferimento ad alcuni
episodi di violenza che hanno coinvolto i manifestanti.
Alcuni gruppi urbani della capitale messicana si sono
scontrati con la polizia e hanno distrutto anche una
camionetta.
La Martínez ha spiegato che le organizzazioni che
hanno partecipato alla manifestazione e i convocanti
hanno enfatizzato il fatto che la marcia doveva essere
pacifica, però sapevano che sarebbero stati presenti
alcuni gruppi violenti.
Tuttavia, la Martínez ha sottolineato che, nonostante
gli sporadici episodi di violenza avvenuti, non si
può screditare l’importanza della manifestazione di
coloro che credono che l’acqua debba essere un bene
pubblico e un diritto umano fondamentale.
I membri della COMDA ritengono che il numero delle
persone che presero parte alla mobilitazione di giovedì
si aggiri attorno ai 20.000 partecipanti.
Santiago Arconada ha affermato che, fatta eccezione
della foto in prima pagina del quotidiano messicano
La Jornada, non si è vista nessun’altra immagine,
stampata o televisiva, che mostrasse l’enorme partecipazione
alla manifestazione.
Arconada ha dichiarato che la manifestazione di giovedì
ha segnato un prima e un dopo nell’ambito della lotta
dei movimienti sociali per la difesa dell’acqua.
Il rappresentante del governo venezuelano, presieduto
da Hugo Chávez, ha detto che le imprese, il governo
messicano e gli altri partecipanti del IV Forum Mondiale
dell’Acqua non avrebbero potuto ignorare l’immenso
movimento sociale in difesa risorsa idrica.
Arconada ha aggiunto che il Forum Mondiale dell’Acqua
era il "Davos dell’Acqua", in riferimento
alla riunione annuale dei governi più ricchi del mondo
che si svolge in questa città svizzera.
Maude Barlow ha dichiarato che la marcia di giovedì
e il Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua dimostrano
la maturità e il consolidamento dei movimenti sociali
del mondo che lottano per difendere il diritto umano
all’acqua e la sua gestione pubblica e partecipativa.
* (N.d.T.: Sul sito originale è possibile
ascoltare o scaricare la conferenza). A causa della
durata della conferenza la offriamo in tre parti.
Ascoltare o scaricare la prima parte. Ascoltare o
scaricare la seconda parte. Ascoltare o scaricare
la terza parte.
Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione
di Ermanno Geronzi
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Il
Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua inizia gremito
di gente Sabato
18 marzo 2006 E’ iniziato
venerdì presso il Sindacato Messicano dei Telefonisti
di Città del Messico, capitale del paese, il Forum
Internazionale in Difesa dell’Acqua, una delle iniziative
più importanti parallele al IV Forum Mondiale dell’Acqua
che si svolge nella stessa città.La Coalizione delle
Organizzazioni Messicane per il Diritto all’Acqua
(COMDA), l’Assemblea Nazionale in Difesa dell’Acqua
e della Terra e contro la sua Privatizzazione, e un
comitato che raggruppa diverse organizzazioni internazionali
sono i promotori di questo forum.
Questi movimenti sociali hanno realizzato un importante
sforzo organizzativo e di coordinazione,
che permette lo sviluppo delle attività e la partecipazione
della gente, assieme al rispetto degli orari.
Tra le altre cose, sono stati preparati documenti
per i partecipanti al forum e per la stampa, c’è personale
che aiuta a trovare le sale dove si svolgono le attività
e un servizio gratuito di pasti per tutti i presenti.
Le attività del forum sono iniziate presso il salone
principale del Sindacato dei Telefonisti, pieno di
gente, circa 400 persone. A coordinare questa cerimonia
iniziale sono state persone la cui carriera si è sempre
basata sulla lotta per la difesa dell’acqua.
Uno degli oratori è stato Oscar Olivera, leader indiscusso
del Coordinamento in Difesa dell’Acqua e della Vita
di Cochabamba in Bolivia. Questo movimento boliviano
è stato protagonista nel 2000 della cosiddetta Guerra
dell’Acqua, quando gli abitanti di Cochabamba scesero
nelle strade per manifestare contro la multinazionale
dell’acqua Suez, che operava in questo dipartimento,
e
affrontarono dure repressioni da parte della polizia.
Tra gli altri partecipanti c’era anche Maude Barlow,
riconosciuta attivista internazionale in difesa
dell’acqua, e Anil Naidoo, membro del progetto Pianeta
Blu del Consiglio dei Canadesi, che opera sempre in
difesa dell’acqua.
Maude Barlow e Oscar Olivera hanno dichiarato che
questo Forum Internazionale rappresenta la riunione
più importante dei movimenti che lottano per difendere
l’acqua alla quale abbiano mai partecipato.
Molti dei partecipanti alle iniziative hanno spiegato
che questo Forum ha preso il nome di “Forum
Internazionale in Difesa dell’Acqua" perché le
imprese e i governi che partecipano al IV Forum Mondiale
dell’Acqua stanno, in realtà, attaccando questa fondamentale
risorsa.
Traduzione di Gianni Tarquini – Revisione di Arianna
Ghetti
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 11 AL 17 MARZO 2006
|
Attivisti
latinoamericani denunciano pubblicamente l’impresa Suez
Giovedì, 16 Marzo 2006 La
"Campagna Internazionale Basta con gli Abusi
della Suez", è stata presentata mercoledì scorso
a Città del Messico, davanti al Tribunale Latinoamericano
per l’Acqua, per denunciare la multinazionale che
gestisce servizi di acqua potabile e fognature in
diversi paesi. I rappresentanti di 10 paesi latinoamericani
hanno esposto la denuncia pubblica contro la Suez
davanti al tribunale.La Campagna è stata organizzata
da Red Vida, che raggruppa centinaia di persone e
organizzazioni che lavorano alla difesa dell’acqua
come bene pubblico e per riconoscerla diritto umano.
La Suez aveva diritto ad essere rappresentata davanti
al tribunale per difendere le sue posizioni ma ha
rinunciato a tale prerogativa.
Tra gli integranti di Red Vida c’erano Julián Pérez
del municipio boliviano di El Alto e Sara Grusky degli
Stati Uniti, che è la coordinatrice della campaña
Acqua per Tutti promossa dall’organizzazione Public
Citizen.La presenza della esperienza boliviana è stata
importante per i precedenti raggiunti dai cittadini
di questo municipio che sono riusciti ad espellere
una filiale della Suez chiamata Aguas del Illimani.
C’è da aggiungere che la multinazionale è molto vicina
dal doversi ritirare definitivamente dalla Bolivia
e i dirigenti delle organizzazioni di El Alto sperano
che non passerà molto tempo prima che ciò accada.
Un altro degli intervenuti era André Abreu, che integra
la fondazione francese che porta il nome di Danielle
Mitterrand, capeggiata dalla vedova dell’ex presidente
francese Francois Mitterrand.Abreu, nelle sue dichiarazioni,
ha fatto vari commenti sul funzionamento politico
interno della Suez, e ha denunciato strane negoziazioni
che l’impresa sta portando avanti, enfatizzando il
fatto che molti attori francesi si oppongono alle
politiche dell’impresa che offre servizi legati all’uso
dell’acqua. Suez sta vivendo un delicatissimo momento
che la sta indebolendo, non solo in America Latina
ma in tutto il mondo.
Uno dei punti più importanti della manifestazione
di mercoledì è stato raggiunto con le dichiarazioni
del ministro per l’acqua della Bolivia, Abel Mamani,
che ha appoggiato la campagna sostenendo di sentirsi
ancora un dirigente in lotta per la difesa delle risorse
naturali.Il rappresentante della Comisión Nacional
en Defensa del Agua y de la Vida dell’Uruguay, Carlos
Sosa, ha raccontato il comportamento della Suez in
questo paese e di come la commissione da lui integrata
è riuscita, insieme al popolo uruguayano, a vincere
la battaglia per la riforma costituzionale che ha
introdotto l’acqua come bene comune di tutti i cittadini
che non può essere privatizzata.
Dopo la riforma della Costituzione è stato invalidato
il contratto di prestazione di servizi di acqua e
fognature alla Suez.Altra esperienza raccontata nella
manifestazione è stata quella di Alberto Muñoz, integrante
dell’ Assemblea Provinciale per il Diritto all’Acqua
di Santa Fe, provincia dell’est dell’Argentina, anche
loro impegnati contro la multinazionale francese.
A Santa Fé, come a Cordova, Suez è accusata di essere
la responsabile dell’innalzamento dei prezzi per l’utilizzo
dei servizi idrici oltre che di gravi irregolarità
per la qualità dell’acqua offerta.
Traduzione di Gianni Tarquini Progetto Terre Madri
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Quarta
giornata di proteste in Ecuador
Giovedì, 16 Marzo 2006
Palacio criminalizza le proteste indigene
Le Organizzazioni indigene dell’Ecuador
mantengono le misure di lotta contro il Trattato di
Libero Commercio (TLC) che il governo di questo paese
vuole firmare con gli Stati Uniti. Il presidente Alfredo
Palacio mercoledì ha sostenuto che dietro le massicce
proteste ci sono “intenti di destabilizzare lo stato
democratico”.
Palacio, che ieri notte ha ordinato la mobilitazione
di 2 mila militari, si è lamentato che gli indigeni
“non chiedono solo soldi per la costruzione di infrastrutture“,
ma che “ora protestano per questioni politiche”.
Gli indigeni lasciano intendere una possibile radicalizzazione
delle proteste, e i principali leader della provincia
del Cotopaxi, al centro del paese, hanno iniziato
uno sciopero della fame.
Un comunicato della Confederación de Nacionalidades
Indígenas del Ecuador (CONAIE) denuncia la “violenta
repressione” dei militari, che ha provocato diversi
feriti tra i manifestanti.
Il ministro della Difesa, Oswaldo Jarrín, ha rispedito
al mittente le accuse e ha preferito parlare di un
“piano di ripristino della pace e protezione dei beni
pubblici”.
La CONAIE ha annunciato la prosecuzione dei blocchi
stradali e ha rivolto un appello alla mobilizzazione
per questo pomeriggio (ndr ieri) nel centro di Quito,
capitale dell’Ecuador.
Gli indigeni sostengono che l’invito del governo a
partecipare a laboratori sul TLC il fine settimana
ha provocato un “acutizzarsi del rifiuto” tra i partecipanti
alla protesta.
In un altro comunicato, della Piattaforma Interamericana
per i Diritti Umani, una rete alla quale aderiscono
450 organizzazioni di 15 diversi paesi, si legge la
denuncia contro lo stato ecuadoriano per il ricorso
alle misure d’emergenza che “sospendono le garanzie
civiche e i diritti umani”.
Il testo sostiene che le misure governative provocano
la “stigmatizzazione e l’incriminazione dei dirigenti
sociali”, oltre alla militarizzazione di varie regioni
del paese.
“Ci preoccupa la richiesta di alcuni rappresentanti
del governo di incrementare la repressione in proporzione
alla crescita della protesta sociale”, conclude il
comunicato della rete di organizzazioni.
Con informazioni da: Prensa Latina
Traduzione di Gianni Tarquini,
revisione di Nadia Angelucci, progetto Terre Madri
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Catastrofe
umanitaria in Sudan e nei Paesi vicini per i tagli
all’approvvigionamento alimentare
Mercoledì 15 marzo 2006
Varie agenzie dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite affermano che la situazione umanitaria
in Sudan e nei campi profughi in Chad e in Kenia peggiora
ogni giorno, poiché le organizzazioni di aiuti internazionali
non hanno risorse sufficienti per nutrire la popolazione;
inoltre molte zone non sono accessibili a causa delle
crescenti tensioni.
Il conflitto tra le milizie Janjaweed e il governo
del Sudan ha già provocato 180 mila vittime e oltre
2 milioni di profughi, che fuggono dalle intrusioni
e dagli attacchi delle milizie e dei ribelli arabi.
Dopo che l’Unione Africana ha inviato circa 7000 soldati
a controllare questi attacchi contro la popolazione
civile, la situazione è migliorata leggermente, ma
ora gli osservatori internazionali informano che negli
ultimi mesi si è registrato un aumento degli attacchi.
A causa del conflitto, gran parte delle regioni dove
erano stanziate le popolazioni rurali sono devastate,
il che provoca l’estrema carenza di alimenti in un
Paese in cui le terre coltivabili scarseggiano.
Il Programma Mondiale di Alimenti (PMA), che finora
aveva coperto i bisogni alimentari di 3,5 milioni
di persone, ha annunciato che a breve sarà costretto
ridurre le razioni di legumi secchi, zucchero e sale
a causa della mancanza di risorse per le operazioni
di emergenza.
Bradley Guerrant, direttore aggiunto per il Sudan
dell’organismo dell’ONU, ha affermato che “la riduzione
delle razioni è l’ultima risorsa, ma non abbiamo alternative”.
Il PMA ha ricevuto solo un 15% dei 746 milioni di
dollari di cui ha bisogno per portare alimenti a milioni
di persone in Sudan nell’arco del 2006.
Ciò permette un approvvigionamento per un periodo
più lungo senza esaurire le scarse riserve per i gruppi
più vulnerabili, i bambini e le donne incinte.
Non solo in Sudan la situazione è grave, visto che
anche nei campi profughi situati in Chad e in Kenia
scarseggiano gli alimenti di base. L’Agenzia delle
Nazioni Unite per i Rifugiati che gestisce due campi
profughi sudanesi e somali in Kenia ha informato che
le razioni sono già state ridotte del 25% e che le
riserve dureranno solo fino alla fine di marzo.
George Okth-Obbo, Alto Commissario dell’ONU per i
Rifugiati, ha spiegato che la situazione sarà disastrosa
se gli aiuti non arrivano prima della fine di marzo,
perché i profughi dipendono totalmente da essi.
Un altro problema è il fatto che non tutte le zone
in cui la popolazione necessita di aiuti sono accessibili.
Assalti frequenti impediscono alle organizzazioni
di raggiungere le zone dell’ovest del Darfur e la
zona alta di Jebal Marra. Circa 300.000 persone ne
sono colpite e non ricevono aiuti.
Il responsabile umanitario dell’ONU ha chiesto alla
comunità internazionale di offrire le risorse necessarie
per evitare una catastrofe umanitaria. Ha inoltre
aggiunto che le truppe dell’Unione Africana hanno
bisogno di appoggio per operare con efficacia, per
impedire gli attacchi ai civili e per disarmare i
gruppi armati.
Traduzione di Cecilia Silveri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
–
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Indigeni
ecuadoriani protestano contro il TLC
Mercoledì 15 marzo 2006
Gli indigeni bloccano le strade dell’Ecuador
Migliaia di indigeni ecuadoriani protestano in tutto
il territorio nazionale contro la firma del Trattato
sul Libero Commercio (TLC) che il governo di questo
Paese vuole firmare con gli Stati Uniti, ed esigono
che il presidente Alfredo Palacio “sospenda immediatamente”
i negoziati.
Un comunicato della Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’Ecuador (CONAIE) avverte che le azioni
“potrebbero spingere a posizioni estreme” se il “governo
ad interim” di Palacio non blocca la costruzione della
diga.
Esigono inoltre che il mandatario risponda “immediatamente
alla richiesta delle popolazioni povere del Paese”,
e che provveda all’ “espulsione” della compagnia petrolifera
statunitense Occidental Petroleum, conosciuta anche
come Oxy.
I manifestanti accusano questa compagnia transnazionale
di “violare le leggi nazionali e di sottrarre agli
ecuadoriani le proprie ricchezze”.
Gli indigeni denunciano che “molti agenti di sicurezza”
si stanno infiltrando nelle mobilitazioni, che bloccano
le strade in varie province dell’Ecuador.
Annunciano inoltre che nelle ultime ore si sono aggiunti
alle proteste contro il TLC “migliaia di pensionati,
piccoli commercianti e lavatori di altri settori”.
Secondo una stima del presidente del CONAIE, Luis
Macas, martedì hanno partecipato alla protesta circa
25 mila indigeni “in ogni angolo del Paese”.
Macas ha sottolineato il suo rifiuto al dialogo con
Palacio ed ha aggiunto che le proteste termineranno
solo con la sospensione dei negoziati con gli Stati
Uniti.
Ci sono ancora circa cinquanta membri del CONAIE ad
occupare da lunedì la più importante chiesa di Quito,
capitale del Paese. Secondo gli indigeni, le principali
autorità religiose dell’Ecuador stanno facendo pressione
sul governo per far evacuare gli occupanti.
Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
– Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Omaggiano
lo studente assassinato dalla polizia in Colombia
Mercoledì, 15 marzo 2006
Centinaia di persone hanno partecipato
martedì alle manifestazioni in omaggio allo studente
colombiano Oscar Leonardo Salas, assassinato dalla
polizia durante una protesta contro il Trattato di
Libero Commercio (TLC) tra Colombia e Stati Uniti.
Durante la mobilitazione, svoltasi l’8 marzo, nell’ambito
del Giorno Internazionale della Donna, Salas è stato
colpito alla testa da un colpo di proiettile che lo
ha ucciso, dopo due giorni di coma.
Un comunicato della radio comunitaria Café FM, di
cui faceva parte la vittima, sottolinea che si tratta
di un «altro atto criminale» commesso nei confronti
di coloro che lottano per le cause sociali.
Secondo quanto dichiarato dai portavoce dell’emittente
radiofonica, il governo colombiano applica una «sistematica»
repressione nei confronti dei «comunicatori sociali
e degli studenti universitari».
Denunciano che la morte di Salas, che aveva 20 anni
e studiava lingue presso l’Università Federale di
Bogotà, «si aggiunge» a quella di altri quattro giornalisti
di radio comunitarie assassinati durante gli scontri
con la polizia degli ultimi mesi.
Il testo aggiunge che i componenti di Café FM non
confidano nella promessa di «indagini approfondite»
delle autorità colombiane.
Il comunicato del collettivo radicale conclude: «desideriamo
solo che i giovani possano protestare senza per questo
perdere la vita».
Fonte: Indymedia Colombia
Tradotto da Sonia Chialastri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Non
Privatizziamo l’ACQUA: “La Commissione Federale sull’Elettricità
è entrata senza alcun permesso”
Mercoledì 15 marzo 2006
Rodolfo Chávez
L’incontro in Difesa dell’Acqua e Contro la Diga La
Parota, che i contadini dello stato messicano meridionale
di Guerrero hanno tenuto martedì scorso sulle rive
del fiume Papagayo, nel comune di Acapulco, è stato
coordinato da Rodolfo Chávez, rappresentante dei contadini
della zona. Chávez ha elencato le date esatte dei
diversi momenti importanti della lotta che i contadini
di Guerrero hanno realizzato a partire dal 2003, così
come le irregolarità commesse dalla Commissione Federale
sull’Elettricità, per imporre la costruzione della
diga.
Radio Mundo Real lo ha intervistato e consultato proprio
su queste tematiche.
Traduzione di Cecilia Silveri – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Bolivia
e Uruguay discutono di integrazione energetica
Mercoledì 15 marzo 2006
Lunedì scorso il presidente boliviano
Evo Morales e il suo omologo uruguayano, Tabaré Vázquez,
hanno convenuto di realizzare immediatamente degli
studi per accertare la possibilità di costruire un
gasdotto che fornisca gas naturale al Paraguay all'Uruguay.
Il gasdotto, la cui costruzione richiederà un investimento
congiunto di più di 2 miliardi di dollari, avrà una
lunghezza di oltre mille chilometri e attraverserà
sei province argentine.
Il progetto consentirà alla Bolivia di aumentare le
sue vendite in Argentina e di iniziare la distribuzione
del gas naturale in Uruguay e Paraguay.
Entrambi i presidenti hanno firmato una dichiarazione
congiunta nella quale sottolineano l'importanza di
"raggiungere" un'integrazione energetica
sulla base dei principi di “integrazione produttiva".
Tabaré Vázquez ha fatto rilevare che si tratta di
un progetto "molto importante" per il Paese
che, a suo dire, si trova una condizione di "forte
dipendenza" nel settore energetico.
Secondo il ministro boliviano per gli idrocarburi
Andrés Soliz, l'integrazione può introdurre un "fattore
di equilibrio" nella regione, e ha ricordato
la "presenza quasi esclusiva" di Brasile
e Argentina in questo settore.
"L'energia può essere fonte di orizzontalizzazione"
ha affermato Soliz.
Il ministro boliviano ha poi aggiunto che uno dei
problemi che l'Uruguay si trova ad affrontare è la
grande dipendenza dall'Argentina per la fornitura
di gas.
"Oggigiorno esistono dei problemi tra i due Paesi
e a volte gli uruguayani vengono sottoposti a pressioni"
ha proseguito Soliz.
Al tempo stesso il ministro uruguayano dell'industria,
dell'energia e delle miniere Jorge Lepra ha riconosciuto
che il suo Paese non ha un grande fabbisogno di energia.
Fonti: Reuters, AP.
Traduzione di Marina Callegari per
i Traduttori per la Pace (rev. Daniela Cabrera) Progetto
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Si
alla Vita, No alla Diga La Parota
Mercoledì 15 marzo 2006
Il Consiglio di Ejidos e delle Comunità
Contrarie alla Diga La Parota, che riunisce i contadini
che lottano contro questo progetto idroelettrico,
martedì ha celebrato il Giorno Mondiale contro Le
Dighe sulle sponde del fiume Papagayo, dove si prevede
la costruzione della centrale energetica. Circa 200
persone, tra contadini, visitatori di vari Paesi e
giornalisti, si sono riuniti nel paese di Aguas Calientes
nel comune di Acapulco, Stato di Guerrero, ed hanno
marciato fino al fiume Papagayo dove si è tenuta la
celebrazione.
Tra i presenti vi erano attivisti tedeschi, italiani,
uruguayani e statunitensi, oltre che messicani. Con
il motto “Si alla Vita, No alla Diga La Parota”, i
contadini messicani hanno manifestato il proprio rifiuto
alla costruzione di questa diga nell’ambito di una
celebrazione emotiva che ha avuto i bambini come figura
centrale. Sulle rive del fiume Papagayo numerosi contadini
della zona hanno parlato dei danni che comporterebbe
la costruzione della diga La Parota.
I contadini Facundo Hernández, della comunità di Salsipuedes
di Acapulco, e Marco Antonio Suasti, dirigente del
Consiglio di Ejidos e delle Comunità Contrarie alla
Diga La Parota, hanno esposto le problematiche cui
andrebbero incontro le comunità rurali di Acapulco
se la diga venisse costruita. Lo stato di violenza
contro le comunità ha avuto inizio, secondo quanto
ricordano i contadini, quando tre anni fa alcuni funzionari
della ditta Comisión de Electricidad sono entrati
nelle loro terre senza i necessari permessi e hanno
imposto con la forza l’inizio dei lavori di costruzione
della diga La Parota.
Marco Antonio Suasti ha ricordato in modo particolare
i contadini che facevano parte del Consiglio di Ejidos
e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota, morti
durante la lotta contro l’istallazione della centrale
idroelettrica.
Secondo le comunità rurali, lo stato di violenza e
osteggiamento da parte della ditta ha contato sulla
complicità del governo federale e statale, che non
hanno risposto ai reclami e alle denunce presentati
negli ultimi due anni. Pertanto, queste comunità hanno
dichiarato che continueranno a lottare con i mezzi
che hanno a disposizione, se la situazione nello Stato
di Guerrero non cambierà.
I contadini dicono di continuare a cercare il dialogo
per trovare una soluzione al conflitto, tuttavia le
autorità governative e municipali sono chiuse a qualsiasi
possibilità di risoluzione.
I contadini hanno raccontato di aver assistito ad
assemblee di consultazione per dare la propria opinione
nei confronti della diga e che sono stati accolti
da centinaia di poliziotti e operativi con carri antisommossa,
e in alcune occasioni, è stato persino vietato loro
di partecipare alle assemblee.
Nella comunità di Las Cruces, situato a circa 4 chilometri
da Aguas Calientes, si è tenuto un incontro tra i
contadini del Consiglio di Ejidos e delle Comunità
Contrarie alla Diga La Parota ed attivisti di vari
Paesi, con l’obiettivo di far conoscere i dettagli
della lotta contro la diga e stabilire una strategia
a “scudo di difesa” e di sostegno internazionale,
che le comunità vogliono raggiungere per garantire
il rispetto dei diritti umani.
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
Non
privatizziamo l’ACQUA: “Vogliono inondare 36 comunità,
17.000 ettari di terreno
Mercoledì 15 marzo 2006
Nell’ambito della celebrazione del Giorno Mondiale
contro le Dighe nel comune di Acapulco, Stato di Guerrero,
Radio Mundo Real ha intervistato Marco Antonio Suasti,
uno dei principali dirigenti del Consiglio di Ejidos
e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota. Il
dirigente ha fornito dettagli concreti sulle conseguenze
che provocherà il progetto idroelettrico, come anche
la lotta contadina di cui fa parte.
Traduzione Cecilia
Silveri, Revisione di Daniela Cabrera progetto Terre
Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
|
NO
alla privatizzazione dell’acqua: Contadini e organizzazioni
sociali messicane denunciano gli impatti della diga
“La Parota”
Mercoledì 15 marzo 2006
Contadini e organizzazioni sociali messicane denunciano
gli impatti della diga “La Parota”
Servizio speciale di Radio Mundo Real
in Messico, nel corso delle attività parallele al
IV Forum Mondiale dell’Acqua.
La centrale idroelettrica “La Parota”,
che il governo messicano progetta di costruire ad
Acapulco, situato nello Stato di Guerrero a sud del
paese, avrà effetti diretti su circa 25.000 persone,
le quali rischiano di perdere le proprie terre poiché
sarebbero inondate dalla cisterna o a causa delle
grandi opere di infrastruttura previste dal progetto.
Coloro che si oppongono al progetto idroelettrico,
il quale ha causato gravi scontri tra i contadini
della zona, si sono raggruppati nel Consiglio di Ejidos
e nelle “Comunità contro la diga “la Parota” (Consejo
de Ejidos y Comunidades Opositoras a la Presa la Parota).
Radio Mundo Real ha contattato questo mercoledì i
rappresentanti delle comunità dello Stato di Guerrero
e alcuni membri di organizzazioni nazionali e internazionali
che appoggiano le proteste contro la centrale “La
Parota”.
Secondo Regina Méndez, membro del Centro messicano
di Studi Sociali e Culturali Antonio de Montesinos,
“La Parota” è un progetto la cui costruzione si prolungherebbe
per ben 30 anni e ci vorrebbero altri tre per riempire
la diga d’acqua.
Méndez spiega che saranno almeno 25.000 le persone
a subire l’impatto diretto della diga, e chiarisce
che non c’è spazio sufficiente dove poter collocare
tutte quelle persone. Secondo le cifre ufficiali,
sarebbero solamente 3.000 le persone colpite dalla
diga, anche se tale numero considera solo coloro che
possiedono titoli di terra, senza contare, per esempio,
tutti i loro familiari che vivono sugli stessi terreni.
Rodolfo Chávez, un rappresentante delle comunità che
verrebbero colpite da “La Parota”, ha spiegato a Radio
Mundo Real che la società statale Commissione Federale
di Elettricità (Comision Federal de Electricidad)
è una delle grandi responsabili della corruzione nel
processo di consulta dei contadini di Acapulco sulla
loro posizione riguardo la diga.
Chávez accusa la Commissione di aver pagato dei contadini
affinché organizzassero assemblee di consulta, considerate
illegali perché non sono state convocate pubblicamente
e perché si sono svolte in luoghi non consueti, e
di aver pagato contadini per comprare direttamente
i voti della popolazione.
La Commissione Federale di Elettricità ha inoltre
chiesto l’organizzazione di assemblee senza avere
il diritto di farlo, spiegano i membri di diverse
organizzazioni che appoggiano i contadini che si oppongono
alle dighe. Le assemblee devono essere citate dai
propri contadini.
Regina Méndez ha dichiarato a Radio Mundo Real che
il Centro di Studi Sociali e Culturali Antonio de
Montesinos ha tenuto un incontro con un membro della
Banca Interamericana di Sviluppo (BID) per sapere
se tale banca finanzierà la diga. Il rappresentante
della banca ha dichiarato, secondo Méndez, che la
costruzione di dighe è il tipo di progetti che si
finanziano; tuttavia, non confermò il finanziamento
de “La Parota” da parte della BID.
La lotta del Consiglio di Ejidos e Comunità contro
la diga “la Parota” ebbe inizio nel 2003 e i contadini
di Acapulco fanno notare che da quell’anno, grazie
alla loro lotta, che comprende blocchi stradali e
manifestazioni non violente, i membri della Commissione
Federale di Elettricità non hanno potuto entrare nei
loro territori.
Rodolfo Chávez non esita ad affermare che il Servizio
dell’Ambiente e delle Risorse Naturali del Messico
non difende i contadini e gli ecosistemi nei quali
vivono, e aggiunge che “La Parota” è uno tra i tanti
progetti di sviluppo dannosi per il popolo messicano
portati avanti dal presidente Vicente Fox.
I contadini del Consiglio di Ejidos e Comunità contro
la diga “La Parota” attendono la visita - prevista
per il 16 aprile - di membri dell’Esercito Zapatista
di Liberazione Nazionale (EZLN), che raggiungeranno
Acapulco nell’ambito di “La Otra Campaña”.
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione
di Daniela Cabrera progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
www.traduttoriperlapace.org |
Resoconto
dal Messico, sede del IV Forum Mondiale sull’Acqua
e delle giornate cittadine a difesa dell’acqua come
diritto dell’uomo
Mercoledì 15 marzo 2006
Nell’ambito della copertura speciale delle giornate
cittadine a difesa dell’acqua e delle attività parallele
al IV Forum Mondiale sull’Acqua nel Distretto Federale
del Messico, l’equipe di Radio Mundo Real si è trasferita
nello Stato di Guerrero, a sud del Paese, per conoscere
le comunità contadine in lotta contro l’istallazione
del progetto idroelettrico La Parota, che colpirà
direttamente 25 mila persone in questa regione.
Fonte della foto: Radio Mundo Real
Traduzione Cecilia Silveri, dei Traduttori per la
Pace.
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Organizzazioni
di tutto il mondo denunciano le dighe idroelettriche
Martedì, 14 marzo 2006
Diverse coalizioni internazionali
e organizzazioni delle popolazioni danneggiate dalle
dighe stanno protestano nell'ambito della "Giornata
internazionale contro le dighe e per la salvaguardia
dei fiumi, dell'acqua e della vita" che si celebra
il 14 marzo.
Gli attivisti denunciano l'impatto negativo delle
attività svolte dalle imprese energetiche multinazionali
e dei loro megaprogetti nel settore idroelettrico,
a causa dei quali migliaia di comunità, che in diverse
parti del mondo vivevano lungo i fiumi, sono state
evacuate.
Essi sostengono che si tratta di impianti energetici
non sostenibili, che riflettono i tentativi di privatizzazione
incoraggiati dal modello neoliberista, e che nella
maggior parte dei casi le popolazioni evacuate non
ricevono alcun indennizzo.
Questa protesta internazionale fu organizzata per
la prima volta nel 1997, in seguito a un incontro
tra le genti colpite dalle dighe che ebbe luogo a
Curitiba, in Brasile.
Oggi diversi Paesi del Centroamerica stanno organizzando
iniziative contro le aziende energetiche spagnole
Fenosa ed Endesa.
Un comunicato dell'Unione dei Movimenti delle Popolazioni
delle Americhe (COMPA, Convergencia de los Movimientos
de Pueblos de las Américas) invita a "rendersi
conto" degli effetti della privatizzazione dell'acqua.
Secondo gli attivisti è necessario "scendere
in strada" per far sì che le imprese "smettano
di saccheggiare" le “nostre risorse naturali”.
Una coalizione di organizzazioni socio-ambientali
dei Paesi membri del Mercosur ha espresso in una dichiarazione
il suo rifiuto dell'Iniziativa per l'integrazione
delle infrastrutture locali del Sudamerica (IROSA,
Integración de la Infraestructura Regional Sudamericana).
Essi sostengono che l'IIRSA "risponde alle stesse
politiche neoliberiste" messe in atto nella regione
negli anni '90.
"Denunciamo e mettiamo in guardia circa la grave
e profonda contraddizione politica dei nostri governi
democratici" si legge nel testo.
Si stima che in tutto il mondo siano in funzione oltre
45.000 dighe idroelettriche e che a causa del loro
impatto sul territorio quasi 100 milioni di persone
siano state evacuate dalle loro abitazioni.
Traduzione di Marina Callegari (revisione
Gianni Tarquini) progetto Terre Madri – Traduttori
Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org |
In
Perù preparano un blocco del settore agricolo
Martedì, 14 Marzo 2006
Alcune organizzazioni contadine del Perù si mobiliteranno
nel corso di questo mese contro i possibili impatti
negativi del Trattato di Libero Commercio (TLC) che
il paese ratificherà con gli Stati Uniti la prima
settimana di aprile, secondo le scadenze fissate dal
presidente Alejandro Toledo.
Una coalizione di associazioni indigene e contadine,
che ha indetto uno “sciopero nazionale rurale” per
i giorni 29 e 30 marzo, ha avvertito che con l’applicazione
del TLC i piccoli produttori saranno esclusi dal mercato
interno.
Sostengono che il Trattato provocherà il trasferimento
obbligato di migliaia di contadini verso le grandi
città e il contemporaneo aumento della “coltivazione
di foglia di coca, del narcotraffico e della corruzione”.
Aggiungono che con la ratifica il governo “consegnerà”
le terre e i “saperi ancestrali” delle comunità a
favore delle multinazionali minerarie, petrolifere
e forestali. L’accordo “intaccherà la nostra sovranità
nazionale”, sottolinea il comunicato.
I contadini mettono sotto accusa le intenzioni del
governo statunitense che vorrebbe “controllare e privatizzare”
tutte le riserve peruviane d’acqua dolce, i boschi
e le risorse energetiche.
I lavoratori concludono che il TLC beneficerà “ un
piccolo gruppo di impresari agroesportatori” del Perù
ma getterà nella miseria “milioni di piccoli proprietari”.
Il presidente Toledo, in visita a Washington la scorsa
settimana, ha assicurato che il suo omologo statunitense,
Gorge W. Bush, si è “compromesso” per far approvare
l’accordo commerciale.
Toledo ha affermato che è compito del suo governo
“iniziare le pressioni” per forzare la firma del documento
davanti alla camera dei rappresentanti degli USA.
Con informazioni di: Altercom
Traduzione di Gianni Tarquini
, revisione di Nadia Angelucci, progetto TERRE MADRI
– TRADUTTORI PER LA PACE – RadioMUndoReal www.terremadri.it
www.traduttoriperlapace.org
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Le
Organizzazioni della Georgia si mobilitano contro
la diga della Banca Mondiale
Martedì, 14 marzo 2006
Gli abitanti della Georgia contro
la diga della Banca Mondiale
L’Associazione Alternativa Verde e
la CEE Bankwatch hanno organizzato un dibattito per
mobilitare la società georgiana contro il progetto
di costruzione della centrale idroelettrica da 700
MW di Khudoni, tramite una joint venture tra lo stesso
Stato della Georgia e la Banca Mondiale.
Il costo dell’ opera, che verrà realizzata nella regione
dell’Alto Svaneti, sarà di almeno 500 milioni di dollari.
La Banca Mondiale ha aperto le trattative per il progetto
con il governo georgiano sin dall’estate del 2005.
La scorsa settimana ci si è accordati per dare al
governo della Georgia 5 milioni di dollari per l’assistenza
tecnica. Secondo Alternativa Verde/ CEE Bankwatch,
circa 2 milioni di quella somma sarebbero necessari
per i lavori preparatori.
“E preoccupante il fatto che il nuovo governo, salito
al potere nel 2003 dopo la rivoluzione, porti avanti
‘questo vecchio progetto distruttivo’ senza nessuna
consultazione aperta agli abitanti della Georgia.
Sembra che il nostro governo e la Banca Mondiale siano
riuscite a dimenticare che la sicurezza degli approvvigionamenti
energetici è il risultato di due fattori: la fornitura
di energia e la possibilità di accedere alle fonti
energetiche. Oggi i georgiani faticano a pagare 5-6
centesimi di dollaro USA al kWh, qualcuno ha chiesto
loro come faranno a pagare tariffe energetiche superiori
se la produzione aggiuntiva verrà esportata fuori
dal paese?” sostiene Manana Kochladze, di Alternativa
Verde/CEE Bankwatch Network.
Il gruppo denuncia il governo della Georgia per non
consultare la popolazione e per non prendere in considerazione
alternative alla diga. Il Piano di Sicurezza fornito
dalla Banca non fornisce garanzie chiare che la costruzione
della diga verrà sottoposta a un’adeguata valutazione
ambientale, anche se la giurisdizione internazionale
reclama studi ambientali strategici come alternative
a progetti grandi come quello della centrale di Khudoni.
La realizzazione dell’opera di Khudoni nella regine
dell’Alto Svateni, è stata bloccata dagli ambientalisti
nei primi anni 90 a causa dei potenziali rischi, soprattutto
per le comunità che all'epoca si sarebbero dovute
insediare altrove. Da un punto di vista ambientale,
la regione è considerata uno degli ecosistemi montani
più belli del Caucaso.
Il gruppo sostiene che il governo sta tentando di
pubblicizzare il progetto come “Pietra miliare per
la sicurezza energetica“, ma la Banca Mondiale la
considera in termini di potenziali esportazioni verso
i paesi vicini.
Secondo quanto trapelato da un documento della Banca
Mondiale, il costo del progetto sarebbe di almeno
780 milioni di dollari e porterebbe a un incremento
delle tariffe di 4 centesimi di dollaro al kWh (l’attuale
tariffa è di 6-7 centesimi di dollaro), e il ritorno
economico sarà pari solo al 5 per cento.
Traduzione di Monica Ciurluini, progetto
Terre Madri - Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
La
Banca Mondiale consiglia di privatizzare l'energia
eolica
Lunedì 13 marzo 2006
Un gruppo di ricercatori messicani
ha denunciato un "insolito interesse" del
governo del Messico e della Banca Mondiale nel promuovere
l'uso dell'energia eolica, e ha messo in guardia sul
fatto che diverse aziende energetiche transnazionali
hanno già espresso l'intenzione di sfruttare questa
risorsa.
Secondo i ricercatori, i progetti al confine tra Stati
Uniti e Messico vengono "promossi" con l'obiettivo
di esportare negli USA la cosiddetta "energia
verde".
Víctor Rodríguez, un esperto sui temi dell'energia,
ha dichiarato che le aziende private si stanno preparando
a entrare in questo mercato e motivano la loro decisione
con il "sottoutilizzo delle potenzialità"
delle risorse eoliche messicane.
Secondo questo esperto le imprese transnazionali mirano
allo sfruttamento di questa risorsa per poi fornirla
alla Commissione federale per l'elettricità che ne
gestirà la distribuzione.
Rodriguez ha dato per certo che alcuni rappresentanti
della BM abbiano già contattato le imprese che sarebbero
interessate a mettere in funzione degli aerogeneratori
in Messico, come Endesa, Iberdrola, General Electric
Wind, ABB ed Electricidad de Francia.
Ha poi aggiunto che l'organismo multilaterale "utilizza"
gli enti governativi per spianare la strada al settore
privato e per promuovere l'apertura dei mercati.
Nel 2005 la BM ha presentato al governo messicano
un progetto per lo "sviluppo su ampia scala delle
fonti di energia rinnovabile in Messico" che
secondo i ricercatori mira alla privatizzazione dell'energia
eolica.
La BM assicura che la realizzazione di questo progetto
"comporterà immensi vantaggi" come la protezione
dell'ambiente, l'incremento dell'offerta, la creazione
di posti di lavoro e la lotta alla povertà, ma i ricercatori
sostengono che la BM aspira ad aprire i mercati alle
società energetiche transnazionali che sono interessate
a fare "grandi affari" con le risorse messicane
"sottoutilizzate".
Fonti: La Jornada
Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per
la Pace (rev. Gianni Tarquini) Progetto Terre Madri
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Asia:
i giapponesi rifiutano l’ampliamento di una base militare
statunitense
Lunedì 13 marzo 2006
Stazione aerea del Corpo della Marina
di Iwakuni
Gli abitanti della città di Iwakuni
– situata nel sud-est del Giappone, a 600 miglia dalla
capitale Tokio, e base della Stazione Aerea del Corpo
dei Marine statunitensi - hanno tenuto un referendum
domenica scorsa, attraverso il quale si sono espressi
contro l’allargamento della base militare.
Benché il voto non sia vincolante per le decisioni
politiche, il risultato può complicare i piani di
entrambi i paesi per ricollocare 50 mila militari
statunitensi in Giappone entro la fine di questo mese.
La resistenza è venuta dalla stessa comunità, la quale
è preoccupata per “il rumore, gli incidenti e il crimine”
associati alle basi statunitensi. Più di 43 mila abitanti
di Iwakuni hanno votato al referendum e solamente
5 mila si sono pronunciati favorevoli all’ampliamento,
secondo quanto riportato dai funzionari locali.
Questi progetti fanno parte della strategia globale
di Washington per espandere le proprie basi militari
nel mondo. Iwakuni si trova a 350 miglia dal confine
tra Corea del Nord e Corea del Sud, posizione chiave
per gli Stati Uniti.
Funzionari giapponesi hanno annunciato lunedì che
cercheranno un accordo con gli Stati Uniti in merito
alla ricollocazione delle forze armate americane nel
paese, dopo che il referendum ha pesantemente respinto
questi progetti.
Secondo il quotidiano Yomiuri Shimbun, il governo
giapponese sta considerando di collaborare con gli
Stati Uniti in questo progetto di riorganizzazione
e incremento della presenza militare a causa delle
pressioni che gli stessi Stati Uniti esercitano nella
regione in materia di sicurezza, come per esempio
lo sviluppo nucleare della Corea del Nord e la crescita
militare della Cina.
Il governo non è obbligato a cambiare parere per via
del referendum, anche se il risultato dello stesso
è superiore di quasi un 10 per cento al 50 per cento
richiesto per essere considerato valido.
“Questa è la voce del popolo” ha dichiarato il sindaco
di Iwakuni, Katsusuke Ihara, a una stazione televisiva
giapponese, dopo il referendum. “Non è mio diritto
esprimere commenti su questioni nazionali come la
sicurezza; tuttavia, è naturale che il popolo di Iwakuni
si esprima in merito ad aspetti che hanno un impatto
sulle loro vite”, ha aggiunto.
La reazione degli abitanti di Iwakuni ha causato contrasti
in altre zone del Giappone, come per esempio l’isola
di Okinawa, dove risiedono la maggior parte delle
truppe statunitensi. Il governatore di Okinawa ha
espresso domenica la propria opposizione alla costruzione
di un eliporto dei marines all’interno dell’attuale
base.
Fonti: www.alertnet.org
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione
di Gianni Tarquini
progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Manifestazioni
contro il Fondo Monetario Internazionale (FMI) chiedono
il suo ritiro dai paesi poveri.
Lunedì, 13 marzo 2006
Il governo boliviano ha comunicato al Fondo Monetario
Internazionale (FMI) il non rinnovo dei programmi
di sovvenzione che scadono il 31 Marzo prossimo, secondo
quanto confermato la settimana scorsa dal portavoce
dell’agenzia multilaterale Thomas Dawson.
Dawson ha detto alla stampa americana che “apparentemente”
la Bolivia non ha più bisogno delle risorse del FMI,
il che rappresenterebbe un ulteriore caso di paese
latinoamericano che interrompe “i rapporti formali
di sovvenzione”. Il funzionario ha affermato che la
decisione boliviana “non significa” che questo paese
stia seguendo le orme del Brasile e dell’Argentina,
che negli ultimi mesi hanno cancellato i loro debiti
con l’agenzia, ma piuttosto che la “situazione favorevole”
della Bolivia sembra indicare che “non ci sia bisogno
di nuovi aiuti”.
La Bolivia porta avanti dal 2003 un programma di sovvenzioni
“stand-by” con il FMI, il quale fissa il montante
della sovvenzione a seconda del rendimento strutturale
ed economico di ogni paese.
Mediante questo tipo di accordo il FMI presta denaro
con tasse d’interesse inferiori a quelle del mercato
finanziario privato; in cambio i debitori devono compromettersi
a realizzare certi criteri di rendimento economico
e certe riforme strutturali.
Secondo informazioni di alcuni funzionari del governo
boliviano, presieduto da gennaio dal leader indigenista
Evo Morales, il momento di prosperità vissuto dall’economia
nazionale permette di “rompere i legami” con il FMI.
Il ministro dell’Economia boliviano, Luis Alberto
Arce, ha dichiarato che il finanziamento di cui il
paese ha bisogno è basso, perciò non giustifica un
nuovo accordo. Secondo quanto affermato dal ministro,
malgrado il mancato rinnovo, la Bolivia continuerà
a far parte del FMI, senza che però le autorità le
autorità di questa agenzia possano continuare ad “esercitare
pressioni” sul governo boliviano. Il funzionario ha
concluso dicendo che il paese disporrà di maggior
autonomia nello stabilire la sua politica economica.
Fonte: Reuters Argenpress
Traduzione Daniela Cabrera, rev. Martino
Lo Bue dei Traduttori per la Pace.
Progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace - RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org
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Riunione
della FAO sulla riforma agraria termina con nuove
promesse
Lunedì, 13 marzo 2006
La II Conferenza Internazionale per
la Riforma Agraria e lo
Sviluppo Rurale, organizzata dalla Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'Agricoltura e
l'Alimentazione (FAO) e svoltasi la settimana scorsa
a Porto Alegre, è terminata senza grandi progressi
nell'ottica dei movimenti sociali rurali.
Parallelamente alla Conferenza della FAO, si è svolto
il Foro "Terra, Territorio e Dignità", convocato
da organizzazioni e movimenti rurali attivi nella
lotta per la terra e riuniti nel Comitato Internazionale
di Pianificazione per la sovranità alimentare.
Questo Foro ha riunito piccoli agricoltori e contadini
senza terra, pescatori artigianali, delegazioni di
comunità indigene e rappresentanti di organizzazioni
che appoggiano la lotta dei movimenti contadini, provenienti,
in tutto, da 67 Paesi diversi.
Il bilancio presentato dai movimenti che hanno partecipato
al Foro ha sottolineato che fino ad oggi "gli
Stati e il sistema internazionale sono stati incapaci
di sconfiggere la povertà e la fame nel mondo".
A tale riguardo, i movimenti hanno lanciato un appello
ai governi e alla FAO affinché si impegnino in maniera
concreta in un processo di riforma agraria integrale
con sovranità alimentare, che garantisca ai contadini
"accesso e controllo effettivi delle risorse
naturali e produttive per l'esercizio dei nostri diritti
umani". D'altro canto, nella Conferenza ufficiale
della FAO i progressi concreti sono stati estremamente
modesti.
Uno di questi piccoli progressi è rappresentato dalla
decisione di creare una rete di organismi e di uffici
governativi che si occupino degli aspetti relativi
alla terra e alla riforma agraria, che
raggiungerà 14 Paesi dell'America Latina.
Un altro successo ancora più modesto è stato descritto
da Flavio Perri, ambasciatore del Brasile presso la
FAO, il quale ha dichiarato all'agenzia stampa Carta
Maior che la Conferenza è riuscita a far si che la
tematica della riforma agraria tornasse ad essere
considerata di primaria importanza per la comunità
internazionale. I progressi più concreti saranno monitorati
a novembre, quando la FAO organizzerà la sua riunione
annuale.
Tradotta da Loredana Stefanelli
(rev. Gianni Tarquini); Progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace - RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org
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Denunciate
violenze da parte di una impresa forestale in Honduras
Lunedì, 13 marzo 2006
Gruppi ambientalisti denunciano la compagnia forestale
Sanzone per l'utilizzo di “squadroni di sicari armati”
per sfruttare in “forma indiscriminada e impune” i
boschi nel dipartimento di Olancho, nell'est dell'Honduras.
Un comunicato del Movimento Ambientalista di Olancho
assicura che gruppi armati finanziati dall'impresa
“minacciano in maniera costante” le comunità che si
oppongono al disboscamento illegale.
Il testo della denuncia sottolinea che i funzionari
della Corporación Hondureña de Desarrollo Forestal,
compagnia statale, giustificano la “deforestazione
indiscriminata” mettendo così in luce “l'immensa corruzione
e il traffico di servigi” tra lo Stato e il settore
forestale.
Gli attivisti avvertono che se non si trova una soluzione
a questo conflitto è “molto probabile” un aumento
della violenza, considerando che molti abitanti del
posto sono disposti a proteggere le aree silvestri
e a lottare contro la deforestazione.
Ramón Custodio, uno degli attivisti, sostiene che
la produzione illegale di legno in Honduras è “allarmante”,
e provocherà la scomparsa dei boschi nativi.
Custodio ha aggiunto che il contrabbando di legno
honduregno, il cui principale sbocco commerciale è
il mercato statunitense, provoca una perdita annuale
di 18 milioni di dollari per il paese.
C'è da aggiungere che un'indagine elaborata da un
consorzio di organizzazioni ambientaliste degli Stati
Uniti assicura che il traffico illegale di legno con
il paese centroamericano è possibile grazie alle “continue
corruzioni, abusi e frodi” delle autorità di questo
paese.
La stessa indagine, che è stata divulgata dall'agencia
Prensa Latina, indica che il commercio illegale del
legno è collegato al narcotraffico e al lavaggio di
denaro.
Con informazioni da: Prensa Latina
; Tierramérica.
Traduzione di Gianni Tarquini
progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal
www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org
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No
alla privatizzazione dell’ACQUA. Radio Mundo Real
nelle Giornate cittadine in difesa dell’Acqua- Messico
DF.
Sabato,
11 Marzo 2006.
Parallelamente al IV Forum Mondiale
dell’Acqua che avrà luogo tra il 16 e il 22 Marzo,
diverse organizzazioni e movimenti sociali di tutto
il mondo realizzeranno una serie di attività, incontri,
seminari e giornate di dibattito in difesa dell’acqua
in quanto diritto umano e contro la sua privatizzazione
in qualsiasi contesto.
Fin dalla sua fondazione, il Forum Mondiale dell’Acqua
è un’organizzazione che ha per fine l’aumento dei
profitti delle grande aziende e multinazionali che
operano globalmente nel business dell’acqua, aggravando
sistematicamente l’accesso di milioni di persone a
questo diritto umano.
Il IV Forum avrà luogo in America Latina, regione
dove la privatizzazione ha già fatto i suoi danni.
Malgrado ciò, diverse mobilitazioni sociali nel continente
sono riuscite a far arretrare le privatizzazioni,
sconfiggendo la Banca Mondiale, il Consiglio Mondiale
dell’Acqua, l’Associazione Mondiale dell’Acqua, le
multinazionali Suez e Bechtel. Per questa ragione,
le giornate cittadine in difesa dell’Acqua sono particolarmente
importanti nella lotta contro la privatizzazione dell’acqua
e delle risorse naturali. Ai popoli la parola.
Traduzione Daniela Cabrera,
rev. Martino Lo Bue dei Traduttori per la Pace.
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 4 AL 10 MARZO 2006
|
Progetto
per lo sfruttamento dell’energia solare in Botswana
per 88 villaggi
Venerdì, 10 marzo 2006
Un progetto per lo sfruttamento dell’energia solare
fornirà energia elettrica a circa 88 villaggi nelle
aree rurali del Botswana, dalla metà del 2006. Il
progetto intende migliorare l’accesso all’energia
nelle aree meno sviluppate e promuovere l’uso di energie
rinnovabili.
Il governo ha annunciato che il progetto sarà finanziato
dal programmma dell’ONU per lo sviluppo, (UNDP), dalla
azienda elettrica Botswana Power Corporation (BPC)
e dall’Agenzia Giapponese per la Cooperazione Internazionale.
Il progetto fornirà energia solare a piccole comunità
non in grado di allacciarsi alla rete elettrica nazionale
nel breve termine. Due dei requisiti necessari per
essere inclusi nel progetto sono le dimensioni e la
localizzazione dei villaggi.
I villaggi devono distare oltre 15 km dalla rete elettrica
più vicina, ed avere un numero di abitazioni compreso
tra 250 e 1.200.
Anche villaggi di dimensioni minori potranno fruire
dell’energia solare. Il progetto prevede la fornitura
di un pacchetto comprendente un pannello solare, una
serie di batterie, e un sistema per la produzione
di acqua calda e per cucinare. Si potrà in questo
modo evitare l’uso di risorse energetiche quali petrolio,
gasolio o legno.
L’UNDP è convinto che esistono grandi potenzialità
per l’enegia solare in Botswana, grazie alla sua posizione
geografica., giacchè riceve oltre 3.200 ore di sole
all’anno. L’energia solare può assumere un ruolo chiave
nella produzione dell’energia e nello sviluppo sostenibile,
senza dover ricorrere a fonti di energia fossili.
Nelle aree rurali, l’energia solare ha dimostrato
di essere un sistema più economico ed efficiente rispetto
all’attuale fornitura attraverso la rete e alle grandi
centrali termo e idroelettriche, inquinanti e con
un notevole impatto sia sulla comunità che sull’ambiente.
Fonti:
http://www.undp.org/ http://allafrica.com/
Traduzione di Giuseppina Vecchia – progetto Terre
Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Preparativi
in occasione della Giornata internazionale contro
il razzismo
Venerdì 10 marzo 2006
Il 21 marzo si celebrerà la Giornata
Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione
Razziale,proclamata dall’Organizzazione delle Nazioni
Unite(ONU) nel 1966. In diverse parti del mondo si
organizzeranno iniziative per commemorare questa data.
Il Servizio Gesuita per Rifugiati e Migranti della
Repubblica Dominicana ha intrapreso giovedì una campagna
contro il razzismo e contro tutte le forme di discriminazione,
con l’obiettivo di rendere i cittadini consapevoli
dell’importanza di vivere in un clima di pace, rispetto,
tolleranza e riconoscimento dei diritti umani.
Lo slogan della campagna, che terminerà il 21 marzo,
recita: “Per un mondo multiculturale e senza discriminazione:
celebriamo la diversità”.
Secondo quanto riporta il mezzo di informazione dominicano
Hoy Digital, il direttore gesuita Mario Serrano ha
spiegato che la campagna cercherà di risaltare l’importanza
dell’eredità culturale africana nel creare l’identità
dominicana.
L’organizzazione internazionale SOS Razzismo sta organizzando
una campagna di raccolta di ritratti fotografici di
persone per realizzare un muro che mostri mille immagini
e per dire “no” al razzismo e alla xenofobia.
L’organizzazione invita la popolazione di tutto il
mondo a procurarsi una fotografia e inviarla per posta
o attraverso Internet alla propria sede centrale in
Spagna.
II 21 marzo del 1960, Mangaliso Sobukwe, un dissidente
del Congresso Nazionale Africano e fondatore del Congresso
Panafricano, promosse una manifestazione di protesta
contro la Legge sui lasciapassare introdotta dagli
olandesi e dagli inglesi ed entrata in vigore nel
1908 per gli uomini e nel 1958 per le donne.
Scopo della legge era quello di controllare gli spostamenti
fisici della popolazione nera. La legge, infatti,
obbligava la popolazione nera (l’83 per cento dei
sudafricani) a portare con sé una sorta di lasciapassare
quando si allontanavano dalla proprietà del proprio
padrone. Questo lasciapassare conteneva dati personali
quali luogo di residenza, di lavoro e un permesso
per poter uscire da quei confini.
Una persona che veniva sorpresa sprovvista di questo
lasciapassare era come se avesse commesso un grave
delitto, con arresto, processo e carcere.
Nel corso delle manifestazioni del 21 marzo del 1960
nella località di Shaperville, nei pressi di Johannesburg,
una delle città più importanti di tutto il Sudafrica
situata nel nord del paese, la polizia aprì il fuoco
contro la folla disarmata. Nella sparatoria morirono
un centinaio di persone e altrettante rimasero ferite.
Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione
di Ermanno Geronzi progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
- www.traduttoriperlapace.org |
In
Cile si preparano le mobilitazioni contro Endesa
Venerdi' 10 Marzo 2006
Questo fine settimana, alcuni gruppi
ambientalisti cileni protesteranno contro la costruzione
di quattro nuove dighe idroelettriche nella regione
meridionale di Aysén, un progetto promosso dalla compagnia
multinazionale energetica Endesa.
I portavoce della compagnia hanno però messo in evidenza
come la realizzazione di queste opere sia "estremamente
necessaria". La Endesa investirà circa 2.500
milioni di dollari in queste dighe che saranno costruite
sopra i fiumi Baker e Pascua.
Il presidente della multinazionale spagnola Luis Rivera
Novo ha difeso il progetto di Aysén ed ha dichiarato
che le centrali idroelettriche, che rappresentano
la principale fonte di energia in Cile, saranno la
chiave per "la necessaria autonomia energetica"
del Paese. Ha inoltre aggiunto che queste opere godono
dell'appoggio del governo cileno e rappresentano "un'ulteriore
dimostrazione dell'impegno responsabile e continuo
di Endesa nello sviluppo energetico del Cile".
Rivera Novo ha assicurato che la compagnia "agirà
con la responsabilità di sempre" e che applicherà
i "più elevati standard" di qualità e controllo.
Ha poi aggiunto che "presteremo particolare attenzione
a quegli aspetti relativi alla salvaguardia e al rispetto
dell'ambiente e della comunità".
Tuttavia, i gruppi ecologisti avvertono che i bacini
delle quattro dighe inonderanno circa 5.600 ettari
di aree a vocazione turistica e zootecnica.
Le azioni di protesta, organizzate dalle popolazioni
che ne saranno colpite, si realizzeranno nella cornice
del Giorno Internazionale Contro le Dighe che si festeggia
ogni 14 marzo.
Gli organizzatori hanno dichiarato che l'obiettivo
della protesta è quello di mostrare una "ferma
opposizione" all'attività dell'Endesa, da loro
considerata "neocolonialista".
Con informazioni tratte da: El Mercurio
, La Nación .g.cl
Traduzione di Loredana Stefanelli
– Revisione di Ermanno Geronzi – Progetto Terre madri
–
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
– www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Iniziano
in Brasile i discorsi dell’ONU sul commercio mondiale
degli alimenti geneticamente modificati
Venerdì, 10 marzo 2006
Nnimmo Bassey, coordinatore internazionale
della campagna contro gli OGM degli Amici della Terra
Stanno per iniziare a Curitiba, nello stato del Parana
in Brasile, i discorsi delle Nazioni Unite sul commercio
mondiale degli alimenti geneticamente modificati (OGM).
Il Parana è l’unico stato in Brasile dove il governo
locale proibisce la coltivazione di colture OGM.
Una delle principali discussioni a Curitiba sarà l’“identificazione
ed etichettatura” dei prodotti OGM importati, in particolare
nei paesi in via di sviluppo. Le aziende multinazionali
di biotecnologia si sono opposti a che si identifichino
chiaramente i loro prodotti, tuttavia la maggior parte
dei paesi sviluppati richiede queste etichette, soprattutto
in Europa.
“Questi discorsi sono la chiave per proteggere l’ambiente
e la scorte di cibo del mondo dalla contaminazione
dell’industria della biotecnologia. Ogni paese dovrebbe
avere il diritto di sapere cosa importa e decidere
se vuole o no mangiare alimenti geneticamente modificati.
I paesi dell’Africa e ed altri paesi in via di sviluppo
non saranno la discarica delle colture geneticamente
modificate che nessun altro vuole” dice Nnimmo Bassey,
coordinatore internazionale della campagna contro
gli OGM degli Amici della Terra.
Secondo Bassey, “senza una chiara etichettatura i
paesi in via di sviluppo con le loro limitate risorse
non saranno in grado di proteggere le proprie scorte
alimentari ed il proprio ambiente dalla contaminazione
dei prodotti OGM”.
Inizialmente accordato nel 2000, il Protocollo di
Biosicurezza dell’ONU stabilisce le regole basi internazionali
che “permettono principalmente ai paesi in via di
sviluppo di regolamentare la sicurezza degli alimenti,
delle colture e dei semi geneticamente modificati”.
Il protocollo è stato ratificato da 132 paesi. Ironicamente,
i tre maggiori paesi produttori di colture OGM del
mondo – gli Stati Uniti, l’Argentina e il Canada,
dove si concentra più dell’80% dell’area coltivata
con colture OGM, devono ancora firmarlo.
Lo scorso giugno, in un analogo incontro che si è
tenuto a Montreal, in Canada, questa ospite dell’anno,
il Brasile, insieme con la Nuova Zelanda, ha sorpreso
il mondo sostenendo la proposta degli Stati Uniti
di non etichettare le spedizioni di cereali.
“Quello che è successo a Montreal lo scorso anno è
stato uno shock per moltissimi paesi, poiché nessuno
si aspettava che il Brasile prendesse posizione a
sostegno degli Stati Uniti, per quanto riguarda il
non richiedere l’identificazione della spedizione
di alimenti OGM, “ha detto Bassey all’RWR. “Ma,” ha
aggiunto, “se ci pensi, il Brasile ha una gran quantità
di suolo coltivato con soia geneticamente modificata”.
Le colture OGM hanno celebrato il loro decimo anniversario,
eppure non si sono osservati benefici per i consumatori
né per l’ambiente.
Quando gli abbiamo chiesto cosa si aspettava dall’incontro
di Curitiba, Bassey ha aggiunto ancora “abbiamo solo
la speranza che i paesi che si incontreranno faranno
la cosa giusta. Ma stando a ciò che abbiamo visto
nei passati incontri, non ci aspettiamo veramente
un gran che. Speriamo solo che ciò che è accaduto
l’anno scorso in Canada non si ripeta. Speriamo anche
che il Brasile per esempio si sveglierà e sarà più
responsabile”.
Traduzione di Elena Tagliata
– progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Donne
indigene ecuadoriane manifestano davanti l’ambasciata
degli Stati Uniti
10 Marzo 2006
Le donne appartenenti alla Confederación
de los Pueblos de Nacionalidad Kichwa dell’Ecuador
(ECUARUNARI) hanno celebrato la giornata internazionale
della donna realizzando una marcia nella capitale
del paese, Quito, durante la quale hanno manifestato
il loro rifiuto della guerra e la difesa della vita.
Le esponenti di ECUARUNARI, appartenenti anche alla
Confederación de Nacionalidades Indígenas de Ecuador
(CONAIE), hanno concluso la marcia davanti all’ambasciata
deglii Stati Unititi, per sottolineare la loro opposizione
nei confronti del Trattati di Libero Commercio (TLC)
che l’Ecuador sta negoziando con lo stato nordamericano.
Le donne indigene chiedono, inoltre, l’uscita della
compagnia petrolifera statunitense Occidental Petroleum
dell’ Ecuador. Hanno manifestato anche contro il Plan
Colombia, strategia militare statunitense – colombiana
per combattere il traffico di droga nello stato sudamericano.
Il Plan Colombia preoccupa le indigene dell’Ecuador
anche per l’erbicida che viene sparso, via aerea,
sulle coltivazioni di coca e di papaveri da oppio
nei pressi del confine tra i due Stati andini. L’erbicida
può causare gravi danni alla salute umana.
Gli sconfinamenti dei militari colombiani in Ecuador,
causati dal conflitto armato che vive la Colombia,
sono altro motivo di controversie diplomatiche e hanno
messo in pericolo la vita degli indigeni e dei contadini
ecuadoriani che vivono vicino alla frontiera.
Le manifestanti sono arrivate a Quito da diverse province
del paese, come quella di Pichincha, la stessa della
capitale, Esmeraldas e Carchi, dell’estremo nord,
Tungurahua e Bolívar, situate al centro dell’Ecuador,
e Loja, al sud.
Le indigene sono state accompagnato da organizzazioni
e movimenti di donne che vivono nelle zone urbanizzate
del paese.
Il comunicato di ECUARUNARI riporta le parole della
leader indigena Blanca Chancoso: “.. in questo giorno
speciale perché giornata delle donne, uniamo la nostra
voce a quella delle donne e madri del mondo, perché
noi vogliamo la vita e con la petizione consegnata
all’ambasciata americana (...) stiamo chiedendo che
le truppe nordamericane lascino l’Irak”.
“Per l’ Ecuador esigiamo che venga demilitarizzata
la nostra frontiera con la Colombia, perché rifiutiamo
il Plan Colombia, non vogliamo il TLC, vogliamo la
vita e un Ecuador sovrano e degno”, ha aggiunto Chancoso.
Un’altra dirigente ECUARUNARI, Concepción Lagua, ha
espresso: “non vogliamo più essere colpite, calpestate,
maltrattate, così come accade in questi giorni, con
il presidente transitorio Alfredo Palacio che ha decretato
lo stato di emergenza in alcune province dell’Amazzonia,
che reclamano i loro giusti diritti. Lui è il responsabile
di tutti gli ecuadoriani e non colui che ordina i
maltrattamenti”.
“Finora Palacio ci ha dato povertà, fame, discriminazione,
invece di rifondare il paese come ci promise il passato
20 di aprile del 2005, in realtà lo ha fatto naufragare
nella miseria” ha concluso la rappresentante indigena.
Traduzione di Gianni Tarquini progetto
Terre Madri – Traduttori per La Pace – RadioMundoReal
www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org |
Giornata
internazionale della donna celebrata in India e Pakistan:
reclamata la parità dei diritti
Giovedì 9 marzo 2006
La giornata internazionale della donna è stata celebrata
mercoledì in tutto il mondo da donne di diversa estrazione
economica, sociale, etnica, linguistica, culturale
e politica.
Nonostante il movimento femminista – nato un secolo
fa come rivendicazione dell’uguaglianza e della giustizia
per l’universo femminile – abbia registrato notevoli
progressi dalla propria fondazione, le donne di tutto
il mondo concordano sul fatto che la strada da fare
è ancora tanta.
Per celebrare questa giornata, migliaia di donne pakistane
hanno manifestato in favore della libertà e della
parità dei diritti, così pure per porre fine alle
leggi discriminatorie, soprattutto nei casi di violenza
carnale. Dall’altra parte, in India, oltre a cortei
e conferenze, due donne prigioniere sono state rilasciate.
Le donne hanno celebrato la propria giornata in India
e Pakistan, esigendo parità di diritti.
Tradotto da Arianna Ghetti, Revisione
di Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace –
Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Giorno
Internazione della Donna: manifesto delle donne ecuadoriane
Giovedì 9 marzo 2006
Manifesto delle donne ecuadoriane
Per un Paese sovrano, senza povertà e violenza.
La celebrazione di questo 8 marzo
coincide con una congiuntura decisiva per il Paese,
nella quale si coniugano gli impegni per l’imposizione
del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti
d’America e le pressioni per coinvolgerci in un conflitto
con i paesi vicini, il Plan Colombia.
Un anno fa esprimevamo la nostra esigenza di essere
consultate riguardo il TLC. Pensavamo che il governo
di allora fosse il meno legittimo a portare avanti
i negoziati e a stringere accordi ostili in nome di
tutto il Paese. Il cambio di governo, frutto della
rivoluzione fuorilegge, si è basato su un impegno
che, tra gli altri punti, dava la priorità alla consultazione
sul TLC. Tale impegno è stato messo da parte e oggi
si pretende di sottomettere il Paese ad uno strumento
la cui vera portata mette a rischio la nostra esistenza
come Stato e popolo sovrani, bloccano processi di
autentica integrazione ed annullano le possibilità
di sviluppo, portando all’estremo un modello di depredazione
economica, sociale, culturale ed ambientale.
La nostra situazione come attrici economiche in costante
svantaggio, come cittadine con diritti pendenti, ci
preoccupa per l’impatto che può avere sulle donne
questo Trattato, che viene promosso con offerte ingannevoli
di allargamento dei mercati. In questo modo:
- nelle campagne e nelle città verranno
eliminate unità produttive medie e piccole – giustamente
quelle che presentano una maggiore concentrazione
di donne. Aumenterà drammaticamente l’espulsione della
forza lavoro, che alimenta le migrazioni dalla campagna
alle città e verso i Paesi del nord. I “nuovi” posti
di lavoro saranno pochi e precari, provocando una
flessibilità del lavoro regressiva, secondo il modello
“maquila” che non riconosce i diritti delle donne.
- l’appropriazione privata, attraverso
i brevetti, del patrimonio collettivo generato nei
secoli soprattutto dalle donne indigene e contadine
(sementi, artigianato, pratiche di coltivazione) provoca
un’espropriazione abusiva con effetti letali sulle
capacità produttive, la sovranità alimentare e la
qualità della vita. Allo stesso tempo, nuove esigenze
di brevetti farmaceutici, a scopo di lucro, vanno
a contraddire gli accordi di Doha che garantiscono
la produzione di medicine di base.
- Preoccupa soprattutto la privatizzazione
di risorse strategiche, quali le fonti d’acqua e le
lande, che saranno gestiti come una qualsiasi merce,
lo stesso accadrà per i servizi fondamentali (acqua,
luce, telecomunicazioni, istruzione e sanità); ciò
provocherà ulteriori esclusioni e privazione di diritti,
in particolare alle donne, obbligate a pagare per
tutto e ad incrementare il carico di lavoro per la
produzione e la cura di famiglie e comunità.
- il TLC imporrà una normativa superiore
alla Costituzione, alla legislazione e alle istituzioni
pubbliche. In questo modo, lo Stato ecuadoriano non
potrà dettare politiche sovrane e lavorare in questo
ambito a favore della parità dei sessi.
- l’agenda “commerciale” del TLC è
coniugata ad un’agenda di sicurezza e militare, enorme
minaccia per la pace e la democrazia, con costi sempre
maggiori per le donne.
Per tutto questo, nel Giorno Internazionale
della Donna torniamo a presentare la nostra richiesta
di consultazione democratica sul TLC e l’esigenza
di una politica salda e sovrana per eliminare la Base
di Manta e non entrare nel Plan Colombia. Uniamo le
nostre voci a quelle di tutte le donne del mondo per
dire, in questo giorno, NO ALLA GUERRA e chiedere
di porre fine all’invasione dell’Iraq.
NO AL TLC CON GLI STATI UNITI. NO
AL PLAN COLOMBIA
NO ALLA GUERRA!
Donne della Confederazione dei Popoli
delle Nazioni Kichwa del Ecuador (ECUARUNARI) – Confederazione
delle Nazionalità Indigene del Ecuador (CONAIE)
Rete di Donne per la Trasformazione dell’Economia
(REMTE)
Marcia Mondiale delle Donne – Ecuador
FEDAEPS
Traduzione di Cecilia Silveri, revisione
Daniela Cabrera- progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace - Radiomundoreal
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I
governi arabi limitano la libertà di espressione in
rete
Giovedì 9 marzo 2006
I governi di Egitto, Tunisia e Arabia Saudita stanno
bloccando diverse pagine Internet che si occupano
di questioni sociali e politiche, e che offrono una
piattaforma per favorire il libero dibattito. In meno
di una settimana, la pagina Internet www.masreyat.org
è stata bloccata in Egitto e i responsabili del famoso
sito di discussione saudita www.rezgar.com hanno ricevuto
minacce di eventuali azioni legali. Un uomo d’affari
saudita li accusa di diffondere pubblicazioni
inaccettabili riguardanti i musulmani.
I tre governi hanno anche bloccato l’accesso a numerosi
siti Internet nei quali scrittori, giornalisti e il
popolo arabo in generale trovano spazio per criticare
i propri governi autoritari e per discutere tematiche
ignorate dalle loro società, come per esempio i diritti
delle donne, la secolarizzazione, la libertà di stampa
e la disuguaglianza economica.
Tradotto da Arianna Ghetti, Revisione
di Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
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Indigeni
colombiani denunciano essere immobilizzati dai campi
minati
Giovedì 9 marzo 2006
L’Associazione delle Giunte Indigene
embera, wounaan, katio, chami e tule del dipartimento
colombiano di Chocó e la Commissione Vita, Giustizia
e Pace della Diocesi di Quibdó, hanno denunciato la
grave situazione in cui si trovano alcune comunità
indigene della regione, a causa degli scontri tra
l’esercito colombiano e la guerriglia. Questa situazione
ha reso impossibile la raccolta delle messi, per cui
già si sentono gli effetti della carenza di alimenti
nelle comunità.
L’associazione indigena e la commissione religiosa
avvertono che le comunità indigene di Quibdó e El
Carmen de Atrato, municipi di Chocó, sono rimaste
bloccate dal conflitto armato che si sta sviluppando
nella zona.
L’esercito colombiano molesta sistematicamente gli
indigeni della regione, additandoli come collaboratori
delle FARC. D’altro canto, in vari punti dei territori
indigeni ci sono dei campi minati dalle FARC.
Le mine poste nel terreno impediscono alle popolazioni
originarie di spostarsi e portare avanti le attività
quotidiane, soprattutto la raccolta di alimenti.
Gli indigeni e la commissione religiosa hanno presentato
un comunicato allo Stato colombiano per chiedergli
di seguire la grave situazione delle comunità indigene
di Chocó e ristabilire le condizioni normali per permettere
a queste popolazioni di muoversi liberamente.
Hanno richiesto inoltre di assistere le popolazioni
indigene con aiuti umanitari, per evitare che le comunità
debbano migrare per forza, ed agli attori armati e
alle forze dell’ordine di rispettare la vita degli
indigeni e della popolazione in generale.
Il Consiglio delle Autorità Indigene e la Commissione
Vita, Giustizia e Pace hanno interpellato gli organismi
delle Nazioni Unite e le istituzioni non governative
di difesa dei diritti umani, affinché seguano attentamente
gli eventi nella regione, visto che ci sono tutte
le condizioni per far registrare in breve tempo un
gran numero di violazioni dei diritti umani.
Traduzione di Cecilia Silveri,
revisione Daniela Cabrera - progetto Terre Madri -
Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Porre
un freno al progetto del gasdotto sudamericano
Giovedì 9 marzo 2006
I presidenti di Venezuela, Argentina
e Brasile hanno annullato la riunione programmata
per lo scorso sabato nella città di Mendoza, nell’ovest
dell’Argentina, nella quale avrebbero dovuto consolidare
il polemico progetto energetico del Gran Gasdotto
del Sud.
Secondo il giornale on-line Descifrado.com, vi erano
“divergenze” tra gli organizzatori dell’attività,
e ancora non è stata stabilita una data alternativa
a seguito di questo rinvio.
Il presidente venezuelano Hugo Chavéz, principale
promotore del progetto, voleva annunciare l’inizio
dei lavori di costruzione, ma la delegazione brasiliana
pensava che fosse “troppo precipitoso”, dato che lo
studio di fattibilità si conclude in giugno.
I tre Paesi si sono accordati per apportare lo stesso
contributo, circa nove milioni di dollari, per finanziare
gli studi di fattibilità tecnica ed ambientale.
La decisione è stata presa la settimana scorsa durante
una riunione tenuta dal Ministro argentino per la
Pianificazione, Julio de Vido, e i Ministri per l’Energia
del Venezuela, Rafael Ramírez, e del Brasile, Silas
Rondeau.
Durante questo vertice si è inoltre deciso di invitare
formalmente il governo boliviano a partecipare al
megaprogetto.
Secondo un articolo del mezzo stampa specializzato
Americaeconomica.com, il gasdotto che propone il Venezuela
pregiudicherebbe le vendite di gas della Bolivia e
diverse aziende di questo Paese hanno presentato obiezioni
al progetto così come è pianificato.
Anche organizzazioni sociali venezuelane e brasiliane
hanno dimostrato il proprio rifiuto nei confronti
del progetto, avvertendo sul possibile impatto sulla
foresta amazzonica e le comunità che la abitano.
La costruzione del gasdotto, il cui costo è stimato
a circa 20 mila milioni di dollari, è stata confermata
a metà gennaio a Brasilia, capitale del Brasile, dove
i tre mandatari hanno discusso temi collegati all’integrazione.
Fonte:
América Economica
Descifrado
Traduzione di Cecilia Silveri,
revisione Daniela Cabrera, - progetto Terre Madri
- Traduttori Per la Pace Radiomundoreal
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Ancora
una volta il governo ecuadoriano decreta lo stato
di emergenza
in Amazzonia
Giovedì 9 marzo 2006
Il governo ecuadoriano, presieduto
da Alfredo Palacio, ha decretato questo martedì lo
stato di emergenza nelle vicine province di Sucumbíos,
Orellana, situate al nord del Paese e Napo, limitrofa
alle altre due ma più verso il centro. Da martedì,
questa zona
dell'Amazzonia è controllata dalle forze militari.
Questa misura è stata presa per controllare uno sciopero
dei lavoratori subappaltati dalla compagnia petrolifera
statale Petroecuador, culminato con l'occupazione
di vari pozzi petroliferi e
il blocco delle attività.
Secondo il quotidiano La Hora, i lavoratori chiedono
che venga incrementato di 30 dollari il salario minimo
vitale, che il governo non firmi il Trattato di libero
commercio (TLC) in via di negoziazione con gli Stati
Uniti ed infine che non venga considerato valido il
contratto tra lo stato ecuadoriano e la compagnia
petrolifera statunitense Occidental Petroleum.
Secondo questo stesso quotidiano, il Ministro Alfredo
Castillo avrebbe dichiarato che questi soggetti devono
essere trattati con il Ministro per l’Energia, Iván
Rodríguez e con il Presidente Palacio.
Inoltre, i lavoratori chiedono il pagamento dei salari
arretrati.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Universo, la
Petroecuador deve pagare ancora quattro mesi di lavoro
a circa 150 lavoratori, per un totale vicino a 4.000.
Secondo un altro quotidiano ecuadoriano, El Mercurio,
il Segretario delle Comunicazioni del governo di Palacio
Enrique Proaño avrebbe affermato che i lavoratori
"hanno scioperato a braccia conserte, hanno occupato
alcuni pozzi e la produzione è diminuita, di conseguenza
si è reso necessario proclamare lo stato di emergenza
per controllare la situazione".
D'accordo con quanto spiegato da Proaño, la Petroecuador
non ha potuto mettere in regola i lavoratori subappaltati
altrimenti la impresa avrebbe dovuto dichiarare bancarotta.
Secondo El Universo, Petroecuador avrebbe annunciato
che la produzione petrolifera si è ridotta drasticamente
per le proteste degli operai.
Dai 197.000 barili, ognuno di 169 litri , che si producevano
ogni giorno prima dello sciopero, si è scesi a 55.696.
El Universo informa che mercoledì, dal momento che
i padroni della Petroecuador non pagavano i salari
arretrati, le marce e le proteste dei lavoratori subappaltati
si sono intensificate a Lago Agrio, capitale di Sucumbíos.
Il governo ecuadoriano aveva già decretato, a febbraio,
lo stato di emergenza a Napo per fronteggiare l'ondata
di proteste in quella regione.
Gli abitanti di Napo denunciavano la "disattenzione"
del governo ai loro reclami, e la "complicità"
con le compagnie petrolifere che operano in quella
provincia.
Anche nell'agosto del 2005 il governo di Palacio aveva
decretato uno stato d'emergenza, questa volta a Sucumbíos
e Orellana per arrestare la mobilitazione sociale
che esigeva il ritiro delle imprese petrolifere straniere.
In quella occasione diversi attivisti furono arrestati
e fu messa in atto una violenta repressione politica.
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Traduzione di Loredana Stefanelli
– revisione di Daniela Cabrera– progetto Terre
Madri –
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Cordoba
(Argentina): La rinegoziazione del contratto con Suez
è "un tradimento della volontà popolare"
Mercoledì 8 marzo 2006
Attivisti di Cordoba
La Commissione Popolare per il Recupero
dell’Acqua della provincia argentina di Cordoba, situata
al centro del paese, sta lavorando da poco più di
un anno contro le azioni della compagnia Aguas Cordobesas,
sussidiaria della multinazionale dell’acqua Suez nella
provincia.
Aguas Cordobesas è la concessionaria incaricata di
fornire acqua potabile e reti fognarie nella città
di Cordoba, capoluogo dell’omonima provincia.
Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, corrispondenti
di Radio Mundo Real in Argentina e membri dell’associazione
ambientalista Amigos de la Tierra Buenos Aires, hanno
intervistato Gustavo Spedale, membro della Commissione
Popolare per il Recupero dell’Acqua.
Spedale ha affermato che lo scopo della Commissione
è quello di “esaminare le azioni da intraprendere
contro la Suez-Aguas Cordobesas, che si va profilando
come un disastro in termini di mancati investimenti,
impegni contrattuali e servizi di pessimo livello
ed eccessivamente costosi".
Il rappresentante della commissione ha poi spiegato
che a dicembre Cordoba è stata l’unica provincia a
decidere di rinnovare il contratto con Aguas Cordobessas.
"Il 28 dicembre, i legislatori di Cordoba, con
una mossa a sorpresa, decidono un aumento delle tariffe
che va dal 100 al 500 per cento in alcuni casi"
ha aggiunto Spedale.
Secondo il rappresentante della Commissione, Aguas
Cordebas ha esteso il suo contratto a 20 anni, con
la possibilità, ogni sei mesi, di rivedere le tariffe
ed aumentare i costi per la prestazione dei propri
servizi.
Quando a febbraio i cittadini di Cordoba si sono visti
recapitare le prime bollette con gli aumenti annunciati,
le preoccupazioni si sono fatte sentire, e la Commissione
Popolare per il Recupero dell’Acqua ha iniziato a
coordinare le azioni con gli abitanti".
"Ci sono già state varie mobilitazioni nella
città, alcune anche piuttosto grandi, come quella
del 23 febbraio scorso, che ha raccolto oltre 6.000
persone nella marcia verso la sede del governo"
ha commentato Spedale.
La Commissione Popolare per il Recupero dell’Acqua
ha dichiarato l’acqua come bene pubblico da gestire
in comune tra cittadini, lavoratori e Stato, e ha
chiesto l’annullamento del contratto di concessione
con Aguas Cordebasas per la provincia di Cordoba.
La Commissione promuove l’elaborazione collettiva
di una proposta che permetta l’organizzazione e la
gestione partecipativa dei servizi idrici con i seguenti
obiettivi: "estensione dei servizi a tutta la
popolazione e tariffazione fissa ed equa adeguata
al miglioramento delle condizioni ambientali".
In un’altra intervista raccolta da Radio Mundo Real
alcuni giorni prima, un altro membro della Commissione,
Luis Bazán, ha affermato che la rinegoziazione di
dicembre del contratto con Suez è stato "un tradimento
della volontà popolare e degli interessi dell’intera
società di Cordoba.
Traduzione di Giuseppina Vecchia e
revisione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri
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I
coltivatori sudcoreani in lotta contro l’ampliamento
della base militare statunitense
Mercoledì 8 marzo 2006
I coltivatori della regione Daechuri-Pyeontaek,
nella Corea del Sud, stanno protestando contro l’espansione
della base militare USA e contro la confisca delle
proprie terre, alla quale sono stati soggetti negli
ultimi quattro anni. Nonostante la loro resistenza,
lunedì il governo sudcoreano ha deciso di privarli
delle loro terre e permettere agli Stati Uniti di
ampliare la propria base militare.
La resistenza dei coltivatori ha avuto
inizio il 3 gennaio, con una marcia di trattori lunga
1.800 kilometri e durata circa 10 giorni, durante
la quale hanno incontrato organizzazioni nazionali
di agricoltori e di cittadini, alle quali hanno espresso
la propria opposizione all’ampliamento della base
militare statunitense.
Un mese fa, gli agricoltori hanno
marciato fino alla sede del municipio della città
di Pyeongtaek, e hanno bruciato i propri certificati
di residenza, rinunciando alla cittadinanza coreana
e dichiarando il Daichuri regione autonoma. Numerosi
artisti, musicisti, attivisti per la pace ed esponenti
religio si sono diretti verso la regione, e insieme
ai residenti hanno riparato e occupato alcune case,
creando il “Villaggio della Pace”.
Padre Mun, del Comitato Sudcoreano
contro l’ampliamento della della base statunitense
a Pyeongtaek, in un’intervista telefonica con Radio
Mundo Real, ha detto che i coltivatori di riso e gli
attivisti per la pace si sono “barricati all’interno
di una scuola elementare, resistendo agli intensi
attacchi della polizia antisommossa coreana e della
polizia militare”.
Dal 6 marzo, la polizia sta prelevando
con la forza contadini e attivisti dalla scuola di
Daechuhri, centro del Movimento contro la confisca
delle terre (dei contadini) e contro l’ampliamento
della base militare statunitense.
“In questo preciso momento, la polizia
ci sta circondando. Da un minuto all’altro, saremo
costretti a uscire e verremo arrestati. Ma la nostra
lotta non si fermerà fino a quando il governo non
metterà fine alla requisizione delle terre dei contadini”,
ha aggiunto Padre Mun.
Traduzione di Giuseppina Vecchia -
progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
–
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Indipendentisti
portoricani protestano contro l'FBI
Mercoledì 8 marzo 2006
Protesta durante l’inaugurazione del mondiale di baseball
Indipendentisti portoricani hanno
protestato martedì scorso contro lo "stato coloniale"
del Paese e hanno denunciato le attività del Federal
Bureau of Investigation (FBI), accusato di aver commesso
"continue persecuzioni, vessazioni ed omicidi"
sull'isola.
Circa 3000 attivisti appartenenti a gruppi diversi
della sinistra hanno protestato all'esterno dello
stadio Hiram Bithorn a San Juan, la capitale del Paese,
durante l'inaugurazione del campionato mondiale di
baseball.
Secondo il leader indipendentista Rubén Berríos, i
giorni della colonizzazione "sono contati".
Ha inoltre accusato il governo portoricano di essere
uno "schiavo dell'impero". Berríos ha sottolineato
che "il mondo intero" deve sapere che il
popolo portoricano "è arrabbiato" a causa
della "costante interferenza degli Usa negli
affari del Paese".
Alla mobilitazione ha partecipato anche Elma Beatriz
Rosa, la vedova del leader indipendentista Filiberto
Ojeda Ríos, il quale è stato ucciso a settembre durante
un'operazione dell'FBI.
Elma Beatriz Rosa ha affermato che i portoricani "hanno
subito sulla loro pelle" gli abusi da parte del
governo statunitense e prevede che l'amministrazione
Usa "porterà avanti le persecuzioni" contro
gli indipendentisti.
Inoltre, un gruppo di avvocati ha denunciato una serie
di "insoliti incidenti" avvenuti lunedì
scorso a danno delle case dei leader indipendentisti.
All'Associated Press hanno riferito che si tratta
di una "persecuzione politica" dell'FBI,
simile a quella realizzata "a Puerto Rico dall'amministrazione
Usa negli anni '70”.
Secondo il procuratore Roxana Badillo gli agenti dell'FBI
hanno condotto delle incursioni mirate nei confronti
degli indipendentisti impadronendosi di "computer
e testi".
Fonte dell’Informazione: Univisión
Traduzione di Marina Callegari
e revisione di Cecilia Silveri - Progetto Terre Madri
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Indigeni
peruviani protestano contro l’attività in miniera
Mercoledì 8 marzo 2006
Le comunità indigene peruviane hanno
denunciato che la contaminazione da mercurio e cianuro,
provocata dall’attività della compagnia Minera Afrodita,
che opera nella provincia di Condorcanqui nel nord
del Paese, nella regione al confine con l’Ecuador,
lede “in modo grave” la salute di circa tredici mila
abitanti, per la maggior parte contadini ed indigeni.
Secondo un comunicato degli indigeni, membri dell’Associazione
Interetnica di Sviluppo della Foresta Peruviana, da
otto anni l’azienda contamina i fiumi e i campi di
questa regione amazzonica.
Il comunicato aggiunge che l’attività dell’azienda,
che si occupa dell’estrazione di oro, non dà “alcun
beneficio” alla popolazione locale, e provoca solo
“morte, impoverimento delle terre coltivate e distruzione
delle risorse biologiche”.
La popolazione colpita esige che le autorità per la
tutela dell’ambiente dichiarino lo stato di “emergenza
ambientale” e prestino “assistenza medica immediata”
ai bambini, che sembra corrano maggiori pericoli a
causa degli “alti livelli di contaminazione”.
Gli indigeni hanno concesso un periodo di trenta giorni
all’azienda di Condorcanqui per lasciare l’area e
hanno chiesto alle autorità di “imporre sanzioni reali”
per i danni provocati.
Hanno inoltre aggiunto che se le loro richieste non
verranno ascoltate, prenderanno “misure più drastiche”,
dando al governo peruviano la responsabilità delle
possibili conseguenze del conflitto.
Minera Afrodita ha un permesso del governo peruviano
per esplorare circa due mila ettari nella regione
della Cordillera del Cóndor, sulla quale ha investito
inizialmente un capitale di oltre due milioni di dollari.
Secondo i dati della stessa azienda, la fase di estrazione
dell’oro, frutterebbe mensilmente più di dodici milioni
di dollari.
Fonte: Prensa Indígena
Traduzione di Cecilia Silveri
e revisione di Sonia Chialastri – progetto Terre Madri
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Organizzazioni
ecuadoriane denunciano legami tra la Texaco e le Forze
Armate
Mercoledì, 8 Marzo 2006
Luis Yanza
La Confederazione delle Nazionalità
Indigene dell’Ecuador (CONAIE), l’Assemblea Permanente
dei Diritti Umani di questo paese e l’Assemblea delle
Vittime della Texaco, multinazionale petrolifera,
hanno denunciato lunedì una fitta rete di relazioni
tra questa compagnia e le Forze Armate ecuadoriane.
Le organizzazioni hanno inviato un comunicato alla
stampa affinché prendesse parte alla conferenza in
cui i loro rappresentanti hanno mostrato i benefici
concessi alla Texaco dalle Forze Armate dell’Ecuador.
Le denunce sono state presentate dal presidente della
CONAIE, Luis Macas, dal rappresentante dell’Assemblea
Permanente dei Diritti Umani, Alexis Ponce, e da un
membro dell’Assemblea delle Vittime della Texaco,
Luis Yanza.
L’invito delle organizzazioni che hanno indetto la
conferenza denuncerebbe “le relazioni nascoste tra
le Forze Armate ecuadoriane e una multinazionale petrolifera,
rese note all’opinione pubblica in momenti in cui
è in discussione il ruolo dell’istituzione militare
e le conseguenze letali dell’inquinamento causato
dal petrolio nell’Amazzonia ecuadoriana”.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Universo, i promotori
di tale denuncia hanno accusato la Chevron-Texaco
di “usare le Forze Armate” per ritardare il processo
nei suoi confronti per presunti danni ambientali,
in corso presso la Corte Superiore di Giustizia di
Sucumbíos, provincia del nord-est dell’Ecuador.
Alexis Ponce ritiene che la Chevron-Texaco “abbia
manipolato ed utilizzato” le Forze Armate per ottenere
una “falsa relazione” da parte dell’Intelligence militare,
che ha fatto sì che il giudice della causa contro
la compagnia sospendesse un’ispezione nella provincia
di Orellana, confinante con quella di Sucumbíos, nell’ottobre
2005. Quel documento, secondo Ponce, è stato firmato
da un comandante militare.
La CONAIE, l’Assemblea Permanente dei Diritti Umani
e le Vittime della Texaco denuciano inoltre il fatto
che gli avvocati della compagnia petrolifera alloggino
in una villa lussuosa di un gruppo delle Forze Armate,
la cui base militare si trova a Lago Agrio, capitale
di Sucumbíos.
Secondo El Universo, il rappresentante legale della
Chevron Texaco in Ecuador, Rodrigo Pérez, ha dichiarato
che esiste un accordo, firmato nel marzo 2004, per
la costruzione di installazioni a Lago Agrio di ville
destinate ad alloggi per i tecnici della Texaco.
In base all’agenzia Prensa Latina, lo scorso martedì
il ministro ecuadoriano della Difesa, Oswaldo Jarrín,
ha negato che le Forze Armate abbiano alcun contratto
con le compagnie petrolifere private che operano nella
zona amazzonica.
Traduzione di Sonia Chialastri
e revisone di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri
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Migliaia
di persone hanno manifestato in Kenia contro gli attacchi
alla libertà di stampa
Martedì, 7 marzo 2006
Copie bruciate del giornale keniota Standard dopo
gli attacchi delle
forze dell'ordine della settimana scorsa.
Migliaia di manifestanti hanno marciato per le strade
di Nairobi,
capitale del Kenia, per protestare contro gli attacchi
perpetrati
dalla polizia la settimana scorsa contro i mezzi stampa
e che hanno
portato non solo alla confisca delle attrezzature,
l'arresto dei
giornalisti e delle trasmissioni, ma anche alla distruzione
di vario
materiale appartenente al giornale Standard. Si tratta
del giornale
più antico del Kenia e ultimamente aveva criticato
il governo del presidente Kibaki
per i recenti scandali per corruzione. Fino agli attacchi
della
settimana scorsa, il governo aveva accusato il giornale
di inventarsi
gli articoli. Simili proteste si sono registrate anche
in altre
grandi città del Paese, come Mombasa y Kisumu.
Prima degli attacchi, tre giornalisti dello Standard
erano stati arrestati per aver
scritto un articolo sul presidente Kibaki ed erano
stati accusati per
aver "pubblicato dichiarazioni allarmanti."
I giornalisti sono stati
liberati dietro cauzione.
Traduzione di Loredana Stefanelli
e revisione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
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Documenti
e dichiarazioni: per il giorno internazionale della
donna
Martedì, 7 marzo 2006
Per il giorno internazionale della donna, noi contadine
ci
mobilitiamo ed invitiamo tutte le studentesse, le
operaie e le lavoratrici
al Club Central Norte, Monte Quemado, Santiago del
Estero.
L'8 marzo "Giorno internazionale della donna".
Si discuterà sullo sviluppo, il progresso, la violenza,
il
nostro modo di vedere la sessualità, gli affetti e
la costruzione
di una vita libera.
Chiederemo pubblicamente alle mogli degli imprenditori
di Conexa S.A.,
di Madera Dura del Norte S.A. e dell'impresa di disboscamento
Londero
Hnos. quale progresso portino.
Perché se il progresso è quello di Cristoforo Colombo,
che ha
lasciato dietro di sé il genocidio di milioni di nostri
connazionali,
che se ne vadano.
Traduzione di Loredana Stefanelli
e revisione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it
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"Movimiento
Campesino di Santiago del Estero/Valeria Farías"
Martedì, 7 marzo 2006
Il governo della provincia argentina
di Santiago del Estero, nel nord
del Paese, e i rappresentanti di alcune organizzazioni
di contadini
hanno deciso di creare un registro che dovrebbe dare
avvio alla
cessione delle proprietà ai contadini che reclamano
terre da
coltivare. Tra le organizzazioni contadine spicca
il Movimiento
Campesino di Santiago del Estero (MOCASE).
I contadini dovranno iscriversinel cosiddetto "registro
degli
aspiranti alla regolarizzazione del possesso di terre"
ed essere in
possesso di alcuni requisiti che permetteranno loro
di accedere alle
proprietà.
Domenica scorsa, la Mesa Provincial de Tierras, in
cui confluiscono
le organizzazioni dei contadini ed il MOCASE, ha annunciato
con un
comunicato stampa che la creazione di questo nuovo
registro non è
altro che il risultato della lotta constante dei contadini
di
Santiago del Estero.
Traduzione di Loredana Stefanelli e revisione di Cecilia
Silveri – progetto Terre Madri
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Toledo
e Bush ratificano il Trattato di Libero Commercio
Martedi' 7 marzo 2006
Il presidente peruviano ,Alejandro
Toledo, incontrerà il presidente americano George
W Bush, a Washington venerdì prossimo, per definire
la data della firma del Trattato sul libero commercio
(TLC), i cui negoziati si sono conclusi lo scorso
dicembre.
Un comunicato stampa della Casa Bianca afferma che
questo incontro rappresenta " una buona
occasione", per Bush, "per esprimere"
il proprio apprezzamento riguardo l’autorevolezza
nella "promozione della democrazia" in America
Latina da parte di Toledo.
A quanto sostiene Washington, il governo peruviano
è stato un promotore "dell'espansione del libero
commercio e della crescita economica" nel continente.
Il periodo concordato di 90 giorni tra la fine dei
negoziati - da entrambe le parti definiti "molto
proficui" - e la ratifica dell'accordo termina
la prima settimana di aprile.
Toledo ha chiesto con decisione ai propri legislatori
di ratificare il TLC prima del cambio di governo -
previsto per luglio 2006 - in quanto il trattato sarebbe
l'unico modo di "generare maggiore occupazione
e facilitare la penetrazione dei prodotti peruviani
nel mercato statunitense".
Varie organizzazioni sociali peruviane stanno preparando
un referendum per sottoporre l´accordo alle decisioni
del popolo, essendo convinte che la sua ratifica inciderà
negativamente sugli interessi del paese.
Gli oppositori dell´accordo - che tra l´altro sostengono
la campagna "TLC, non così"- sono convinti
che il settore agricolo sarà quello maggiormente colpito
dalla liberalizzazione del commercio.
Sostengono inoltre che il governo non ha reso pubblico
l´intero testo dell´accordo e che i negoziati sono
stati condotti troppo rapidamente e senza una seria
analisi tecnica.
Tuttavia, alcuni portavoce del governo peruviano hanno
affermato che, dopo la ratifica del TLC, verrà lanciata
una campagna di informazione diretta alla popolazione
per illustrare tutti i benefici derivanti dal trattato
stesso.
Traduzione di Giuseppina Vecchia (revisione Gianni
Tarquini) - progetto Terre Madri - Traduttori per
la Pace - Radiomundoreal -
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Annunciano
un nuovo megaprogetto idroelettrico in Messico
Martedi' 7 marzo 2006
Il presidente messicano Vicente Fox
ha annunciato la costruzione di una centrale idroelettrica
La Yesca , nello stato di Nayarit, al centro del Paese,
ed ha dichiarato che la partecipazione del capitale
privato per tutta la durata della sua gestione ha
permesso la realizzazione dei “maggiori investmenti”
infrastrutturali nella storia del Paese.Il mandatario
ha assicurato che la costruzione di La Yesca genererà
circa 10 mila posti di lavoro, e “molteplici benefici”
in settori quali turismo, pesca, agricoltura e trasporti.I
portavoce dell’azienda promotrice dello sviluppo e
l’impiego in America Latina (Ideal), di proprietà
dell’imprenditore messicano multimilionario Carlos
Slim, proprietario anche della compagnia di telecomunicazioni
Telmex, hanno annunciato che l’impresa ha intenzione
di partecipare al progetto.Secondo quanto affermato
da Fox, il bando della gara d’appalto per la costruzione
dell’opera, il cui costo stimato è di circa 850 milioni
di dollari, verrà pubblicato il 15 marzo. “Era da
venti anni che in Messico non si sviluppavano progetti
idroelettrici”, ha detto il presidente, ma ha anche
riconosciuto che i recenti conflitti tra contadini
per la diga La Parota , nello stato di Guerrero, non
hanno permesso l’avanzamento del progetto.Il controverso
progetto La Parota , che avrà dimensioni simili a
La Yesca , ha provocato sin dall’inizio duri scontri
tra oppositori e promotori dell’opera.D’altra parte,
il direttore della Commissione Federale dell’Elettricità,
Alfredo Elías Ayub, ha dichiarato che il progetto
La Yesca , che inizierà nel 2010, sarà “più semplice”
da promuoverà rispetto a La Parota.Secondo il funzionario
le opere non provocheranno “alcun rifiuto”, visto
che praticamente “non ci sono comunità” nell’area
interessata che potrebbero essere danneggiate dall’attività
idroelettrica.
Traduzione di Cecilia Silveri (revisione
Gianni Tarquini)- progetto Terre Madri – Traduttori
per la Pace – Radiomundoreal –
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Evo
Morales emana una legge per la convocazione di un'Assemblea
Costituente e di un referendum
Martedi'
7 marzo 2006
Rispondendo a una delle principali
richieste dei movimenti sociali boliviani, lunedì
scorso il presidente della Bolivia Evo Morales ha
emanato una legge per la convocazione di un'Assemblea
Costituente; con la stessa legge ha indetto un referendum
attraverso il quale i cittadini di ogni dipartimento
decideranno della loro autonomia.
L'elezione dei membri dell'Assemblea Costituente e
il referendum avranno luogo il 2 luglio. Al momento
della promulgazione, nel palazzo presidenziale di
La Paz , erano presenti rappresentati dei minatori,
di indigeni, contadini, sindacalisti e politici.
Uno dei principali obiettivi dell'Assemblea
è quello di porre fine ai "contratti" che
sfruttano le risorse naturali, perché queste possano
tornare nelle mani dello stato.
La legge di convocazione di un'Assemblea Costituente
definisce alcuni punti importanti, come le modalità
di elezione dei costituenti e il loro numero, nonché
l'ambito dei loro poteri.
L'Assemblea conterà 255 membri, tre per ognuna delle
70 circoscrizioni del Paese e cinque per ognuno dei
nove dipartimenti.
Obiettivo principale dell'Assemblea, che aprirà i
suoi lavori il 6 agosto, è quello di scrivere una
nuova Costituzione che verrà poi sottoposta a referendum
per essere votata dal popolo boliviano.
Le decisioni dell'Assemblea saranno approvate dal
voto dei due terzi dei suoi membri e il tempo massimo
in cui rimarrà in carica sarà un anno.
Secondo il giornale La Patria , Evo Morales ha chiamato
il popolo boliviano a elaborare delle proposte per
il Paese che vorrebbero, proposte da presentare agli
uffici regionali dei consigli che lavoreranno alla
preparazione della nuova Costituzioni, che apriranno
nei nove dipartimenti della Bolivia.
Il giornale boliviano Los Tiempos riferisce che Morales
ha invitato i suoi concittadini a essere « i soldati
di una rivoluzione culturale e democratica » elaborando
e presentando le loro proposte all'esame dell'Assemblea
Costituente.
Il presidente ha annunciato che il popolo boliviano
realizzerà « profondi cambiamenti che consentiranno
il perseguimento dell'eguaglianza, della giustizia;
giustizia e più giustiza; uguaglianza e più uguaglianza.
Noi, poveri della Bolivia, vogliamo solo vivere bene.
» ha concluso.
Per quanto riguarda la legge per il referendum, La
Patria spiega che nei dipartimenti nei quali vincerà
il "SÌ" verrà messa in atto una nuova forma
di governo locale, con una legislazione che definirà
il raggio d'azione legale ed economico dei dipartimenti.
Da molto tempo i comuni del dipartimento di Santa
Cruz, nella regione orientale del Paese, chiedono
l'autonomia per il loro dipartimento. Evo Morales
ha affermato che intende arrivare ad una autonomia
« con reciprocità e solidarietà ».
Traduzione
di Marina Callegari per i Traduttori per la Pace (revisione
Gianni Tarquini) Progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace - Radiomundorea lwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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In
migliaia protestano contro il Primo Ministro in Tailandia
Lunedì 6 marzo 2006
Domenica, circa 100.000 tailandesi
hanno protestato davanti il Palazzo di Governo nella
località di Sunam Luag, con l’obiettivo di destituire
il Primo Ministro Thaksin Shinawatra. La mobilitazione,
organizzata dall’Alleanza dei Popoli per la Democrazia
(PAD) è stato il primo “spiegamento di disobbedienza
civile su grande scala” dal lancio della sua campagna.
La polizia antisommossa ha cercato di impedire il
passaggio della mobilitazione verso il Palazzo di
Governo, ma a seguito di negoziazioni portate avanti
al momento, le autorità hanno concesso il passaggio
ai manifestanti, che hanno terminato la marcia senza
inconvenienti.
D’accordo con il giornale tailandese The Nation, Sondhi
Limthongkul, principale referente della campagna contro
il Primo Ministro, ha affermato che le mobilitazioni
non cesseranno e i manifestanti continueranno farsi
vedere finché Thaksin non rinuncerà.
La maggior parte dei manifestanti appartiene alla
classe media di Bangkok e delle province del sud del
Paese, dove la popolarità di Thaksin è molto bassa.
Venerdì, anche i simpatizzanti di Thaksin hanno organizzato
una manifestazione. Migliaia di persone si sono mobilitate
dalle campagne verso la città, con l’obiettivo di
esprimere il proprio appoggio al Primo Ministro. Secondo
Limthongkul, Thaksin gode ancora di un certo appoggio
nelle campagne, perché “manipola” le notizie e la
maggioranza della popolazione non ha accesso all’informazione
necessaria per conoscere la vera faccia del Primo
Ministro.
Dal canto loro, ieri un centinaio di accademici hanno
inviato una petizione al Re per far designare un nuovo
Primo Ministro e realizzare delle riforme politiche.
Suriyasai Katasila, coordinatore dell’Allenza, ha
assicurato che il suo gruppo vuole “elevare Thaksin
dal suo incarico in accordo con il sistema democratico,
invece di richiedere l’intervento del Re”.
La Tailandia ha una storia di eventi politici turbolenti.
A maggio del 1992 centinaia di migliaia di persone
hanno manifestato contro un Primo Ministro nominato
a seguito di un colpo di stato; il risultato di queste
manifestazioni è stato di 48 persone assassinate dopo
una violenta repressione. Le intense manifestazioni
hanno motivato una riforma costituzionale che stabilisce
che la carica di Primo Ministro deve essere designata
tramite elezioni.
Fonte:
http://www.nationmultimedia.com/index.php
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Traduzione di Cecilia Silveri – progetto
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Organizzazioni
guatemalteche contro il muro di frontiera
Lunedì 6 marzo 2006
Migliaia di centroamericani vengono
assassinati mentre cercano di oltrepassare il confine
con gli Stati Uniti.
Le organizzazioni sociali del Guatemala promuovono
la creazione di un “fronte comune centroamericano”
contro il muro di frontiera che il governo statunitense
vuole costruire al confine con il Messico.
Una coalizione di vari gruppi di questo Paese hanno
raccolto oltre dieci mila firme, che verranno consegnate
a tutti i senatori statunitensi nell’ambito di una
“Campagna per la vita, contro il muro”.
Secondo quanto affermato da Carlos Barreda, membro
del Collettivo delle Organizzazioni Sociali Guatemalteche,
il muro, che avrà un’estensione di 1.100 chilometri,
è “controproducente in termini etici e morali”.
Secondo Barreda, la nuova legislazione che stanno
discutendo i senatori statunitensi “aumenterà sensibilmente
lo sfruttamento” dei dodici milioni di stranieri senza
documenti che si trovano nel Paese.
L’attivista ha inoltre aggiunto che la cosiddetta
Legge di Tutela di Frontiera, Antiterrorismo e Controllo
dell’Immigrazione, che è già stata approvata dalla
Camera dei Rappresentanti, “criminalizza gli immigrati”
e favorisce le deportazioni.
Irene Palma, membro dell’Istituto Centroamericano
per gli Studi Sociali e lo Sviluppo del Guatemala,
ha pronosticato che la legge sull’immigrazione “avrà
un grave impatto” sulle famiglie guatemalteche. “Circa
il 17% delle famiglie in Guatemala riceve entrate
dai propri componenti”, ha dichiarato.
Palma ha stimato che negli Stati Uniti vivono oltre
1,1 milioni di guatemaltechi, dei quali circa 700
mila sono senza documenti.
Il documento che le organizzazioni consegneranno ai
legislatori statunitensi avverte che le conseguenze
del muro di frontiera sull’economia del Guatemala
saranno “peggiori di quelle dell’uragano Stan”.
Fonte dell’informazione:
Prensa Latina, Prensa Libre (Guatemala)
Vedi note relative su Radio
Mundo Real:
Il muro di frontiera genera resistenze
Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
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Scontro
tra i campesinos e il governo paraguaiano
Lunedì 6 Marzo 2006
Famiglia campesina nel dipartimento
paraguaiano di San Pedro.
Gruppi di campesinos residenti nel dipartimento di
San Pedro in Paraguay, situato nella zona centrale
del paese, richiedono all’agenzia statale per l’ambiente
Segretaría del Ambiente di “regolarizzare” la questione
di proprietà nei confronti di un migliaio di ettari
di terreno che essi attualmente occupano e da cui
rischiano di essere sloggiati.
Le autorità paraguaiane, dal canto loro, affermano
che i campesinos sarebbero insediati in una riserva
forestale e che la loro presenza in tale zona deturpa
le aree selvatiche protette.
Alcuni portavoce dell’agenzia per l’ambiente segnalano
che i contadini non hanno “adempiuto a lavoro loro
assegnato”, ragion per cui hanno l’obbligo di abbandonare
i terreni.
Il segretario della sezione coinvolta, Alfredo Molinas,
ha denunciato “l’invasione” della riserva forestale
operata dai campesinos dichiarando inoltre che, nonostante
gli incontri tenuti con gli occupanti, non era stato
possibile concordare soluzione alcuna.
Il funzionario ha rivelato che alcuni dei trasgressori
della riserva presentano a loro carico denunce penali
per traffico illecito di legname, furti di bestiame
e tentati omicidi oltre ad altri reati.
I campesinos, che da più di venti giorni sono accampati
di fronte all’edificio dell’ufficio pubblico nella
capitale Asunción, hanno respinto in blocco le accuse
e hanno avvertito che proseguiranno le loro modalità
di lotta. Secondo quanto sostengono, le autorità governative
si sarebbero impegnate a trovare una soluzione che
non è mai arrivata.
A metà del mese di febbraio, una coalizione composta
dalle organizzazioni di campesinos di San Pedro ha
presentato una denuncia ai danni delle attività condotte
in questa zona da parte delle Organizzazioni per la
Difesa e la Sicurezza, dipendenti dal Ministero dell’Interno,
le quali, secondo quanto sostengono, sarebbero colpevoli
di torture e assassini nei confronti degli abitanti.
Secondo quanto dichiarato in tale occasione, il governo
paraguaiano criminalizza la lotta sociale e permette,
allo stesso tempo, ai gruppi di paramilitari di effettuare
operazioni di “demolizione senza disporre di ordinanza
di tribunale, torture e persino esecuzioni”.
Traduzione di Ilaria Maccaroni per i "Traduttori
per la Pace:”
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Finale
deludente per la conferenza internazionale a Parigi
sull’aiuto allo sviluppo Lunedì
6 marzo 2006
Le idee di Kofi Annan non piacciono
agli Stati Uniti.
La conferenza internazionale “Solidarietà e globalizzazione:
finanziamenti innovativi per lo sviluppo e contro
le pandemie”, svoltasi a Parigi tra il 28 febbraio
e il 1º marzo, si è conclusa in maniera piuttosto
deludente, poiché solamente 13 dei 109 paesi partecipanti,
per esempio, hanno accettato di introdurre una tassa
sui biglietti aerei. L’incontro, al quale hanno partecipato
109 paesi, 18 organizzazioni internazionali e circa
60 ONG, aveva come obiettivo quello di trovare nuove
fonti di finanziamento per promuovere programmi di
sviluppo e contro la povertà.
Una di queste fonti è l’introduzione di una tassa
di solidarietà sui biglietti aerei, progetto che è
stato promosso soprattutto da Francia e Brasile e
che si basa su una dichiarazione dell’ONU sottoscritta
nel 2005 da 79 paesi.
La Francia sarà il primo paese a trasformare il progetto
in legge nazionale a metà di quest’anno. Per ogni
biglietto aereo sarà prevista una tassa compresa tra
1 e 40 euro, a seconda della distanza e del tipo di
volo. Gli altri paesi che si sono impegnati ad implementare
tale imposta sono Regno Unito, Norvegia, Lussemburgo,
Cipro, Congo, Costa d’Avorio, Madagascar, Mauritius,
Giordania, Brasile, Cile e Nicaragua.
Le tasse saranno utilizzate per finanziare l’acquisto
di medicinali per limitare epidemie quali AIDS, tubercolosi
e malaria nei paesi più poveri del mondo. Sebbene
molti paesi abbiano firmato la dichiarazione sulle
fonti innovative di finanziamento dello sviluppo il
14 settembre 2005 a New York, di fatto si rifiutano
di mettere in pratica l’attuale progetto. In questo
caso concreto, si teme che tale misura comporti delle
perdite alle compagnie aeree, le quali sono note per
avere un grande ascendente politico e per essere in
grado di esercitare pressione sui governi. Riguardo
a questa specifica opportunità, hanno dichiarato che
preferiscono aspettare che altri paesi aderiscano
all’iniziativa.
Almeno altri 25 paesi appoggiano l’idea del finanziamento
innovativo attraverso il pagamento di denaro.
Da parte loro, Stati Uniti e Canada si oppongono strenuamente
a questo progetto, così come anche l’Associazione
Internazionale per il Trasporto Aereo – nella quale
convergono le società aeree - criticando il fatto
che danneggerebbe i loro profitti. Kofi Annan – Segretario
Generale dell’ONU - patrocina l’iniziativa francese,
ma ribadisce che i paesi sviluppati devono offrire
maggiori risorse per la lotta contro la povertà in
Africa, America Latina e Asia. L’ONU si pone l’obiettivo
di ridurre la percentuale di povertà assoluta di circa
il 50% fino al 2015. Tuttavia, i paesi industrializzati
non sembrano disposti a mettere a disposizione il
denaro sufficiente per raggiungere tale scopo.
Fonti: http://www.diplomatie.gouv.fr
http://www.spiegel.de http://www.20min.ch/
Tradotto da Arianna Ghetti – progetto
Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal
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Lotta
per la chiusura di un deposito di rifiuti in Salvador
Lunedì 6 Marzo 2006
L’organizzazione ambientalista “CESTA
–Amigos de la Tierra El Salvador” lavora insieme agli
abitanti della località Salinas de Ayacachapa, nella
Provincia di Sonsonate, per ottenere la chiusura di
un deposito di rifiuti che inquina l’ambiente e mette
a rischio la salute della popolazione.
Gli abitanti di Salinas de Ayacachapa, municipio de
Cuisnahuat, hanno realizzato una serie di mobilitazioni
finalizzate ad impedire che i camion pieni di spazzatura
possano accedere alla zona di discarica, che da oltre
sei anni si trova in questa regione.
L’Unità anti-sommossa della Polizia Nazionale, reparto
tristemente famoso in El Salvador per la sua violenza,
è intervenuta più volte per reprimere le manifestazioni
degli abitanti di Salinas de Ayacachapa.
Traduzione di Daniela Chiabrera per
i "Traduttori per la Pace:”
Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Organizzazioni
ambientaliste denunciano bombardamenti in una zona di
grande ricchezza ecologica. Lunedì,
6 marzo 2006. L’organizzazione
politica e ambientalista Iniziativa Ambiental ha denunciato,
tramite un comunicato stampa, che alcune forze militari
stanno effettuando bombardamenti aerei nel Parco Nazionale
Naturale Sierra de la Macarena, situato nel dipartimento
di Meta, al centro della Colombia, mettendo in questo
modo a rischio la vita di quasi 11.000 abitanti e
distruggendo ecosistemi estremamente fragili.
Iniziativa Ambiental, che opera soprattutto in Colombia,
esprime il proprio rifiuto ad utilizzare la violenza
per risolvere i conflitti ed afferma che il diritto
alla vita deve prevalere sull’uso delle armi.
Secondo il mezzo stampa Actualidad Étnica, il parco
Sierra de la Macarena risulta sotto la giurisdizione
dei municipi di La Macarena, Mesetas, Vistahermosa,
San Juan de Arama e Puerto Rico.
Il comunicato di Inciativa Ambiental afferma quanto
segue:
“Preoccupati e costernati per gli ultimi avventimenti
legati ai primi bombardamenti al Parco Nazionale Naturale
‘La Macarena’ e in quanto membri della comunità ambientalista,
pretendiamo la sospensione immediata di queste operazioni.”
Secondo Iniziativa Ambientalista, i bombardamenti
sono stati decisi “dal governo di Álvaro Uribe Vélez,
in risposta al fallimento della strategia militare
che avrebbe dovuto garantire la sicurezza degli estirpatori
manuali di foglie di coca.”
L’organizzazione mette in evidenza come i bombardamenti
siano “un attentato al patrimonio ecologico, preservato
per decenni grazie allo sforzo di diverse persone,
organizzazioni ed istituzioni.”
Secondo Iniziativa Ambientalista, le Forze armate
colombiane assicurano che gli attacchi non sono indiscriminati
ma sono effettuati solo in alcuni punti per proteggere
gli estirpatori manuali delle piantagioni di coca.
Tuttavia, per l’organizzazione ambientalista, questa
spiegazione risulta alquanto contraddittoria dal momento
che con questi bombardamenti si distrugge l’ambiente,
che invece si cercava di proteggere quando si erano
abbandonate le fumigazioni per sradicare le coltivazioni
con l’uso delle mani.
Fonte foto: http://www.parquesnacionales.gov.co
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Tradotto da Loredana Stefanelli –
progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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La
Giustizia ecuadoregna ha liberato Lucio Gutiérrez
Lunedì,
6 marzo 2006.
Venerdì scorso la Corte Suprema di
Quito ha ordinato la scarcerazione di Lucio Gutiérrez,
ex presidente dell'Ecuador, in seguito all'annullamento
del procedimento a suo carico per il reato di attentato
contro la sicurezza dello stato.
Ne dà informazione questo venerdì la versione web
del giornale equadoregno Hoy, che spiega come un `agenzia
internazionale di un'emittente via cavo sia venuta
a conoscenza della sentenza prima che la notizia fosse
ufficiale.
Lucio Gutiérrez era stato rimosso dalla sua funzione
di presidente dell'Ecuador nell'aprile del 2005, in
seguito a una forte pressione sociale che richiedeva
la cessazione del suo mandato.
Secondo Hoy, la sentenza giudiziaria nel caso Gutiérrez
recita che "si è deciso di soprassedere definitivamente
per l'inesistenza di un'accusa specifica da parte
dello Stato, che in questo caso avrebbe dovuto essere
avanzata dal suo difensore naturale, cioè il procuratore".
I mezzi d'informazione nazionali e internazionali
avevano già annunciato l'imminenza della liberazione
di Gutiérrez.
La colombiana Radio Caracul spiega che Gutiérrez dovrebbe
essere rimesso in libertà probabilmente questo stesso
venerdì e anche nel caso in cui vi fosse un ricorso
in appello alla sentenza, questo non modificherebbe
l'ordine di scarcerazione in favore di Gutiérrez.
Prima che si conoscesse la sentenza della Corte Suprema,
alcuni rappresentanti del governo equadoregno, presieduto
da Alfredo Palacio, avevano dichiarato la loro sorpresa
per quella che sembrava una decisione imminente e
che poi si è concretata.
In giugno del 2005 Lucio Gutiérrez rilasciò alcune
dichiarazioni pubbliche in cui sostenne di essere
stato vittima di un colpo di stato e diede la colpa
della sua caduta, tra gli altri, a Alfredo Palacios.
Gutiérrez rivendicò di essere lui il legittimo presidente.
L'allora presidente del governo, Mauricio Gándara,
si basò su queste dichiarazioni dell'ex presidente
per denunciarlo di attentare alla sicurezza dello
stato.
Gutiérrez si rifugiò in Brasile e poi negli Stati
Uniti, in Perù e Colombia prima di tornare in Ecuador
nell'ottobre del 2005.
Lucio Gutiérrez si presenterà come candidato alla
presidenza dell'Ecuador per il Partido Sociedad Patriótica
nelle elezioni del prossimo ottobre.
Tradotto da: Maria Cristina Bitti
per Terre Madri
Progetto Terre Madri-Traduttori per la Pace-RadioMundoReal
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Una
ONG colombiana denuncia la firma di un contratto di
estrazione mineraria senza consultare le popolazioni
indigene coinvolte.
Lunedì,
6 marzo 2006.
L’organizzazione non governativa colombiana
Comisión Intereclesial de Justicia y Paz, ha denunciato
che il governo provinciale di Antioquia, regione che
si trova nella zona ovest del paese, ha firmato una
concessione di sfruttamento minerario con l’impresa
Muriel Mining Corporation senza consultare previamente
le popolazioni indigene che vivono nella zona in cui
la Compagnia lavorerà.
L’impresa, con sede negli Stati Uniti, aprirà una
miniera di rame ed oro, oltre che di altri minerali,
nelle aree limitrofe ai due comuni di Murindó e Antioquia
e a quello di Carmen del Darién della vicina provincia
del Chocó.
La denuncia della ONG Justicia y Paz è stata fatta
a metà febbraio. Riporta che “il giorno 4 febbraio
del 2005, l’allora Governatore della Provincia di
Antioquia, Aníbal Gaviria Correa, e James Álvaro Valdiri
Reyes, in qualità di rappresentante della filiale
colombiana della Muriel Mining Corporation (...),
hanno sottoscritto un contratto di concessione per
lo sfruttamento di una miniera di rame, oro, molibdeno
e altri minerali, con una estensione iniziale di 2000
ettari (...), per una durata prorogabile di 30 anni”.
Secondo Justicia y Paz le mappe e i piani del progetto
dimostrano che, circa una quarta parte della miniera,
occupa settori dei territori della Riserva Indigena
di Uradá – Jiguamiandó e del Consiglio Comunitario
de la Cuenca del Rió Jiguamiandó, a Carmen del Darién.
I tre quarti restanti coincidono con la Riserva Indigena
Embera – Katío e il Comune di Murindó. Le comunità
indigene che saranno danneggiate dalle attività minerarie
della Compagnia statunitense non sono mai state consultate
per conoscere la loro opinione rispetto al progetto.
”Anche se lo Stato colombiano ha firmato l’Accordo
169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro
sui Popoli Indigeni (...), le comunità afrodiscendenti
del Consiglio comunitario di Jiguamiandò non sono
state avvertite, informate o consultate da nessun
Ente pubblico sulla sottoscrizione del contratto menzionato
e sullo sfruttamento minerario che si realizzerà sui
circa 500 ettari del loro territorio comunitario."
Né, d’altra parte, le comunità sono state invitate
a partecipare alle trattative, alle audizioni e alle
consultazioni pubbliche per la concessione del contratto.
Inoltre, durante tutto il procedimento di assegnazione
non sono stati determinati gli impatti economici,
sociali e culturali per le comunità indigene o afrodiscendenti”,
aggiunge la ONG colombiana.
Per l’organizzazione la Compagnia statunitense è ancora
nella fase di esplorazione, che durerà ben tre anni.
Dopodichè Muriel Mining Corporation avrà altri tre
anni per realizzare le infrastrutture necessarie per
poter iniziare lo sfruttamento vero e proprio.
Justicia e Paz afferma che né l’Istituto Colombiano
di Geologia e Sfruttamento Minerario né il Ministero
dell’Ambiente hanno concesso contratti di alcun tipo
all’impresa per lo sfruttamento della zona di Carmen
del Darién. Allo stesso modo non è stata data alcuna
autorizzazione ambientale per l’attività mineraria
nell’area in cui dovrebbe operare Muriel Mining Corporation.
Traduzione di Nadia Angelucci
per Terre Madri
Progetto Terre Madri-Traduttori per la Pace-RadioMundoReal
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NEWS
DELLA SETTIMANA DAL 1 AL 3 MARZO 2006
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Proseguono
le trattative per la costruzione del "grande gasdotto
del sud" Venerdì
3 marzo 2006
Giovedì scorso a Caracas, la capitale venezuelana, si
è tenuto un incontro al quale hanno partecipato una
ventina di funzionari dei governi di Argentina, Brasile
e Venezuela per portare avanti i colloqui tecnici sul
progetto per l'energia denominato "grande gasdotto
del sud".
Il gasdotto, lungo 8000 chilometri, partirà del Venezuela
per raggiungere l'Argentina attraverso l'Amazzonia e
a detta dei suoi promotori «alimenterà la crescente
richiesta di gas della regione»".
I portavoce dei tre governi hanno riferito che durante
l'incontro di Caracas, svoltosi a porte chiuse, si è
discusso dei problemi connessi «alla tecnologia, al
modello economico e agli aspetti sociali e ambientali».
Il viceministro degli esteri venezuelano Pavel Rondon
ha affermato che il gasdotto contribuirà allo sviluppo
e al miglioramento degli standard di vita delle comunità
delle zone circostanti.
Rondon ha aggiunto anche che questa iniziativa rappresenta
una risposta alla grave crisi energetica globale.
Secondo i piani preliminari del progetto, nel 2012 il
gasdotto trasporterà in Brasile, Uruguay e Argentina
circa 150 milioni di metri cubi di gas venezuelano.
La conferma della costruzione del gasdotto, il cui costo
stimato è di circa 20 miliardi di dollari, è stata data
a metà gennaio a Brasilia, la capitale brasiliana nella
quale i presidenti di Brasile, Venezuela e Argentina
hanno discusso i problemi relativi all'integrazione
energetica dei loro Paesi.
Durante il vertice tra i capi di stato il presidente
venezuelano Chavez, principale promotore del progetto,
ha parlato del grande gasdotto del sud come di un elemento
decisivo nel tentativo di «ridurre la dipendenza dagli
Stati Uniti».
Dai gruppi ambientalisti dei tre Paesi è giunto l'avvertimento
a considerare i possibili effetti negativi sulla foresta
amazzonica e sulle comunità che in essa vivono.
Essi ritengono che il piano di attraversamento dell'Amazzonia
dovrebbe preoccupare la popolazione perché l'Amazzonia
è il principale "polmone" del pianeta.
Fonti:
América Económica, Prensa Gráfica.
Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per
la Pace (rev. ) Progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace - Radiomundorealwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org
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Proteste
in Nicaragua in difesa delle risorse energetiche
Venerdì 3 Marzo 2006
Diverse organizzazioni sociali del Nicaragua stanno
preparando per il mese di Marzo varie iniziative di
protesta in tutto il paese, nel contesto di una campagna
internazionale per la “Difesa dell’Acqua, l’Energia
e contro le Dighe”.
Secondo quanto affermato, le mobilitazioni, che avranno
luogo in nove dipartimenti nicaraguensi, intendono “denunciare
gli effetti negativi” derivanti dai processi di privatizzazione
delle risorse energetiche in Nicaragua.
Le iniziative sono state promosse da varie organizzazioni
di consumatori, dai sindacati e dalla coalizione ‘Convergencia
de los Movimientos de Pueblos de las Américas’ (COMPA)
[Convergenza dei Movimenti dei Popoli delle Americhe
– NdT].
La maggior parte delle denunce sono indirizzate all’operato
della multinazionale energetica Unión Fenosa, con sede
in Spagna, che, affermano, “accumula ricchezze che ammontano
a milioni di dollari”, mentre migliaia di nicaraguensi
“non hanno accesso” ai servizi primari di energia elettrica.
Le organizzazioni accusano la società multinazionale
di imporre “costi eccessivi” sulle sue tariffe e di
“trarre profitto” dai recenti cambiamenti legislativi
attuati nel paese, tra cui l’esenzione dalle imposte
per numerose multinazionali.
Dichiarano inoltre che Unión Fenosa commette “gravi
irregolarità”, come per esempio “fatturazioni eccessive
per energia non consumata", o riscossione di tasse
per illuminazioni pubbliche in zone nelle quali “tale
servizio non esiste".
Secondo quanto riportano gli attivisti, queste iniziative
culmineranno in una “mobilitazione nazionale” in difesa
delle risorse energetiche prevista per il 22 marzo,
Giornata Mondiale dell’Acqua.
Denunciate irregolarità nel rifornimento elettrico.
Tradotto da Arianna
Ghetti, Revisione di Orsetta Spinola – progetto Terre
Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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TLC:
business are business Giovedì,
02 marzo 2006 No al TLC in
Colombia
Rete Colombiana di Azione contro il Libero Commercio
e l’ALCA, Recalca.
Nell’agosto del 2003, durante una riunione nel Palazzo
del Nariño, il
rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Robert
Zoellick, ha detto
al presidente Alvaro Uribe e ad un gruppo di imprenditori
che erano i
colombiani a promuovere il TLC, e non il suo paese,
e che tutti
avrebbero dovuto comprendere che “libero commercio
significa: libero commercio”.
E per indorare la pillola ha aggiunto: “Siamo soci
e amici”.
La Colombia intendeva negoziare un semplice accordo
commerciale,
escludendo i paesi andini, ma gli USA decisero che
si dovevano includere Perù ed
Ecuador… e così fu.
La Colombia riteneva che il punto di partenza per
i negoziati dovesse
essere la Atpdea, la legge sulle preferenze tariffarie
unilaterali, ma gli
Stati Uniti decisero che si doveva cominciare da zero.
E così fu.
La Colombia si illudeva di poter negoziare la soppressione
di alcuni
sussidi e aiuti offerti dagli Stati Uniti ai propri
produttori agricoli, dacché
ciò rappresentava l’unica strada per competere con
la produzione di tale
paese.
Gli Stati Uniti risposero che l’argomento andava discusso
nell’OMC, e
non in seno al TLC andino. E così fu, la Colombia,
da parte sua, concesse la
protezione agricola delle fasce andine dei prezzi
senza ricevere nulla
in cambio.
La Colombia si illudeva di rappresentare, per gli
Stati Uniti,
l’Israele dell’America Latina, e volle includere questo
elemento fra i punti del
negoziato. Ma sbagliò: una cosa è il Dipartimento
del Commercio, e una
cosa assai diversa il Dipartimento di Stato.
La Colombia sperava che offrendo incondizionatamente
il proprio
sostegno agli Stati Uniti sulla guerra in Iraq e sulla
lotta al terrorismo
avrebbe acquistato punti spendibili nei negoziati
per il TLC. Ma così non fu, e
i negoziatori USA considerarono sempre il commercio
e mai la politica.
La Colombia confidava che la buona disposizione del
presidente Bush nei
confronti del presidente Uribe avrebbe comportato
alcune concessioni in
materia di libero commercio. Ma essi riuscirono sempre
a tenere le due
questioni ben distinte.
La Colombia credeva che il gigante avrebbe preso in
considerazione
alcune correzioni riguardo alle asimmetrie di fronte
a un paese debole. In
realtà gli Stati Uniti sono l’impero, e l’hanno dimostrato,
infichiandosene
della natura dell’interlocutore.
La Colombia si illuse di poter apportare elementi
propri al negoziato,
portando innovazioni alla tradizione nordamericana,
ma alla fine
dovette confermare che, sui negoziati, gli USA hanno
regole proprie, punto.
La Colombia si illudeva che con una significativa
mobilitazione
imprenditoriale durante le tornate dei negoziati avrebbe
potuto
esercitare pressioni o dimostrare la propria forza
nei confronti della
controparte.
Distante dalla realtà. La Colombia credeva di poter
negoziare senza un quadro normativo, sul
genere di quello esistente negli Stati Uniti. Se l’avesse
applicato il Governo
nazionale l’avrebbe ritenuto un cambiamento sconveniente
delle regole
del gioco. I negoziatori Usa, dal canto loro, utilizzano
il quadro normativo
come un potente strumento negoziale teso a limitare
eventuali concessioni.
La Colombia credeva che dimostrando la propria volontà
di firmare
avrebbe potuto ottenere concessioni. Il gesto di “firmare
ob torto collo”, come
affermato dal presidente Uribe, non venne interpretato
come volontà di
sostenere l’avanzamento del processo, ma come una
disposizione alla
concessione incondizionata.
La Colombia riteneva che il carisma personale del
presidente Uribe avrebbe
ammorbidito la posizione dei negoziatori USA. In seguito
alla visita
questi ultimi non cambiarono di una virgola la loro
ferrea posizione.
L’ultima sfiancante e sconfortante tornata di negoziati
del TLC, a
Washington, ha riconfermato ciò che non si sarebbe
mai dovuto perdere
di vista: se la Colombia desidera realizzare maggiori
vendite e
conquistarsi uno spazio nel mercato nordamericano,
ha tutti i diritti per farlo,
alle stesse condizioni degli altri paesi. Senza concessione
o privilegio alcuno.
Traduzione di Orsetta Spinolla per i "Traduttori
per la Pace:”
Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Allarme
per nuovi disastri a Camisea Giovedì
2 marzo 2006 Un recente rapporto
della società di consulenza internazionale E-Tech
ha rivelato che la società Transportadora de Gas de
Perú (TGP), di proprietà dello stato, si è resa responsabile
di “una serie di omissioni e di irregolarità tecniche”
durante la costruzione del gasdotto di Camisea, ubicato
nella valle di Urubamba, nella zona sud-orientale
del Perù, che sono all’origine delle recenti fuoriuscite
di gas naturale liquido.
Secondo la società di consulenza, sei aree del gasdotto
sarebbero sul punto di “cedere”, il che provocherebbe
“gravi impatti” sull’ambiente e sulle comunità native
che vivono nei pressi del gasdotto.
Il rapporto attribuisce tali negligenze a “fattori
economici” determinatisi durante la costruzione del
gasdotto di Camisea, e al fatto che la TGP, principale
amministratrice del progetto, abbia “accelerato i
lavori” per riuscire a concluderli entro i termini
fissati dal contratto, evitando così la sanzione economica
di circa 90 milioni di dollari.
La società statale non disponeva della “manodopera
adeguata” per lo svolgimento dei lavori. Secondo il
rapporto, la compagnia avrebbe utilizzato “tubature
avanzate” da altri progetti simili realizzati in Brasile
ed Ecuador. Il documento afferma con certezza che
questi materiali erano seriamente corrosi quando sono
arrivati in Perù.
La denuncia è stata presentata dall’E-Tech durante
la valutazione annuale sul progetto Camisea svolta
dalla Banca Interamericana per lo Sviluppo (BID),
che nel 2003 concesse un prestito di 75 milioni di
dollari per la sua costruzione.
In base a quanto espresso in varie occasioni dai funzionari
della TGP, l’organismo multilaterale di credito svolge
un “ruolo fondamentale” di verifica affinché i lavori
non rechino danno all’ambiente.
I gruppi ambientalisti che osteggiano Camisea accusano
la BID di “negligenza” durante le operazioni di monitoraggio
e di conservare i fondi per le fasi future del progetto.
Un rapporto presentato lunedì dall’organizzazione
peruviana Defensoría del Pueblo attribuisce a Camisea
la responsabilità nelle “gravi violazioni ” dei diritti
delle comunità native, le più “prive di difese” durante
le “frequenti” fuoriuscite chimiche.
Il documento aggiunge che la “vasta deforestazione”
dovuta alla costruzione del gasdotto ha danneggiato
le “proprietà individuali e comuni” degli abitanti
della regione.
Secondo il testo, gli inadempimenti degli obblighi
contrattuali da parte delle imprese che sfruttano
il giacimento di gas naturale sono il risultato della
“debolezza istituzionale dello stato peruviano”.
Camisea è la maggiore riserva energetica del Perù
e una delle più grandi dell’America Latina, ed è stata
sfruttata dall’agosto del 2004 dai consorzi argentini
dalle società argentine Pluspetrol e Techint.
Fonte: El Comercio - Perú 21
Tradotto da Monica Ciurluini e revisione
di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori
Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org |
Il
Dipartimento di Stato USA avverte : la Bolivia ha fatto
un passo indietro nella lotta contro il traffico della
droga giovedì 2 marzo,
2006 Evo Morales
e la sua posizione: « la coca non è la cocaina »
Secondo il « Rapporto sulle strategie per il controllo
internazionale degli stupefacenti » pubblicato mercoledì
scorso dal Dipartimento di Stato USA, nel 2005 la Bolivia
ha fatto un passo indietro nella lotta contro il traffico
di droga.
Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato è stato
reso pubblico nella capitale Washington D.C., in ottemperanza
all’obbligo legale di informare il Congresso sull’attività
svolta nel corso dell’anno nella lotta contro la droga
e sulla collaborazione degli altri Paesi in questa campagna.
Secondo l’organismo statunitense anche il Perù ha fatto
un passo indietro nella lotta contro la droga.
Il rapporto sottolinea invece i buoni risultati ottenuti
nella lotta contro il traffico di droga in Colombia.
Con questo paese gli Stati Uniti stanno portando avanti
una strategia militare congiunta per combattere il narcotraffico,
denominata « Plan Colombia ».
Stando al giornale boliviano Los Tiempos, il rapporto
del Dipartimento di Stato USA fa notare come in Bolivia
l’instabilità sociale abbia « ostacolato gravemente
la capacità del governo di contrastare l’incremento
della coltivazione delle foglie di coca », che costituisce
la materia prima della cocaina.
Per gli Stati Uniti, in Bolivia la produzione di coca
nel 2005 è aumentata dell’8%, realizzando il quarto
incremento annuale consecutivo.
Secondo Los Tiempos il rapporto dice anche che negli
ultimi cinque anni la Bolivia ha avuto cinque diversi
presidenti che « hanno deciso di risolvere il confronto
con i coltivatori di coca attraverso negoziazioni e
concessioni anziché applicando la legge o procedendo
forzatamente alla distruzione delle coltivazioni ».
Il Dipartimento di Stato USA ha avvertito il presidente
boliviano Evo Morales che la lotta contro il traffico
di droga è « decisiva » per i buoni rapporti tra la
Bolivia e gli Stati Uniti.
Il governo boliviano ha valutato le osservazioni sulla
Bolivia contenute nel rapporto ma non ha ancora espresso
una posizione ufficiale sulla questione.
Secondo il giornale Boliviano La Razón, nel dicembre
scorso, subito dopo essere stato eletto presidente della
Bolivia, Evo Morales affermò che « la coca non è la
cocaina, i coltivatori di coca non sono narcotrafficanti
e chi utilizza la coca non è un tossicodipendente. Questo
deve essere chiaro ».
Morales annunciò che la produzione di coca sarebbe stata
distribuita dove è maggiore la richiesta per gli usi
legali e sani. Il presidente boliviano avvisò che non
permetterà agli Stati Uniti di installare basi militari
sul territorio della Bolivia con il pretesto della lotta
al traffico di droga.
Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per
laPace (rev. Gianni Tarquini di Terre Madri)
Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Un
gruppo di deputati argentini denuncia REPSOL YPF per
frode
contabile
2 marzo
2006-03-03
Tre deputati argentini del partito
di opposizione Afirmación para
una República Igualitaria (ARI) hanno chiesto alla
Comisión Nacional
de Valores del governo di svolgere un'indagine sulla
compagnia
petrolifera spagnola-argentina Repsol YPF per una
presunte frode nei
confronti dei suoi azionisti.
Elisa Carrió, Eduardo Macaluse e Fabian Ríos hanno
presentato alla
Commissione un documento in cui dettagliano le loro
accuse all'impresa
petrolifera. Inoltre hanno annunciato di voler presentare
una
denuncia penale nei confronti di Rapsol YPF per il
presunto reato di
contrabbando di idrocarburi.
I rappresentanti della compagnia, nel gennaio scorso,
avevano
annunciato una diminuzione del 25% nelle riserve certe
di
idrocarburi. In Argentina la diminuzione è del 42%
e in Bolivia di
53 punti di percentuale.
I deputati argentini hanno consegnato il documento
alla Comisión
Nacional de Valores il 22 febbraio. In esso accusano
Repsol YPF di
fornire ai propri azionisti informazioni "false",
che nasconderebbero la
diminuzione nelle sue riserve certe di idrocarburi.
Secondo il giornale argentino La Nación, i legislatori
di Afirmación
para una Repubblica Igualitaria spiegano, nel documento
consegnato
alla Comisión Nacional de Valores, che "l'informazione
fornita da
Repsol è falsa e ingannevole, dato che la società
stava esagerando
le sue riserve certe".
La società avrebbe presentato sul mercato dati sbagliati
allo scopo
di incrementare "artificialmente" i valori
delle proprie azioni, che
sono quotate in borsa a Buenos Aires, capitale dell'Argentina,
Madrid, capitale della Spagna, e New York, città del
nordest degli
Stati Uniti.
I deputati argentini aggiungono che in Bolivia Repsol
YPF ha
contabilizzato come riserve di idrocarburi certe anche
quelle che
sono solo probabili.
La Nación aggiunge che il documento presentato dai
deputati
argentini dice che le riserve "sono una misurazione
fondamentale per
gli azionisti di una compagnia petrolifera che cercano
di calcolarne
le prospettive di crescita".
"Bisogna segnalare che in queste denunce si aggiunge
che nel periodo
dal 28 luglio 2005 al 27 gennaio 2006 Repsol YPF produsse
parecchio
materiale falso e rilasciò dichiarazioni ingannevoli…",
aggiungono i
legislatori.
Carrió, Macaluse e Ríos spiegano anche che "i
contratti di Repsol
con clienti esistenti probabilmente non si rinnoveranno
per le
complicazioni nell'estrazione del gas in alcuni giacimenti
in
Argentina".
La Dogana Nazionale della Bolivia, a metà marzo, ha
accusato la filiale
boliviana di Repsol YPF di aver estratto illegalmente
230.400 barili
di petrolio di 169 litri tra giugno del 2004 e luglio
del 2005,
equivalenti alla somma di nove milioni di dollari.
Tradotto da: Maria Cristina Bitti
– Traduttori per la pace (revisione Gianni Tarquini,
Terre Madri)
Progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal
www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org |
Ricerca
condotta dall'Istituto brasiliano dell'ambiente
Mercoledì 1 Marzo 2006
Una
ricerca condotta dall'Istituto brasiliano dell'ambiente
e delle risorse rinnovabili (IBAMA) nel Parco Iguazu,
un'area naturale protetta, nella parte ovest dello
Stato del Parana, ha confermato che la soia geneticamente
modificata piantata intorno al parco è responsabile
dell'inquinamento genetico di molte specie vegetali
nell'area.
Piantare soia geneticamente modificata intorno al
parco è proibito dalla legge. L’IBAMA, il Ministero
dell'agricoltura e la polizia forestale sono stati
costretti a intervenire dopo che la ONG brasiliana
Terra de Direitos ha presentato molte denunce.
L'operazione chiamata "Parco Libero" e condotta
dall'ufficio locale dell'IBAMA in Parana nell'ultima
settimana di febbraio, ha rilevato alcune violazioni
alla normativa vigente e inquinamento da organismi
geneticamente modificati.
Tradotto da Marina
Callegari- progetto Terre Madri - Traduttori Per la
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Organismo
messicano direttamente collegato al Governo crede che
l’acqua sia un bene economico
Mercoledì 1 marzo 2006
Secondo Gastón Luken
l’acqua non è di tutti e non è importante sapere se
è un bene sociale o economico.
Il presidente del Consiglio Consultivo sull’Acqua
del Messico, Gastón Luken, ha dichiarato che l’acqua
non è un bene comune, quanto piuttosto un bene economico
e che non importa chi lo amministri, purché lo faccia
bene.
Il Consiglio Consultivo sull’Acqua è un organismo
formato da oltre 20 consiglieri che, da quanto risulta
dalla pagina web, lavorano per “promuovere ed appoggiare
lo scambio strategico necessario per ottenere un uso
razionale e una gestione sostenibile dell’acqua in
Messico”. I consiglieri che compongono il Consiglio
sono nominati dal Governo messicano.
L’organismo è stato costituito come associazione civile
nel marzo del 2000, su invito della presidenza del
Messico, guidata fino a novembre di quest’anno da
Ernesto Zedillo, e della Commissione Nazionale sull’Acqua,
istituzione governativa incaricata di amministrare
e preservare le risorse idriche del Paese.
Il Consiglio Consultivo sull’Acqua è uno degli organizzatori
del IV Forum Mondiale sull’Acqua, che si terrà dal
16 al 22 marzo a Città del Messico, la capitale del
paese.
Diverse organizzazioni sociali messicane hanno avvertito
che il Forum è solo un incontro in cui le autorità
del Paese continueranno a lavorare per privatizzare
l’acqua.
Secondo il quotidiano messicano La Jornada, Gastón
Luken ha dichiarato che “ciò che è di tutti non è
di nessuno” e ha aggiunto “non importa chi amministra
l’acqua, quanto piuttosto che il suo utilizzo sia
efficiente”.
Il presidente del Consiglio Consultivo sull’Acqua
crede che la discussione sul fatto che l’acqua sia
un bene economico o sociale, o tutte e due insieme,
è una “questione inutile”. “L’acqua costa perché non
è un bene comune, è un bene economico”, ha aggiunto
Luken.
La Jornada informa inoltre che Luken, che in passato
ha lavorato nell’ambito imprenditoriale dedicato al
settore dei servizi di acqua potabile e bonifica,
ha dichiarato che il Consiglio Consultivo non cerca
la privatizzazione di questa risorsa.
Tuttavia, Luken non crede sia importante che i servizi
legati all’acqua siano gestiti da enti pubblici o
privati.
Luken ha sostenuto: “non vedo l’acqua come un imprenditore.
Stiamo molto attenti, e soprattutto voi media, a non
farla diventare una controversia. Non ci dobbiamo
perdere nella definizione di chi la gestisca: se il
settore privato o il governo; o dire un concetto incantevole
come: la gestisce la società”.
“Ciò che è di tutti non è di nessuno, ed esistono
molti esempi in questo Paese. Queste sono catene che
ci stanno impedendo di avere un Paese moderno”, ha
aggiunto.
Secondo La Jornada, il direttore esecutivo del Consiglio
Consultivo sull’Acqua, Eduardo Vázquez, ha dichiarato
che questa risorsa è “sia un bene sociale che un diritto
umano”, ma che sono necessari molti investimenti per
farla arrivare alla popolazione.
Vázquez ha inoltre aggiunto che in Messico “12 milioni
di persone non hanno acqua potabile e 24 milioni non
hanno fognature”.
Tradotto da Cecilia Silveri e revisione di Sonia Chialastri
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Documenti
e dichiarazioni: Dichiarazione della Prima Assemblea
Nazionale in Difesa della Terra e dell’Acqua e Contro
la sua Privatizzazione Mercoledì
1 Marzo 2006 “L’acqua non
si vende, si difende” recita uno degli slogan dei
movimenti sociali latinoamericani. L’Assemblea Nazionale
in Difesa della Terra e dell’Acqua e Contro la sua
Privatizzazione, composta da circa 100 tra organizzazioni,
movimenti e reti messicane, ha divulgato una dichiarazione
nella quale espone diverse considerazioni sul proprio
operato, assieme ad alcune denunce, e presenta il
suo piano di azione in vista del IV Forum Mondiale
dell’Acqua, che si svolgerà dal 16 al 22 marzo a Città
del Messico, capitale di questo paese.
Nel documento, pubblicato alla fine di gennaio, l’Assemblea
Nazionale in Difesa della Terra e
dell’Acqua e Contro la sua Privatizzazione formalizza
la propria nascita.
Scarica il documento in formato PDF.
Tradotto da Arianna Ghetti Revisione Orsetta Spinola
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La
Colombia e gli Stati Uniti chiudono i negoziati concordando
il Trattato di Libero Commercio
Mercoledì 1 Marzo 2006
Lo scorso lunedì si è finalmente chiuso, dopo 21 mesi
di trattative, il processo per l’istituzione di un Trattato
di Libero Commercio (TLC) tra Colombia e Stati Uniti.
I fautori colombiani di tale accordo (il presidente
Álvaro Uribe in primo luogo, seguito dal Ministro per
il Commercio Estero Jorge Humberto Botero) vogliono
che entri in vigore a partire dal 1 Gennaio 2007 e,
a tal fine, dovrà ricevere la previa ratifica da parte
del Congresso.
Secondo quanto dichiarato dal Ministro dell’Agricoltura
Andrés Felipe Arias “questa è una data storica per la
Colombia e in modo particolare per il settore agricolo”
I sindacati dei produttori avicoli e cerealicoli hanno
già manifestato il loro scontento rispetto ai termini
dell’accordo agricolo raggiunto. Lo scorso lunedì il
presidente Uribe ha annunciato, dall’emittente televisiva
nazionale, l’adozione di misure governative di sostegno
ai settori che subiranno gli effetti peggiori della
concorrenza dei prodotti agricoli provenienti dagli
Stati Uniti.
Riguardo al settore cerealicolo, sono significative
le concessioni elargite dalla Colombia alle imprese
statunitensi produttrici di mais, riso, grano e soia,
giacché 5 miliardi di tonnellate di questi cereali verranno
importate nel paese in cambio di un incremento delle
derrate di zucchero e tabacco che verranno immesse sul
mercato statunitense libere da imposte doganali.
Riguardo il settore industriale, invece, il 99,9% dei
prodotti colombiani verrà immesso sul mercato statunitense
senza essere soggetto a imposte doganali.
Il sito web colombiano Portafolio.com (che ha un’opinione
favorevole all’accordo commerciale raggiunto con gli
Stati Uniti) ha enumerato le esigenze manifestate dall’équipe
dei diplomatici colombiani nel corso dell’ultima tornata
dei negoziati e la risposta da parte degli Stati Uniti.
Rispetto al mais, è stato concordato l’ingresso sul
mercato colombiano di 2 milioni di tonnellate di derrate
non soggette a imposte doganali: l’offerta dei negoziatori
colombiani è stata di 500 mila tonnellate e un’ assicurazione
sull’acquisto della produzione nazionale. Nulla di tutto
questo è stato contemplato. Anche il Perù da parte sua,
ha concesso agli Stati Uniti l’ingresso sul mercato
di 500 mila tonnellate di prodotti cerealicoli liberi
da imposte doganali.
Rispetto alla produzione avicola, è stata concessa agli
Stati Uniti una quota di 26 mila tonnellate di cosce
di pollo. I negoziatori colombiani ne offrivano invece
solo 7 mila.
Riguardo lo zucchero, la Colombia richiedeva l’ingresso
sul mercato statunitense di circa 500 mila tonnellate
di derrate ma è riuscita ha concordare una cifra a mala
pena pari a 50 mila tonnellate.
Infine, rispetto al settore del riso, i negoziatori
colombiani proponevano una cifra massima di 30 mila
tonnellate ma alla fine, è stato concesso agli Stati
Uniti l’ingresso di 89 mila tonnellate di cereali totalmente
liberi da imposte doganali.
Nonostante questo panorama di concessioni dietro concessioni,
il presidente Uribe ha affermato che riguardo al TLC
non è possibile parlare in Colombia di “vincitori e
vinti”, ma piuttosto di “chi guadagna di più e chi di
meno” e che prima o poi “guadagneranno tutti”.
La Centrale Unitaria dei Lavoratori colombiani ha già
annunciato, per mercoledì, una manifestazione nazionale
contro il TLC che mobiliterà tutti i settori sociali
che rifiutano l’accordo.
Il fronte sociale contro il TLC è appoggiato dalle centrali
sindacali, dai movimenti studenteschi, dalle associazioni
contadine e dei piccoli produttori agricoli, da ambientalisti
e indigeni.
Tra le reazioni nel mondo della politica, il sindaco
di Bogotà –capitale del paese-, Luis Eduardo Garzón,
ha affermato che il TLC dovrebbe essere sottoposto alla
decisione dei cittadini mediante un meccanismo di consulta
popolare, oltre che alla ratificazione del Congresso.
D’altra parte, Horacio Serpa, precandidato alla presidenza
e avversario di Uribe nelle prossime elezzioni, ha sottolineato
di opporsi “con tutta l’anima” al TLC con gli Stati
Uniti.
Traduzione di Ilaria
Maccaroni, Rossana Amico (rev. Daniela Cabrera) per
i Traduttori per la Pace:”
Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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