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Terre Madri: Selezione in italiano dalle news di RadioMundoReal

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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 23 AL 31 MARZO 2006

Continuano le minacce e la violenza del governo
Viernes, 31 de Marzo de 2006

Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE)

Quito, 30 marzo 2006

La disperazione del regime di Alfredo Palacio, in combutta con gli imprenditori per la firma del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, lo fa ricorrere alle uniche risorse di cui dispone: le menzogne e la repressione. Il governo nazionale agisce alle spalle del popolo ecuadoriano, mentre un numero sempre maggiore di settori del Paese reclama trasparenza e democrazia. Gli chiedono di smettere di rispondere agli interessi degli Stati Uniti e del pugno di imprenditori che hanno preso il governo.
Nonostante le provocazioni e le minacce del regime e delle forze armate, la CONAIE terrà nella mattina di domani 31marzo la sua Assemblea Nazionale, per valutare l’evoluzione delle azioni intraprese nelle ultime settimane e per accordare nuove misure che porteremo avanti con gli altri settori del Paese, in difesa della sovranità nazionale.
Il governo mente al Paese, nel momento stesso in cui afferma di dialogare e stringere accordi con i movimenti indigeni. È assolutamente falso, visto che né i popoli né le nazionalità indigene hanno concordato la realizzazione di alcun tipo di dibattito informativo sul TLC. Ciò che la CONAIE ed il Paese vogliono è una consultazione popolare affinché tutti gli ecuadoriani possano decidere se vogliono un TLC con gli Stati Uniti. È un’azione del tutto elementare e democratica, che però viene negata dal regime di Palacio e dagli imprenditori che controllano il governo per rispondere ai propri interessi e a quelli degli Stati Uniti.
Come pretende il regime di Palacio di compromettere il futuro dell’Ecuador, senza considerare l’opinione dei suoi cittadini? Come può giustificare che un TLC che va ad intaccare la vita di tutti noi venga deciso da un gruppo di funzionari, per di più pagati dagli stessi Stati Uniti? La CONAIE non cerca di imporre le proprie idee come il regime, ma lotta affinché tutti gli ecuadoriani possano conoscere a fondo, dibattere e decidere sul futuro e la sovranità del nostro Paese.
La CONAIE non ha preso e non prenderà le sue azioni in modo arbitrario. Non rispondiamo ad un cronogramma elettorale, né ad interessi come fa questo regime illegittimo. Stiamo presentando queste esigenze democratiche da diverso tempo. Continueremo la nostra marcia insieme alla maggior parte dei movimenti sociali, portando avanti azioni di resistenza e lotta. Nonostante le minacce, le repressioni e le menzogne.
La nostra forza sta nella difesa per la vita. Il nostro impegno con il Paese è la ferma volontà di costruire uno Stato Multinazionale e Democratico per tutti gli ecuadoriani. Invitiamo i popoli e le nazionalità indigene tutte, meticci, afroecuadoriani, contadini, giovani universitari, donne e cittadini in generale, ad unirsi a questa grande lotta per la vita contro il TLC.

Shuk shunkulla, un solo cuore; shuk makilla, un solo pugno,
shuk shimilla, una sola voce

Luis Macas
Presidente
Consiglio di Governo della CONAIE

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Nuova mobilitazione contadina in Perú
Venerdì, 31 Marzo 2006

Organizzazioni peruviane di contadini, riunite nel Comité Unitario de Gremios Agrarios, hanno manifestato giovedì scorso contro la firma del Trattato di Libero Commercio che il governo di Alejandro Toledo sta negoziando con gli Stati Uniti e pretende di firmare a breve tempo.
Secondo gli organizzatori, le principali corporazioni agrarie del Paese hanno rispettato le previsioni e circa dodici mila contadini hanno protestato contro l’accordo in tutto il territorio peruviano.
Al meno quindici manifestanti sono stati arrestati dopo gli scontri con la polizia nella regione meridionale di Pisco, durante una protesta promossa dai sindacati dei lavoratori di cotone.
I contadini prevedono che nel caso si concretizzi il TLC, verranno danneggiati circa due milioni di produttori agricoli e zootecnici peruviani.
Un comunicato della Coordinadora Nacional de Comunidades del Perú Afectadas por la Minería (CONACAMI – Coordinatore Nazionale delle Comunità Peruviane Vittime dell’Industria Mineraria), una delle organizzazioni che hanno convocato la protesta, definisce l’accordo commerciale con gli Stati Uniti come una “minaccia per la sovranità e la produzione agricola nazionale”.
Il presidente della CONACAMI, Miguel Palacin Quispe,ha assicurato durante le manifestazioni che il governo peruviano “vuole portarci a competere con i produttori agroindustriali degli Stati Uniti che possono contare su sussidi governativi”.
Il dirigente dell’organizzazione contadina ha affermato inoltre che il trattato “mette in pericolo la biodiversità e le conoscenze collettive dei popoli indigeni e delle comunità del Perù”.
Secondo Palacin Quispe, “è chiaro” che gli Stati Uniti mirano a controllare le risorse naturali, la biodiversità e l’acqua.
Il documento della CONACAMI aggiunge che “la parte più preoccupante” per questa organizzazione sono i capitoli del TLC che si riferiscono agli investimenti.
“E’ risaputo che l’industria mineraria è uno dei settori produttivi che concentra i maggiori investimenti stranieri e che attualmente ha un enorme potenziale di sviluppo di oltre 240 progetti minerari in Perù”, affermano i contadini.
Le vittime dell’industria mineraria temono che mentre le imprese “avranno molti e migliori vantaggi per investire nel Paese”, le comunità contadine non disporranno “di alcun meccanismo giuridico” di tutela di fronte ai processi di appropriazione delle terre.

Informazione di: Radio Programas de Perú

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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La Colombia negozia il TLC con diversi Paesi dell’America Centrale
Venerdì, 31 Marzo 2006

Il governo colombiano presieduto da Álvaro Uribe ha iniziato questa settimana le negoziazioni commerciali con Guatemala, Honduras e El Salvador per cercare di firmare il Trattato di Libero Commercio (TLC) con questi Stati.
Ci si aspetta che i negoziati durino circa un anno. Secondo il sito web colombiano Portafolio, specializzato in economia, la Colombia cercherà di inserire nel TLC anche Costa Rica, Repubblica Dominicana e Nicaragua.
Sebbene le economie di Guatemala, Honduras e El Salvador non siano forti a livello internazionale, il governo colombiano vuole approfondire le relazioni economiche con questi Paesi.
Portafolio spiega che “sebbene queste economie siano molto piccole, rappresentano comunque un’opportunità per gli imprenditori colombiani che l’anno scorso hanno esportato in Costa Rica, Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua e Repubblica Dominicana, 1.076 milioni di dollari”.
Secondo l’emittente colombiana Radio Cadena Nacional, il ministro del Commercio di questo Paese, Jorge Humberto Botero, ha dichiarato che l’intenzione dei negoziati era “ottimizzare l’accesso ad un mercato che nell’insieme dei Paese dell’America Centrale è più o meno delle stesse dimensioni di quello della Colombia”.
“Sono tutti parte dell’attività manifatturiera della Colombia, che nei Paesi dell’America Centrale hanno un enorme potenziale”, ha aggiunto Botero.
La Colombia potrebbe inoltre esportare a questi Paesi, in caso di firma del TLC, prodotti tessili ed industriali.
Radio Cadena Nacional aggiunge che sebbene il governo di Uribe non abbia voluto anticipare i prodotti sensibili delle negoziazioni con l’Amercia Centrale, i beni agricoli sono importanti in questa regione e potrebbero essere uno dei punti complicati delle discussioni.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Si preparano manifestazioni contro il BID in Brasile
Venerdì, 31 Marzo 2006

I contadini protesteranno anche contro le politiche del BID

Organizzazioni sociali brasiliane protesteranno nel fine settimana contro le politiche della Banca Interamericana per lo Sviluppo (BID, nella sua sigla spagnola), che terrà nella città di Belo Horizonte la sua assemblea annuale, nella quale verranno discussi diversi progetti riguardanti le infrastrutture energetiche per tutti i Paesi latinoamericani.
Gli organizzatori delle proteste contro l’assemblea ufficiale del BID criticano il fatto che in questo contesto si stia promuovendo la cosiddetta Iniziativa di Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana (IIRSA, nella sua sigla spagnola).
La IIRSA è stata approvata da tutti i presidenti dei Paesi del Sud America, durante un summit che si è tenuto a Brasilia nell’agosto del 2000, e ora vuole integrare Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Cile, Ecuador, Guyana, Paraguay, Surinam, Uruguay e Venezuela.
I presidenti concordarono in quell’occasione che l’obiettivo principale del progetto fosse di “promuovere lo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, dal punto di vista regionale”.
Secondo gli oppositori alla IIRSA, la proposta dei governi promuove la “estradizione intensiva” delle risorse naturali ed è “funzionale” alla strategia dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA).
Il Movimento brasiliano delle Vittime delle Dighe (MAB, nella sua sigla portoghese, branca di Vía Campesina Brasil) sta organizzando una marcia di oltre 200 chilometri per giungere sabato a Belo Horizonte e protestare “contro le politiche ed i progetti distruttivi” del BID.
Rappresentanti del MAB prevedono che durante la riunione dell’organismo di credito “potrebbero emergere nuovi progetti idroelettrici” e avvertono che il loro impatto incrementerà il già grande numero di famiglie colpite finora.
Secondo loro, a Belo Horizonte si discuterà, tra le altre cose, la costruzione di un complesso di centrali idroelettriche sul fiume Madeira, nella regione settentrionale dell’Amazonia.
Gli attivisti avvertono che se si realizzerà questo megaprogetto “migliaia di famiglie dovranno abbandonare le proprie terre e verranno distrutti milioni di ettari della regione più ricca di biodiversità al mondo”.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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La "sinistra" dell’acqua, di Carlos Santos*
Venerdì 31 marzo 2006

In Messico, tra il 14 e il 22 marzo scorso, hanno avuto luogo i due eventi internazionali più importanti legati all’acqua: da un lato, il IV Forum Mondiale dell’Acqua, patrocinato dalle grandi multinazionali del settore e dalle istituzioni finanziarie internazionali; dall’altro, il Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua, che ha raccolto organizzazioni e movimenti sociali di tutto il mondo che lottano in favore di una gestione pubblica, partecipativa e sostenibile dell’acqua.

L’Uruguay ha avuto un ruolo chiave in entrambi gli eventi: nel primo, i rappresentanti governativi hanno mostrato una posizione in linea con quella dei governi di Bolivia, Cuba e Venezuela, firmando una dichiarazione congiunta nella quale propongono di considerare l’acqua un diritto umano ed esprimono la propria preoccupazione per i possibili effetti degli "accordi di libero commercio" sull’acqua.

Nel frattempo, durante il Forum delle organizzazioni e dei movimenti sociali, il ruolo dell’Uruguay - con l’approvazione della riforma costituzionale del 2004 e il ruolo dominante dell’ organismo e sociale che lo ha sostenuto (la Commissione Dipartimentale a Difesa dell’Acqua e della Vita, CNDAV) - ha continuato ad amplificarsi e a ripercuotersi in tutto il mondo.

Da Caracas al Messico

L’evento che si è svolto in Messico è stato reso possibile grazie ad un processo di raggruppamento compatto tra le organizzazioni e i movimenti di America Latina, America del Nord ed Europa, cominciato durante il Forum Sociale Policentrico svoltosi a Caracas. In quell’occasione, durante l’ultima settimana di gennaio del 2006, era stata redatta una dichiarazione che raccoglieva le diverse prospettive dei movimenti sociali in merito alla questione dell’acqua e gettava le basi per la costruzione di una futura agenda comune.

Questo è stato uno dei documenti principali utilizzati per l’elaborazione della Dichiarazione proposta dal Ministro dell’Acqua della Bolivia, Abel Mamani - ex-dirigente della FEJUVE, Federazione delle giunte di quartiere di El Alto- durante il IV Forum Mondiale dell’Acqua. Il testo comprendeva quattro punti fondamentali: 1) considerare l’acqua come un diritto umano fondamentale , 2) gettare le basi per una gestione pubblica e partecipativa dell’acqua, 3) escludere l’acqua dagli accordi commerciali e 4) sottolineare i riferimenti critici al processo che aveva condotto ai Forum Mondiali dell’Acqua (nel caso del Forum del Messico, i partecipanti erano tenuti a pagare un’iscrizione pari a circa 120 dollari al giorno per poter partecipare).

Nel processo di negoziazione che si è svolto in Messico, la posizione della Bolivia è stata discussa con i rappresentanti ufficiali di Venezuela, Cuba, Brasile, Paraguay, Uruguay e alcuni paesi europei. In questo processo hanno avuto un ruolo importante i delegati dei movimenti sociali vicini a queste delegazioni. In realtà, una delle prime riunioni che ha facilitato questa negoziazione era stata coordinata nella marcia di apertura del Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua.

Alla fine, i quattro punti centrali della dichiarazione della Bolivia sono stati mantenuti nel testo della dichiarazione alternativa, con una clausola aggiuntiva relativa al tema del legame acqua-libero commercio, sottolineando la "profonda preoccupazione sui possibili impatti negativi che qualsiasi strumento finanziario internazionale, come ad esempio i trattati di libero commercio e degli investimenti, può avere sulle risorse idriche”. E' stato anche chiesto di “riaffermare il diritto sovrano di ogni paese a controllare e regolamentare le proprie risorse idriche" .

La gremita marcia di apertura del forum sociale dell’acqua ha posto, simbolicamente, alcune pietre miliari per il futuro: 1) permettere il consolidamento di un movimento globale in difesa dell’acqua, che raccolga le differenti prospettive ed erediti lo "spirito di Caracas" - come molti hanno definito il processo aperto e orizzontale che ha condotto alla suddetta dichiarazione - che, per la prima volta, e' stata in grado di coordinare gli sforzi nella realizzazione di un forum alternativo rispetto a quello ufficiale, 2) esprimere i punti di forza del movimento messicano in difesa dell’acqua, che nonostante fosse ad uno stadio iniziale, e' riuscito a riunire circa 50.000 persone nella propria mobilitazione e nelle iniziative precedenti e 3) dimostrare che esistono forti legami tra i movimenti e i rappresentanti di alcuni governi, soprattutto latinoamericani, i quali hanno dato loro voce nell'ambito delle discussione ufficiali.

Nel caso dell’Uruguay, la posizione dei delegati ufficiali, Carlos Colacce presidente di OSE (Obras Sanitarias del Estado) e José Luis Genta, Direttore Nazionale dell’Acqua (Ministerio de Vivienda, Ordenamiento Territorial y Medio Ambiente), segna un evento interessante di difesa dell’acqua come diritto umano – ciò che non è condiviso da tutti i paesi del MERCOSUR [mercato comune dell’America meridionale – NdT] (basti segnalare l’assenza del Brasile nella firma della dichiarazione alternativa) – e getta le basi per creare un ambito governativo regionale che inizi a fissare una posizione compatta sull’inclusione dell’acqua negli accordi commerciali, soprattutto in vista dell’imminente apertura del "pacchetto" dei servizi pubblici nell’Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).

A questi ambiti, al cosiddetto forum dell’acqua "ufficiale" – poiché si tratta di un forum d’affari che prevede la partecipazione di autorità - e a quello "sociale" , si è aggiunto una iniziativa di parlamentari, dal quale e' scaturita una forte dichiarazione, sottoscritta da legislatori di Bolivia, Brasile, Messico, Uruguay e Venezuela nella quale si chiede di sospendere "qualsiasi negoziazione sui servizi idrici e potabilizzazione di base nell'Accordo generale sugli scambi di servizi della OMC" aggiungendo la richiesta che "l’acqua, in tutti i suoi utilizzi e servizi, venga tolta dalla portata dei trattati bilaterali di investimenti".

I legislatori uruguaiani presenti in questo ambito - Jorge Patrone (Assemblea Uruguay) e Jorge Souza (Movimento di Partecipazione Popolare) hanno firmato questa dichiarazione nella quale si stabilisce che "la gestione delle risorse idriche sia pubblica, basata su un approccio partecipativo, democratico e integrato e che includa gli utenti nel processo decisionale".

Chiaramente, le posizioni delle organizzazioni sociali e dei rappresentanti governativi dell’Uruguay si sono incontrate in Messico in difesa del quadro costituzionale su cui conta il paese per la politica dell’acqua, nello spirito della carta magna che sancisce la via alla democrazia diretta con il supporto del 65% della cittadinanza.

* Membro di REDES-Amigos de la Tierra (Uruguay)

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Ermanno Geronzi - progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

La Francia promulga la legge sul primo impiego
Venerdì 31 marzo 2006

Manifestazione contro il CPE

Il Consiglio Costituzionale francese ha dichiarato legale la controversa legge sul primo impiego, che ha provocato settimane di proteste in Francia.

La proposta del primo ministro francese, Dominique de Villepin, per combattere la piaga della disoccupazione nel paese, denominata Contratto di Primo Impiego (CPE l’acronimo francese), che in apparenza conferisce un trattamento preferenziale ai giovani affinché siano assunti dai datori di lavoro, ha scatenato una grande opposizione da parte di chi ( soprattutto gli stessi giovani) afferma che tale legge genererà solo maggiore povertà e contribuirà a far sì che i datori licenzino i lavoratori aventi meno di 26 anni di età.

Il presidente Jacques Chirac, che si dice abbia preso una delle “decisioni più difficiltose” della sua carriera politica, terrà oggi un discorso teletrasmesso indirizzato a tutto il paese. Chirac ha l’ultima parola rispetto alla promulgazione della legge.

I dimostranti si oppongono alla legge del primo ministro, il CPE, che permette ai datori di lavoro di rescindere contratti con persone al di sotto dei 26 anni in qualunque momento nel corso del primo biennio .

Tutto il paese, in particolare il mondo universitario, è stato sconvolto da settimane di proteste. Studenti, sindacati e attivisti di sinistra hanno portato a termine una campagna e organizzato scioperi per diverse settimane. Martedì scorso hanno organizzato una delle più grandi manifestazioni contro la legge in tutto il paese, attirando milioni di cittadini francesi.

Secondo Indymedia di Parigi, gli studenti e i sindacati hanno annunciato un altro sciopero di un giorno previsto per martedì prossimo.

Più del 20% dei francesi tra i 18 e i 25 anni sono disoccupati, più del doppio della media nazionale.

Fonti: www.indymedia.org, www.lemonde.com , Foto: http://www.diariodenavarra.es

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Ermanno Geronzi - progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Funzionari paraguaiani per l’Ambiente definiscono "insolita" la protesta degli industriali del legno
Giovedì, 30 Marzo 2006

Funzionari della Segreteria per l’Ambiente del Paraguay hanno respinto la richiesta presentata dagli imprenditori del legname al governo paraguaiano affinché venga destituito, tra gli altri, il Ministro per l’Ambiente Alfredo Molinas.

I funzionari della Segreteria per l’Ambiente hanno definito il comportamento degli imprenditori del legno opportunista.
La Federación de Madereros del Interior, presieduta da Marcelo Pettit, chiede anche la destituzione del titolare del Servizio Forestale Nazionale, Miguel María Marengo, e la sospensione dei rappresentanti della Fiscalía per l’Ambiente Ricardo Merlo e José Luis Casaccia.
Per raggiungere questi obiettivi gli industriali della Federación de Madereros del Interior stanno organizzando assemblee di strada come forma di protesta.
Gli imprenditori del legno sono contrari ai controlli attuati dalle autorità ambientali paraguaiane, che ritengono del tutto arbitrari.
Secondo il mezzo d’informazione paraguaiano Neike, i funzionari della Segreteria per l’Ambiente del Paraguay ritengono che Petit abbia come unico obiettivo continuare a guadagnare denaro dallo sfruttamento delle risorse locali, mediante l’estrazione e la vendita di legno in maniera irregolare.
La Segreteria per l’Ambiente paraguaiana aggiunge anche che gli imprenditori del legno violano le leggi sull’attività industriale di quell’area.
Secondo Neike, l’incaricato dell’ufficio e direttore generale di controllo della qualità ambientale della Segreteria per l’Ambiente, Gustavo Rodríguez, ha definito insolite le proteste dei produttori di legname.
Rodríguez ha detto che il Paraguay è l’unico paese in cui una corporazione manifesta contro l’adempimento delle leggi ambientali.
Il funzionario ha aggiunto che sia la Segreteria per l’Ambiente, la Fiscalía per l’Ambiente e il Servizio Forestale Nazionale svolgono un lavoro serio al fine di garantire l’adempimento delle leggi sull’ambiene vigenti nel Paese. Tuttavia, ha riconosciuto che ciò non conviene e disturba la gran parte degli industriali del legname che lavorano al limite della legalità.
Secondo il quotidiano paraguaiano ABC, i produttori di legname questo giovedì hanno rinviato le assemblee di strada perché sostengono che il presidente paraguaiano, Nicanor Duarte, si sia impegnato a destituire Alfredo Molinas e Miguel María Marengo.
Venerdì della prossima settimana gli industriali del legno si riuniranno ancora con Nicanor Duarte, sperando che a quella data saranno già in carica le nuove autorità.

Traduzione di Sonia Chialastri, revisione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Contadini venezuelani chiedono al governo di mantenere le promesse.
Giovedì, 30 Marzo 2006

Il Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora del Venezuela ha manifestato lo scorso lunedì davanti alla sede della Vicepresidenza a Caracas, capitale del Paese, per reclamare all’Esecutivo il mantenimento di alcune promesse, denunciare atti di corruzione e chiedere di aprire un’inchiesta sui reati perpetrati contro i contadini.
Una dichiarazione emessa lunedì dal Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora informa che manifestano “contro la corruzione, la burocrazia, il riformismo e l’inadempienza degli accordi”.
I contadini hanno detto chiaramente di lottare per raggiungere la sovranità alimentare e per “concretizzare la rivoluzione bolivariana, non contro di essa, legata al suo leader storico e comandante della rivoluzione Hugo Chávez”.
Sono diversi gli impegni presi dal governo di Hugo Chávez, secondo i lavoratori venezuelani, e che non sono stati mantenuti.
Tra questi impegni figura l’aggiudicazione di organizzazioni contadine della rappresentazione nella Commissione Agraria Nazionale, l’indennizzo alle famiglie vittime della violenza sistematica dei contadini da parte di bulli pagati dai proprietari terrieri, e la designazione di 34 magistrati per indagare e giudicare sugli omicidi dei contadini.
I contadini aggiungono che il governo di Chávez si era anche impegnato ad indagare, punire e rimuovere dai propri incarichi militari e poliziotti accusati di corruzione, repressione, violazione dei diritti umani e crimini contro i contadini.
Secondo i lavoratori del Frente Ezequiel Zamora, l’Esecutivo venezuelano si sarebbe assunto la responsabilità di formare una commissione, composta da deputati e una quindicina di dirigenti contadini, incaricata di indagare sui casi di omicidio dei contadini.
I lavoratori aggiungono che il governo venezuelano aveva stretto degli accordi con loro sui temi del latifondismo, della previdenza sociale e dell’infrastruttura rurale, tra le altre cose.
Secondo il quotidiano venezuelano El Universal, un coordinatore nazionale del Frente Ezequiel Zamora, Robinson Rujano, ha spiegato che il Fondo per lo Sviluppo Agricolo, Zootecnico, Forestale ed Affini (FONDAFA) insieme alla Corporazione per l’Approvvigionamento ed i Servizi Agricoli sono debitori di grosse somme di denaro. “Circa 600 milioni di bolivares (circa 280.000 dollari) equivalenti al 75 percento del raccolto di mais prodotto dai membri del Frente Zamora”, ha affermato Rujano.
Ha inoltre affermato che FONDAFA concede “crediti a proprietari terrieri che accumulano grandi appezzamenti di terra”, ma non concede ai contadini i documenti agrari su terreni che hanno abitato e lavorato per anni, nonostante siano stati promessi loro da più di dieci mesi. Tali documenti permetterebbero ai contadini di lavorare e vivere su questi terreni.

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

I leader arabi decidono di sostenere la missione di pace nel Darfur e l'Autorità Palestinese
Giovedì, 30 Marzo 2006

 
Durante il loro summit a Khartoum, iniziato mercoledì, i leader dei paesi arabi hanno deciso di fornire supporto logistico e finanziario alla forza di peacekeeping dell'Unione Africana nella regione sudanese del Darfur.
Dodici capi di stato arabi su 22 membri della Lega Araba hanno partecipato alla sessione di apertura e hanno stabilito di concedere finanziamenti alle truppe dell'Unione Africana nella regione del Darfur, in Sudan.

L'UA non ha abbastanza denaro per sostenere la presenza delle sue 7000 truppe nel Darfur, e pertanto aveva intenzione di accettare di passare la missione all'ONU a partire da settembre. Il governo sudanese ha condotto un'aspra campagna contro il convolgimento dell'ONU e a favore del proseguimento della missione dell'UA.

Nel frattempo, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha deciso all'unanimità di estendere fino al 29 settembre 2006 il mandato di una commissione di esperti che monitora l'embargo di armi contro i belligeranti della regione. Il conflitto e la crisi umanitaria nel Darfur hanno già provocato la morte di 300.000 persone, per un totale di 2 milioni di persone colpite.

Il Consiglio ha raccomandato a tutti gli organi delle Nazioni Unite, all'Unione Africana (UA) e alle altre parti interessate di collaborare con la commissione, fornendole qualsiasi informazione possa essere utile per l'embargo delle armi e le sanzioni.I ministri degli esteri arabi hanno inoltre promesso di continuare a sostenere finanziariamente l'Autorità Palestinese, inviando “55 milioni di dollari al mese e raccomandando ai loro governi di eliminare il debito dell'Iraq che ammonta a milioni di dollari.”

Nel suo discorso di apertura, il Presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir ha invitato “la comunità internazionale a rispettare la volontà del popolo palestinese e a riconoscere le proprie responsabilità nel sostegno al governo palestinese, nato da elezioni libere e giuste.” 

Inoltre i leader hanno chiesto al mondo di aiutarli a rilanciare la pace in Medio Oriente e di rispettare i risultati delle elezioni palestinesi vinte da Hamas a gennaio.

Fonti:www.allafrica.com 
 
Traduzione di Isabella Mangani   - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Documenti e Dichiarazioni: Che il nostro grido si trasformi in una sola voce
Giovedì, 30 Marzo 2006

Organizzazione Nazionale degli Indigeni della Colombia (ONIC)

La voce dei nostri popoli
è la voce della terra,
della memoria,
della resistenza
e della Speranza.

L’Organizzazione Nazionale degli Indigeni della Colombia, fa un appello di solidarietà e sostegno verso i nostri fratelli indigeni dell’Ecuador, le organizzazioni sociali e popolari, insieme alla Confederazione di Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) nella giusta e dura lotta per la dignità, l’autonomia e la vita e contro il Trattato di Libero Commercio, che il governo ecuadoriano dovrebbe firmare con gli Stati Uniti, pregiudicando gli interessi del popolo ecuadoriano, contro il Plan Colombia, che peraltro non ha risolto la nostra crisi acuta, che non solo ci ha rinchiuso nei nostri territori, ma che oggi costringe i nostri fratelli all’esilio nel territorio ecuadoriano e aggredisce i territori e l’autonomia dei nostri fratelli.
Li appoggiamo incondizionatamente nella loro lotta eroica per la dignità, affinché venga estinto il contratto con la società petrolifera OXY e che essa esca dal Paese, poiché ha violato la legge ed ingannato lo Stato ecuadoriano, che è passato sopra le autonomie e le autorità e che sta dissanguando la nostra madre terra.
I nostri fratelli ecuadoriani manifestano dal 13 marzo scorso, nelle tre regioni del Paese. Stanno subendo azioni di repressione dal governo, e vi sono notizie sul maltrattamento di decine di compagni feriti, alcuni dei quali si trovano in gravi condizioni o sono stati arrestati. Questa violenza è totalmente ingiustificata, perché i nostri fratelli ecuadoriani, nella loro giusta ed esemplare lotta per l’autodeterminazione e la sovranità, hanno agito in modo pacifico, esercitando i propri diritti costituzionali ed il diritto ancestrale alla resistenza.

Rifiutiamo categoricamente e ardentemente:

La repressione che stanno portando avanti le forze armate e di polizia che si traducono in arresti di dirigenti e abitanti di varie province, perquisizioni militari presso comunità e villaggi, decine di feriti, minacce di cattura rivolte a dirigenti della CONAIE e della ECUARUNARI.

Davanti a questi fatti, ci rivolgiamo con un appello di solidarietà all’opinione pubblica nazionale ed internazionale per manifestare quanto segue:

- Condannare il comportamento del Governo di Alfredo Palacio di rispondere ad una giusta protesta del popolo ecuadoriano con la militarizzazione e la repressione generalizzata, con gravi conseguenze di violazione dei diritti umani, dei diritti collettivi delle popolazioni indigene, dei diritti civili universalmente consacrati in diversi strumenti giuridici internazionali.

- Responsabilizzare il Governo di Alfredo Palacio, il Congreso Nacional, le Forze Armate e di Polizia per la vita, l’integrità fisica e la libertà dei dirigenti della CONAIE e della ECUARUNARI, nonché di dirigenti, cantonali, parrocchiali e di popoli e nazionalità mobilitati.

- Esprimere la nostra unanime solidarietà come popoli fratelli, attraverso la lotta che portano avanti le nazionalità e le popolazioni del Ecuador, nonché l’insieme di organizzazioni sociali che si sono aggregate alla lotta per la dignità del popolo ECUADORIANO e contro il TLC. Solidarietà fraterna con i fratelli dirigenti della CONAIE e della ECUARUNARI per trasmettere loro il nostro messaggio di fermezza in questi momenti di lotta in difesa della vita e della dignità dei nostri popoli contro il Trattato di Libero Commercio, contro il Plan Colombia e contro la OXY che rappresenta una minaccia per i nostri popoli e la nostra sopravvivenza.

- Per tutto questo, con il pensiero libero, con la mente completamente volta verso i nostri sogni nel ricordo di coloro che hanno sacrificato la propria vita per la dignità, l’autonomia e la difesa dei nostri diritti; chiediamo la compattezza e l’unione necessarie alla preparazione di una grande manifestazione continentale contro il TLC che i nostri governi stanno promuovendo, una mobilitazione che porti a condannare i governi per i crimini infami commessi contro la dignità umana.

Unità, Territorio, Autonomia e Cultura.

Comitato Esecutivo della ONIC

Comunicato emesso il 21 marzo 2006, pubblicato sulla pagina web della ONIC.

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Notizie: Paraguay accusato di violazione dei diritti degli indigeni
Giovedì, 30 Marzo 2006

Accusano il Paraguay di violazione dei diritti degli indigeni
Il Tribunale Interamericano dei Diritti Umani è chiamato a giudicare lo Stato del Paraguay per “violazione dei diritti alla terra e attentati alla vita” nei confronti di comunità indigene appartenenti all’etnia enxet.
Il Tribunale, che sta tenendo a Brasilia, capitale del Brasile, il suo periodo di sessioni straordinarie, analizza un possibile rimborso economico per gli indigeni paraguaiani di fronte alla “sistematica violazione” dei loro diritti fondamentali, da parte dello Stato.
Secondo il quotidiano paraguaiano “Ultima Hora”, gli indigeni accusano il governo di aver violato diversi articoli della Convenzione Americana sui Diritti Umani.
Tra i vari articoli, il quotidiano sottolinea quelli relativi al diritto alla vita, all’integrità personale, alle garanzie sulla proprietà e la tutela giudiziale.
Gli indigeni, che per la maggior parte vivono nella regione del Chaco paraguaiana, sono affiancati dall’organizzazione non governativa Tierraviva.
Secondo alcuni membri di tale organizzazione, si è ricorsi alla denuncia al Tribunale Interamericano una volta esauriti “tutti i procedimenti giudiziari a livello locale”.
Si tratta del secondo caso di condanna da parte di indigeni nei confronti dello Stato paraguaiano che giunge a istanze sovranazionali, dopo che membri della comunità Yakie Axa, anch’essa appartenente al popolo enxet, vinsero nel 2005 un processo per la restituzione di territori ancestrali.
Un censimento realizzato in Paraguay nel 2002 ha rivelato che in questo Paese vivono oltre 85 mila indigeni, dei quali più della metà vive nella regione settentrionale del Chaco, soprattutto nei dipartimenti di “Presidente Hayes” y “Boquerón”.

Informazioni da: Ultima Hora www.tierraviva.org.py

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Greenpeace denuncia l’allarmante distruzione delle foreste vergini
Giovedì, 30 Marzo 2006

Meno del 10% della terra è ricoperta da foreste ancora intatte, e di questa superficie solo l’8% è adeguatamente protetto. Questo è quanto ha affermato Greenpeace, l’organizzazione protezionista internazionale, durante l’ottava riunione dei paesi firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (COP) che è in corso a Curitiba, nello stato brasiliano del Paraná, e che termina questo venerdì. I dati presentati da Greenpeace si basano su rilevazioni fotografiche satellitari.
Il responsabile della conservazione delle foreste di Greenpeace per la Russia, Alexei Uaroshenkov, ha dichiarato secondo quanto riferito dal quotidiano spagnolo El País che la metà della superficie boscata distrutta negli ultimi centomila anni è sparita a partire dal 1950.
Greenpeace ha dato l’allarme sulla velocità senza precedenti a cui si stanno distruggendo le foreste autoctone. Ogni due secondi, è stato detto a Curitiba secondo quanto riferisce il sito “Argentina Forestal”, viene deforestata un’area pari a un campo di calcio. Secondo il rapporto di Greenpeace l’attuale tasso d’estinzione delle specie animali e vegetali è all’incirca mille volte più accelerato di prima della comparsa della specie umana, e si prevede che lo diventi diecimila volte di più entro il 2050. Solo in 42 paesi restano superfici boscate intatte; è l’Europa, secondo El Paìs, il continente in cui si fa più fatica a trovare una foresta vergine.
Il 35% della superficie boscata intatta del pianeta si trova in America Latina, per la maggior parte in Amazzonia. Tuttavia, a quanto afferma uno studio dell’Università brasiliana dello stato di Minas Gerais, questo manto forestale potrebbe ridursi del 40 % nei prossimi 45 anni. Secondo Greenpeace, negli ultimi 30 anni in Africa sono praticamente sparite tutte le foreste vergini. La deforestazione ha tra le sue cause principali il taglio del legname a scopo industriale.
A questo ritmo si prevede che tra pochi anni non esistano più foreste vergini. Greenpeace spiega che l’aumento di superfici boscate, che avviene soprattutto nei Paesi occidentali, è dovuta a piantumazioni povere in quanto a varietà e con specie spesso estranee all’ecosistema locale, con danno quindi della biodiversità.

Traduzione di M. Guya, revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Protesta di tre giorni contro le elezioni di domenica prossima in Tailandia
Mercoledì 29 marzo 2006

Gli attivisti tailandesi hanno proposto una manifestazione della durata di tre giorni prima delle elezioni generali della prossima domenica, richieste dal Primo Ministro tailandese, Thaksin Shinawatra.

Migliaia di manifestanti stanno preparando una mobilitazione nel principale quartiere commerciale di Bangkok, capitale della Tailandia. Gli attivisti hanno in programma di marciare dallo Stadio Nazionale fino al nuovo centro commerciale (il più grande del sudest asiatico).

Thaksin Shinawatra ha a suo carico accuse di corruzione, i suoi oppositori hanno protestato per diversi mesi contro di lui e ora richiedono le sue dimissioni. Thaksin nega le imputazioni per corruzione e continua con la sua campagna elettorale, dichiarando di non volersi dimettere.

Questa manifestazione di tre giorni sarà l’ultima prima delle elezioni di domenica, nelle quali ci si aspetta la vittoria del partito di Thaksin (Thai Rak). I partiti dell’opposizione hanno annunciato un boicottaggio, che potrebbe invalidare i comizi.

La situazione politica in Tailandia diventa ogni giorno più complessa. Pipop Thongchai, leader del principale partito dell’opposizione, l’Alleanza Popolare per la Democrazia, assicura che l’attuale governo è il peggior nemico del popolo e appoggia le manifestazioni e le proteste.

Gli oppositori di Thaksin hanno organizzato mobilitazioni giornaliere di fronte all’ufficio del mandatario sin dai primi giorni di marzo, per manifestare contro le sue politiche economiche e sociali, per reclamare riforme nel campo dell’istruzione e per porre fine alla corruzione.

Le critiche sono aumentate dopo che la famiglia di Thaksin ha guadagnato 1.900 milioni di dollari non imponibili lo scorso gennaio con la vendita delle azioni della società di telecomunicazioni Shin Corp a investitori di una compagnia di Singapore.

Thaksin ha anche proposto l’inserimento nel nuovo governo dei partiti dell’opposizione nel caso venisse rieletto dalla maggior parte dei cittadini, i quali, secondo alcune inchieste, non lo vorrebbero come Primo Ministro per un altro periodo.

Traduzione di Cecilia Silveri, rev. Daniela Cabrera- progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal 
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Lavoratori accusano di omicidio un’azienda mineraria
Mercoledì 29 marzo 2006

Organizzazioni sindacali messicane hanno presentato una denuncia penale nei confronti di Grupo México per “omicidio industriale, premeditato e colposo”, nell’esplosione che a febbraio ha provocato la morte di 65 lavoratori in una miniera di carbone nello stato di Coahila, nel nord del Messico.I lavoratori accusano l’azienda di “irresponsabilità” per aver mandato i minatori all’interno di una miniera che era in “pessime condizioni”, e dove alla fine sono rimasti intrappolati.Secondo i sindacalisti, le cattive condizioni lavorative hanno “reso impossibili” i lavori di soccorso dei minatori che sono caduti in un fosso di circa 150 metri di profondità.Questa miniera sotterranea ha una capacità annuale di circa 280 mila tonnellate metriche di carbone, ma ora la sua attività è paralizzata.I dirigenti delle organizzazioni sindacali hanno minacciato di fare uno sciopero nazionale se l’azienda non si assume “tutta la responsabilità” del caso.D’altra parte, i familiari delle vittime si sono rivolti a deputati federali esigendo “l’inizio immediato” di un’indagine per verificare se i figli di Marta Sahagún, moglie del presidente Vicente Fox, hanno delle azioni di Grupo México.Secondo quanto hanno detto, è “vergognoso” che il mandatario abbia visitato la miniera “solo dopo la catastrofe”, e non abbia tenuto conto delle condizioni in cui lavoravano i minatori.I familiari dei 65 lavoratori morti hanno presentato nuovamente la loro accusa nei confronti di Grupo México e le autorità della Segreteria statale del Lavoro.

Hanno inoltre assicurato che gli ispettori di quest’ultima “non hanno mai visitato” gli impianti dell’azienda mineraria.

Da informazioni di: Vanguardia, La Jornada

Foto: http://www.elpolverin.com.mx

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La Monsanto semina morte tra i contadini indù
di Vandana Shiva*

Mercoledì 29 marzo 2006

In occasione dell’Ottava Conferenza sulla Convenzione dell’ONU per la Diversità Biologica, che verrà celebrata a Curitiba, Brasile, con le riunioni sul Protocollo per la Biosicurezza (20-31 marzo), ci saranno all’ordine del giorno i sementi assassini dell’industria delle biotecnologie. Semi che uccidono la biodiversità, i coltivatori e la libertà degli individui. Tra questi troviamo il Bt. Cotton della Monsanto, che ha già sommerso migliaia di agricoltori indù di debiti, gettandoli nella disperazione e nella morte. I governi di Australia, Nuova Zelanda e Canada, agendo da strumenti del governo degli Stati Uniti e dell’industria biotecnologica, cercano di minare la moratoria attualmente esistente – imposta dall’Unione Europea — su tutti gli alimenti e i sementi geneticamente modificati e sulla tecnologia cosiddetta Terminator, che fa produrre alle piante geneticamente modificate sementi sterili.

L’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio – NdT) si è espresso contro la moratoria dell’Unione Europea il 7 febbraio scorso. E il messaggio è chiaro: la libertà dei cittadini di scegliere ciò che desiderano coltivare e mangiare non ha carta di cittadinanza in un mondo regolato dai profitti delle grandi multinazionali. Il Bt. Cotton, un tipo di cotone geneticamente modificato venduto dalla Monsanto, ha ripetutamente ingannato gli agricoltori indù da quando l’impresa cominciò illegalmente i propri esperimenti nel 1998. E da quando è stata autorizzata, nel 2003, la commercializzazione dei suoi sementi. La pubblicità della Monsanto prometteva ai contadini una produzione di 15 quintali per acro e circa 226 dollari di ricavati aggiuntivi. Tuttavia, per numerosi agricoltori il Bt. Cotton ha significato la perdita di interi raccolti. Molti altri hanno raccolto in media solo tre quintali per acro, un quinto di ciò che era stato loro promesso.

Le nostre indagini sulle coltivazioni delle stagioni precedenti hanno mostrato per il Maharashtra e il Andrhra Pradesh raccolti medi di 1,2 quintali per acro. Uno studio condotto dal Centro per l’Agricultura Sostenibile ha dimostrato che mentre i sementi del Bt. Cotton costano ai contadini 36 dollari per acro, quelli dei coltivatori organici costano solamente 10 dollari per acro, ovvero meno di un terzo. Il Bt. Cotton deve essere spruzzato tre volte e mezzo con pesticidi, ad un costo di 59 dollari per acro. I coltivatori organici, invece, utilizzano per il controllo dei parassiti sostanze ecologiche che costano meno di 9 dollari per acro, cioè una sesta parte del costo del Bt. A causa dei costi elevati di coltivazione e degli esigui guadagni derivanti dal suo rendimento, i contadini indù si trovano intrappolati in gravi debiti, per riparare ai quali ci stanno rimettendo la vita. Nell’ultimo decennio, in India, si sono suicidati più di 40.000 agricoltori (anche se sarebbe più esatto parlare di omicidio o di genocidio). Più del 90% dei contadini che si sono tolti la vita a Maharashtra e Andhra Pradesh durante la stagione del cotone dello scorso anno avevano piantato Bt. Cotton. Tuttavia, i lobbisti delle biotecnologie come Graham Brookes e Peter Barfoot manipolano i dati per occultare questo orrore. Durante un recente viaggio in India, Brookes ha dichiarato che gli agricoltori indú, coltivando il Bt. Cotton, avrebbero ricavato 113 milioni di dollari, con un incremento di 45 dollari per ettaro. In realtà, utilizzare i sementi della Monsanto ha significato per i coltivatori 50 dollari in più per acro, che rappresenta più di 226 milioni di dollari in perdite. Questo è il motivo per cui i governi dell’Andhra Pradesh e del Gujarat hanno trascinato la Monsanto in tribunale.

La monopolizzazione dei sementi da parte delle multinazionali è una ricetta efficace per distruggere la biodiversità e gli agricoltori. Più del 90% del mercato dei semi geneticamente modificati è costituito da solo quattro tipi di colture: frumento, soia, colza e cotone. Solamente due varietà sono state commercializzate su vasta scala: le coltivazioni resistenti agli erbicidi e le coltivazioni di Bt. Cotton. E più del 90% del mercato dei sementi geneticamente modificati è controllato da una sola compagnia: la Monsanto.

Lo studio effettuato da Brookes e Barfoot non si basa su dati empirici di prima fonte, ma su estrapolazioni tratte da falsi presupposti e studi manipolati. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i lobbisti sostengono che il cotone resistente agli erbicidi farebbe guadagnare agli agricoltori nordamericani 66,59 dollari per ettaro di profitti aggiuntivi. Tuttavia, 90 coltivatori di cotone texani hanno citato in giudizio la Monsanto a causa delle enormi perdite subite nei propri raccolti: la Monsanto non li aveva avvertiti di un difetto del suo cotone geneticamente modificato. Con la causa intentata intendono ottenere risarcimenti per ciò che definiscono ”una lunga campagna di inganni”. Il tentativo di introdurre la tecnologia Terminator aumenterà la vulnerabilità degli agricoltori indù e minaccerà la biodiversità. Quando a gennaio scorso si è riunito a Granada il gruppo di lavoro sull’articolo 8(j) della Convenzione sulla biodiversità, gli Stati Uniti hanno sostenuto la falsa tesi, secondo la quale la tecnologia Terminator, una tecnologia che crea sterilità, farebbe “aumentare la produttività”.

Le popolazioni indigene considerano la tecnologia Terminator una minaccia alla propria libertà e sovranità. Come ha affermato in Brasile Mariana Marcos Tarine, a nome del Forum internazionale indigeno sulla biodiversità, “la tecnologia Terminator rappresenta una minaccia al nostro benessere e alla nostra sovranità alimentare, e costituisce una violazione del nostro diritto all’autodeterminazione”. E in gioco non c’è solo la libertà delle popolazioni indigene. La dichiarazione dell’OMC sulla questione degli OGM [organismi geneticamente modificati] minaccia la libertà di tutti noi sulla scelta dei sementi da coltivare e sul modo di nutrirsi. Nel 2003, quando il presidente Bush avviò le ostilità belliche, organizzammo una campagna mondiale. Nel corso della riunione dell’OMC 2005 a Hong Kong, io assieme all’agricoltore e attivista francese José Bové abbiamo inviato all’OMC più di 60 milioni di firme stampate in una dichiarazione nella quale si affermava che essere liberi da OGM è parte integrante del nostro diritto fondamentale a scegliere liberamente i raccolti che coltiviamo e gli alimenti che mangiamo. Non ci lasceremo ridurre in schiavitù dai giganti della genetica. Non permetteremo che i loro sementi assassini uccidano i nostri agricoltori e la nostra libertà. Continueremo a conservare i nostri semi come un dovere verso la creazione e la nostra comunità. Difenderemo le zone libere da OGM come zone della nostra biodiversità e della nostra libertà alimentare. Spargeremo semi di pace e blinderemo la fonte di diffusione dei sementi della morte.

* Vandana Shiva è una famosa analista politica e attivista hindú.

Pubblicato sul sito Internet: http://www.sinpermiso.info

Traduzione di Arianna Ghetti – Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

Interviste: “Tra l’8 e il 10 percento di Misiones è proprietà di Arauco”
Martedì 28 marzo 2006

Manifestazione contro la fabbrica di cellulosa

La fabbrica di cellulosa Alto Paraná, proprietà della società cilena Arauco, è quella che ha provocato maggiori danni ambientali nella provincia argentina di Misiones, situata a nordest del Paese.Secondo le organizzazioni ambientaliste che lavorano nella zona, il processo di deperimento di Misiones è impressionante.
Alto Paraná è la fabbrica che lavora la maggiore quantità di legno nella zona, visto che a Misiones esistono altre due aziende similari.Questo modello di produzione ha bisogno della creazione di piantagioni di monocolture su grande scala per fornire le cartiere.
Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina e membri di Amici della Terra Buenos Aires, hanno intervistato Rulo Bregagnolo, rappresentante del gruppo ecologista Cuña Pirú* che sta lavorando a Misiones.

Bregagnolo ha spiegato che gli effetti delle fabbriche di cellulosa di Misiones comprendono effluenti ed emanazione di schiume e liquidi scuri che si riversano direttamente nel fiume Paraná. L’odore nauseabondo è un’altra caratteristica della zona dove si trova la fabbrica.L’ambientalista argentino ha riassunto le principali conseguenze dell’attività delle fabbriche di cellulosa.“Le cartiere hanno un fulcro di inquinamento che sono gli effluenti, che vengono prodotti durante il processo di fabbricazione della carta e vanno a finire nel fiume Paraná. Il cattivo odore è un altro fattore che ovviamente ha i suoi effetti: è ciò che provoca l’azienda per raggiungere questi livelli di produzione che comportano il disboscamento massiccio dell’area.

Secondo Bregagnolo, le aziende proprietarie delle fabbriche di cellulosa di Misiones applicano “programmi di devastazione da 3.000 a 5.000 ettari all’anno, con i quali si fa tabula rasa della foresta della regione di Misiones”.L’inquinamento e l’attività sull’ecosistema provocano “la morte definitiva di una quantità inimmaginabile di specie nella provincia e la trasformazione del paesaggio e della biodiversità per poter piantare pini (per poi tagliarli ed utilizzarne il legno)”, ha aggiunto l’ambientalista.

*Cuña Pirú fa parte della Federazione Amici della Terra Argentina.

Intervista realizzata nell’ambito del Programma Argentina Sustentable, iniziativa di varie organizzazioni ecologiste e sociali del Paese.

Fonte: http://www.greanpeace.org

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Daniela Cabrera - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

L’ Unione Europea attende una decisione della Comunidad Andina de Naciones per negoziare il TLC
Martedì, 28 Marzo 2006

L’Unione Europea è tornata ad esprimere alla Comunidad Andina de Naciones (CAN) la sua intenzione di avviare i negoziati per la firma di un Trattato di Libero Commercio (TLC) tra i due blocchi.

Ciononostante, il blocco europeo ha comunicato a quello andino che è giunto il momento di chiarire se si ha la stessa volontà politica di negoziare un TLC. La Comunidad Andina de Naciones è formata da Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela.

L’Unione Europea vuole iniziare le negoziazioni con i cinque Paesi andini a maggio a Vienna, capitale austriaca, quando si terrà il summit Unione Europea – America Latina.
Secondo l’agenzia stampa AFP, il Commissario Europeo per le Relazioni con l’Estero, Benita Ferrero Waldner, ha dichiarato che l’UE spera di “poter avviare le trattative a Vienna. Ma dipende dalla volontà politica. Se quei Paesi vogliono andare avanti, possiamo, ma dipende da loro”.
Ferrero ha detto inoltre che i problemi interni che hanno gli Stati della Comunidad Andina de Naciones potrebbero rendere difficoltoso il processo dei negoziati con i Paesi dell’Unione Europea.
Il Commissario Europeo si riferisce ad alcune affermazioni del presidente del Venezuela Hugo Chávez, che venerdì ha dichiarato che la Comunidad Andina de Naciones “non esiste” a causa della decisione di Perù e Colombia – secondo il suo parere - di “pugnalare” la comunità mettendosi d’accordo con gli Stati Uniti per la firma di TLC individuali. Il Venezuela ha attualmente la presidenza di turno della CAN.
L’Ecuador da parte sua continua i negoziati per un TLC con gli Stati Uniti ed è possibile sperare che nel breve periodo giungano ad un accordo.
Il Venezuela ha tra i suoi attuali principali obiettivi accelerare il processo di entrata nel Mercato Comune del Sud (MERCOSUR), approvato a dicembre da Uruguay, Brasile, Argentina e Paraguay, che fanno parte di tale blocco.
Secondo il giornale venezuelano El Universal, il Segretario Generale della Comunidad Andina de Naciones, Allan Wagner, ha dichiarato di sperare che Chávez non ostacoli un eventuale negoziato per la firma di un TLC con l’Unione Europea.

Vedere nota relativa su Radio Mundo Real:
Lanzamiento de negociaciones para firma de un TLC entre Unión Europea y Comunidad Andina sin fecha segura

Foto: http://europa.eu.int Traduzione di Sonia Chialastri, revisione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Indigeni cileni si mobilitano per l’acqua
Martedì 28 marzo 2006

Organizzazioni indigene del Cile, per la maggior parte appartenenti all’etnia mapuche, hanno protestato nella regione dell’Araucanía, nel centro del paese, per chiedere alle autorità di migliorare i servizi idrici e idraulici.
Secondo un comunicato degli attivisti, l’impatto delle imprese forestali che si
sono insediate nella zona ha provocato la "mancanza di acqua", e in tale situazione i “più colpiti” risultano essere gli indigeni.
Gli organizzatori dell’iniziativa, alla quale hanno partecipato anche gruppi ambientalisti e sindacati, hanno fatto notare che una delle principali conquiste della manifestazione è stata la possibilità di "fare strada" al tema dell’acqua e della siccità nell’agenda regionale.
Hanno altresì dichiarato la necessità di “riempire di contenuti” la proposta di promuovere un “governo dei cittadini”, e hanno chiesto agli enti pubblici che forniscono servizi di acqua potabile di “essere coerenti” con il discorso ufficiale emanato dal Potere Esecutivo a seguito del mandato di Michelle Bachelet.
Secondo quanto segnalato dal mezzo di informazione Mapuexpress, l’unità del movimento mapuche consolida la propria “capacità di incidenza pubblica”, e nelle autorità provinciali “si stanno cominciando ad intravedere” altri stili di governabilità.
Si legge nell’articolo di Mapuexpress: "Il movimento indigeno si ricolloca come attore sociale chiave con il proprio modo di fare cittadinanza democratica".
Secondo l’articolo, la recente manifestazione per l’acqua condotta dal popolo mapuche “è stata un successo”; tuttavia, pone “nuove sfide” per ottenere ciò che sta chiedendo.
L’articolo conclude: “Oggi nessuno mette in dubbio il fatto che l’acqua sia parte fondamentale della piattaforma rivendicativa mapuche”.

Fonti: Mapuexpress , Diario El Gong - Foto: http://www.mapuche.info/

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia SIlveri – progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

I francesi scendono in strada per protestare contro la nuova legge sull’impiego
Martedì 28 marzo 2006

Centinaia di migliaia di persone hanno protestato martedì sera contro le nuove leggi sull’impiego introdotte dal governo francese, paralizzando il Paese; uno sciopero nazionale aveva già chiuso gran parte delle reti di trasporto del Paese. Lavoratori e studenti in più di 100 città hanno chiesto al governo di abolire il nuovo contratto d’impiego, denominato “contratto di primo impiego” (CPE, l’acronimo francese).
Il CPE permette ai datori di lavoro di “rescindere contratti lavorativi di coloro che hanno meno di 26 anni d’età in qualsiasi momento in un periodo di due anni, senza essere tenuti a fornire spiegazioni né preavviso”.
Il governo difende la legge dichiarando che “spronerà” i datori di lavoro ad assumere personale
giovane; tuttavia, gli studenti temono che colpirà la stabilità lavorativa in Francia, dove più del 20% degli abitanti tra i 18 e i 25 anni è disoccupato.
I sostenitori della legge ritengono che favorirà l’assunzione di personale, mentre gli oppositori affermano che la legge permetterà fondamentalmente ai datori di lavoro di utilizzare lavoratori giovani per due anni per poi licenziarli, evitando in questo modo di dover fornire loro i benefici sociali propri dei contratti a lungo termine.
Secondo un’inchiesta pubblicata lunedì da Le Monde, il 63 percento dei francesi si oppone alla decisione del Primo Ministro, Dominique de Villepin, di conservare la legge.
Indymedia Francia ha informato che gli organizzatori delle proteste ritengono che i parigini siano stati testimoni martedì sera della più grande protesta nella città mai vista prima, mentre a Marsiglia i sindacati hanno informato che la manifestazione ha visto la partecipazione di un numero di persone tra i 200.000 e i 250.000.
Tutto il paese ha difficoltà ad utilizzare i mezzi di trasporto, per il fatto che i lavoratori del settore
si sono uniti allo sciopero. A Parigi, la metropolitana ed il servizio urbano dei trasporti erano già colpiti dallo sciopero.
La presenza delle forze dell’ordine è aumentata in tutto il paese. Secondo l’emittente CBC News, “Il presidente francese Jacques Chirac ha annullato un viaggio all’estero, la Torre Eiffel
rimane chiusa ai visitatori e le edizioni di molti quotidiani non sono state pubblicate”, per via delle
proteste.

Fonti: www.cbc.co.uk , www.lemonde.com ,

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Membri delle FARC accusati dal sistema giudiziario statunitense
Martedì 28 marzo 2006

Il pubblico ministero statunitense Alberto Gonzáles ha presentato delle imputazioni a carico di 50 leader e membri delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). Se verranno arrestati, i guerriglieri potrebbero essere estradati.Gli Stati Uniti offrono una ricompensa di 75 milioni di dollari per informazioni che permettano l’arresto dei guerriglieri.Gonzáles accusa i membri della guerriglia colombiana di gestire la distribuzione di oltre la metà della cocaina in circolazione nel mondo e di essere i principali fornitori del mercato statunitense.I capi d’accusa da parte del pubblico ministero statunitense sono stati presentati mercoledì scorso e, secondo la rivista colombiana Semana, si tratta di “una delle principali manifestazioni di appoggio degli Stati Uniti al presidente (colombiano) Álvaro Uribe”.
Secondo la rivista, Gónzalez ha affermato che si tratta della “più grande accusa per narcotraffico presentata nella storia degli Stati Uniti ed incrementa la nostra speranza di ridurre la violenza legata alla droga in Colombia e di soffocare l’enorme quantità di droghe illegali che entrano nel nostro Paese”.
Semana aggiunge che “è la prima volta che gli statunitensi riescono ad accusare un gruppo che hanno tenuto di mira per diversi anni. La notizia è stata la ciliegina sulla torta per Uribe”.Il presidente colombiano ha sempre definito i membri delle FARC come terroristi, sequestratori, violatori dei diritti umani, assassini e trafficanti di droga, tra le altre cose.
L’appoggio degli Stati Uniti ad Álvaro Uribe nella sua politica di lotta al traffico di droga in Colombia, inquadrato nella strategia militare dei due Stati, il cosiddetto Plan Colombia, è stato fondamentale.Semana afferma che “sarà sempre più difficile per la guerriglia divulgare il proprio pensiero rivoluzionario dopo che sarà stata qualificata da Washington (capitale degli Stati Uniti) come il cartello del narcotraffico più grande della storia”.Tuttavia, alcune organizzazioni colombiane si sono dichiarate contrarie all’imputazione nei confronti dei guerriglieri colombiani presentata dagli Stati Uniti.L’azione legale è considerata da queste organizzazioni come un’ingerenza inammissibile nelle questioni di politica interna della Colombia.
Secondo la rivista Semana, l’annuncio ha provocato in Colombia la sensazione che si stia allontanando sempre di più la possibilità di raggiungere “un accordo di pace definitivo con la guerriglia, dato che l’estradizione è considerata uno scoglio verso qualsiasi negoziazione”.

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Gianni Tarquini - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

l’opposizione tailandese rifiuta l’offerta del Primo Ministro
Martedì 28 marzo 2006

In Tailandia, i principali partiti dell’opposizione hanno rifiutato l’offerta del Primo Ministro di questo Paese, Thaksin Shinawatra, di “inserirli” nel suo nuovo governo in caso di rielezione nel prossimo fine settimana. Thaksin assicura che offrirà ai suoi oppositori posizioni importanti nel gabinetto, a condizione che non si presentino alle elezioni.
I partiti dell’opposizione hanno protestato per mesi contro il governo di Thaksin e la sua proposta di rielezione.Secondo la stampa tailandese, il Primo Ministro Thaksin ha dichiarato ai giornali che questa formazione di governo “darebbe una nuova unità al Paese”.
Sia i manifestanti antigovernativi che i membri dell’opposizione hanno respinto l’offerta di Thaksin.Sondhi Limthongkul, uno dei principali leader delle manifestazioni contro Thaksin, ha detto alla televisione nazionale che il Primo Ministro è “impazzito”.

“Ha proposto un governo di unità nazionale e ci ha invitato ad unirci dopo aver etichettato i suoi oppositori come i ‘cattivi’”, ha aggiunto Sondhi.A seguito dei commenti rilasciati domenica scorsa da entrambe le fazioni, le mobilitazioni contro Thaksin sono continuate nella capitale. Migliaia di persone hanno manifestato nel quartiere commerciale di Bangkok.

Ci si aspettano ulteriori proteste questa settimana, prima delle elezioni di domenica prossima. La Commissione Elettorale ha dichiarato che si sono registrate per votare 681.116 persone, di più rispetto agli ultimi comizi, tenutisi a febbraio 2005.

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Si prepara la giornata di solidarietà con Haiti
Lunedi' 27 marzo 2006

Organizzazioni sociali di varie parti del mondo preparano per questa settimana una "giornata di solidarietà con la popolazione di Haiti", durante la quale, tra le altre cose, si reclamerà il "ritiro immediato" delle truppe straniere che occupano militarmente il Paese.

Secondo un comunicato della Assemblea dei Movimenti Sociali, che ha promosso quest'attività nell'ambito del Forum Sociale Mondiale, tenutosi a gennaio in Venezuela, l'obiettivo di questa campagna di solidarietà è quello di rafforzare la "sovranità e l'autodeterminazione" di Haiti. Gli attivisti aggiungono che il Paese caraibico ha bisogno che il suo debito estero, da loro definito illegittimo, venga "annullato in modo incondizionato ed immediato".

Inoltre affermano che nel 2005 i pagamenti versati agli organismi di credito multilaterali hanno rappresentato la spesa più importante del budget nazionale haitiano.

Nel documento si condanna fortemente la Missione di Stabilizzazione dell'Onu nel Paese (Minustah, dal suo acronimo in francese) e si afferma che, dietro al presunto "aiuto umanitario", si nasconde un "umiliante" intervento militare.
“E’ giunto il momento di iniziare a saldare il nostro debito storico con il popolo haitiano", reclamano le organizzazioni che hanno firmato il documento.
Gli attivisti ricordano che Haiti è stato il "primo Paese nero e schiavo" ad ottenere l'indipendenza politica e che il suo contributo è stato fondamentale per "tutte le battaglie di emancipazione"
dell'America Latina.
Aggiungono inoltre che "dopo 202 anni, purtroppo, il suo popolo sa ancora lottando per far rispettare la sua sovranità e il suo diritto all'autodeterminazione e per ottenere condizioni di vita degne per tutti gli uomini e le donne del Paese".
Secondo quanto indicato nel testo dell'Assemblea dei Movimenti Sociali, l'impoverito Paese caraibico "riflette una sintesi della dominazione a cui sono sottoposti le popolazioni del Sud" , e rappresenta un esempio di "dignità e lotta per la conquista della vera indipendenza".

"Ad Haiti è in gioco il futuro di tutti i nostri popoli; la sua lotta è la nostra lotta", conclude il documento.

Informazioni tratte da:
Minga Informativa de Movimientos Sociales
Foto: http://haiticulture.com

Traduzione di Loredana Stefanelli – Revisione di Cecilia Silveri
Progetto Terre Madri Radiomundioreal – Traduttori per la pace
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Stati Uniti ed Ecuador cominciano ad analizzare il capitolo sull’agricoltura del TLC
Lunedì 27 marzo 2006

Questo lunedì, Stati Uniti ed Ecuador inizieranno a Washington, capitale dello stato nordamericano, le discussioni sul capitolo agricolo nell'ambito del Trattato del Libero Commercio (TLC), in fase
di negoziazione tra i due Paesi.

Il team di negoziazione ecuadoriano, guidato da Manuel Chiriboga, attende dagli Stati Uniti una risposta riguardo alla proposta in ambito agricolo presentata nel novembre del 2005. Chiriboga ricopre anche il ruolo di coordinatore della tavola di negoziazione agricola.
Lo scorso novembre, il negoziatore ecuadoriano aveva chiesto agli Stati Uniti una risposta alla proposta agricola del suo Paese ed aveva avvertito che, in caso contrario, le negoziazioni si sarebbero arenate.
Ad ogni modo gli Stati Uniti hanno ritardato la risposta e, come hanno sempre fatto nelle negoziazioni di trattati simili, hanno relegato all'ultimo posto il problema agricolo tanto importante per l'Ecuador e l'America Latina.
Questa tattica permette loro di far dipendere alcune concessioni già fatte o che sono disposti a fare su altri argomenti dall'accettazione o meno da parte dell'Ecuador delle condizioni prospettate in materia agricola.
Il mezzo stampa ecuadoriano El Comercio ha aggiunto che, nella proposta agricola presentata dall'Ecuador, il team di negoziazione di questo Paese ha precisato quali sono i prodotti che desidera proteggere dall'apertura commerciale, dal momento che includerli nel trattato avrebbe un impatto negativo in quel settore rurale e a livello lavorativo.
Questi prodotti includono il riso, il mais e i latticini. Esistono comunque prodotti agricoli e zootecnici che l'Ecuador è disposto a negoziare perché pensa che possano essere maggiormente richiesti nel mercato statunitense.
Tra questi prodotti vi sono la frutta tropicale, i derivati del latte e del cacao e il tabacco, fra i tanti.
Secondo El Comercio, lo Stato sudamericano pretende una quota addizionale di esportazione verso gli Stati Uniti di 80.000 tonnellate di zucchero.
Sempre lo stesso giornale spiega che, in accordo con formule già utilizzate dagli Stati Uniti in altri trattati commerciali, se loro accettano un incremento della quota di esportazione dello zucchero,
l'Ecuador dovrà accettare l'importazione di glucosio di mais statunitense.
Secondo il team di negoziazione ecuadoriano, le trattative agricole potrebbero terminare nei primi giorni di aprile. Si spera che, in seguito alle negoziazioni, il sistema dei dazi oggi in vigore subisca dei
cambiamenti.
Durante l'ultima settimana, settori ecuadoriani contrari alla firma di un TLC tra gli Stati Uniti e l'Ecuador si sono mobilitati contro questo trattato, soprattutto a Quito, capitale del Paese. Il governo ecuadoriano, presieduto da Alfredo Palacio, ha contestato le manifestazioni utilizzando la repressione politica.
Il presidente della Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’ Ecuador (CONAIE) Luis Macas sta percorrendo varie province del Paese nel tentativo di trovare l'appoggio di settori contrari al TLC.
Secondo il quotidiano ecuadoriano La Hora, l'obiettivo della CONAIE sarebbe quello di unire l'appoggio popolare a quello delle organizzazioni per un'eventuale sollevazione popolare.

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Traduzione di Loredana Stefanelli – Revisione di Cecilia Silveri
Progetto Terre Madri
Radiomundioreal – Traduttori per la pace
www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Gli indigeni paraguaiani "vittime della schiavitù"
Lunedì 27 marzo 2006

Comunità indigene: le più colpite dalla povertà in
Paraguay

Un recente rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) rivela che la popolazione maggiormente colpita dalla piaga della schiavitù in Paraguay è quella indigena guaraní, e che nella maggioranza dei casi coloro che applicano questo tipo di pratica sono le grandi classi rurali.
Il documento, stilato dall'antropologo Eduardo Bedoya, è stato presentato nell'ambito di un seminario sul lavoro "schiavista" nel corso della II Conferenza Internazionale sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo Rurale, tenutasi nella città brasiliana di Porto Alegre.
Durante il convegno, promosso dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione el'Agricoltura (FAO), il consulente dell'OIL ha assicurato che degli oltre 12 milioni di "schiavi" presenti in tutto il mondo, quasi un milione e mezzo vivono in paesi dell'America Latina e nei Caraibi.
Bedoya ha spiegato che la popolazione rurale rappresenta il 75 percento dei poveri del mondo, e che fattori quali la "mancanza di accesso alle terre, la povertà e l'assenza dello Stato" favoriscono lo sfruttamento nelle zone rurali.
Secondo quanto confermato dall'antropologo, anche in paesi come la Bolivia e il Perù, la popolazione indigena risulta essere la più sottomessa a condizione di schiavitù.
Ha aggiunto che circa 20 mila indigeni peruviani vengono "sfruttati" nelle attività di silvicoltura nella regione amazzonica del paese, e che i loro reclutatori "imprigionano intere famiglie" e le costringono a lavorare.
Bedoya ha anche dichiarato che nel caso della Bolivia la maggior parte dei casi di schiavitù si registrano nella produzione di canna da zucchero, e che in alcune classi sono stati scoperti casi di "pene severe" ai lavoratori, comprese punizioni corporali.
Fonti:
http://www.lanacion.com.py
Foto: www.cruzroja.org

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Cecilia Silveri progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Terzo giorno di mobilitazioni contro il muro di confine con gli Stati Unit
Lunedì 27 marzo 2006

Migliaia di immigrati latinoamericani hanno manifestato nel fine settimana nella città statunitense di Los Angeles contro il progetto di legge che promuove la costruzione di un muro al confine con il Messico. Secondo gli oppositori, questa polemica riforma migratoria “criminalizza” gli stranieri privi di documenti ed inasprisce i controlli di frontiera.
Il progetto, che si inizia a discutere lunedì al Senato e che è già stato approvato dalla camera bassa del Congresso, comprende normative che colpiscono “in modo pesante” i clandestini, che verrebbero così classificati come “criminali”.
Le organizzazioni di immigrati latinoamericani hanno annunciato nuove manifestazioni per questa settimana, dopo che sabato si è tenuto a Los Angeles uno degli atti di protesta più importanti degli ultimi anni.

Le forze dell’ordine di questa città hanno stimato la partecipazione di circa 500 mila persone alla manifestazione organizzata dai gruppi della comunità latina.

L’Unione dei Lavoratori Contadini (UFW è la sigla inglese), insieme ad altri gruppi di ispanici, tra i quali Hermandad Nacional Mexicana, hanno fatto un omaggio al sindacalista César Chávez, assassinato in Arizona nel 1993.

Durante questa celebrazione, che si è tenuta nella cattedrale di Los Angeles, sono stati anche lanciati proclama contro l’inasprimento delle politiche migratorie che promuovono i settori più conservatori del Partito Repubblicano al governo.
Gli organizzatori della manifestazione hanno ricordato che solo nella città di Los Angeles vivono circa 4 milioni di immigrati latini, che rappresentano oltre il 44% della popolazione totale.
I contadini esigono che venga rispettata “la dignità di tutti gli esseri umani negli Stati Uniti”, e hanno chiesto la regolarizzazione dei quasi 12 milioni di immigrati che vivono nel Paese.
Secondo i loro pronostici, queste riforme migratorie rafforzeranno i controlli alle frontiere, tratteranno i clandestini come criminali e infliggerà pene maggiori a chi assumerà stranieri.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Evo Morales ha annunciato la sua strategia di fronte all’elezione dei costituenti
Lunedì 27 marzo 2006

Il presidente boliviano Evo Morales la scorsa domenica ha annunciato che parte della strategia del Movimento al Socialismo (MAS), partito che lo portò alla presidenza, per avere una maggior quantità di candidati nell’Assemblea Costituente è presentare candidati che fanno parte di altri raggruppamenti politici con i quali si possono stringere alleanze.

L’elezione dei costituenti si terrà il 2 luglio prossimo. Morales ha presentato il suo annuncio durante il discorso di inaugurazione della casa di campagna del MAS per l’Assemblea Costituente nella zona di Sopocachi, quartiere della capitale La Paz.

Morales ha chiesto ai raggruppamenti che compongono il MAS di frammentare la partecipazione dei propri membri e di presentare alle elezioni i candidati con sigle diverse.

Questa strategia sarà particolarmente utilizzata nelle regioni in cui il MAS riscuote maggiore sostegno, per riuscire ad avere i tre rappresentanti per ogni circoscrizione.

Secondo il quotidiano boliviano La Razón, Morales ha già stretto alleanze, tra gli altri, con i sindaci di La Paz, Cochabamba ed Oruro, rispettivamente leader dei raggruppamenti Movimiento Sin Miedo, Ciudadanos Unidos e Movimiento San Felipe de Austria.

Verranno eletti 255 membri dell’Assemblea, tre per ognuna delle 70 circoscrizioni del Paese e cinque per ognuno dei 9 dipartimenti.

Parte della strategia è anche presentare il MAS con sigle e candidati propri in alcune regioni, e cercare alleanze con altri raggruppamenti cittadini locali in altre.

L’obiettivo principale dell’Assemblea Costituente, che inizierà il suo lavoro il 6 agosto, è redigere una nuova Costituzione, che in seguito dovrà essere sottoposta a referendum per essere approvata dal popolo boliviano.

Secondo il quotidiano boliviano La Prensa, domenica Morales ha dichiarato: “Non possiamo regalare il terzo membro dell’Assemblea alla destra (…). A tal proposito, ieri abbiamo deciso a El Chapare che quattro federazioni si presenteranno con il MAS, mentre le altre due avranno sigle diverse, in modo da garantire il terzo costituente in ogni circoscrizione”.

andatario ha aggiunto che il MAS ha adottato questa strategia perché i partiti oppositori non hanno accettato di dargli i tre costituenti a circoscrizione, sebbene Evo Morales abbia ottenuto oltre il 50 percento dei voti nelle elezioni presidenziali dello scorso dicembre.

Secondo La Prensa, Morales ha aggiunto che “vi sono molti modi per garantire il terzo costituente, loro (la destra) non hanno voluto, ma non mi interessa”.

Il presidente boliviano ha inoltre aggiunto che la sua organizzazione “non permetterà ai partiti di destra di avere un rappresentante; (non è d’accordo sul fatto che) quando il MAS può ottenere più del 90 percento dei voti possa avere due costituenti, mentre loro possano averne uno quando non rappresentano nessuno”.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Asia: Una ex dissidente politica candidata alla carica di Primo Ministro della Corea del Sud
Venerdì 24 marzo 2006

Han Myung-Sook, una ex dissidente politica e femminista, è stata designata dal presidente della Corea del Sud, Roh Moo-hyun,  a diventare la prima donna Primo Ministro del paese. Essa ha già svolto la funzione di ministro dell’uguaglianza dei sessi sudcoreano, e prima ancora è stata ministro dell’ambiente.

Myung-Sook è una legislatrice dell’URI, il partito al potere. Ha combattuto i dittatori della Corea del Sud negli anni ’70 e ’80 ed è stata in prigione per due anni per aver partecipato ad attività in favore della democrazia nel 1979. Secondo la costituzione sudcoreana, il Primo Ministro è a capo del gabinetto ed è secondo al presidente come autorità. Il precedente Primo Ministro della Corea del Sud, Lee Hae-Chan, si è recentemente dimesso a causa di una polemica partita di golf che stava giocando durante uno sciopero nazionale delle ferrovie.

Han Myung-Sook ha annunciato che rappresenterà le donne emarginate del suo paese, che contano su di lei. Dice di sapere che molte delle donne emarginate della Corea del Sud contano su di lei per essere rappresentate in futuro.

La sua nomina a Primo Ministro deve essere ancora approvata dal Parlamento, dove il partito dell’URI non ha la maggioranza, tuttavia la sua immagine pulita senza alcuno scandalo nel passato, le da un vantaggio, secondo quanto affermano gli esperti.

Fonti:www.interworldradio.net ,  www.voanews.com

Traduzione di Elena Tagliata – progetto Terre Madri -
Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
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Non privatizziamo la biodiversità: “Spegniamo il fuoco delle multinazionali”
Venerdì 24 marzo 2006

La visita di Roberto Requiao – Governatore dello Stato del Paranà, Brasile – al luogo dove le delegazioni indigene hanno organizzato attività parallele all’8° Meeting della Conferenza delle Parti alla Convenzione sulla Diversità Biologica (COP 8) tenutosi a Curitiba, si è rivelata essere un atto di sostegno e di riconoscimento alla lotta delle diverse nazionalità indigene contro le aziende multinazionali in America Latina.

Requiao è stato accolto dalle diverse nazioni che sono arrivate a Curitiba, e mentre i nativi organizzavano una cerimonia di benvenuto in suo onore – che consisteva nell’accendere un fuoco a terra – egli dichiarava che le nazioni indigene lì riunite avrebbero dovuto fare un grande rituale dell’acqua per “spegnere definitivamente il fuoco delle multinazionali” che operano in America Latina.

La delegazione del governo del Paranà guidata da Requiao è stata presentata ai gruppi indigeni da Marcos Terena, amministratore di un affiliata della Fondazione Nazionale della popolazione Indigena (FUNAI) e rappresentante brasiliano dell’ONU per i diritti dei popoli indigeni.

L’amministrazione di Requiao potrebbe essere definita molto sensibile alle questioni ambientali, fino al punto che il Paranà è pubblicamente definito come “la terra che resiste agli OGM”.

Il giorno della visita di Requiao alle delegazioni indigene, è stata firmata una disposizione di legge di stato per costringere le aziende ad etichettare i prodotti che consistono di OGM e che vengono venduti in tutto lo Stato del Paranà.

Anche se le nazioni indigene hanno partecipato all’incontro plenario del COP 8, gli osservatori ed i rappresentanti delle organizzazioni e dei movimenti ambientalisti che erano presenti a Curitiba, sono stati d’accordo nel denunciare la partecipazione inefficiente ed ipocrita che il segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica ha dato alle popolazioni indigene.

Traduzione di Elena Tagliata – progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
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L’Unione Europea testerà gli immigranti
Venerdì 24 marzo 2006

L’Unione Europea chiederà agli immigranti di firmare un “contratto di integrazione”, giurando “libertà di espressione e rispetto di tutte le fedi religiose”. I ministri dell’interno del G6 - gruppo di sei paesi dell’Unione Europea (Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia) - hanno annunciato che agli immigranti potrà anche essere richiesto di imparare la lingua locale.

Secondo la dichiarazione dei ministri, coloro che arrivano in Europa potrebbero essere obbligati a sostenere un test, nel quale dovranno dimostrare la propria conoscenza del paese ospitante. Tale test si dice essere stato progettato da un gruppo di esperti, e inizialmente verrà imposto in alcuni paesi, per poi estendersi anche a tutti gli altri membri dell’Unione Europea.

L’UE ha dichiarato che la decisione è stata presa in seguito a diversi “attacchi terroristici”, tra il timore che l’estremismo islamico si intensifichi in alcune comunità musulmane residenti in Europa.

La Gran Bretagna ha già introdotto contratti che prevedono test e cerimonie per coloro che aspirano ad ottenere la cittadinanza britannica. Un portavoce ha affermato che il governo stava “considerando la possibilità di introdurre esami di lingua inglese per qualsiasi immigrante desideri la residenza permanente in Gran Bretagna, senza ottenere la cittadinanza".La Gran Bretagna non è l’unico paese ad aver introdotto questi “test”. Una settimana fa, l’Olanda ha annunciato il suo nuovo processo di immigrazione, che include esami di lingua e di cultura e un ammontare di 375 ore di studio nel paese di origine prima di emigrare.

I ministri hanno anche convenuto che un gruppo di lavoro potrebbe “ampliare gli elementi del potenziale contratto di integrazione” che era stato inizialmente proposto da Nicolas Sarkozy, Ministro dell’Interno francese, probabilmente ispirato dall’esperienza francese, la quale dal 2004 ha imposto un “contratto nazionale di benvenuto e integrazione” dopo aver implementato progetti pilota l’anno precedente.

Fonti: www.interwor

ldradio.net , www.times.co.uk

Tradotto da Arianna Ghetti – progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

L’Argentina statalizza i servizi idrici
Venerdì 24 marzo 2006

Il governo argentino ha deciso martedì di ri-nazionalizzare i servizi idrici a Buenos Aires, e rescindere il contratto delle imprese europee Suez e Aguas de Barcelona, socie del consorzio Aguas Argentinas.

La società, che nel 1995 ha ricevuto un finanziamento di 70 milioni di euro dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), non stava realizzando gli investimenti accordati né adottò le misure necessarie per gestire l’elevato livello di nitrato nell’acqua che compromise la salute degli abitanti.

Nonostante il fallimento in termini di fornitura e qualità dell’acqua, la società pretese un incremento delle tariffe. Anche la Suez intentò un’azione legale per 1.400 milioni di dollari contro il governo per non voler permettere il suddetto aumento.

Alla fine il governo decise di rescindere il contratto delle imprese private e di passare i servizi in mano allo Stato, attraverso la creazione della compagnia Aguas y Saneamiento Argentino.Magda Stoczkiewicz, dell’Osservatorio corporativo dell’Europa (sigla inglese: CEO – Corporate Europe Observatory - NdT), incaricato di monitorare l’operato della BEI, ha dichiarato che “non si tratta dell’unico progetto” nel quale l’organo di credito appoggia il settore privato affinché amministri i servizi idrici.

Secondo quanto dichiarato, esistono casi simili nelle Filippine e in Indonesia nei quali il modello sembra essere il medesimo”.

“Una grande società di acqua con il sostegno del denaro pubblico della BEI assume il controllo dei servizi pubblici, non fornisce un buon servizio; tuttavia, aumenta le tariffe a carico degli abitanti del luogo”, ha spiegato.

In Argentina, la BEI è coinvolta da dieci anni in altri due casi di privatizzazione dell’acqua: a Córdoba e Misiones, attraverso due prestiti nel 1998 e 2000 rispettivamente per un totale di 56 milioni d euro.

Jaroslava Colajacomo, autrice del rapporto ”Banca Europea per gli Investimenti. Chi sono i beneficiari?”, a dichiarato che con l’appoggio dei prestiti della BEI, la multinazionale Suez “era già coinvolta” in cause ai governi di Argentina e Filippine nel 2003.

In quest’ultimo caso, la causa ha provocato un aumento delle tariffe di circa il 500 per cento. Secondo quanto dichiarato dalla ricercatrice, la dichiarazione ministeriale emessa durante il IV Forum Mondiale dell’Acqua, che si svolse in Messico, non riconosce il fallimento del modello di associazione pubblico-privato dell’acqua, che “la BEI ha finanziato nel Sud”.

La Colajacomo ha fatto notare che la dichiarazione non riconosce nemmeno gli impatti negativi nella sovranità dei governi per decidere una politica nazionale dell’acqua.

Foto: http://www.inforegion.com.ar

Tradotto da Arianna Ghetti – progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non privatizziamo la biodiversità: Le donne di Vía Campesina entrano durante la sessione plenaria ufficiale della COP 8 e denunciano la criminalizzazione della protesta agraria
Giovedì, 23 marzo 2006

Questo mercoledì circa 50 donne appartenenti a diverse organizzazioni di Vía Campesina Internacional hanno manifestato silenziosamente nella sala dove si teneva l’ottava riunione plenaria dei paesi parte della Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite (COP 8), mentre un centinaio di delegati partecipavano alle discussioni sulla biodiversità del pianeta. Le donne sono entrate distribuendosi in circolo lungo le pareti della sala della plenaria, collocandosi tra i negoziatori e lo schermo gigante e tenendo in mano candele e cartelli, in cui si leggevano slogan quali “Sì alla vita, i semi Terminator non passeranno”, o “Non uccideranno i semi contadini con i Terminator”.

Per circa 15 minuti le donne appartenenti a diversi paesi sono rimaste in silenzio, tenendo sempre bene in vista le parole d’ordine del movimento contadino internazionale, davanti allo sguardo attento e allo stesso tempo silenzioso dei negoziatori. L’oratore che stava presentando la propria dissertazione ha proseguito senza interruzioni.

L’azione delle donne di Vía Campesina si è svolta, del resto, in un contesto di crescente criminalizzazione della protesta agraria in Brasile, dato che la notte di martedì altre componenti del Movimento delle Donne Contadine sono state arrestate e portate al commissariato di Passo Fundo, Stato di Río Grande do Sul, per rilasciare dichiarazioni sull’occupazione delle installazioni della Aracruz Celulose dello scorso 8 marzo (vedi in proposito la nota su RMR del 22 marzo).

Radio Mundo Real ha seguito l’azione, di seguito alcune foto della giornata.

Traduzione di Sonia Chialastri – Revisione Orsetta Spinola - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Contadini paraguayani occupano ufficio pubblico
Giovedì, 23 marzo 2006

Un migliaio di produttori di cotone paraguayani hanno occupato un ufficio pubblico della Dirección de Extensión Agraria nel dipartimento di San Pedro, nel centro del paese, per protestare contro gli "inadempimenti" del governo in questo settore, uno dei più colpiti dell’economia nazionale.

Secondo i braccianti, il Partido Colorado, ora al potere, aveva promesso prima delle elezioni interne che avrebbe concesso dei sussidi alla produzione cotoniera, evento che "non si è mai concretizzato".

I principali dirigenti assicurano che non "sgombereranno l’ufficio" finché il governo, presieduto da Nicanor Duarte Frutos, non avrà adempiuto alle sue promesse.

I contadini sostengono che le autorità paraguayane si erano impegnate a rivolgere "particolare attenzione" ai produttori proprio per i danni subiti a causa delle ultime e persistenti siccità.

L’accordo con le organizzazioni contadine includeva inoltre il condono di ingenti debiti derivanti dall’acquisto di insetticida.

Il produttore di cotone Florencio Ruiz ha sottolineato che, in base ai dati raccolti dagli occupanti, solo a San Pedro si sono registrate perdite tra il 70 e l’80% sulla produzione totale, rispetto ai raccolti degli anni passati.

"Ci sono sufficienti ragioni perché il governo ci dia la somma che chiediamo, soprattutto visto che si tratta di un importo bassissimo”, ha detto Ruiz.

Uno dei principali dirigenti della Federazione Nazionale Contadina, Odilón Espínola, ha preteso dal governo l’implementazione di "politiche pubbliche di finanziamento del settore, una riforma agraria integrale e l’industrializzazione del cotone".

Secondo quanto sostenuto da Espínola, il cotone è uno dei principali prodotti esportati dal Paraguay con un settore che impiega circa 270 mila famiglie di piccoli produttori.

Espínola ha dichiarato che qualora l’amministrazione guidata da Duarte Frutos non "ascolterà le richieste", i lavoratori intensificheranno le loro proteste.

Fonte: Jakueke

Traduzione di Sonia Chialastri e revisione di Orsetta Spinola - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

L’ Indonesia preavvisa una compagnia mineraria statunitense che inizierà una serie di azioni legali
Giovedì, 23 marzo 2006

Le proteste della settimana passata realizzate nella provincia di Papùa contro le attività della Grasberg, impresa legata alla Freeport McMoRan Copper and Gold, hanno provocato una presa di posizione del governo di questo paese che ha preavvisato l’impresa dell’inizio di una serie di azioni legali rivolte alla protezione dell’ambiente naturale.
Secondo notizie fornite dagli abitanzi del posto, mercoledì scorso una frana, “causata dagli impatti” dell’attività mineraria, ha lasciato molti operai feriti.
La loro opposizione all’impresa estrattiva “non è solo” derivante dai danni che provoca ma anche dallo “scarso contributo” nei confronti dell’economia locale, nonostante le affermazioni del governo dell’Indonesia che parlano della Freeport come della maggiore contribuente fiscale del paese.
Durante le proteste a Papúa, quattro poliziotti e un soldato sono rimasti uccisi. La frana di mercoledì nella miniera ha lasciato un saldo di tre morti e diversi feriti, a causa delle “tonnelate di fango” smottate sulla caffetteria del complesso minerario, come raccontano alcuni testimoni.
L’ultima ricerca realizzata dal governo indonesiano puntualizza che il gigante industriale estrattivo statunitense, Freeport, "deve migliorare lo smaltimento dei milioni di tonnellate di rifiuti generati dalla miniera Grasberg”. Il ministro dell’ambiente, Rachmat Witoelar, ha espresso la preoccupazione che “i rifiuti diventino instabili, provocando smottamenti di terra o inondazioni”.
Ha aggiunto che la compagnia “deve sottostare a la legge del paese e prendere in considerazione i sentimenti della persone”.
Un portavoce della miniera ha segnalato che l’impresa persegue "lo stesso obiettivo" delle autorità, cioè la"minimizzazione dell’impatto delle attività nei confronti dell’ambiente”, come scrive il sito web della BBC.
Il governo indonesiano ha raggiunto recentemente un accordo con un’altra compagnia mineraria, la Newmont, responsabile di inquinamento dell’isola Sulawesi. In questo caso l’accordo ha previsto il pagamento, da parte della Newmont, di 30 milioni di dollari per finanziare un monitoraggio ambientale e altri progetti comunitari.

Fonti: www.alertnet.org ; www.indymedia.org

Traduzione di Gianni Tarquini, revisione di Nadia Angelucci, Progetto TERRE MADRI – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org www.radiomundoreal.fm/italiano

 

NEWS DELLA SETTIMANA DAL 18 AL 22 MARZO 2006

Documenti e dichiarazioni: gli indigeni ecuadoriani condannano lo stato di emergenza decretato dal governo
Mercoledì 22 marzo 2006

La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), con le sue diramazioni regionali, condanna l’atteggiamento dittatoriale del presidente ad interim Alfredo Palacio che ha decretato lo stato di emergenza per contrastare la lotta pacifica e coraggiosa delle popolazioni indigene dell’Ecuador.
Mentre alcuni portavoce del governo attraverso i canali televisivi invitano pubblicamente al dialogo, non si capisce la sua posizione nel decretare lo stato di emergenza mentre è in atto una lotta di popolo, delle nazionalità e dei settori sociali. Questa azione dittatoriale è stata analizzata dai principali dirigenti nazionali e di base durante una manifestazione nazionale nella città di Quito.
I presidenti di ECUARUNARI e CONAIE, assieme alle basi, condannano lo stato di emergenza decretato ieri sera dal presidente Alfredo Palacio, nonostante ciò la mobilitazione continua nel paese fino a che si non otterrà una risposta da parte di Alfredo Palacio e finché egli non discuterà con tutti gli ecuadoriani e soprattutto con le diverse nazionalità.
Per ottenere un qualsiasi avvicinamento e dialogo, Alfredo Palacio deve prima di tutto revocare lo stato di emergenza; nel frattempo le azioni e la manifestazione continuano con maggiore fermezza. Fin da ora attribuiamo la responsabilità al governo di Alfredo Palacio per qualsiasi cosa possa succedere con i la gente che lotta in ognuna delle provincie, con i dirigenti di base, provinciali e nazionali.
Nella nostra lotta continuiamo ad insistere sulla cacciata immediata della Oxy, No al Piano Colombia, convocazione di un’Assemblea Nazionale Costituente e il No alla firma del TLC (Trattato di Libero Commercio con gli USA), su quest’ultimo punto si chiede la sospensione della negoziazione del TLC con il governo degli Stati Uniti e che Palacio si comprometta a consultare tutti gli ecuadoriani per la sua approvazione.

Marcia a Quito
Circa 3.000 indigeni si trovano già a Quito mentre altri stanno per arrivare nonostante tutti gli ostacoli nelle principali vie di accesso alla capitale tanto al nord come al sud, ma la saggezza delle popolazioni può molto di più della brutale repressione che si riceve dal governo.
Dopo il riposo in alcuni luoghi a Quito, principalmente nella Universidad Politécnica Nacional, dalle ore 8.30 ci concentreremo di nuovo tutti nella Ágora de la Casa della Cultura, per informare tutti i manifestanti sulle azioni da compiere. In seguito alle 10.00 cominceremo a manifestare attraverso le principali strade della città di Quito, verso il Congresso Nazionale dove, attraverso i deputati di Pachakutik è stata chiesta udienza per le ore 11 e 30 al presidente del Congresso nazionale, per fare sì che i deputati si pronuncino in merito alla situazione del paese, sul decreto di emergenza e sulla mobilitazione degli ecuadoriani.
I settori sociali della capitale hanno dichiarato che a partire da oggi si sono uniti alla lotta delle popolazioni indigene a Quito e in tutto il paese, e speriamo di aggiungere sforzi e azioni per il bene di tutti i poveri dell’Ecuador.

Commisione di Comunicazione
ECUARUNARI - CONAIE.

Traduzione: Benedetta Scardovi e Arianna Ghetti, rev. Gianni Tarquini Progetto Terre Madri- Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

Contadini paraguayani occupano ufficio pubblico
Giovedì, 23 marzo 2006

Un migliaio di produttori di cotone paraguayani hanno occupato un ufficio pubblico della Dirección de Extensión Agraria nel dipartimento di San Pedro, nel centro del paese, per protestare contro gli "inadempimenti" del governo in questo settore, uno dei più colpiti dell’economia nazionale.
Secondo i braccianti, il Partido Colorado, ora al potere, aveva promesso prima delle elezioni interne che avrebbe concesso dei sussidi alla produzione cotoniera, evento che "non si è mai concretizzato".
I principali dirigenti assicurano che non "sgombereranno l’ufficio" finché il governo, presieduto da Nicanor Duarte Frutos, non avrà adempiuto alle sue promesse.
I contadini sostengono che le autorità paraguayane si erano impegnate a rivolgere "particolare attenzione" ai produttori proprio per i danni subiti a causa delle ultime e persistenti siccità.
L’accordo con le organizzazioni contadine includeva inoltre il condono di ingenti debiti derivanti dall’acquisto di insetticida.
Il produttore di cotone Florencio Ruiz ha sottolineato che, in base ai dati raccolti dagli occupanti, solo a San Pedro si sono registrate perdite tra il 70 e l’80% sulla produzione totale, rispetto ai raccolti degli anni passati.
"Ci sono sufficienti ragioni perché il governo ci dia la somma che chiediamo, soprattutto visto che si tratta di un importo bassissimo”, ha detto Ruiz.
Uno dei principali dirigenti della Federazione Nazionale Contadina, Odilón Espínola, ha preteso dal governo l’implementazione di "politiche pubbliche di finanziamento del settore, una riforma agraria integrale e l’industrializzazione del cotone".
Secondo quanto sostenuto da Espínola, il cotone è uno dei principali prodotti esportati dal Paraguay con un settore che impiega circa 270 mila famiglie di piccoli produttori.
Espínola ha dichiarato che qualora l’amministrazione guidata da Duarte Frutos non "ascolterà le richieste", i lavoratori intensificheranno le loro proteste.

Fonte: Jakueke

Traduzione di Sonia Chialastri e revisione di Orsetta Spinola - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Documenti e dichiarazioni: dopo i negoziati di hong kong; gruppi contadini si dichiarano scettici rispetto alla posizione dell’india
21 marzo 2006, New Delhi

Il Comitato di Coordinamento Indiano del Movimento Contadino, affiliato dell’Asia meridionale al movimento La Via Campesina, ha organizzato il 21 marzo un’imponente manifestazione nei pressi del Parlamento Indiano a Nuova Delhi. Tale manifestazione è stata concepita per protestare contro le importazioni di frumento e per esercitare pressione sul Governo affinché non venga compromesso il settore dell’agricoltura a favore dei profitti al tavolo dei negoziati dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC - WTO in inglese). In un memorandum inviato al Primo Ministro indiano, il Comitato ha attaccato apertamente il Governo e i negoziati commerciali sviluppati per accelerare il completamento del Doha Development Round (DDA) e la volontà di rispettare la data ultima del 30 aprile prossimo per concludere le modalità di negoziazione nel settore agricolo. Anche il Ministro del Commercio, Kamal Nath, è stato accusato di “usare” i paesi in via di sviluppo per salvare la faccia al fallimento istituzionale del WTO di Hong Kong. Nel memorandum, è stato esplicitamente richiesto al Governo di mantenere il settore dell’agricoltura e dell’alimentazione fuori dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio.
50.000 contadini si sono riuniti a Nuova Dehli, raggiungendo la capitale da Uttar Pradesh, Rajasthan, Uttranchal, Punjab, Haryana, Madhya, Pradesh e molte altre zone del paese.
In seguito ai risultati dell’ultimo G6 tenutosi a Londra, Yadhvir Singh, rappresentante del Sindacato Bhartiya Kissan ha commentato: “Sono preoccupanti le due facce dei negoziati indiani. Si incontrano i rappresentanti degli USA e dell’Europa a porte chiuse e si compromettono gli interessi dei contadini indiani in cambio di inutili plusvalenze nel Mode 4 e nei GATS. Allo stesso tempo però, in pubblico, si enfatizzano i tentativi di proteggere gli interessi dei contadini indiani in sede WTO.”. Tale contraddizione divenne ancora più esplicita in una dichiarazione di Gopal Pillai, responsabile dei negoziati indiani, rilasciata durante una conferenza sui G20 organizzata da La Via Campesina ad Hong Kong il dicembre scorso. “Meglio non sviluppare alcuna operazione commerciale, che svilupparne di sbagliate”, aveva dichiarato, ed è però ben noto ciò che è avvenuto ad Hong Kong. “Durante gli incontri pubblici, i nostri negoziatori commerciali propongono una visione diversa, studiata per il pubblico e questa non combacia con le loro attività all’interno degli uffici influenti. È assurdo che i negoziatori indiani vengano visti sventolare seri diagrammi riguardanti il loro impegno nei negoziati sull’agricoltura in svolgimento, quando il risultato finale non farà altro che compromettere i nostri stessi interessi, visti i drastici tagli accettati sulle tariffe agricole, atti a facilitare l’accessibilità ai mercati per i paesi sviluppati in cambio di concessioni nel Mode1 e Mode 4”, ha dichiarato Yudhvir Singh.
Altre accuse al Governo provengono dal Sign. Sunilam del Madhya Pradesh Kisan Sanghrash Samiti. Il responsabile ha criticato la decisione del Governo indiano di accettare il taglio alle tariffe dei prodotti agricoli con la giustificazione dell’eccessivo scarto tra i valori delle tariffe vincolanti e quelli delle tariffe applicate. In realtà vi sono svariati prodotti per cui non vi è alcuna differenza tra tariffa applicata e tariffa vincolante, come per esempio olio di soia (45%), mele (50%), latte in polvere (60%), riso (70%) etc. “Eventuali altri tagli sui dazi d’importazione risulterebbero disastrosi per i contadini indiani e potrebbero portare ad un’escalation di suicidi tra i contadini.” ha dichiarato Sunilam.
Altra critica sporta al Governo dai contadini riguarda la decisione di importare 500.000 tonnellate di frumento con dazi d’importazioni pari a 0%, in pieno periodo di mietitura e raccolta degli agricoltori locali. Rivolgendosi ai manifestanti, l’ex Primo Ministro, V. P. Singh ha affermato: “ Perché il Governo indiano ha deciso di importare 500.000 tonnellate di frumento, quando non vi era alcuna carenza nel paese? Invece di impegnarsi nel sostegno dei contadini indiani, il Governo sembra essere più preoccupato per gli agricoltori australiani, visto l’acquisto del loro frumento al costo sproporzionato di 950 Rupie al quintale, quando avrebbe potuto acquistarlo a 650 Rupie al quintale in India e allo stesso tempo sostenere i propri contadini. Perché il Governo non paga i nostri contadini con lo stesso prezzo con cui paga gli agricoltori australiani?” “Le politiche agricole del Governo dell’Alleanza Progressiva Unitaria stavano portando i contadini al suicidio. La decisione del Governo di importare cotone ha causato la fame in Madhya Pradesh. I contadini soffocavano tra i debiti e le loro terre venivano confiscate in nome dell’economia di mercato,” ha aggiunto V. P. Singh. Ajit Singh del Rashtriya Lok Dal ha affermato: “Le politiche del Governo attuale stanno rendendo l’agricoltura indiana sterile dal punto di vista dei profitti.”
Come reazione all’accordo Indo-Americano e in risposta all’importazione del frumento a scapito dei contadini indiani, Mahendra Singh Tikait, leader veterano dei contadini, ha commentato: “non vi era alcun bisogno di importare frumento visto che la raccolta era ormai prossima. Perché il Governo indiano ha abbandonato il suo “ruolo manageriale”, per diventare un “commerciante”; perché continua a firmare accordi contro gli interessi dei nostri contadini e della nostra agricoltura?”
Al termine della manifestazione, più di 10.000 contadini sono stati trattenuti e si sono rifiutati di allontanarsi dalla Stazione di polizia di Parliament Street fino a quando non hanno incontrato intorno a mezzanotte Prithviraj Chavan, membro del Gabinetto di Manmohan Singh, nonché Ministro di Stato dell’Ufficio del Primo Ministro. Prithviraj Chavan li ha rassicurati dicendo che il Governo avrebbe valutato le loro richieste e promettendo che lui stesso avrebbe illustrato le loro preoccupazioni al Primo Ministro. Inoltre ha assicurato che il Primo Ministro li convocherà presto per un incontro con il Ministro del Commercio, Kamal Nath, con il Ministro dell’Agricoltura e il Ministro delle Finanze per discutere vari tematiche riguardanti l’agricoltura indiana, i contadini e la loro posizione rispetto a AoA/WTO.

Traduzione di Gianluca Tenin - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Non privatizziamo la biodiversità: Le donne di Vía Campesina entrano durante la sessione plenaria ufficiale di COP 8 e denunciano la criminalizzazione della protesta agraria.
Giovedì, 23 marzo 2006

Questo mercoledì circa 50 donne appartenenti a diverse organizzazioni di Vía Campesina Internacional hanno manifestato silenziosamente nella sala dove si teneva l’ottava riunione plenaria dei paesi parte della Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite (COP 8), mentre un centinaio di delegati partecipavano alle discussioni sulla biodiversità del pianeta. Le donne sono entrate distribuendosi in circolo lungo le pareti della sala della plenaria, collocandosi tra i negoziatori e lo schermo gigante e tenendo in mano candele e cartelli, in cui si leggevano slogan quali “Sì alla vita, i semi Terminator non passeranno”, o “Non uccideranno i semi contadini con i Terminator”.
Per circa 15 minuti le donne appartenenti a diversi paesi sono rimaste in silenzio, tenendo sempre bene in vista le parole d’ordine del movimento contadino internazionale, davanti allo sguardo attento e allo stesso tempo silenzioso dei negoziatori. L’oratore che stava presentando la propria dissertazione ha proseguito senza interruzioni.
L’azione delle donne di Vía Campesina si è svolta, del resto, in un contesto di crescente criminalizzazione della protesta agraria in Brasile, dato che la notte di martedì altre componenti del Movimento delle Donne Contadine sono state arrestate e portate al commissariato di Passo Fundo, Stato di Río Grande do Sul, per rilasciare dichiarazioni sull’occupazione delle installazioni della Aracruz Celulose dello scorso 8 marzo (vedi in proposito la nota su RMR del 22 marzo).

Traduzione di Sonia Chialastri – Revisione Orsetta Spinola - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non privatizziamo la Biodiversità: "I semi Terminator uccidono le altre colture e I contadini"
Mercoledì 22 marzo 2006-03-23

La campagna "Terminiamo I Terminator" ha già riunito oltre 500 Organizzazioni e movimenti di tutto il mondo e consiste nel denunciare le Aspirazioni delle grandi imprese del commercio agricolo e dell'ingegneria Genetica di imporre la tecnologia transgenica nota come Terminator.
Silvia Ribeiro, esperta di biotecnologia agricola, ha spiegato a Radio Mundo Real che questo tipo di tecnologia consiste nel produrre su larga scala semi Sterili, che quindi non sono in grado di riprodursi. "La tecnologia Terminator non solo produce semi suicida, ma produce anche semi che uccidono le altre colture che stanno loro intorno, come pure I contadini che rimangono senza semi per vivere. Questi semi sono essenzialmente semi Killer" ha detto la Ribeiro.
La giornata dell'azione contro I semi Terminator ha avuto luogo martedì a Curitiba, fuori del Centro Conferenze dove si stava svolgendo l'Ottava Sessione della Conferenza delle Parti alla Convenzione dell'ONU sulla Diversità Biologica (COP 8). L'evento ha riunito quasi 300 contadini di Via Campesina Brasil e di organizzazioni e movimenti agricoli di tutto il mondo.
Silvia Ribeiro ha riferito a Radio Mundo Real che "la campagna mira a Bandire la tecnologia Terminator".
"Siamo veramente preoccupati che ci possa essere un'imminente approvazione della tecnologia Terminator alla Conferenza dell'ONU. All'interno della Convenzione sulla Diversità Biologica esiste una moratoria di questo tipo di semi che è in vigore dal 2000," ha aggiunto. Le considerazioni al
momento riguardano gli impatti socio-economici e quelli sulla biodiversità, se I semi saranno usati in maniera massiccia.
Per mezzo di questa moratoria ai governi è stato chiesto di bandire la produzione e la commercializzazione dei semi Terminator, "anche dei test sui campi" ha spiegato la Ribeiro.
Le pressioni per porre fine alla moratoria sono iniziate all'incirca un anno e mezzo fa, e le imprese, tramite I governi del Canada, dell'Australia e della Nuova Zelanda, hanno creato una proposta molto ambigua contro i principi precauzionali chiedendo che I divieti vengano studiati "caso per caso".
"Non esiste nessun caso in cui l'uso della tecnologia Terminator sia buono, questa è una montatura" ha aggiunto la Ribeiro. L'esperta ci ha dato l'esempio di ciò che accadrebbe ai paesi agricoli se si liberalizzasse l'uso dei semi Terminator. "In Brasile, che è uno dei più grandi produttori di soia del mondo, l'87% dei produttori non compra I semi, ma conserva quelli propri. Ma se sono costretti a comprarli, per le imprese questo significherebbe un profitto annuo di 550 milioni di dollari".
Per quanto riguarda l'incontro del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (MOP 3) che si è concluso la scorsa settimana a Curitiba, la Ribeiro ha affermato che non ci sono stati progressi per garantire la biosicurezza. "In questa edizione del MOP 3 è stato impressionante vedere che I paesi che avevano firmato I trattati bilaterali del libero commercio con gli Stati Uniti, e che erano famosi per essere difensori della biosicurezza, adesso difendono gli interessi delle imprese multinazionali e degli Stati Uniti".
La Ribeiro afferma che "la Colombia, l'Honduras,El Salvador ed il Messico," hanno difeso le posizioni più vicine agli interessi delle industrie della biotecnologia e dell'ingegneria genetica. "Questi paesi sono devastati dall'attività di queste grandi imprese. Sia le loro economie che la loro agricoltura sono il risultato della contaminazione transgenica".
Ed ha aggiunto: "Invece di muoversi in direzione della biosicurezza, per esempio, per quanto riguarda l'etichettatura dei cibi transgenici, allo scopo di sapere ciò che si consuma e come viene prodotto, esistono leggi internazionali che solo I paesi che di fatto proteggono la biosicurezza osservano".
Questo spazio dell'ONU non era ciò che si supponeva dovesse essere, ha dichiarato. E conclude affermando: "Dovrebbe essere uno spazio dove le istituzioni pubbliche e I governi vedono in che modo proteggere la biodiversità e I diritti delle persone. Invece, è stato un forum dove gli interessi delle imprese multinazionali vengono legalizzate (ma non legittimate) sui temi che vengono trattati".

Traduzione di Elena Tagliata - progetto Terre Madri - Traduttori Per la
Pace - Radiomundoreal
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Asia: "Non è facile capire la politica thailandese"
Martedì 21 marzo 2006

Gli sforzi dell'Alleanza del Popolo per la Democrazia di stabilire un dialogo tra il Primo Ministro tailandese Thaksin Shinawatra e l'opposizione non hanno sortito gli effetti sperati e possono dirsi falliti da lunedì, dopo un incontro di tre ore in cui il partito di Thaksin ha proposto ai rivali del Primo Ministro di accettare i risultati delle elezioni del 2 aprile.
I tre principali partiti di opposizione stanno boicottando le elezioni e centinaia di candidati di partiti minori sono stati esclusi perché non posseggono i requisiti minimi richiesti.
Asli Pelit di Real World Radio ha intervistato il tailandese Jacques-Chai Chomthongdi di Focus on the Global South sulla situazione politica nel suo Paese negli ultimi due mesi.
“Da due mesi una coalizione di numerose organizzazioni sta chiedendo al Primo Ministro Thaksin di dimettersi per i numerosi casi di corruzione emersi nel Paese”, spiega Chai. “I tailandesi non approvano questi scandali.”
Il modo in cui il Primo Ministro ha gestito la questione dei diritti umani sia nella guerra alla droga del 2004 (in cui furono uccise 2500 persone) sia in merito alle violenze nel sud, nonché al suo controllo dei media e alla notevole crescita dei suoi investimenti personali durante il suo mandato hanno “esasperato la popolazione”, ha aggiunto Chai. Negli ultimi due-tre mesi la gente è scesa nelle piazze per esprimere il proprio disappunto su questi argomenti.
“Invece di dimettersi, il Primo Ministro ha indetto nuove elezioni, programmate per il 2 aprile. Ma la gente non vuole le elezioni, vuole che lui se ne vada”, sottolinea Chai, “ecco perché la situazione è tanto complicata”. Secondo Chai, la gente probabilmente boicotterà le elezioni.
In risposta alla richiesta di elezioni fatta da Thaksin, l’opposizione gli ha chiesto di accettare un dibattito televisivo, ma il premier insiste perché tutte le conversazioni avvengano “a porte chiuse”. Il suo portavoce, Suraponf Suebwonglee ha dichiarato che il governo ha deciso di non partecipare al dibattito programmato per il 24 marzo perché “non sarebbe vantaggioso per le elezioni”.
Un altro fattore che contribuisce a complicare la scena politica del Paese è che la popolazione tailandese è divisa sull’ipotesi che il re possa intervenire sulla questione, come è successo in passato. “Molte persone non desiderano che il Re intervenga,” afferma Chai.
Ha poi aggiunto che non ci sono candidati, quindi le elezioni potrebbero non sfociare nella nomina di un nuovo parlamento, eppure il Primo Ministro insiste che si vada avanti con il progetto. La Commissione Elettorale si riunirà martedì mattina per valutare un possibile rinvio delle elezioni.

Traduzione di Isabella Mangani, revisione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non Privatizziamo l’ACQUA: alcuni governi latinoamericani potrebbero diffondere una nuova dichiarazione sull’acqua
Martedì 21 marzo 2006

Lunedì Radio Mundo Real ha ricevuto un’informazione che, se fosse confermata, farebbe sperare nella presentazione nelle prossime ore di una nuova dichiarazione sulla questione dell’acqua, che sarebbe in qualche modo diversa da quella diffusa la scorsa domenica dagli organizzatori del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, conclusosi a Città del Messico, capitale del Paese.
Un rappresentante dell’organizzazione ambientalista Redes-Amici della Terra Uruguay, Carlos Santos, ha detto a Radio Mundo Real di aver avuto accesso ad un’informazione, secondo la quale i rappresentanti di alcuni governi latinoamericani, presenti alle attività del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, avrebbero tenuto alcune riunioni per cercare di concordare una nuova dichiarazione sull’acqua. Tra questi governi vi sarebbero l’Uruguay, il Venezuela e la Bolivia.
Tale dichiarazione presenterebbe una posizione diversa da quella elaborata dagli organizzatori del Forum.
D’altra parte, Carlos Santos ha confermato a Radio Mundo Real che i governi di Bolivia e Venezuela non sottoscriveranno la dichiarazione che verrà fuori dal IV Forum Mondiale sull’Acqua, in quanto vi sono alcune differenze tra i governi e le imprese che partecipano a questo forum, che sarebbero inconciliabili.

Radio Mundo Real presenta di seguito un’intervista a Carlo Santos, nell’ambito della quale ha commentato questa nuova informazione emersa nelle ultime ore.

Traduzione di Cecilia Silveri e revisione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non privatizzare la biodiversità: “Le vittime del commercio agricolo” presenti a Cutriba per il COP 8
Martedì, 21 marzo 2006

Una delle attività organizzate dal Foro Globale della Società Civile, che si tiene questa settimana a Curitiba, Brasile, parallelamente alla COP 8 ha riguardato la presentazione di testimonianze di vittime e persone danneggiate dalle imprese multinazionali agroalimentari, provenienti da Paraguay, Argentina, Messico, Ecuador, Brasile e Colombia. Una delle testimonianze più commoventi è stata quella della contadina paraguayana Petrona Vilasboas, madre del bambino Silvino Talavera, morto avvelenato da sostanze tossiche agricole disperse proprio sulla sua fattoria il 7 gennaio 2003.
Un’altra testimonianza è stata data da Jorge Galeano, dirigente del Movimento Agrario Popolare del Paraguay, che ha esposto la situazione dei contadini senza terra e dei piccoli agricoltori del dipartimento di Caaguazú rispetto all’avanzamento incontenibile delle coltivazioni di soia transgenica da parte di imprenditori stranieri. Secondo Galeano, "90 mila contadini vengono trasferiti ogni anno dalle loro terre”.
“In Paraguay ci sono attualmente oltre due milioni di ettari di soia transgenica, con una crescita annua di 250 mila ettari, pari al 64% della totalità delle coltivazioni del paese”. Gli impatti derivanti da questo modello sono l’espulsione dei piccoli agricoltori, delle comunità indigene e dei contadini senza terra.
“Tutto ciò si esprime con il radicamento della povertà, la concentrazione della terra nelle mani di pochi e nella costante violazione dei diritti umani dei contadini” ha affermato Galeano.
Da parte sua Sofía Gatica ha esposto le condizioni disperate in cui vivono gli abitanti del quartiere Ituzaingó Anexo, nella provincia di Córdoba, Argentina. Gatica è la fondatrice dell’organizzazione Madri di Ituzaingó Anexo, che ha appena denuciato il sistematico e indiscriminato impiego di sostanze agricole tossiche nelle piantagioni di soia transgenica.
Di fronte al proliferare di malformazioni congenite, casi di cancro, leucemia e porpora di Schoenlein Henoch, che colpisce soprattutto i bambini, il quartiere Ituzaingó Anexo tre settimane fa è stato dichiarato “inabitabile” dalle autorità sanitarie della provincia.
“Ciò lo dobbiamo all’Argentina che è il secondo esportatore di soia transgenica del mondo” ha dichiarato Gatica. Il quartiere Ituzaingó Anexo è circondato da piantagioni di soia transgenica, costantemente irrigate con sostanze agricole tossiche quali il glifosato, l’endosulfan, il DDT e il malation.
“Dalle analisi mediche fatte all’acqua utilizzata dal quartiere risulta contaminata da Endosulfan” ha reso noto l’attivista. Nonostante tali prove, ha concluso, “il governo provinciale nega il problema”.
Le Madri di Ituzaingó Anexo hanno iniziato il coordinamento di azioni e campagne con altre organizzazioni di base tra cui quelle dei contadini del nord della provincia di Córdoba, “che ancora stanno soffrendo per il trasferimento delle loro terre a vantaggio dell’avanzata delle coltivazioni di soia”.
Un’altra strategia attuata dall’organizzazione di Ituzaingó Anexo consiste nella denuncia internazionale di quanto stanno patendo, dato che secondo quanto ritiene Gatica, “ormai non sappiamo più come difenderci”.

Traduzione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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No alla privatizzazione dell’acqua: accolte con gioia le sentenze del tribunale latinoamericano dell’acqua
Martedì, 21 marzo 2006

Lunedì, il Tribunale Latinoamericano dell’Acqua, corte internazionale per la giustizia ambientale, ha concluso i suoi lavori a Città del Messico. Nella capitale messicana sono stati resi noti i verdetti relativi ai 14 casi di problematiche ambientali e sociali presentati a partire dal 13 marzo e strettamente legati al tema dell’acqua in varie aree dell’America Latina.
I rappresentanti delle comunità locali di vari paesi dell’America Latina coinvolti in progetti idraulici o più in generale di sviluppo, con il relativo impatto sull’acqua, hanno esposto ai giudici la settimana passata i casi relativi alle proprie realtà, in trepidante attesa dei verdetti.
Circa 300 persone provenienti dalle più disparate parti del mondo hanno riempito le strutture dell’ex Templo de Corpus Christi, sede di lavoro del tribunale negli ultimi otto giorni.
Tra i giudici che formavano la giuria vi erano anche la cubana Zelma Díaz, nel ruolo di cancelliere, il guatemalteco Augusto Willemsen, come presidente di giuria, il brasiliano Alexandre Camanho e il messicano Óscar González.
Tutta la giuria era formata da studiosi di formazione accademica ed esperti professionisti in settori quali diritto internazionale, tematiche indigene e medio ambiente, per citarne alcuni.
Prima della lettura dei verdetti, la responsabile della cerimonia ha letto una dichiarazione del Tribunale Latinoamericano dell’Acqua, che ha suscitato scalpore poiché non vi era alcun riferimento al concetto di “diritto umano all’acqua”. Tale concetto viene rivendicato e sottolineato da tutti i movimenti sociali che hanno partecipato ai lavori di Città del Messico in difesa dell’acqua. I giudici invece lo definivano come “diritto fondamentale all’acqua”.
Ciò nonostante al momento della lettura dei verdetti i giudici hanno citato ripetutamente il concetto del “diritto umano all’acqua”.
Ecco alcuni dei casi analizzati dal tribunale: l’impatto ambientale sul santuario del fiume Crucis; l’alto tasso di mortalità della fauna acquatica nella città di Valdivia, Chile, quale conseguenza delle attività di una cartiera; lo sfruttamento minifero nella città di Cajamarca, Perù, con il conseguente impatto sociale e ambientale; la violazione dei diritti umani, quale conseguenza della costruzione di dighe nel bacino del fiume Guayas, Ecuador.
Alcuni verdetti del Tribunale sono stati accolti in maniera entusiasta dal pubblico presente per i forti contenuti espressi nei giudizi, nelle raccomandazioni e nelle decisioni prese.
Uno di questi verdetti riguarda la privatizzazione dell’acqua nella municipalità di El Alto, Bolivia. Il caso era stato inoltrato al Tribunale dalla FEJUVE (Federación de Juntas Vecinales) di El Alto, che si batte contro l’impresa Aguas del Illimani, una sussidiaria della compagnia Suez.
Altro verdetto ben accolto è quello che si riferisce alla diga idroelettrica La Parota che il governo messicano vuole costruire a tutti i costi sulle acque del fiume Papagayo nel municipio di Acapulco, nello stato meridionale di Guerriero.
Per quanto riguarda il caso di Aguas del Illimani in Bolivia, il Tribunale Latinoamericano dell’Acqua, tra le altre decisioni, ha anche dichiarato che non vi potrà essere alcuna richiesta di risarcimento danni da parte della compagnia che è prossima a lasciare il territorio boliviano, dato che tale richiesta è “inammissibile” visto il mancato rispetto degli accordi contrattuali presi.
Per quanto riguarda La Parota, invece, il Tribunale ha annunciato la sospensione del progetto di costruzione della diga e riferendosi alla Comisión Federal de Electricidad, impresa statale coinvolta nel progetto, ha sottolineato la necessità per quest’ultima di procedere alla regolarizzazione della propria situazione legale e al ritiro delle accusa di illegalità espresse contro le assemblee di campesinos della zona.

Traduzione di Gianlica Tenin - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Non Privatizziamo l’ACQUA: gli Stati Uniti cercano di “usare il nostro patrimonio idrico come fosse loro”
Lunedì 20 marzo 2006

“L’acqua è un diritto, averne cura un obbligo”

L’ultima attività che si è tenuta nell’ambito del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua a Città del Messico è stata la conferenza intitolata “Fuori l’Acqua dagli Accordi sul Libero Commercio”, che ha visto la partecipazione di un centinaio di persone in uno dei piccoli auditori del Sindicato Mexicano de Telefonistas.
A conclusione di questa attività c’è stata la celebrazione di chiusura del Forum e la lettura della dichiarazione finale.
La conferenza è stata convocata, tra gli altri, da Fundación Solón della Bolivia e dal Progetto Pianeta Azzurro del Consiglio dei Canadesi, considerata dai suoi membri una delle organizzazioni civili più grandi del Canada.
Uno dei temi analizzati nell’agenda di questa attività è stato il Trattato di Libero Commercio (TLC) che la Colombia ha firmato poche settimane fa con gli Stati Uniti e che comporterebbe la consegna di gran parte della sovranità colombiana su temi che riguardano direttamente l’acqua.
Il membro dell’organizzazione ambientalista Censat – Amici della Terra Colombia, Danilo Urrea, ha partecipato a questa attività e Radio Mundo Real lo ha intervistato subito dopo.
Chiediamo a Danilo Urrea le sue considerazioni riguardo la conferenza per lasciare l’acqua fuori dal TLC.
Urrea ha spiegato che “il dibattito era volto principalmente a cercare di presentare le implicazioni del TLC sul tema dell’acqua. E mi è sembrato che il tema dell’acqua in alcuni Paesi, nei loro accordi di libero commercio, non sia stato ampiamente discusso. Per questo mi sembra che (la conferenza) fosse sulla strada giusta”.
Il nostro ospite ha aggiunto che in Colombia il tema dell’acqua non è stato discusso seriamente nell’ambito del TLC, che questo Paese ha accordato con gli Stati Uniti.
Ciò “ha fatto sì che diventasse invisibile una problematica che in qualche modo potrebbe portare la società civile, i contadini e gli indigeni a dover creare, tra i propri piani d’azione, degli accordi concreti” nei confronti di questo trattato, ha aggiunto Urrea.
Radio Mundo Real ha chiesto all’attivista quali potrebbero essere, secondo lui, le conseguenze del TLC, che il suo Paese ha negoziato con gli Stati Uniti, sulla questione dell’acqua.
L’attivista colombiano ha risposto che “in primo luogo, credo che dovremmo dire che il TLC concluso con gli Stati Uniti è una nuova arma di colonialismo, è il loro modo di porre fine alla sovranità”.
“Credo che l’acqua nel TLC, attraverso la sua inclusione in capitoli quali quello relativo a beni, servizi ed investimenti, venga chiaramente considerata una merce. Considerare l’acqua un servizio, un settore nel quale si possano fare investimenti, considerare l’acqua come un servizio ambientale è chiaramente un modo per andare verso la sua privatizzazione e commercializzazione”, ha aggiunto.
Il membro di Censat crede che “in ambito internazionale gli Stati Uniti stiano cercando di allungare tutti i tentacoli del suo polipo per iniziare ad usare il nostro patrimonio idrico come fosse di loro proprietà”.
Urrera ha parlato inoltre di un altro strumento che gli Stati Uniti utilizzano e che si muove in ambito legislativo in Colombia. “Uno di questi strumenti è la nuova Legge sull’Acqua che sta proponendo il governo (colombiano, presieduto da Álvaro Uribe) e che si trova in fase di discussione al Congreso de la República. Questa legge è un chiaro strumento dei trattati, in quanto stabilisce un legame, molto ben pensato dagli Stati Uniti, per cui l’acqua perde il suo carattere di bene comune e diventa una merce”.

Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Raggiunto un Accordo sulla etichettatura degli OGM alla conferenza ONU sulla biodiversita’
Lunedì 20 marzo 2006

La conferenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sul commercio mondiale di Organismi Geneticamente Modificati (OGM) ha raggiunto un accordo sull’etichettatura dei semi geneticamente modificati e commercializzati a livello mondiale.
Nnimmo Bassey di Amici della Terra della Nigeria, ha detto che “la protezione dell’ambiente e delle persone, dalle coltivazioni geneticamente modificate ha fatto oggi un piccolo passo avanti”.
“Tuttavia, è evidente che gli interessi commerciali e l’industria biotecnologica hanno impedito di raggiungere un accordo migliore. Le persone hanno il diritto di sapere ciò che importano i loro paesi e hanno il diritto di dire ‘no’ alle coltivazioni geneticamente modificate”, ha aggiunto Bassey. In una intervista a Radio Mundo Real realizzata la settimana scorsa, Bassey aveva detto che il risultato della riunione non sarebbe stato molto positivo.
L’industria biotecnologica, insieme ad altri importanti produttori di alimenti geneticamente modificati, tra cui Stati Uniti e Nuova Zelanda, si sono opposti ai requisiti volti ad identificare ed etichettare chiaramente le coltivazioni geneticamente modificate.
Il Protocollo di Biosicurezza dell’ONU (sottoscritto nel gennaio 2000), dispone norme internazionali basilari che permettono sostanzialmente ai paesi in via di sviluppo, di regolamentare la sicurezza degli alimenti geneticamente modificati. A tutt’oggi e’ stato ratificato da 132 paesi, ma i tre principali paesi che producono coltivazioni geneticamente modificate (Stati Uniti, Argentina e Canada) si sono rifiutati di sostenerlo.
Dieci anni dopo la prima importante piantagione di coltivazioni geneticamente modificate, non sono stati conseguiti benefici né per i consumatori né per l’ambiente e tali coltivazioni non hanno mantenuto le promesse fatte dall’industria biotecnologica. Oltre l’80% dell’area destinata a coltivazioni biotecnologiche è ancora concentrata in tre paesi: Stati Uniti, Argentina e Canada.
Amici della Terra Internazionale ha reso noto che, nonostante le argomentazioni dei difensori degli alimenti OGM, tali coltivazioni “non danno benefici all’ambiente“, né combattono la fame e la povertà (la maggior parte delle coltivazioni geneticamente modificate vengono commercializzate e destinate all’alimentazione animale). La relazione aggiunge inoltre che dopo “30 anni di ricerca, solamente due modifiche genetiche hanno ottenuto che queste coltivazioni potessero entrare nel mercato su vasta scala: la resistenza agli insetti e la tolleranza agli erbicidi".

Traduzione di Sonia Chialastri –Revisione Ermanno Geronzi

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Non Privatizziamo l’ACQUA: si è concluso il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua
Lunedì 20 marzo 2006

Con una cerimonia di chiusura emozionante davanti ad un grande pubblico che è arrivato fino al Sindicato Mexicano de Telefonistas di Città del Messico, capitale di questo Paese, domenica scorsa si è concluso il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua.
I rappresentanti delle decine di organizzazioni che hanno convocato questo Forum hanno riconosciuto l’immenso sostegno ricevuto da istituzioni nazionali ed internazionali nell’organizzazione dell’evento.
È stata anche l’occasione per gli organizzatori, tra cui spicca la Coalizione di Organizzazioni Messicane a Difesa dell’Acqua (COMDA), di ricordare, con l’allegria e la tranquillità di aver compiuto il proprio dovere, tutto il lavoro per la realizzazione del Forum.
Annette von Schonfeld, rappresentante dell’organizzazione internazionale Pane per il Mondo e una delle incaricate a dirigere la cerimonia di chiusura del Forum, ha ricordato in modo particolare le conferenze telefoniche che gli organizzatori messicani ed internazionali hanno dovuto tenere all’alba per alcuni e a notte fonda per altri, a seconda della regione del mondo in cui si trovavano.
Per questo arduo lavoro realizzato, gli organizzatori del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua si sono dimostrati felici e soddisfatti del successo ottenuto.

Radio Mundo Real ha realizzato un resoconto giornaliero da Città del Messico sul Forum.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Non Privatizziamo la Biodiversità: Vía Campesina difende davanti alla FAO, alla OMC e alla ONU il diritto alla vita e alla sovranità alimentare
Lunedì 20 marzo 2006

I risultati della terza Riunione dei Paesi firmatari del Protocollo sulla Biodiversità di Cartagena (MOP3) tenutasi a Curitiba, Brasile, tra il 13 ed il 17 marzo, sono stati “deludenti”, secondo la dichiarazione di Paul Nicholson, dirigente di Vía Campesina Internacioanl durante un’intervista a Radio Mundo Real.
Durante la MOP3 sono state evidenziate tutte le carenze di questo tipo di riunioni, in cui centinaia di delegati discutono i diritti di milioni di persone. Secondo Nicholson, “il processo del dibattito è stato povero, la metodologia è stancante, non facilita la partecipazione sociale, e la posta in gioco è alta, niente meno che la privatizzazione della vita e delle risorse naturali. E i governi sono molto deboli, molto pressati dalle multinazionali e non vogliono lottare in favore delle future generazioni”.
In relazione alla recente Conferenza sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo Rurale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) che si è tenuta a Porto Alegre nella seconda settimana di marzo, il dirigente campesino ha dichiarato che “sono state le mobilitazioni di fuori a trasformare tutto quello che è accaduto dentro”, nel senso che nella stessa dichiarazione finale di questa conferenza “si riscattano concetti come quelli della sovranità alimentare e del territorio, dei diritti delle comunità di pescatori e delle popolazioni nomadi ed indigene”.
Le azioni di Vía Campesina a Porto Alegre parallelamente alla Conferenza della FAO, alle quali si riferisce Paul Nicholson, hanno compreso l’ingresso in due occasioni di grandi delegazioni di contadini di tutto il mondo nel locale dove si teneva la Conferenza, l’occupazione di un immobile dell’impresa Aracuz Celulosa nel Giorno Internazionale della Donna da parte di contadine ed agricoltrici, ed attività di dibattito e coordinamento internazionale per le campagne che Vía Campesina sta portando avanti quest’anno.
“Credo che i governi della FAO stiano cominciando a sentire ed ascoltare per la prima volta”, ha detto il dirigente campesino, nel senso che stanno prendendo in considerazione le richieste degli agricoltori.
Secondo Nicholson, il lato negativo di questo cambiamento che sta sperimentando il dibattito sulla riforma agraria a livello della FAO e di alcuni governi è che non si danno “le risorse, i mezzi e le forze politiche” per una vera trasformazione della proprietà della terra nel mondo.
Infine, in relazione ai negoziati che si stanno tenendo nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), Nicholson ha dichiarato che il processo è “in dirittura d’arrivo e i termini stanno scadendo”.
“Se la OMC non arriva ad un accordo per il mese di luglio va in pezzi tutto quello che era stato creato a Hong Kong. È importantissima la mobilitazione in questo contesto. A Vía Campesina siamo convinti che ora sarà importante la mobilitazione in tutti i Paesi, e che bisogna fare pressione sui governi chiave, come il Brasile, l’India o l’Indonesia, affinché assumano posizioni molto più solide di fronte ai ricatti e alle pressioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea”.
La campagna di mobilitazioni che porterà avanti Vía Campesina comincerà ad intensificarsi a partire dal 15 maggio prossimo e, secondo Nicholson, il movimento contadino ha una grande aspettativa di raggiungere l’obiettivo di fare uscire l’agricoltura dalla OMC e far capitolare i negoziati del cosiddetto “libero commercio”.
“Crediamo di avere la possibilità di frenare questo giro, di poterlo bloccare, a partire dal 15 maggio durante i negoziati di Ginevra, ma anche in molti altri Paesi. Per questo è importante consolidare le alleanze con altri movimenti come quello ambientalista”.

Traduzione di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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INDONESIA: POLIZIA ATTACCA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA CONTRO LA MINIERA
Lunedì 20 marzo 2006

Tre persone sono rimaste ferite venerdì durante degli scontri con la polizia in Indonesia, mentre partecipavano ad una manifestazione di protesta contro l’attività della Freeport – McMoran Cooper & Gold Inc, una delle più grandi miniere al mondo di proprietà statunitense.
Secondo il portavoce della polizia Anton Bachrul Alam, “non sono chiare le ragioni per cui la polizia abbia fatto fuoco venerdì”, visto che la protesta era tutt’altro che violenta.
La repressione poliziesca si è innescata in risposta alla mobilitazione degli studenti contro la stessa compagnia che ha avuto luogo giovedì nella zona di Papua, a circa 3500 chilometri da Jakarta, capitale dell’Indonesia, e nella quale sono rimasti uccisi tre poliziotti e un soldato dell’aviazione.
Sono centinaia i poliziotti e i soldati dispiegati nel presidiare Papua, dove 57 persone sono già state arrestate. Cinque studenti sono stati trattenuti perché sospettati di essere i responsabili della morte degli agenti e del militare.
Le attività minifere furono bloccate in febbraio per quattro giorni, prima che i manifestanti, per la maggior parte lavoratori illegali della stessa miniera, abbandonassero completamente le strutture della compagnia.
Freeport – McMoran rappresenta il più grande contribuente in Indonesia. I manifestanti chiedono la chiusura immediata della miniera a causa del suo impatto sull’ambiente nonché il controllo sull’effettivo riconoscimento economici alla comunità di Papua e sulla legalità dei fondi adoperati per i compensi alle forze di sicurezza indonesiane che controllano l’area.
Il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha rifiutato le richieste di blocco immediato dei lavori della compagnia, ma allo stesso tempo intende “impegnare alcuni suoi ministri nell’analisi degli aspetti sociali collegati alle attività della miniera”.
Jefri Pagawak, uno degli organizzatori delle prime proteste contro Freeport e coordinatore delle attuali mobilitazioni afferma che “le proteste non cesseranno fino a quando le attività della Freeport andranno avanti.” Tali dichiarazioni sono state rilasciate alla testata Sydney Morning Herald e più precisamente al reporter Mark Forbes, primo giornalista occidentale a cui è stato permesso l’accesso alla zona di Papua, dopo aver trascorso circa due anni a Timida, località non lontana dal sito minifero controllata da guerrieri tribali, che potrebbero decidere di “attaccare il governo per auto-difesa nel caso in cui le richieste contro la Freeport continuassero ad essere ignorate e la dura repressione poliziesca non accennasse a terminare.”

Fonti:www.interworldradio.net , www.smh.com.au

raduzione Gianluca Tenin – revisione Gianni Tarquini Progetto TERRE MADRI – Traduttori Per La Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non Privatizziamo l’ACQUA: il carattere ambientale dell’acqua
Lunedì 20 marzo 2006

Domenica scorsa circa 150 persone hanno partecipato al dibattito intitolato “Ambiente, Sostenibilità ed Ecologia”, che si è tenuto nell’ambito del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, conclusosi lo stesso giorno nella capitale messicana, Città del Messico.
Il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua ha riunito decine di movimenti sociali del mondo che difendono il diritto umano all’acqua, che si è tenuto in questa città parallelamente al IV Forum Mondiale sull’Acqua.
La prima parte del dibattito ha visto tra gli oratori Monti Aguirre, membro della Rete Latinoamericana contro le Dighe, Carlos Santos dell’organizzazione ambientalista Redes – Amici della Terra Uruguay, e Gustavo Rodríguez dell’associazione civile messicana Acqua e Ambiente.
Il moderatore di questa attività è stato Oscar Rivas, membro dell’organizzazione Sobrevivencia – Amici della Terra Paraguay.
Durante il suo discorso, Monti Aguirre ha affermato che è importante “inserire il concetto dell’acqua all’interno dell’ecosistema”. Secondo Aguirre è di importanza fondamentale sapere quale percorso segue l’acqua prima di arrivare al rubinetto. “L’acqua proviene dal fiume, dalle sorgenti, non dal rubinetto”, ha aggiunto.
Secondo l’attivista è necessario educare la popolazione per portarla a conoscere il processo che porta l’acqua ad uscire dai nostri rubinetti, perché capire da dove proviene l’acqua aiuterebbe l’azione a livello politico e a sapere a cosa ci si riferisce quando si parla di qualità dell’acqua.
Gustavo Rodríguez ha parlato soprattutto di ciò che lui considera un enorme spreco di acqua, caratteristico di tutti i Paesi del mondo. “Non abbiamo imparato a rispettare ed utilizzare razionalmente l’acqua”, ha affermato. Secondo Rodríguez, parte della difesa dell’acqua è saperla utilizzare.
D’altro canto, Carlos Santos ha dichiarato che è necessario fare pressione sulle istituzioni pubbliche affinché siano democratiche e forniscano alla popolazione delle informazioni sicure sulle tematiche che riguardano l’acqua, per poter giudicare e partecipare in modo responsabile.
Seguendo la stessa linea di pensiero, Santos ha affermato che è necessario implementare strategie di educazione ambientale per i movimenti di base, per facilitare la partecipazione popolare a difesa dell’acqua.
In conclusione, Oscar Rivas ha aggiunto che negli incontri come il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua è fondamentale costruire insieme degli atteggiamenti reciproci che permettano di affrontare in condizioni migliori la lotta per la difesa dell’acqua, e non solo limitarsi a presentare tematiche od esperienze, per quanto possano essere importanti.

Traduzione di Cecilia Silveri e revisione di Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non Privatizziamo l’ACQUA: i partecipanti al Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua manifestano all’interno del IV Forum Mondiale sull’Acqua.
Lunedì 20 marzo 2006

Circa 50 persone appartenenti alle organizzazioni Amici della Terra Internazionale, il Consiglio dei Canadesi, la Rete Internazionale per i Fiumi ed il Movimento Mondiale per lo Sviluppo, tra le altre, hanno manifestato domenica scorsa presso il Centro Banamex di Città del Messico, capitale del Paese, dove si sta tenendo il IV Forum Mondiale sull’Acqua.
I rappresentanti di queste organizzazioni, che hanno partecipato al Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, hanno detto alle imprese e ai governi che partecipano al Forum Mondiale sull’Acqua che sono contrari alla privatizzazione dell’acqua, in quanto essa è un diritto e non una merce.
Hanno partecipato alla manifestazione, tra gli altri, Longgena Ginting di Amici della Terra Internazionale, Nail Naidoo del progetto Pianeta Azzurro del Consiglio dei Canadesi, e l’attività brasiliano Silvano Da Costa.
Hanno partecipato anche il rappresentante del governo venezuelano Santiago Arconada e l’attivista internazionale Maude Barlow, autrice insieme a Tony Clarke del libro “Oro Azul”, nella quale fa una rassegna sulla gestione dell’acqua nel mondo.
I manifestanti hanno messo delle monete all’interno di alcune bottiglie per fare rumore muovendole e così attirare l’attenzione all’interno del Centro Banamex. Molti giornalisti, che si stavano occupando della copertura del Forum Mondiale sull’Acqua, hanno seguito l’evoluzione della manifestazione.
Gli attivisti hanno cantato e gridato le loro principali rivendicazioni, oltre a portare striscioni sui quali si leggeva, tra le altre scritte, “il diritto all’acqua non ha niente a che vedere con il controllo delle corporazioni”.
Alcuni dei messaggi urlati dai manifestanti sono stati: “il popolo qui fuori vi porta un messaggio, lottiamo, lottiamo, lottiamo per l’acqua”, “acqua pubblica per sempre” o “il Forum Mondiale sull’Acqua non ci rappresenta”.

Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Contro la privatizzazione della biodiversita' . A Curitiba prende il via il COP8: i movimenti degli indigeni e dei contadini promuovono attivita' alternative alla conferenza ufficiale l
Lunedi' 20 marzo 2006

L'8° Conferenza delle parti della Convenzione sulla diversità biologica (COP 8) ha avuto inizio lunedì 20, dopo il fallimento della riunione dei Paesi che hanno firmato il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. Le posizioni di Messico e Paraguay hanno impedito di adottare l'obbligatorietà dell'etichettatura e dell'identificazione del cibo OGM proveniente dai Paesi confinanti.
Il Forum della società civile, che si tiene all'esterno della Conferenza ufficiale dell'Onu, riunisce movimenti sociali e organizzazioni non governative impegnate nella protezione della biodiversità rispetto alle attività distruttive promosse dalle imprese multinazionali e da governi di tutto il mondo.
Il COP 8 è stato inaugurato lunedì mattina, alla presenza di centinaia di delegati dei governi, nonché delle agenzie internazionali e delle organizzazioni non governative ambientaliste.
Nel frattempo, al di fuori della sede della Conferenza, un gruppo di 50 indigeni di diverse nazionalità hanno tenuto una cerimonia silenziosa, attraverso la quale hanno rappresentato il concetto che è alla base della Conferenza dell'Onu: mentre centinaia di delegati governativi negoziano, essi rimangono estranei a un processo nel quale sono a rischio il futuro del sapere tradizionale e delle risorse naturali delle comunità che sono alla base della loro stessa esistenza.
I rappresentanti delle ONG hanno iniziato domenica a discutere della posizione che assumeranno di fronte ai delegati del COP 8 e la discussione è proseguita anche lunedì. Circa 70 rappresentanti di organizzazioni e coordinamenti internazionali hanno discusso dei problemi principali da esporre nella conferenza ufficiale, come l'impatto dei processi di liberalizzazione del commercio sulla biodiversità. Queste operazioni vengono negoziate presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio nei settori della proprietà intellettuale, dei servizi ambientali e degli investimenti.
In queste negoziazioni multilaterali nell'ambito dell'OMC, o quelle bilaterali e regionali condotte nel 2005 dagli Usa con i Paesi centroamericani e andini, la principale minaccia di privatizzazione delle risorse naturali viene dall'apertura alle compagnie multiazionali di "servizi ambientali", come il turismo "ecologico" o la bioprospezione genetica.
Lunedì, alla fine della terza riunione sul protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (MOP 3), hanno avuto inizio anche le attività del "Forum della società civile globale: benvenuti nel mondo reale".
Le iniziative del forum toccano diverse questioni, come l'avanzata delle grandi imprese agroalimentari come la Monsanto sull'agricoltura contadina dei Paesi agricoli in via di sviluppo.
Nell'ambito della prima iniziativa di lunedì, "Esame dei reali progetti della Monsanto e delle sue conseguenze sull'America Latina", testimoni provenienti da Paraguay, Argentina, Messico, Colombia, Ecuador e Brasile hanno denunciato gli effetti delle attività di questa impresa transnazionale sulle popolazioni e le comunità rurali.
Secondo Jorge Rulli della ONG argentina Grupo de Reflexión Rural, "l'agrobusiness è avanzato in silenzio, modificando i rapporti di lavoro nelle campagne e traendo profitti dai brevetti internazionali sulle sementi e sulle risorse naturali".
Le iniziative del Forum della società civile globale si terranno in parallelo al COP 8, fino al 31 marzo, con l'obiettivo di accompagnare le negoziazioni ufficiali e offrire delle risposte da parte dei movimenti sociali che rifiutano la privatizzazione delle risorse naturali e della biodiversità.

Traduzione Marina Callegari – rev. Gianni tarquini– Progetto Terre Madri – traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Proteste negli Usa contro un progetto di legge sulle immigrazioni
Sabato 18 marzo 2006

Manifestazioni di protesta contro il progetto di una nuova legge sulle immigrazioni si sono svolte nei giorni scorsi in varie città degli Stati Uniti, e sono state annunciate per la prossima settimana.
Circa centomila manifestanti hanno paralizzato venerdì il centro di Chicago, e altre dimostrazioni si sono avute martedì a Filadelfia e mercoledì a Monterey Bay.
L’ approvazione del disegno di legge, attualmente in discussione al Senato, provocherebbe pesanti conseguenze per i circa dodici milioni di immigranti irregolari degli Stati uniti, nonché per le organizzazioni umanitarie che li appoggiano.
Il progetto legislativo definisce infatti come “atto criminale”, sanzionabile con la prigione, il soggiorno illegale negli Stati uniti. Inoltre amplia la definizione di Alien smuggling (traffico illegale di immigrati), che verrebbe a includere qualsiasi tipo di aiuto dato a chi è privo di documenti di soggiorno, compreso quello offerto da agenzie di rifugiati, parrocchie e altre organizzazioni.
Orlando de la Cruz, uno degli organizzatori della marcia e parte di un gruppo di studenti latinoamericani di Aztlàn , ha criticato il progetto di legge e affermato che le azioni di proteste vogliono suonare un campanello di allarme sulla gravità delle possibili conseguenze. De la Cruz , che lavora in un’organizzazione che fornisce assistenza agli immigrati irregolari, ha aggiunto che la legge colpirebbe anche lui. Hong An Tran, un avvocato specializzato nel campo dell’immigrazione, ha criticato il disegno di legge per l’accento messo solo sulla penalizzazione, ritenendo che non costituisca “una vera riforma dell’immigrazione”.
Alcune organizzazioni di irregolari hanno sostenuto che negli Stati uniti loro “ fanno solamente i lavori che nessuno vuole fare”, e che sarebbero criminalizzati con la nuova legislazione nonostante il loro obiettivo sia solo quello di integrarsi nella società.
Il presidente degli Stati uniti George W. Bush si è detto d’accordo con le ricadute previste dalla nuova legge, appoggiata anche da gruppi contrari all’immigrazione come i Minuteman, che pattugliano la frontiera tra gli Usa e il Messico.

Traduzione di Guya M., revisione Gianni Tarquini, Progetto TERRE MADRI – Traduttori Per la Pace – RadioMUndoReal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non privatizziamo l’ACQUA: “In realtà la lotta per l’acqua è la lotta per la vita”
Sabato 18 marzo 2006

La presenza di Oscar Olivera, il più che rispettato dirigente boliviano che si è reso protagonista della lotta per l’acqua nel suo Paese, al Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua che si sta tenendo nella capitale messicana, Città del Messico, attribuisce a questo incontro l’importanza dei movimenti sociali che credono che la risorsa idrica sia un diritto inalienabile.
Olivera è stato uno dei baluardi della lotta della popolazione del dipartimento boliviano di Cochabamba, situato al centro del Paese, per la difesa dell’acqua, soprattutto durante la cosiddetta Guerra dell’Acqua.
L’attivista internazionale è stato una delle persone incaricate di dare ufficialmente inizio al Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua lo scorso venerdì. Poco dopo la cerimonia Radio Mundo Real lo ha intervistato.
Oscar, quali sono le tue prime impressioni dopo l’apertura del Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua?
Prima di tutto vorrei ringraziare Radio Mundo Real, che si è praticamente trasformata nella principale emittente per la divulgazione della problematica delle nostre popolazioni. Sono molto onorato di essere qui, molto contento del lavoro dei nostri amici messicani, ma ancor più emozionato e motivato da tutti i processi di lotta che sto seguendo qui in Messico da oltre un anno, da quando sono arrivato ed ho potuto condividere con diverse comunità rurali e cittadine queste lotte contro la privatizzazione dell’acqua, per far rimanere l’acqua un bene comune, collettivo, e perché la questione era stata resa invisibile dai mezzi di comunicazione ufficiali e formali. Le lotte per l’opposizione alla costruzione della diga La Parota, quelle nei piccoli centri urbani contro l’inquinamento delle risorse idriche per le concessioni minerarie, la lotta per accedere ai servizi fondamentali nelle zone extraurbane, sono tutte simili a quelle di altri Paesi del mondo. Quando sentiamo i nostri amici messicani è come se ascoltassimo anche i boliviani, che hanno le stesse difficoltà, le stesse speranze e gli stessi sogni di lotta contro la privatizzazione dell’acqua. Credo che il Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua, dei movimenti sociali e delle persone che lottano contro la privatizzazione dell’acqua sia un momento di incontro molto importante che trova in realtà, o direi scopre, questa grande capacità della gente di cercare di recuperare non solo i beni comuni, molti dei quali sono nelle mani di imprese private multinazionali, ma anche tutto il sapere. E credo che sia molto importante che noi stessi possiamo conoscere questo sapere per poter trovare soluzioni ai problemi che ci ha lasciato un modello economico che ha semplicemente saccheggiato e avvelenato i nostri territori.
Sicuramente non ci sarà un altro Forum Internazionale a Difesa dell’Acqua nei prossimi tre anni. Cosa provi ad essere qui a condividere la lotta con persone come la scrittrice di “Oro Azul”, Maude Barlow?
Si tratta di una lotta tra pari, una lotta con persone che consideriamo uguali a noi, ognuno dal proprio punto di vista, dalla propria posizione, dalla propria quotidianità, dalle proprie esperienze, dal proprio Paese, con tutte le difficoltà e le limitazioni che ci sono. Credo che prima di tutto è importante che la gente si unisca per qualcosa di più grande, come la lotta per la vita. In realtà la lotta per l’acqua è la lotta per la vita. È dall’acqua che ha avuto origine la vita su questo pianeta, è dall’acqua che generosamente la Pachamama, la Madre Terra, dà la vita agli esseri viventi. Credo quindi che sia questa la cosa importante, che ci unisce: la lotta per la vita. Non c’è altra alternativa che continuare a lottare per la vita.
E credo che prima di tutto importante che la gente semplice e lavoratrice dei nostri popoli e le persone importanti come Maude Barlow si considerino gente comune ed uguale, con assoluta orizzontalità. Credo che questi forum ci diano la possibilità di sentirci tutti uguali e fratelli. Credo che il patrimonio più grande che possiamo lasciare alle prossime generazioni sia quello di aver raggiunto proprio questo: aver lottato per la vita.
Ti rivolgiamo due domande in una per terminare. Quali sono le tue aspettative in quel che rimane del Forum che terminerà domenica? E poi, che impressioni hai avuto sulla marcia di giovedì scorso nella quale, nonostante il quantitativo impressionante di poliziotti, le migliaia di persone sono riuscite a passare per il Centro Banamex dove si tiene il IV Forum Mondiale dell’Acqua?
Primo, il Forum termina domenica, ma sono sicuro che la lotta continuerà. Credo che questa lotta, da quello che stiamo vedendo qui in Messico e in molte altre parti del mondo, sia una lotta destinata a continuare in modo assolutamente irreversibile. È una lotta per la dignità, per la giustizia, per la vita, è una lotta per i nostri beni comuni, per recuperare il nostro sapere, per mantenere e preservare il patrimonio che ci hanno lasciato i nostri padri ed i nostri antenati, è una lotta per dare dignità alle generazioni future. Credo che ciò che continua ad tenerci uniti siano le vittorie che sicuramente i popoli del mondo stanno ottenendo sulla questione dell’acqua e di cui siamo informati ogni giorno. Quello che sta accadendo in Argentina contro la Suez è molto importante per noi, come anche quello che sta accadendo in Bolivia, o in Ecuador e Colombia, o in Perù contro l’inquinamento delle risorse idriche. Sono lotte vittoriose e questo ci da la forza per andare avanti e che trovano uniti tutti i movimenti sociali. Secondo, sulla questione della marcia di ieri, è una marcia che mi ha colpito molto per la forza e l’energia della gente, ma anche per l’enorme dispiegamento di polizia che non mi era mai capitato di vedere da nessun’altra parte del mondo. Non avevo mai visto tanti poliziotti ordinati in tre file dietro una palizzata di metallo, come fossimo delle bestie. Direi che più della polizia è stato il timore dei potenti, dei ricchi, degli imprenditori, delle multinazionali, della Banca Mondiale, nei confronti delle gente, di questa energia della gente che ha voce e sentimenti. Credo che la voce ed i sentimenti della gente siano la causa del timore di coloro che hanno le armi e il denaro, e credo che la voce ed i sentimenti della gente vinceranno le armi e il denaro.

Traduzione di Cecilia Silveri – revisione Gianni Tarquini – Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Conferenza stampa convocata dagli organizzatori del Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua
Sabato 18 marzo 2006

La Coalizione delle Organizzazioni Messicane per il Diritto all’Acqua (COMDA), una delle principali organizzatrici del Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua, ha deciso di realizzare il venerdì successivo all’inizio del forum una conferenza stampa per effettuare alcune puntualizzazioni in merito alla grande manifestazione in difesa dell’acqua che si è svolta giovedì.
Le organizzazioni messicane erano particolarmente preoccupate a ausa di alcuni episodi di violenza che si sono succeduti al termine della manifestazione, quando un gruppo di forze della polizia ha colpito e ferito circa 20 giovani.
Secondo quanto denunciato dalla COMDA, i poliziotti protagonisti degli episodi di violenza con i manifestanti indossavano abiti civili, e si erano infiltrati nella manifestazione.
Coloro che hanno preso parte alla conferenza sono: Jaime Rello, rappresentante del Movimento Urbano Popolare del Messico, Ana María Martínez, membro del Centro (anch’esso messicano) di Diritti Umani Agustín Pro Juárez, e Miguel Valencia, membro della rete ecologista Ecomunidades.
Sono intervenuti anche la scrittrice Maude Barlow, autrice del libro “Oro Blu”, che indaga sulla gestione dell’acqua nel mondo, Santiago Arconada, rappresentante del governo venezuelano, e José Martín Velázquez, membro della COMDA.
I conferenzieri hanno manifestato anche di fronte ad un importante gruppo di mezzi di comunicazione messicani e internazionali, che stanno monitorando la diseguale copertura che i mezzi del paese stanno realizzando se si considera il IV Forum Mondiale dell’Acqua e le iniziative alternative.
Hanno accusato soprattutto le due grandi reti televisive del Messico, Televisa e TV Azteca, di minimizzare le diverse attività parallele al IV Forum Mondiale dell’Acqua, che si stanno svolgendo dal 13 marzo a Città del Messico.
Ana María Martínez ha fatto anche riferimento ad alcuni episodi di violenza che hanno coinvolto i manifestanti. Alcuni gruppi urbani della capitale messicana si sono scontrati con la polizia e hanno distrutto anche una camionetta.
La Martínez ha spiegato che le organizzazioni che hanno partecipato alla manifestazione e i convocanti hanno enfatizzato il fatto che la marcia doveva essere pacifica, però sapevano che sarebbero stati presenti alcuni gruppi violenti.
Tuttavia, la Martínez ha sottolineato che, nonostante gli sporadici episodi di violenza avvenuti, non si può screditare l’importanza della manifestazione di coloro che credono che l’acqua debba essere un bene pubblico e un diritto umano fondamentale.
I membri della COMDA ritengono che il numero delle persone che presero parte alla mobilitazione di giovedì si aggiri attorno ai 20.000 partecipanti.
Santiago Arconada ha affermato che, fatta eccezione della foto in prima pagina del quotidiano messicano La Jornada, non si è vista nessun’altra immagine, stampata o televisiva, che mostrasse l’enorme partecipazione alla manifestazione.
Arconada ha dichiarato che la manifestazione di giovedì ha segnato un prima e un dopo nell’ambito della lotta dei movimienti sociali per la difesa dell’acqua.
Il rappresentante del governo venezuelano, presieduto da Hugo Chávez, ha detto che le imprese, il governo messicano e gli altri partecipanti del IV Forum Mondiale dell’Acqua non avrebbero potuto ignorare l’immenso movimento sociale in difesa risorsa idrica.
Arconada ha aggiunto che il Forum Mondiale dell’Acqua era il "Davos dell’Acqua", in riferimento alla riunione annuale dei governi più ricchi del mondo che si svolge in questa città svizzera.
Maude Barlow ha dichiarato che la marcia di giovedì e il Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua dimostrano la maturità e il consolidamento dei movimenti sociali del mondo che lottano per difendere il diritto umano all’acqua e la sua gestione pubblica e partecipativa.

* (N.d.T.: Sul sito originale è possibile ascoltare o scaricare la conferenza). A causa della durata della conferenza la offriamo in tre parti. Ascoltare o scaricare la prima parte. Ascoltare o scaricare la seconda parte. Ascoltare o scaricare la terza parte.

Traduzione di Arianna Ghetti – Revisione di Ermanno Geronzi
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Il Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua inizia gremito di gente
Sabato 18 marzo 2006

E’ iniziato venerdì presso il Sindacato Messicano dei Telefonisti di Città del Messico, capitale del paese, il Forum Internazionale in Difesa dell’Acqua, una delle iniziative più importanti parallele al IV Forum Mondiale dell’Acqua che si svolge nella stessa città.La Coalizione delle Organizzazioni Messicane per il Diritto all’Acqua (COMDA), l’Assemblea Nazionale in Difesa dell’Acqua e della Terra e contro la sua Privatizzazione, e un comitato che raggruppa diverse organizzazioni internazionali sono i promotori di questo forum.
Questi movimenti sociali hanno realizzato un importante sforzo organizzativo e di coordinazione,
che permette lo sviluppo delle attività e la partecipazione della gente, assieme al rispetto degli orari.
Tra le altre cose, sono stati preparati documenti per i partecipanti al forum e per la stampa, c’è personale che aiuta a trovare le sale dove si svolgono le attività e un servizio gratuito di pasti per tutti i presenti.
Le attività del forum sono iniziate presso il salone principale del Sindacato dei Telefonisti, pieno di gente, circa 400 persone. A coordinare questa cerimonia iniziale sono state persone la cui carriera si è sempre basata sulla lotta per la difesa dell’acqua.
Uno degli oratori è stato Oscar Olivera, leader indiscusso del Coordinamento in Difesa dell’Acqua e della Vita di Cochabamba in Bolivia. Questo movimento boliviano è stato protagonista nel 2000 della cosiddetta Guerra dell’Acqua, quando gli abitanti di Cochabamba scesero nelle strade per manifestare contro la multinazionale dell’acqua Suez, che operava in questo dipartimento, e
affrontarono dure repressioni da parte della polizia.
Tra gli altri partecipanti c’era anche Maude Barlow, riconosciuta attivista internazionale in difesa
dell’acqua, e Anil Naidoo, membro del progetto Pianeta Blu del Consiglio dei Canadesi, che opera sempre in difesa dell’acqua.
Maude Barlow e Oscar Olivera hanno dichiarato che questo Forum Internazionale rappresenta la riunione più importante dei movimenti che lottano per difendere l’acqua alla quale abbiano mai partecipato.
Molti dei partecipanti alle iniziative hanno spiegato che questo Forum ha preso il nome di “Forum
Internazionale in Difesa dell’Acqua" perché le imprese e i governi che partecipano al IV Forum Mondiale dell’Acqua stanno, in realtà, attaccando questa fondamentale risorsa.

Traduzione di Gianni Tarquini – Revisione di Arianna Ghetti
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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 11 AL 17 MARZO 2006

Attivisti latinoamericani denunciano pubblicamente l’impresa Suez
Giovedì, 16 Marzo 2006

La "Campagna Internazionale Basta con gli Abusi della Suez", è stata presentata mercoledì scorso a Città del Messico, davanti al Tribunale Latinoamericano per l’Acqua, per denunciare la multinazionale che gestisce servizi di acqua potabile e fognature in diversi paesi. I rappresentanti di 10 paesi latinoamericani hanno esposto la denuncia pubblica contro la Suez davanti al tribunale.La Campagna è stata organizzata da Red Vida, che raggruppa centinaia di persone e organizzazioni che lavorano alla difesa dell’acqua come bene pubblico e per riconoscerla diritto umano. La Suez aveva diritto ad essere rappresentata davanti al tribunale per difendere le sue posizioni ma ha rinunciato a tale prerogativa.
Tra gli integranti di Red Vida c’erano Julián Pérez del municipio boliviano di El Alto e Sara Grusky degli Stati Uniti, che è la coordinatrice della campaña Acqua per Tutti promossa dall’organizzazione Public Citizen.La presenza della esperienza boliviana è stata importante per i precedenti raggiunti dai cittadini di questo municipio che sono riusciti ad espellere una filiale della Suez chiamata Aguas del Illimani. C’è da aggiungere che la multinazionale è molto vicina dal doversi ritirare definitivamente dalla Bolivia e i dirigenti delle organizzazioni di El Alto sperano che non passerà molto tempo prima che ciò accada.
Un altro degli intervenuti era André Abreu, che integra la fondazione francese che porta il nome di Danielle Mitterrand, capeggiata dalla vedova dell’ex presidente francese Francois Mitterrand.Abreu, nelle sue dichiarazioni, ha fatto vari commenti sul funzionamento politico interno della Suez, e ha denunciato strane negoziazioni che l’impresa sta portando avanti, enfatizzando il fatto che molti attori francesi si oppongono alle politiche dell’impresa che offre servizi legati all’uso dell’acqua. Suez sta vivendo un delicatissimo momento che la sta indebolendo, non solo in America Latina ma in tutto il mondo.
Uno dei punti più importanti della manifestazione di mercoledì è stato raggiunto con le dichiarazioni del ministro per l’acqua della Bolivia, Abel Mamani, che ha appoggiato la campagna sostenendo di sentirsi ancora un dirigente in lotta per la difesa delle risorse naturali.Il rappresentante della Comisión Nacional en Defensa del Agua y de la Vida dell’Uruguay, Carlos Sosa, ha raccontato il comportamento della Suez in questo paese e di come la commissione da lui integrata è riuscita, insieme al popolo uruguayano, a vincere la battaglia per la riforma costituzionale che ha introdotto l’acqua come bene comune di tutti i cittadini che non può essere privatizzata.
Dopo la riforma della Costituzione è stato invalidato il contratto di prestazione di servizi di acqua e fognature alla Suez.Altra esperienza raccontata nella manifestazione è stata quella di Alberto Muñoz, integrante dell’ Assemblea Provinciale per il Diritto all’Acqua di Santa Fe, provincia dell’est dell’Argentina, anche loro impegnati contro la multinazionale francese.
A Santa Fé, come a Cordova, Suez è accusata di essere la responsabile dell’innalzamento dei prezzi per l’utilizzo dei servizi idrici oltre che di gravi irregolarità per la qualità dell’acqua offerta.

Traduzione di Gianni Tarquini Progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org

Quarta giornata di proteste in Ecuador
Giovedì, 16 Marzo 2006

Palacio criminalizza le proteste indigene

Le Organizzazioni indigene dell’Ecuador mantengono le misure di lotta contro il Trattato di Libero Commercio (TLC) che il governo di questo paese vuole firmare con gli Stati Uniti. Il presidente Alfredo Palacio mercoledì ha sostenuto che dietro le massicce proteste ci sono “intenti di destabilizzare lo stato democratico”.
Palacio, che ieri notte ha ordinato la mobilitazione di 2 mila militari, si è lamentato che gli indigeni “non chiedono solo soldi per la costruzione di infrastrutture“, ma che “ora protestano per questioni politiche”.
Gli indigeni lasciano intendere una possibile radicalizzazione delle proteste, e i principali leader della provincia del Cotopaxi, al centro del paese, hanno iniziato uno sciopero della fame.
Un comunicato della Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (CONAIE) denuncia la “violenta repressione” dei militari, che ha provocato diversi feriti tra i manifestanti.
Il ministro della Difesa, Oswaldo Jarrín, ha rispedito al mittente le accuse e ha preferito parlare di un “piano di ripristino della pace e protezione dei beni pubblici”.
La CONAIE ha annunciato la prosecuzione dei blocchi stradali e ha rivolto un appello alla mobilizzazione per questo pomeriggio (ndr ieri) nel centro di Quito, capitale dell’Ecuador.
Gli indigeni sostengono che l’invito del governo a partecipare a laboratori sul TLC il fine settimana ha provocato un “acutizzarsi del rifiuto” tra i partecipanti alla protesta.
In un altro comunicato, della Piattaforma Interamericana per i Diritti Umani, una rete alla quale aderiscono 450 organizzazioni di 15 diversi paesi, si legge la denuncia contro lo stato ecuadoriano per il ricorso alle misure d’emergenza che “sospendono le garanzie civiche e i diritti umani”.
Il testo sostiene che le misure governative provocano la “stigmatizzazione e l’incriminazione dei dirigenti sociali”, oltre alla militarizzazione di varie regioni del paese.
“Ci preoccupa la richiesta di alcuni rappresentanti del governo di incrementare la repressione in proporzione alla crescita della protesta sociale”, conclude il comunicato della rete di organizzazioni.

Con informazioni da: Prensa Latina

Traduzione di Gianni Tarquini, revisione di Nadia Angelucci, progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Catastrofe umanitaria in Sudan e nei Paesi vicini per i tagli all’approvvigionamento alimentare
Mercoledì 15 marzo 2006

Varie agenzie dell’Organizzazione delle Nazioni Unite affermano che la situazione umanitaria in Sudan e nei campi profughi in Chad e in Kenia peggiora ogni giorno, poiché le organizzazioni di aiuti internazionali non hanno risorse sufficienti per nutrire la popolazione; inoltre molte zone non sono accessibili a causa delle crescenti tensioni.
Il conflitto tra le milizie Janjaweed e il governo del Sudan ha già provocato 180 mila vittime e oltre 2 milioni di profughi, che fuggono dalle intrusioni e dagli attacchi delle milizie e dei ribelli arabi.
Dopo che l’Unione Africana ha inviato circa 7000 soldati a controllare questi attacchi contro la popolazione civile, la situazione è migliorata leggermente, ma ora gli osservatori internazionali informano che negli ultimi mesi si è registrato un aumento degli attacchi.
A causa del conflitto, gran parte delle regioni dove erano stanziate le popolazioni rurali sono devastate, il che provoca l’estrema carenza di alimenti in un Paese in cui le terre coltivabili scarseggiano.
Il Programma Mondiale di Alimenti (PMA), che finora aveva coperto i bisogni alimentari di 3,5 milioni di persone, ha annunciato che a breve sarà costretto ridurre le razioni di legumi secchi, zucchero e sale a causa della mancanza di risorse per le operazioni di emergenza.
Bradley Guerrant, direttore aggiunto per il Sudan dell’organismo dell’ONU, ha affermato che “la riduzione delle razioni è l’ultima risorsa, ma non abbiamo alternative”. Il PMA ha ricevuto solo un 15% dei 746 milioni di dollari di cui ha bisogno per portare alimenti a milioni di persone in Sudan nell’arco del 2006.
Ciò permette un approvvigionamento per un periodo più lungo senza esaurire le scarse riserve per i gruppi più vulnerabili, i bambini e le donne incinte.
Non solo in Sudan la situazione è grave, visto che anche nei campi profughi situati in Chad e in Kenia scarseggiano gli alimenti di base. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati che gestisce due campi profughi sudanesi e somali in Kenia ha informato che le razioni sono già state ridotte del 25% e che le riserve dureranno solo fino alla fine di marzo.
George Okth-Obbo, Alto Commissario dell’ONU per i Rifugiati, ha spiegato che la situazione sarà disastrosa se gli aiuti non arrivano prima della fine di marzo, perché i profughi dipendono totalmente da essi.
Un altro problema è il fatto che non tutte le zone in cui la popolazione necessita di aiuti sono accessibili. Assalti frequenti impediscono alle organizzazioni di raggiungere le zone dell’ovest del Darfur e la zona alta di Jebal Marra. Circa 300.000 persone ne sono colpite e non ricevono aiuti.
Il responsabile umanitario dell’ONU ha chiesto alla comunità internazionale di offrire le risorse necessarie per evitare una catastrofe umanitaria. Ha inoltre aggiunto che le truppe dell’Unione Africana hanno bisogno di appoggio per operare con efficacia, per impedire gli attacchi ai civili e per disarmare i gruppi armati.

Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Indigeni ecuadoriani protestano contro il TLC
Mercoledì 15 marzo 2006

Gli indigeni bloccano le strade dell’Ecuador
Migliaia di indigeni ecuadoriani protestano in tutto il territorio nazionale contro la firma del Trattato sul Libero Commercio (TLC) che il governo di questo Paese vuole firmare con gli Stati Uniti, ed esigono che il presidente Alfredo Palacio “sospenda immediatamente” i negoziati.
Un comunicato della Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) avverte che le azioni “potrebbero spingere a posizioni estreme” se il “governo ad interim” di Palacio non blocca la costruzione della diga.
Esigono inoltre che il mandatario risponda “immediatamente alla richiesta delle popolazioni povere del Paese”, e che provveda all’ “espulsione” della compagnia petrolifera statunitense Occidental Petroleum, conosciuta anche come Oxy.
I manifestanti accusano questa compagnia transnazionale di “violare le leggi nazionali e di sottrarre agli ecuadoriani le proprie ricchezze”.
Gli indigeni denunciano che “molti agenti di sicurezza” si stanno infiltrando nelle mobilitazioni, che bloccano le strade in varie province dell’Ecuador.
Annunciano inoltre che nelle ultime ore si sono aggiunti alle proteste contro il TLC “migliaia di pensionati, piccoli commercianti e lavatori di altri settori”.
Secondo una stima del presidente del CONAIE, Luis Macas, martedì hanno partecipato alla protesta circa 25 mila indigeni “in ogni angolo del Paese”.
Macas ha sottolineato il suo rifiuto al dialogo con Palacio ed ha aggiunto che le proteste termineranno solo con la sospensione dei negoziati con gli Stati Uniti.
Ci sono ancora circa cinquanta membri del CONAIE ad occupare da lunedì la più importante chiesa di Quito, capitale del Paese. Secondo gli indigeni, le principali autorità religiose dell’Ecuador stanno facendo pressione sul governo per far evacuare gli occupanti.

Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Omaggiano lo studente assassinato dalla polizia in Colombia
Mercoledì, 15 marzo 2006

Centinaia di persone hanno partecipato martedì alle manifestazioni in omaggio allo studente colombiano Oscar Leonardo Salas, assassinato dalla polizia durante una protesta contro il Trattato di Libero Commercio (TLC) tra Colombia e Stati Uniti.
Durante la mobilitazione, svoltasi l’8 marzo, nell’ambito del Giorno Internazionale della Donna, Salas è stato colpito alla testa da un colpo di proiettile che lo ha ucciso, dopo due giorni di coma.
Un comunicato della radio comunitaria Café FM, di cui faceva parte la vittima, sottolinea che si tratta di un «altro atto criminale» commesso nei confronti di coloro che lottano per le cause sociali.
Secondo quanto dichiarato dai portavoce dell’emittente radiofonica, il governo colombiano applica una «sistematica» repressione nei confronti dei «comunicatori sociali e degli studenti universitari».
Denunciano che la morte di Salas, che aveva 20 anni e studiava lingue presso l’Università Federale di Bogotà, «si aggiunge» a quella di altri quattro giornalisti di radio comunitarie assassinati durante gli scontri con la polizia degli ultimi mesi.
Il testo aggiunge che i componenti di Café FM non confidano nella promessa di «indagini approfondite» delle autorità colombiane.
Il comunicato del collettivo radicale conclude: «desideriamo solo che i giovani possano protestare senza per questo perdere la vita».

Fonte: Indymedia Colombia

Tradotto da Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it – www.traduttoriperlapace.org

Non Privatizziamo l’ACQUA: “La Commissione Federale sull’Elettricità è entrata senza alcun permesso”
Mercoledì 15 marzo 2006

Rodolfo Chávez
L’incontro in Difesa dell’Acqua e Contro la Diga La Parota, che i contadini dello stato messicano meridionale di Guerrero hanno tenuto martedì scorso sulle rive del fiume Papagayo, nel comune di Acapulco, è stato coordinato da Rodolfo Chávez, rappresentante dei contadini della zona. Chávez ha elencato le date esatte dei diversi momenti importanti della lotta che i contadini di Guerrero hanno realizzato a partire dal 2003, così come le irregolarità commesse dalla Commissione Federale sull’Elettricità, per imporre la costruzione della diga.
Radio Mundo Real lo ha intervistato e consultato proprio su queste tematiche.

Traduzione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Bolivia e Uruguay discutono di integrazione energetica
Mercoledì 15 marzo 2006

Lunedì scorso il presidente boliviano Evo Morales e il suo omologo uruguayano, Tabaré Vázquez, hanno convenuto di realizzare immediatamente degli studi per accertare la possibilità di costruire un gasdotto che fornisca gas naturale al Paraguay all'Uruguay.
Il gasdotto, la cui costruzione richiederà un investimento congiunto di più di 2 miliardi di dollari, avrà una lunghezza di oltre mille chilometri e attraverserà sei province argentine.
Il progetto consentirà alla Bolivia di aumentare le sue vendite in Argentina e di iniziare la distribuzione del gas naturale in Uruguay e Paraguay.
Entrambi i presidenti hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale sottolineano l'importanza di "raggiungere" un'integrazione energetica sulla base dei principi di “integrazione produttiva".
Tabaré Vázquez ha fatto rilevare che si tratta di un progetto "molto importante" per il Paese che, a suo dire, si trova una condizione di "forte dipendenza" nel settore energetico.
Secondo il ministro boliviano per gli idrocarburi Andrés Soliz, l'integrazione può introdurre un "fattore di equilibrio" nella regione, e ha ricordato la "presenza quasi esclusiva" di Brasile e Argentina in questo settore.
"L'energia può essere fonte di orizzontalizzazione" ha affermato Soliz.
Il ministro boliviano ha poi aggiunto che uno dei problemi che l'Uruguay si trova ad affrontare è la grande dipendenza dall'Argentina per la fornitura di gas.
"Oggigiorno esistono dei problemi tra i due Paesi e a volte gli uruguayani vengono sottoposti a pressioni" ha proseguito Soliz.
Al tempo stesso il ministro uruguayano dell'industria, dell'energia e delle miniere Jorge Lepra ha riconosciuto che il suo Paese non ha un grande fabbisogno di energia.

Fonti: Reuters, AP.

Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per la Pace (rev. Daniela Cabrera) Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundorealwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Si alla Vita, No alla Diga La Parota
Mercoledì 15 marzo 2006

Il Consiglio di Ejidos e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota, che riunisce i contadini che lottano contro questo progetto idroelettrico, martedì ha celebrato il Giorno Mondiale contro Le Dighe sulle sponde del fiume Papagayo, dove si prevede la costruzione della centrale energetica. Circa 200 persone, tra contadini, visitatori di vari Paesi e giornalisti, si sono riuniti nel paese di Aguas Calientes nel comune di Acapulco, Stato di Guerrero, ed hanno marciato fino al fiume Papagayo dove si è tenuta la celebrazione.
Tra i presenti vi erano attivisti tedeschi, italiani, uruguayani e statunitensi, oltre che messicani. Con il motto “Si alla Vita, No alla Diga La Parota”, i contadini messicani hanno manifestato il proprio rifiuto alla costruzione di questa diga nell’ambito di una celebrazione emotiva che ha avuto i bambini come figura centrale. Sulle rive del fiume Papagayo numerosi contadini della zona hanno parlato dei danni che comporterebbe la costruzione della diga La Parota.
I contadini Facundo Hernández, della comunità di Salsipuedes di Acapulco, e Marco Antonio Suasti, dirigente del Consiglio di Ejidos e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota, hanno esposto le problematiche cui andrebbero incontro le comunità rurali di Acapulco se la diga venisse costruita. Lo stato di violenza contro le comunità ha avuto inizio, secondo quanto ricordano i contadini, quando tre anni fa alcuni funzionari della ditta Comisión de Electricidad sono entrati nelle loro terre senza i necessari permessi e hanno imposto con la forza l’inizio dei lavori di costruzione della diga La Parota.
Marco Antonio Suasti ha ricordato in modo particolare i contadini che facevano parte del Consiglio di Ejidos e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota, morti durante la lotta contro l’istallazione della centrale idroelettrica.
Secondo le comunità rurali, lo stato di violenza e osteggiamento da parte della ditta ha contato sulla complicità del governo federale e statale, che non hanno risposto ai reclami e alle denunce presentati negli ultimi due anni. Pertanto, queste comunità hanno dichiarato che continueranno a lottare con i mezzi che hanno a disposizione, se la situazione nello Stato di Guerrero non cambierà.
I contadini dicono di continuare a cercare il dialogo per trovare una soluzione al conflitto, tuttavia le autorità governative e municipali sono chiuse a qualsiasi possibilità di risoluzione.
I contadini hanno raccontato di aver assistito ad assemblee di consultazione per dare la propria opinione nei confronti della diga e che sono stati accolti da centinaia di poliziotti e operativi con carri antisommossa, e in alcune occasioni, è stato persino vietato loro di partecipare alle assemblee.
Nella comunità di Las Cruces, situato a circa 4 chilometri da Aguas Calientes, si è tenuto un incontro tra i contadini del Consiglio di Ejidos e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota ed attivisti di vari Paesi, con l’obiettivo di far conoscere i dettagli della lotta contro la diga e stabilire una strategia a “scudo di difesa” e di sostegno internazionale, che le comunità vogliono raggiungere per garantire il rispetto dei diritti umani.

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Non privatizziamo l’ACQUA: “Vogliono inondare 36 comunità, 17.000 ettari di terreno
Mercoledì 15 marzo 2006

Nell’ambito della celebrazione del Giorno Mondiale contro le Dighe nel comune di Acapulco, Stato di Guerrero, Radio Mundo Real ha intervistato Marco Antonio Suasti, uno dei principali dirigenti del Consiglio di Ejidos e delle Comunità Contrarie alla Diga La Parota. Il dirigente ha fornito dettagli concreti sulle conseguenze che provocherà il progetto idroelettrico, come anche la lotta contadina di cui fa parte.

Traduzione Cecilia Silveri, Revisione di Daniela Cabrera progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

NO alla privatizzazione dell’acqua: Contadini e organizzazioni sociali messicane denunciano gli impatti della diga “La Parota”
Mercoledì 15 marzo 2006

Contadini e organizzazioni sociali messicane denunciano gli impatti della diga “La Parota”

Servizio speciale di Radio Mundo Real in Messico, nel corso delle attività parallele al IV Forum Mondiale dell’Acqua.

La centrale idroelettrica “La Parota”, che il governo messicano progetta di costruire ad Acapulco, situato nello Stato di Guerrero a sud del paese, avrà effetti diretti su circa 25.000 persone, le quali rischiano di perdere le proprie terre poiché sarebbero inondate dalla cisterna o a causa delle grandi opere di infrastruttura previste dal progetto.
Coloro che si oppongono al progetto idroelettrico, il quale ha causato gravi scontri tra i contadini della zona, si sono raggruppati nel Consiglio di Ejidos e nelle “Comunità contro la diga “la Parota” (Consejo de Ejidos y Comunidades Opositoras a la Presa la Parota).
Radio Mundo Real ha contattato questo mercoledì i rappresentanti delle comunità dello Stato di Guerrero e alcuni membri di organizzazioni nazionali e internazionali che appoggiano le proteste contro la centrale “La Parota”.
Secondo Regina Méndez, membro del Centro messicano di Studi Sociali e Culturali Antonio de Montesinos, “La Parota” è un progetto la cui costruzione si prolungherebbe per ben 30 anni e ci vorrebbero altri tre per riempire la diga d’acqua.
Méndez spiega che saranno almeno 25.000 le persone a subire l’impatto diretto della diga, e chiarisce che non c’è spazio sufficiente dove poter collocare tutte quelle persone. Secondo le cifre ufficiali, sarebbero solamente 3.000 le persone colpite dalla diga, anche se tale numero considera solo coloro che possiedono titoli di terra, senza contare, per esempio, tutti i loro familiari che vivono sugli stessi terreni.
Rodolfo Chávez, un rappresentante delle comunità che verrebbero colpite da “La Parota”, ha spiegato a Radio Mundo Real che la società statale Commissione Federale di Elettricità (Comision Federal de Electricidad) è una delle grandi responsabili della corruzione nel processo di consulta dei contadini di Acapulco sulla loro posizione riguardo la diga.
Chávez accusa la Commissione di aver pagato dei contadini affinché organizzassero assemblee di consulta, considerate illegali perché non sono state convocate pubblicamente e perché si sono svolte in luoghi non consueti, e di aver pagato contadini per comprare direttamente i voti della popolazione.
La Commissione Federale di Elettricità ha inoltre chiesto l’organizzazione di assemblee senza avere il diritto di farlo, spiegano i membri di diverse organizzazioni che appoggiano i contadini che si oppongono alle dighe. Le assemblee devono essere citate dai propri contadini.
Regina Méndez ha dichiarato a Radio Mundo Real che il Centro di Studi Sociali e Culturali Antonio de Montesinos ha tenuto un incontro con un membro della Banca Interamericana di Sviluppo (BID) per sapere se tale banca finanzierà la diga. Il rappresentante della banca ha dichiarato, secondo Méndez, che la costruzione di dighe è il tipo di progetti che si finanziano; tuttavia, non confermò il finanziamento de “La Parota” da parte della BID.
La lotta del Consiglio di Ejidos e Comunità contro la diga “la Parota” ebbe inizio nel 2003 e i contadini di Acapulco fanno notare che da quell’anno, grazie alla loro lotta, che comprende blocchi stradali e manifestazioni non violente, i membri della Commissione Federale di Elettricità non hanno potuto entrare nei loro territori.
Rodolfo Chávez non esita ad affermare che il Servizio dell’Ambiente e delle Risorse Naturali del Messico non difende i contadini e gli ecosistemi nei quali vivono, e aggiunge che “La Parota” è uno tra i tanti progetti di sviluppo dannosi per il popolo messicano portati avanti dal presidente Vicente Fox.
I contadini del Consiglio di Ejidos e Comunità contro la diga “La Parota” attendono la visita - prevista per il 16 aprile - di membri dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che raggiungeranno Acapulco nell’ambito di “La Otra Campaña”.

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Daniela Cabrera progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Resoconto dal Messico, sede del IV Forum Mondiale sull’Acqua e delle giornate cittadine a difesa dell’acqua come diritto dell’uomo
Mercoledì 15 marzo 2006

Nell’ambito della copertura speciale delle giornate cittadine a difesa dell’acqua e delle attività parallele al IV Forum Mondiale sull’Acqua nel Distretto Federale del Messico, l’equipe di Radio Mundo Real si è trasferita nello Stato di Guerrero, a sud del Paese, per conoscere le comunità contadine in lotta contro l’istallazione del progetto idroelettrico La Parota, che colpirà direttamente 25 mila persone in questa regione.
Fonte della foto: Radio Mundo Real
Traduzione Cecilia Silveri, dei Traduttori per la Pace.

Organizzazioni di tutto il mondo denunciano le dighe idroelettriche
Martedì, 14 marzo 2006

Diverse coalizioni internazionali e organizzazioni delle popolazioni danneggiate dalle dighe stanno protestano nell'ambito della "Giornata internazionale contro le dighe e per la salvaguardia dei fiumi, dell'acqua e della vita" che si celebra il 14 marzo.
Gli attivisti denunciano l'impatto negativo delle attività svolte dalle imprese energetiche multinazionali e dei loro megaprogetti nel settore idroelettrico, a causa dei quali migliaia di comunità, che in diverse parti del mondo vivevano lungo i fiumi, sono state evacuate.
Essi sostengono che si tratta di impianti energetici non sostenibili, che riflettono i tentativi di privatizzazione incoraggiati dal modello neoliberista, e che nella maggior parte dei casi le popolazioni evacuate non ricevono alcun indennizzo.
Questa protesta internazionale fu organizzata per la prima volta nel 1997, in seguito a un incontro tra le genti colpite dalle dighe che ebbe luogo a Curitiba, in Brasile.
Oggi diversi Paesi del Centroamerica stanno organizzando iniziative contro le aziende energetiche spagnole Fenosa ed Endesa.
Un comunicato dell'Unione dei Movimenti delle Popolazioni delle Americhe (COMPA, Convergencia de los Movimientos de Pueblos de las Américas) invita a "rendersi conto" degli effetti della privatizzazione dell'acqua.
Secondo gli attivisti è necessario "scendere in strada" per far sì che le imprese "smettano di saccheggiare" le “nostre risorse naturali”.
Una coalizione di organizzazioni socio-ambientali dei Paesi membri del Mercosur ha espresso in una dichiarazione il suo rifiuto dell'Iniziativa per l'integrazione delle infrastrutture locali del Sudamerica (IROSA, Integración de la Infraestructura Regional Sudamericana). Essi sostengono che l'IIRSA "risponde alle stesse politiche neoliberiste" messe in atto nella regione negli anni '90.
"Denunciamo e mettiamo in guardia circa la grave e profonda contraddizione politica dei nostri governi democratici" si legge nel testo.
Si stima che in tutto il mondo siano in funzione oltre 45.000 dighe idroelettriche e che a causa del loro impatto sul territorio quasi 100 milioni di persone siano state evacuate dalle loro abitazioni.

Traduzione di Marina Callegari (revisione Gianni Tarquini) progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

In Perù preparano un blocco del settore agricolo
Martedì, 14 Marzo 2006

Alcune organizzazioni contadine del Perù si mobiliteranno nel corso di questo mese contro i possibili impatti negativi del Trattato di Libero Commercio (TLC) che il paese ratificherà con gli Stati Uniti la prima settimana di aprile, secondo le scadenze fissate dal presidente Alejandro Toledo.
Una coalizione di associazioni indigene e contadine, che ha indetto uno “sciopero nazionale rurale” per i giorni 29 e 30 marzo, ha avvertito che con l’applicazione del TLC i piccoli produttori saranno esclusi dal mercato interno.
Sostengono che il Trattato provocherà il trasferimento obbligato di migliaia di contadini verso le grandi città e il contemporaneo aumento della “coltivazione di foglia di coca, del narcotraffico e della corruzione”.
Aggiungono che con la ratifica il governo “consegnerà” le terre e i “saperi ancestrali” delle comunità a favore delle multinazionali minerarie, petrolifere e forestali. L’accordo “intaccherà la nostra sovranità nazionale”, sottolinea il comunicato.
I contadini mettono sotto accusa le intenzioni del governo statunitense che vorrebbe “controllare e privatizzare” tutte le riserve peruviane d’acqua dolce, i boschi e le risorse energetiche.
I lavoratori concludono che il TLC beneficerà “ un piccolo gruppo di impresari agroesportatori” del Perù ma getterà nella miseria “milioni di piccoli proprietari”.
Il presidente Toledo, in visita a Washington la scorsa settimana, ha assicurato che il suo omologo statunitense, Gorge W. Bush, si è “compromesso” per far approvare l’accordo commerciale.
Toledo ha affermato che è compito del suo governo “iniziare le pressioni” per forzare la firma del documento davanti alla camera dei rappresentanti degli USA.

Con informazioni di: Altercom

Traduzione di Gianni Tarquini , revisione di Nadia Angelucci, progetto TERRE MADRI – TRADUTTORI PER LA PACE – RadioMUndoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

Le Organizzazioni della Georgia si mobilitano contro la diga della Banca Mondiale
Martedì, 14 marzo 2006

Gli abitanti della Georgia contro la diga della Banca Mondiale

L’Associazione Alternativa Verde e la CEE Bankwatch hanno organizzato un dibattito per mobilitare la società georgiana contro il progetto di costruzione della centrale idroelettrica da 700 MW di Khudoni, tramite una joint venture tra lo stesso Stato della Georgia e la Banca Mondiale.
Il costo dell’ opera, che verrà realizzata nella regione dell’Alto Svaneti, sarà di almeno 500 milioni di dollari.
La Banca Mondiale ha aperto le trattative per il progetto con il governo georgiano sin dall’estate del 2005. La scorsa settimana ci si è accordati per dare al governo della Georgia 5 milioni di dollari per l’assistenza tecnica. Secondo Alternativa Verde/ CEE Bankwatch, circa 2 milioni di quella somma sarebbero necessari per i lavori preparatori.
“E preoccupante il fatto che il nuovo governo, salito al potere nel 2003 dopo la rivoluzione, porti avanti ‘questo vecchio progetto distruttivo’ senza nessuna consultazione aperta agli abitanti della Georgia. Sembra che il nostro governo e la Banca Mondiale siano riuscite a dimenticare che la sicurezza degli approvvigionamenti energetici è il risultato di due fattori: la fornitura di energia e la possibilità di accedere alle fonti energetiche. Oggi i georgiani faticano a pagare 5-6 centesimi di dollaro USA al kWh, qualcuno ha chiesto loro come faranno a pagare tariffe energetiche superiori se la produzione aggiuntiva verrà esportata fuori dal paese?” sostiene Manana Kochladze, di Alternativa Verde/CEE Bankwatch Network.
Il gruppo denuncia il governo della Georgia per non consultare la popolazione e per non prendere in considerazione alternative alla diga. Il Piano di Sicurezza fornito dalla Banca non fornisce garanzie chiare che la costruzione della diga verrà sottoposta a un’adeguata valutazione ambientale, anche se la giurisdizione internazionale reclama studi ambientali strategici come alternative a progetti grandi come quello della centrale di Khudoni.
La realizzazione dell’opera di Khudoni nella regine dell’Alto Svateni, è stata bloccata dagli ambientalisti nei primi anni 90 a causa dei potenziali rischi, soprattutto per le comunità che all'epoca si sarebbero dovute insediare altrove. Da un punto di vista ambientale, la regione è considerata uno degli ecosistemi montani più belli del Caucaso.
Il gruppo sostiene che il governo sta tentando di pubblicizzare il progetto come “Pietra miliare per la sicurezza energetica“, ma la Banca Mondiale la considera in termini di potenziali esportazioni verso i paesi vicini.
Secondo quanto trapelato da un documento della Banca Mondiale, il costo del progetto sarebbe di almeno 780 milioni di dollari e porterebbe a un incremento delle tariffe di 4 centesimi di dollaro al kWh (l’attuale tariffa è di 6-7 centesimi di dollaro), e il ritorno economico sarà pari solo al 5 per cento.

Traduzione di Monica Ciurluini, progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

La Banca Mondiale consiglia di privatizzare l'energia eolica
Lunedì 13 marzo 2006

Un gruppo di ricercatori messicani ha denunciato un "insolito interesse" del governo del Messico e della Banca Mondiale nel promuovere l'uso dell'energia eolica, e ha messo in guardia sul fatto che diverse aziende energetiche transnazionali hanno già espresso l'intenzione di sfruttare questa risorsa.
Secondo i ricercatori, i progetti al confine tra Stati Uniti e Messico vengono "promossi" con l'obiettivo di esportare negli USA la cosiddetta "energia verde".
Víctor Rodríguez, un esperto sui temi dell'energia, ha dichiarato che le aziende private si stanno preparando a entrare in questo mercato e motivano la loro decisione con il "sottoutilizzo delle potenzialità" delle risorse eoliche messicane.
Secondo questo esperto le imprese transnazionali mirano allo sfruttamento di questa risorsa per poi fornirla alla Commissione federale per l'elettricità che ne gestirà la distribuzione.
Rodriguez ha dato per certo che alcuni rappresentanti della BM abbiano già contattato le imprese che sarebbero interessate a mettere in funzione degli aerogeneratori in Messico, come Endesa, Iberdrola, General Electric Wind, ABB ed Electricidad de Francia.
Ha poi aggiunto che l'organismo multilaterale "utilizza" gli enti governativi per spianare la strada al settore privato e per promuovere l'apertura dei mercati.
Nel 2005 la BM ha presentato al governo messicano un progetto per lo "sviluppo su ampia scala delle fonti di energia rinnovabile in Messico" che secondo i ricercatori mira alla privatizzazione dell'energia eolica.
La BM assicura che la realizzazione di questo progetto "comporterà immensi vantaggi" come la protezione dell'ambiente, l'incremento dell'offerta, la creazione di posti di lavoro e la lotta alla povertà, ma i ricercatori sostengono che la BM aspira ad aprire i mercati alle società energetiche transnazionali che sono interessate a fare "grandi affari" con le risorse messicane "sottoutilizzate".

Fonti: La Jornada

Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per la Pace (rev. Gianni Tarquini) Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundorealwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Asia: i giapponesi rifiutano l’ampliamento di una base militare statunitense
Lunedì 13 marzo 2006

Stazione aerea del Corpo della Marina di Iwakuni

Gli abitanti della città di Iwakuni – situata nel sud-est del Giappone, a 600 miglia dalla capitale Tokio, e base della Stazione Aerea del Corpo dei Marine statunitensi - hanno tenuto un referendum domenica scorsa, attraverso il quale si sono espressi contro l’allargamento della base militare.
Benché il voto non sia vincolante per le decisioni politiche, il risultato può complicare i piani di entrambi i paesi per ricollocare 50 mila militari statunitensi in Giappone entro la fine di questo mese. La resistenza è venuta dalla stessa comunità, la quale è preoccupata per “il rumore, gli incidenti e il crimine” associati alle basi statunitensi. Più di 43 mila abitanti di Iwakuni hanno votato al referendum e solamente 5 mila si sono pronunciati favorevoli all’ampliamento, secondo quanto riportato dai funzionari locali.
Questi progetti fanno parte della strategia globale di Washington per espandere le proprie basi militari nel mondo. Iwakuni si trova a 350 miglia dal confine tra Corea del Nord e Corea del Sud, posizione chiave per gli Stati Uniti.
Funzionari giapponesi hanno annunciato lunedì che cercheranno un accordo con gli Stati Uniti in merito alla ricollocazione delle forze armate americane nel paese, dopo che il referendum ha pesantemente respinto questi progetti.
Secondo il quotidiano Yomiuri Shimbun, il governo giapponese sta considerando di collaborare con gli Stati Uniti in questo progetto di riorganizzazione e incremento della presenza militare a causa delle pressioni che gli stessi Stati Uniti esercitano nella regione in materia di sicurezza, come per esempio lo sviluppo nucleare della Corea del Nord e la crescita militare della Cina.
Il governo non è obbligato a cambiare parere per via del referendum, anche se il risultato dello stesso è superiore di quasi un 10 per cento al 50 per cento richiesto per essere considerato valido.
“Questa è la voce del popolo” ha dichiarato il sindaco di Iwakuni, Katsusuke Ihara, a una stazione televisiva giapponese, dopo il referendum. “Non è mio diritto esprimere commenti su questioni nazionali come la sicurezza; tuttavia, è naturale che il popolo di Iwakuni si esprima in merito ad aspetti che hanno un impatto sulle loro vite”, ha aggiunto.
La reazione degli abitanti di Iwakuni ha causato contrasti in altre zone del Giappone, come per esempio l’isola di Okinawa, dove risiedono la maggior parte delle truppe statunitensi. Il governatore di Okinawa ha espresso domenica la propria opposizione alla costruzione di un eliporto dei marines all’interno dell’attuale base.
Fonti: www.alertnet.org

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Gianni Tarquini
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Manifestazioni contro il Fondo Monetario Internazionale (FMI) chiedono il suo ritiro dai paesi poveri.
Lunedì, 13 marzo 2006

Il governo boliviano ha comunicato al Fondo Monetario Internazionale (FMI) il non rinnovo dei programmi di sovvenzione che scadono il 31 Marzo prossimo, secondo quanto confermato la settimana scorsa dal portavoce dell’agenzia multilaterale Thomas Dawson.
Dawson ha detto alla stampa americana che “apparentemente” la Bolivia non ha più bisogno delle risorse del FMI, il che rappresenterebbe un ulteriore caso di paese latinoamericano che interrompe “i rapporti formali di sovvenzione”. Il funzionario ha affermato che la decisione boliviana “non significa” che questo paese stia seguendo le orme del Brasile e dell’Argentina, che negli ultimi mesi hanno cancellato i loro debiti con l’agenzia, ma piuttosto che la “situazione favorevole” della Bolivia sembra indicare che “non ci sia bisogno di nuovi aiuti”.
La Bolivia porta avanti dal 2003 un programma di sovvenzioni “stand-by” con il FMI, il quale fissa il montante della sovvenzione a seconda del rendimento strutturale ed economico di ogni paese.
Mediante questo tipo di accordo il FMI presta denaro con tasse d’interesse inferiori a quelle del mercato finanziario privato; in cambio i debitori devono compromettersi a realizzare certi criteri di rendimento economico e certe riforme strutturali.
Secondo informazioni di alcuni funzionari del governo boliviano, presieduto da gennaio dal leader indigenista Evo Morales, il momento di prosperità vissuto dall’economia nazionale permette di “rompere i legami” con il FMI.
Il ministro dell’Economia boliviano, Luis Alberto Arce, ha dichiarato che il finanziamento di cui il paese ha bisogno è basso, perciò non giustifica un nuovo accordo. Secondo quanto affermato dal ministro, malgrado il mancato rinnovo, la Bolivia continuerà a far parte del FMI, senza che però le autorità le autorità di questa agenzia possano continuare ad “esercitare pressioni” sul governo boliviano. Il funzionario ha concluso dicendo che il paese disporrà di maggior autonomia nello stabilire la sua politica economica.

Fonte: Reuters Argenpress

Traduzione Daniela Cabrera, rev. Martino Lo Bue dei Traduttori per la Pace.
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Riunione della FAO sulla riforma agraria termina con nuove promesse
Lunedì, 13 marzo 2006

La II Conferenza Internazionale per la Riforma Agraria e lo
Sviluppo Rurale, organizzata dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Agricoltura e
l'Alimentazione (FAO) e svoltasi la settimana scorsa a Porto Alegre, è terminata senza grandi progressi nell'ottica dei movimenti sociali rurali.
Parallelamente alla Conferenza della FAO, si è svolto il Foro "Terra, Territorio e Dignità", convocato da organizzazioni e movimenti rurali attivi nella lotta per la terra e riuniti nel Comitato Internazionale di Pianificazione per la sovranità alimentare.
Questo Foro ha riunito piccoli agricoltori e contadini senza terra, pescatori artigianali, delegazioni di comunità indigene e rappresentanti di organizzazioni che appoggiano la lotta dei movimenti contadini, provenienti, in tutto, da 67 Paesi diversi.
Il bilancio presentato dai movimenti che hanno partecipato al Foro ha sottolineato che fino ad oggi "gli Stati e il sistema internazionale sono stati incapaci di sconfiggere la povertà e la fame nel mondo".
A tale riguardo, i movimenti hanno lanciato un appello ai governi e alla FAO affinché si impegnino in maniera concreta in un processo di riforma agraria integrale con sovranità alimentare, che garantisca ai contadini "accesso e controllo effettivi delle risorse naturali e produttive per l'esercizio dei nostri diritti umani". D'altro canto, nella Conferenza ufficiale della FAO i progressi concreti sono stati estremamente modesti.
Uno di questi piccoli progressi è rappresentato dalla decisione di creare una rete di organismi e di uffici governativi che si occupino degli aspetti relativi alla terra e alla riforma agraria, che
raggiungerà 14 Paesi dell'America Latina.
Un altro successo ancora più modesto è stato descritto da Flavio Perri, ambasciatore del Brasile presso la FAO, il quale ha dichiarato all'agenzia stampa Carta Maior che la Conferenza è riuscita a far si che la tematica della riforma agraria tornasse ad essere considerata di primaria importanza per la comunità internazionale. I progressi più concreti saranno monitorati a novembre, quando la FAO organizzerà la sua riunione annuale.

Tradotta da Loredana Stefanelli (rev. Gianni Tarquini); Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

Denunciate violenze da parte di una impresa forestale in Honduras
Lunedì, 13 marzo 2006


Gruppi ambientalisti denunciano la compagnia forestale Sanzone per l'utilizzo di “squadroni di sicari armati” per sfruttare in “forma indiscriminada e impune” i boschi nel dipartimento di Olancho, nell'est dell'Honduras.
Un comunicato del Movimento Ambientalista di Olancho assicura che gruppi armati finanziati dall'impresa “minacciano in maniera costante” le comunità che si oppongono al disboscamento illegale.
Il testo della denuncia sottolinea che i funzionari della Corporación Hondureña de Desarrollo Forestal, compagnia statale, giustificano la “deforestazione indiscriminata” mettendo così in luce “l'immensa corruzione e il traffico di servigi” tra lo Stato e il settore forestale.
Gli attivisti avvertono che se non si trova una soluzione a questo conflitto è “molto probabile” un aumento della violenza, considerando che molti abitanti del posto sono disposti a proteggere le aree silvestri e a lottare contro la deforestazione.
Ramón Custodio, uno degli attivisti, sostiene che la produzione illegale di legno in Honduras è “allarmante”, e provocherà la scomparsa dei boschi nativi.
Custodio ha aggiunto che il contrabbando di legno honduregno, il cui principale sbocco commerciale è il mercato statunitense, provoca una perdita annuale di 18 milioni di dollari per il paese.
C'è da aggiungere che un'indagine elaborata da un consorzio di organizzazioni ambientaliste degli Stati Uniti assicura che il traffico illegale di legno con il paese centroamericano è possibile grazie alle “continue corruzioni, abusi e frodi” delle autorità di questo paese.
La stessa indagine, che è stata divulgata dall'agencia Prensa Latina, indica che il commercio illegale del legno è collegato al narcotraffico e al lavaggio di denaro.

Con informazioni da: Prensa Latina ; Tierramérica.

Traduzione di Gianni Tarquini progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

No alla privatizzazione dell’ACQUA. Radio Mundo Real nelle Giornate cittadine in difesa dell’Acqua- Messico DF.
Sabato, 11 Marzo 2006.

Parallelamente al IV Forum Mondiale dell’Acqua che avrà luogo tra il 16 e il 22 Marzo, diverse organizzazioni e movimenti sociali di tutto il mondo realizzeranno una serie di attività, incontri, seminari e giornate di dibattito in difesa dell’acqua in quanto diritto umano e contro la sua privatizzazione in qualsiasi contesto.
Fin dalla sua fondazione, il Forum Mondiale dell’Acqua è un’organizzazione che ha per fine l’aumento dei profitti delle grande aziende e multinazionali che operano globalmente nel business dell’acqua, aggravando sistematicamente l’accesso di milioni di persone a questo diritto umano.
Il IV Forum avrà luogo in America Latina, regione dove la privatizzazione ha già fatto i suoi danni. Malgrado ciò, diverse mobilitazioni sociali nel continente sono riuscite a far arretrare le privatizzazioni, sconfiggendo la Banca Mondiale, il Consiglio Mondiale dell’Acqua, l’Associazione Mondiale dell’Acqua, le multinazionali Suez e Bechtel. Per questa ragione, le giornate cittadine in difesa dell’Acqua sono particolarmente importanti nella lotta contro la privatizzazione dell’acqua e delle risorse naturali. Ai popoli la parola.

Traduzione Daniela Cabrera, rev. Martino Lo Bue dei Traduttori per la Pace.
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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 4 AL 10 MARZO 2006

Progetto per lo sfruttamento dell’energia solare in Botswana per 88 villaggi
Venerdì, 10 marzo 2006

Un progetto per lo sfruttamento dell’energia solare fornirà energia elettrica a circa 88 villaggi nelle aree rurali del Botswana, dalla metà del 2006. Il progetto intende migliorare l’accesso all’energia nelle aree meno sviluppate e promuovere l’uso di energie rinnovabili.
Il governo ha annunciato che il progetto sarà finanziato dal programmma dell’ONU per lo sviluppo, (UNDP), dalla azienda elettrica Botswana Power Corporation (BPC) e dall’Agenzia Giapponese per la Cooperazione Internazionale.
Il progetto fornirà energia solare a piccole comunità non in grado di allacciarsi alla rete elettrica nazionale nel breve termine. Due dei requisiti necessari per essere inclusi nel progetto sono le dimensioni e la localizzazione dei villaggi.
I villaggi devono distare oltre 15 km dalla rete elettrica più vicina, ed avere un numero di abitazioni compreso tra 250 e 1.200.
Anche villaggi di dimensioni minori potranno fruire dell’energia solare. Il progetto prevede la fornitura di un pacchetto comprendente un pannello solare, una serie di batterie, e un sistema per la produzione di acqua calda e per cucinare. Si potrà in questo modo evitare l’uso di risorse energetiche quali petrolio, gasolio o legno.
L’UNDP è convinto che esistono grandi potenzialità per l’enegia solare in Botswana, grazie alla sua posizione geografica., giacchè riceve oltre 3.200 ore di sole all’anno. L’energia solare può assumere un ruolo chiave nella produzione dell’energia e nello sviluppo sostenibile, senza dover ricorrere a fonti di energia fossili.
Nelle aree rurali, l’energia solare ha dimostrato di essere un sistema più economico ed efficiente rispetto all’attuale fornitura attraverso la rete e alle grandi centrali termo e idroelettriche, inquinanti e con un notevole impatto sia sulla comunità che sull’ambiente.

Fonti:
http://www.undp.org/ http://allafrica.com/

Traduzione di Giuseppina Vecchia – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Preparativi in occasione della Giornata internazionale contro il razzismo
Venerdì 10 marzo 2006

Il 21 marzo si celebrerà la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale,proclamata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite(ONU) nel 1966. In diverse parti del mondo si organizzeranno iniziative per commemorare questa data.
Il Servizio Gesuita per Rifugiati e Migranti della Repubblica Dominicana ha intrapreso giovedì una campagna contro il razzismo e contro tutte le forme di discriminazione, con l’obiettivo di rendere i cittadini consapevoli dell’importanza di vivere in un clima di pace, rispetto, tolleranza e riconoscimento dei diritti umani.
Lo slogan della campagna, che terminerà il 21 marzo, recita: “Per un mondo multiculturale e senza discriminazione: celebriamo la diversità”.
Secondo quanto riporta il mezzo di informazione dominicano Hoy Digital, il direttore gesuita Mario Serrano ha spiegato che la campagna cercherà di risaltare l’importanza dell’eredità culturale africana nel creare l’identità dominicana.
L’organizzazione internazionale SOS Razzismo sta organizzando una campagna di raccolta di ritratti fotografici di persone per realizzare un muro che mostri mille immagini e per dire “no” al razzismo e alla xenofobia.
L’organizzazione invita la popolazione di tutto il mondo a procurarsi una fotografia e inviarla per posta o attraverso Internet alla propria sede centrale in Spagna.
II 21 marzo del 1960, Mangaliso Sobukwe, un dissidente del Congresso Nazionale Africano e fondatore del Congresso Panafricano, promosse una manifestazione di protesta contro la Legge sui lasciapassare introdotta dagli olandesi e dagli inglesi ed entrata in vigore nel 1908 per gli uomini e nel 1958 per le donne.
Scopo della legge era quello di controllare gli spostamenti fisici della popolazione nera. La legge, infatti, obbligava la popolazione nera (l’83 per cento dei sudafricani) a portare con sé una sorta di lasciapassare quando si allontanavano dalla proprietà del proprio padrone. Questo lasciapassare conteneva dati personali quali luogo di residenza, di lavoro e un permesso per poter uscire da quei confini.
Una persona che veniva sorpresa sprovvista di questo lasciapassare era come se avesse commesso un grave delitto, con arresto, processo e carcere.
Nel corso delle manifestazioni del 21 marzo del 1960 nella località di Shaperville, nei pressi di Johannesburg, una delle città più importanti di tutto il Sudafrica situata nel nord del paese, la polizia aprì il fuoco contro la folla disarmata. Nella sparatoria morirono un centinaio di persone e altrettante rimasero ferite.

Tradotto da Arianna Ghetti – Revisione di Ermanno Geronzi progetto Terre Madri –
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In Cile si preparano le mobilitazioni contro Endesa
Venerdi' 10 Marzo 2006

Questo fine settimana, alcuni gruppi ambientalisti cileni protesteranno contro la costruzione di quattro nuove dighe idroelettriche nella regione meridionale di Aysén, un progetto promosso dalla compagnia multinazionale energetica Endesa.
I portavoce della compagnia hanno però messo in evidenza come la realizzazione di queste opere sia "estremamente necessaria". La Endesa investirà circa 2.500 milioni di dollari in queste dighe che saranno costruite sopra i fiumi Baker e Pascua.
Il presidente della multinazionale spagnola Luis Rivera Novo ha difeso il progetto di Aysén ed ha dichiarato che le centrali idroelettriche, che rappresentano la principale fonte di energia in Cile, saranno la chiave per "la necessaria autonomia energetica" del Paese. Ha inoltre aggiunto che queste opere godono dell'appoggio del governo cileno e rappresentano "un'ulteriore dimostrazione dell'impegno responsabile e continuo di Endesa nello sviluppo energetico del Cile".
Rivera Novo ha assicurato che la compagnia "agirà con la responsabilità di sempre" e che applicherà i "più elevati standard" di qualità e controllo. Ha poi aggiunto che "presteremo particolare attenzione a quegli aspetti relativi alla salvaguardia e al rispetto dell'ambiente e della comunità".
Tuttavia, i gruppi ecologisti avvertono che i bacini delle quattro dighe inonderanno circa 5.600 ettari di aree a vocazione turistica e zootecnica.
Le azioni di protesta, organizzate dalle popolazioni che ne saranno colpite, si realizzeranno nella cornice del Giorno Internazionale Contro le Dighe che si festeggia ogni 14 marzo.
Gli organizzatori hanno dichiarato che l'obiettivo della protesta è quello di mostrare una "ferma opposizione" all'attività dell'Endesa, da loro considerata "neocolonialista".

Con informazioni tratte da: El Mercurio , La Nación .g.cl

Traduzione di Loredana Stefanelli – Revisione di Ermanno Geronzi – Progetto Terre madri –

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Iniziano in Brasile i discorsi dell’ONU sul commercio mondiale degli alimenti geneticamente modificati
Venerdì, 10 marzo 2006

Nnimmo Bassey, coordinatore internazionale della campagna contro gli OGM degli Amici della Terra
Stanno per iniziare a Curitiba, nello stato del Parana in Brasile, i discorsi delle Nazioni Unite sul commercio mondiale degli alimenti geneticamente modificati (OGM). Il Parana è l’unico stato in Brasile dove il governo locale proibisce la coltivazione di colture OGM.
Una delle principali discussioni a Curitiba sarà l’“identificazione ed etichettatura” dei prodotti OGM importati, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Le aziende multinazionali di biotecnologia si sono opposti a che si identifichino chiaramente i loro prodotti, tuttavia la maggior parte dei paesi sviluppati richiede queste etichette, soprattutto in Europa.
“Questi discorsi sono la chiave per proteggere l’ambiente e la scorte di cibo del mondo dalla contaminazione dell’industria della biotecnologia. Ogni paese dovrebbe avere il diritto di sapere cosa importa e decidere se vuole o no mangiare alimenti geneticamente modificati. I paesi dell’Africa e ed altri paesi in via di sviluppo non saranno la discarica delle colture geneticamente modificate che nessun altro vuole” dice Nnimmo Bassey, coordinatore internazionale della campagna contro gli OGM degli Amici della Terra.
Secondo Bassey, “senza una chiara etichettatura i paesi in via di sviluppo con le loro limitate risorse non saranno in grado di proteggere le proprie scorte alimentari ed il proprio ambiente dalla contaminazione dei prodotti OGM”.
Inizialmente accordato nel 2000, il Protocollo di Biosicurezza dell’ONU stabilisce le regole basi internazionali che “permettono principalmente ai paesi in via di sviluppo di regolamentare la sicurezza degli alimenti, delle colture e dei semi geneticamente modificati”. Il protocollo è stato ratificato da 132 paesi. Ironicamente, i tre maggiori paesi produttori di colture OGM del mondo – gli Stati Uniti, l’Argentina e il Canada, dove si concentra più dell’80% dell’area coltivata con colture OGM, devono ancora firmarlo.
Lo scorso giugno, in un analogo incontro che si è tenuto a Montreal, in Canada, questa ospite dell’anno, il Brasile, insieme con la Nuova Zelanda, ha sorpreso il mondo sostenendo la proposta degli Stati Uniti di non etichettare le spedizioni di cereali.
“Quello che è successo a Montreal lo scorso anno è stato uno shock per moltissimi paesi, poiché nessuno si aspettava che il Brasile prendesse posizione a sostegno degli Stati Uniti, per quanto riguarda il non richiedere l’identificazione della spedizione di alimenti OGM, “ha detto Bassey all’RWR. “Ma,” ha aggiunto, “se ci pensi, il Brasile ha una gran quantità di suolo coltivato con soia geneticamente modificata”.
Le colture OGM hanno celebrato il loro decimo anniversario, eppure non si sono osservati benefici per i consumatori né per l’ambiente.
Quando gli abbiamo chiesto cosa si aspettava dall’incontro di Curitiba, Bassey ha aggiunto ancora “abbiamo solo la speranza che i paesi che si incontreranno faranno la cosa giusta. Ma stando a ciò che abbiamo visto nei passati incontri, non ci aspettiamo veramente un gran che. Speriamo solo che ciò che è accaduto l’anno scorso in Canada non si ripeta. Speriamo anche che il Brasile per esempio si sveglierà e sarà più responsabile”.

Traduzione di Elena Tagliata – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Donne indigene ecuadoriane manifestano davanti l’ambasciata degli Stati Uniti
10 Marzo 2006

Le donne appartenenti alla Confederación de los Pueblos de Nacionalidad Kichwa dell’Ecuador (ECUARUNARI) hanno celebrato la giornata internazionale della donna realizzando una marcia nella capitale del paese, Quito, durante la quale hanno manifestato il loro rifiuto della guerra e la difesa della vita.
Le esponenti di ECUARUNARI, appartenenti anche alla Confederación de Nacionalidades Indígenas de Ecuador (CONAIE), hanno concluso la marcia davanti all’ambasciata deglii Stati Unititi, per sottolineare la loro opposizione nei confronti del Trattati di Libero Commercio (TLC) che l’Ecuador sta negoziando con lo stato nordamericano.
Le donne indigene chiedono, inoltre, l’uscita della compagnia petrolifera statunitense Occidental Petroleum dell’ Ecuador. Hanno manifestato anche contro il Plan Colombia, strategia militare statunitense – colombiana per combattere il traffico di droga nello stato sudamericano.
Il Plan Colombia preoccupa le indigene dell’Ecuador anche per l’erbicida che viene sparso, via aerea, sulle coltivazioni di coca e di papaveri da oppio nei pressi del confine tra i due Stati andini. L’erbicida può causare gravi danni alla salute umana.
Gli sconfinamenti dei militari colombiani in Ecuador, causati dal conflitto armato che vive la Colombia, sono altro motivo di controversie diplomatiche e hanno messo in pericolo la vita degli indigeni e dei contadini ecuadoriani che vivono vicino alla frontiera.
Le manifestanti sono arrivate a Quito da diverse province del paese, come quella di Pichincha, la stessa della capitale, Esmeraldas e Carchi, dell’estremo nord, Tungurahua e Bolívar, situate al centro dell’Ecuador, e Loja, al sud.
Le indigene sono state accompagnato da organizzazioni e movimenti di donne che vivono nelle zone urbanizzate del paese.
Il comunicato di ECUARUNARI riporta le parole della leader indigena Blanca Chancoso: “.. in questo giorno speciale perché giornata delle donne, uniamo la nostra voce a quella delle donne e madri del mondo, perché noi vogliamo la vita e con la petizione consegnata all’ambasciata americana (...) stiamo chiedendo che le truppe nordamericane lascino l’Irak”.
“Per l’ Ecuador esigiamo che venga demilitarizzata la nostra frontiera con la Colombia, perché rifiutiamo il Plan Colombia, non vogliamo il TLC, vogliamo la vita e un Ecuador sovrano e degno”, ha aggiunto Chancoso.
Un’altra dirigente ECUARUNARI, Concepción Lagua, ha espresso: “non vogliamo più essere colpite, calpestate, maltrattate, così come accade in questi giorni, con il presidente transitorio Alfredo Palacio che ha decretato lo stato di emergenza in alcune province dell’Amazzonia, che reclamano i loro giusti diritti. Lui è il responsabile di tutti gli ecuadoriani e non colui che ordina i maltrattamenti”.
“Finora Palacio ci ha dato povertà, fame, discriminazione, invece di rifondare il paese come ci promise il passato 20 di aprile del 2005, in realtà lo ha fatto naufragare nella miseria” ha concluso la rappresentante indigena.

Traduzione di Gianni Tarquini progetto Terre Madri – Traduttori per La Pace – RadioMundoReal www.terremadri.it www.traduttoriperlapace.org

Giornata internazionale della donna celebrata in India e Pakistan: reclamata la parità dei diritti
Giovedì 9 marzo 2006

La giornata internazionale della donna è stata celebrata mercoledì in tutto il mondo da donne di diversa estrazione economica, sociale, etnica, linguistica, culturale e politica.
Nonostante il movimento femminista – nato un secolo fa come rivendicazione dell’uguaglianza e della giustizia per l’universo femminile – abbia registrato notevoli
progressi dalla propria fondazione, le donne di tutto il mondo concordano sul fatto che la strada da fare è ancora tanta.
Per celebrare questa giornata, migliaia di donne pakistane hanno manifestato in favore della libertà e della parità dei diritti, così pure per porre fine alle leggi discriminatorie, soprattutto nei casi di violenza carnale. Dall’altra parte, in India, oltre a cortei e conferenze, due donne prigioniere sono state rilasciate.
Le donne hanno celebrato la propria giornata in India e Pakistan, esigendo parità di diritti.

Tradotto da Arianna Ghetti, Revisione di Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace –
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Giorno Internazione della Donna: manifesto delle donne ecuadoriane
Giovedì 9 marzo 2006

Manifesto delle donne ecuadoriane
Per un Paese sovrano, senza povertà e violenza.

La celebrazione di questo 8 marzo coincide con una congiuntura decisiva per il Paese, nella quale si coniugano gli impegni per l’imposizione del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti d’America e le pressioni per coinvolgerci in un conflitto con i paesi vicini, il Plan Colombia.
Un anno fa esprimevamo la nostra esigenza di essere consultate riguardo il TLC. Pensavamo che il governo di allora fosse il meno legittimo a portare avanti i negoziati e a stringere accordi ostili in nome di tutto il Paese. Il cambio di governo, frutto della rivoluzione fuorilegge, si è basato su un impegno che, tra gli altri punti, dava la priorità alla consultazione sul TLC. Tale impegno è stato messo da parte e oggi si pretende di sottomettere il Paese ad uno strumento la cui vera portata mette a rischio la nostra esistenza come Stato e popolo sovrani, bloccano processi di autentica integrazione ed annullano le possibilità di sviluppo, portando all’estremo un modello di depredazione economica, sociale, culturale ed ambientale.
La nostra situazione come attrici economiche in costante svantaggio, come cittadine con diritti pendenti, ci preoccupa per l’impatto che può avere sulle donne questo Trattato, che viene promosso con offerte ingannevoli di allargamento dei mercati. In questo modo:

- nelle campagne e nelle città verranno eliminate unità produttive medie e piccole – giustamente quelle che presentano una maggiore concentrazione di donne. Aumenterà drammaticamente l’espulsione della forza lavoro, che alimenta le migrazioni dalla campagna alle città e verso i Paesi del nord. I “nuovi” posti di lavoro saranno pochi e precari, provocando una flessibilità del lavoro regressiva, secondo il modello “maquila” che non riconosce i diritti delle donne.

- l’appropriazione privata, attraverso i brevetti, del patrimonio collettivo generato nei secoli soprattutto dalle donne indigene e contadine (sementi, artigianato, pratiche di coltivazione) provoca un’espropriazione abusiva con effetti letali sulle capacità produttive, la sovranità alimentare e la qualità della vita. Allo stesso tempo, nuove esigenze di brevetti farmaceutici, a scopo di lucro, vanno a contraddire gli accordi di Doha che garantiscono la produzione di medicine di base.

- Preoccupa soprattutto la privatizzazione di risorse strategiche, quali le fonti d’acqua e le lande, che saranno gestiti come una qualsiasi merce, lo stesso accadrà per i servizi fondamentali (acqua, luce, telecomunicazioni, istruzione e sanità); ciò provocherà ulteriori esclusioni e privazione di diritti, in particolare alle donne, obbligate a pagare per tutto e ad incrementare il carico di lavoro per la produzione e la cura di famiglie e comunità.

- il TLC imporrà una normativa superiore alla Costituzione, alla legislazione e alle istituzioni pubbliche. In questo modo, lo Stato ecuadoriano non potrà dettare politiche sovrane e lavorare in questo ambito a favore della parità dei sessi.

- l’agenda “commerciale” del TLC è coniugata ad un’agenda di sicurezza e militare, enorme minaccia per la pace e la democrazia, con costi sempre maggiori per le donne.

Per tutto questo, nel Giorno Internazionale della Donna torniamo a presentare la nostra richiesta di consultazione democratica sul TLC e l’esigenza di una politica salda e sovrana per eliminare la Base di Manta e non entrare nel Plan Colombia. Uniamo le nostre voci a quelle di tutte le donne del mondo per dire, in questo giorno, NO ALLA GUERRA e chiedere di porre fine all’invasione dell’Iraq.

NO AL TLC CON GLI STATI UNITI. NO AL PLAN COLOMBIA
NO ALLA GUERRA!

Donne della Confederazione dei Popoli delle Nazioni Kichwa del Ecuador (ECUARUNARI) – Confederazione delle Nazionalità Indigene del Ecuador (CONAIE)
Rete di Donne per la Trasformazione dell’Economia (REMTE)
Marcia Mondiale delle Donne – Ecuador
FEDAEPS

Traduzione di Cecilia Silveri, revisione Daniela Cabrera- progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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I governi arabi limitano la libertà di espressione in rete
Giovedì 9 marzo 2006

I governi di Egitto, Tunisia e Arabia Saudita stanno bloccando diverse pagine Internet che si occupano di questioni sociali e politiche, e che offrono una
piattaforma per favorire il libero dibattito. In meno di una settimana, la pagina Internet www.masreyat.org è stata bloccata in Egitto e i responsabili del famoso
sito di discussione saudita www.rezgar.com hanno ricevuto minacce di eventuali azioni legali. Un uomo d’affari saudita li accusa di diffondere pubblicazioni
inaccettabili riguardanti i musulmani.
I tre governi hanno anche bloccato l’accesso a numerosi siti Internet nei quali scrittori, giornalisti e il popolo arabo in generale trovano spazio per criticare i propri governi autoritari e per discutere tematiche ignorate dalle loro società, come per esempio i diritti delle donne, la secolarizzazione, la libertà di stampa e la disuguaglianza economica.

Tradotto da Arianna Ghetti, Revisione di Daniela Cabrera – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it -
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Indigeni colombiani denunciano essere immobilizzati dai campi minati
Giovedì 9 marzo 2006

L’Associazione delle Giunte Indigene embera, wounaan, katio, chami e tule del dipartimento colombiano di Chocó e la Commissione Vita, Giustizia e Pace della Diocesi di Quibdó, hanno denunciato la grave situazione in cui si trovano alcune comunità indigene della regione, a causa degli scontri tra l’esercito colombiano e la guerriglia. Questa situazione ha reso impossibile la raccolta delle messi, per cui già si sentono gli effetti della carenza di alimenti nelle comunità.
L’associazione indigena e la commissione religiosa avvertono che le comunità indigene di Quibdó e El Carmen de Atrato, municipi di Chocó, sono rimaste bloccate dal conflitto armato che si sta sviluppando nella zona.
L’esercito colombiano molesta sistematicamente gli indigeni della regione, additandoli come collaboratori delle FARC. D’altro canto, in vari punti dei territori indigeni ci sono dei campi minati dalle FARC.
Le mine poste nel terreno impediscono alle popolazioni originarie di spostarsi e portare avanti le attività quotidiane, soprattutto la raccolta di alimenti.
Gli indigeni e la commissione religiosa hanno presentato un comunicato allo Stato colombiano per chiedergli di seguire la grave situazione delle comunità indigene di Chocó e ristabilire le condizioni normali per permettere a queste popolazioni di muoversi liberamente.
Hanno richiesto inoltre di assistere le popolazioni indigene con aiuti umanitari, per evitare che le comunità debbano migrare per forza, ed agli attori armati e alle forze dell’ordine di rispettare la vita degli indigeni e della popolazione in generale.
Il Consiglio delle Autorità Indigene e la Commissione Vita, Giustizia e Pace hanno interpellato gli organismi delle Nazioni Unite e le istituzioni non governative di difesa dei diritti umani, affinché seguano attentamente gli eventi nella regione, visto che ci sono tutte le condizioni per far registrare in breve tempo un gran numero di violazioni dei diritti umani.

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Porre un freno al progetto del gasdotto sudamericano
Giovedì 9 marzo 2006

I presidenti di Venezuela, Argentina e Brasile hanno annullato la riunione programmata per lo scorso sabato nella città di Mendoza, nell’ovest dell’Argentina, nella quale avrebbero dovuto consolidare il polemico progetto energetico del Gran Gasdotto del Sud.
Secondo il giornale on-line Descifrado.com, vi erano “divergenze” tra gli organizzatori dell’attività, e ancora non è stata stabilita una data alternativa a seguito di questo rinvio.
Il presidente venezuelano Hugo Chavéz, principale promotore del progetto, voleva annunciare l’inizio dei lavori di costruzione, ma la delegazione brasiliana pensava che fosse “troppo precipitoso”, dato che lo studio di fattibilità si conclude in giugno.
I tre Paesi si sono accordati per apportare lo stesso contributo, circa nove milioni di dollari, per finanziare gli studi di fattibilità tecnica ed ambientale.
La decisione è stata presa la settimana scorsa durante una riunione tenuta dal Ministro argentino per la Pianificazione, Julio de Vido, e i Ministri per l’Energia del Venezuela, Rafael Ramírez, e del Brasile, Silas Rondeau.
Durante questo vertice si è inoltre deciso di invitare formalmente il governo boliviano a partecipare al megaprogetto.
Secondo un articolo del mezzo stampa specializzato Americaeconomica.com, il gasdotto che propone il Venezuela pregiudicherebbe le vendite di gas della Bolivia e diverse aziende di questo Paese hanno presentato obiezioni al progetto così come è pianificato.
Anche organizzazioni sociali venezuelane e brasiliane hanno dimostrato il proprio rifiuto nei confronti del progetto, avvertendo sul possibile impatto sulla foresta amazzonica e le comunità che la abitano.
La costruzione del gasdotto, il cui costo è stimato a circa 20 mila milioni di dollari, è stata confermata a metà gennaio a Brasilia, capitale del Brasile, dove i tre mandatari hanno discusso temi collegati all’integrazione.

Fonte:
América Economica
Descifrado

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Ancora una volta il governo ecuadoriano decreta lo stato di emergenza
in Amazzonia
Giovedì 9 marzo 2006

Il governo ecuadoriano, presieduto da Alfredo Palacio, ha decretato questo martedì lo stato di emergenza nelle vicine province di Sucumbíos, Orellana, situate al nord del Paese e Napo, limitrofa alle altre due ma più verso il centro. Da martedì, questa zona
dell'Amazzonia è controllata dalle forze militari.
Questa misura è stata presa per controllare uno sciopero dei lavoratori subappaltati dalla compagnia petrolifera statale Petroecuador, culminato con l'occupazione di vari pozzi petroliferi e
il blocco delle attività.
Secondo il quotidiano La Hora, i lavoratori chiedono che venga incrementato di 30 dollari il salario minimo vitale, che il governo non firmi il Trattato di libero commercio (TLC) in via di negoziazione con gli Stati Uniti ed infine che non venga considerato valido il contratto tra lo stato ecuadoriano e la compagnia petrolifera statunitense Occidental Petroleum.
Secondo questo stesso quotidiano, il Ministro Alfredo Castillo avrebbe dichiarato che questi soggetti devono essere trattati con il Ministro per l’Energia, Iván Rodríguez e con il Presidente Palacio.
Inoltre, i lavoratori chiedono il pagamento dei salari arretrati.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Universo, la Petroecuador deve pagare ancora quattro mesi di lavoro a circa 150 lavoratori, per un totale vicino a 4.000.
Secondo un altro quotidiano ecuadoriano, El Mercurio, il Segretario delle Comunicazioni del governo di Palacio Enrique Proaño avrebbe affermato che i lavoratori "hanno scioperato a braccia conserte, hanno occupato alcuni pozzi e la produzione è diminuita, di conseguenza si è reso necessario proclamare lo stato di emergenza per controllare la situazione".
D'accordo con quanto spiegato da Proaño, la Petroecuador non ha potuto mettere in regola i lavoratori subappaltati altrimenti la impresa avrebbe dovuto dichiarare bancarotta.
Secondo El Universo, Petroecuador avrebbe annunciato che la produzione petrolifera si è ridotta drasticamente per le proteste degli operai.
Dai 197.000 barili, ognuno di 169 litri , che si producevano ogni giorno prima dello sciopero, si è scesi a 55.696.
El Universo informa che mercoledì, dal momento che i padroni della Petroecuador non pagavano i salari arretrati, le marce e le proteste dei lavoratori subappaltati si sono intensificate a Lago Agrio, capitale di Sucumbíos.
Il governo ecuadoriano aveva già decretato, a febbraio, lo stato di emergenza a Napo per fronteggiare l'ondata di proteste in quella regione.
Gli abitanti di Napo denunciavano la "disattenzione" del governo ai loro reclami, e la "complicità" con le compagnie petrolifere che operano in quella provincia.
Anche nell'agosto del 2005 il governo di Palacio aveva decretato uno stato d'emergenza, questa volta a Sucumbíos e Orellana per arrestare la mobilitazione sociale che esigeva il ritiro delle imprese petrolifere straniere. In quella occasione diversi attivisti furono arrestati e fu messa in atto una violenta repressione politica.

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Cordoba (Argentina): La rinegoziazione del contratto con Suez è "un tradimento della volontà popolare"
Mercoledì 8 marzo 2006

Attivisti di Cordoba

La Commissione Popolare per il Recupero dell’Acqua della provincia argentina di Cordoba, situata al centro del paese, sta lavorando da poco più di un anno contro le azioni della compagnia Aguas Cordobesas, sussidiaria della multinazionale dell’acqua Suez nella provincia.
Aguas Cordobesas è la concessionaria incaricata di fornire acqua potabile e reti fognarie nella città di Cordoba, capoluogo dell’omonima provincia.
Raquel Schrott e Ezequiel Miodownik, corrispondenti di Radio Mundo Real in Argentina e membri dell’associazione ambientalista Amigos de la Tierra Buenos Aires, hanno intervistato Gustavo Spedale, membro della Commissione Popolare per il Recupero dell’Acqua.
Spedale ha affermato che lo scopo della Commissione è quello di “esaminare le azioni da intraprendere contro la Suez-Aguas Cordobesas, che si va profilando come un disastro in termini di mancati investimenti, impegni contrattuali e servizi di pessimo livello ed eccessivamente costosi".
Il rappresentante della commissione ha poi spiegato che a dicembre Cordoba è stata l’unica provincia a decidere di rinnovare il contratto con Aguas Cordobessas.
"Il 28 dicembre, i legislatori di Cordoba, con una mossa a sorpresa, decidono un aumento delle tariffe che va dal 100 al 500 per cento in alcuni casi" ha aggiunto Spedale.
Secondo il rappresentante della Commissione, Aguas Cordebas ha esteso il suo contratto a 20 anni, con la possibilità, ogni sei mesi, di rivedere le tariffe ed aumentare i costi per la prestazione dei propri servizi.
Quando a febbraio i cittadini di Cordoba si sono visti recapitare le prime bollette con gli aumenti annunciati, le preoccupazioni si sono fatte sentire, e la Commissione Popolare per il Recupero dell’Acqua ha iniziato a coordinare le azioni con gli abitanti".
"Ci sono già state varie mobilitazioni nella città, alcune anche piuttosto grandi, come quella del 23 febbraio scorso, che ha raccolto oltre 6.000 persone nella marcia verso la sede del governo" ha commentato Spedale.
La Commissione Popolare per il Recupero dell’Acqua ha dichiarato l’acqua come bene pubblico da gestire in comune tra cittadini, lavoratori e Stato, e ha chiesto l’annullamento del contratto di concessione con Aguas Cordebasas per la provincia di Cordoba.
La Commissione promuove l’elaborazione collettiva di una proposta che permetta l’organizzazione e la gestione partecipativa dei servizi idrici con i seguenti obiettivi: "estensione dei servizi a tutta la popolazione e tariffazione fissa ed equa adeguata al miglioramento delle condizioni ambientali".
In un’altra intervista raccolta da Radio Mundo Real alcuni giorni prima, un altro membro della Commissione, Luis Bazán, ha affermato che la rinegoziazione di dicembre del contratto con Suez è stato "un tradimento della volontà popolare e degli interessi dell’intera società di Cordoba.

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I coltivatori sudcoreani in lotta contro l’ampliamento della base militare statunitense
Mercoledì 8 marzo 2006

I coltivatori della regione Daechuri-Pyeontaek, nella Corea del Sud, stanno protestando contro l’espansione della base militare USA e contro la confisca delle proprie terre, alla quale sono stati soggetti negli ultimi quattro anni. Nonostante la loro resistenza, lunedì il governo sudcoreano ha deciso di privarli delle loro terre e permettere agli Stati Uniti di ampliare la propria base militare.

La resistenza dei coltivatori ha avuto inizio il 3 gennaio, con una marcia di trattori lunga 1.800 kilometri e durata circa 10 giorni, durante la quale hanno incontrato organizzazioni nazionali di agricoltori e di cittadini, alle quali hanno espresso la propria opposizione all’ampliamento della base militare statunitense.

Un mese fa, gli agricoltori hanno marciato fino alla sede del municipio della città di Pyeongtaek, e hanno bruciato i propri certificati di residenza, rinunciando alla cittadinanza coreana e dichiarando il Daichuri regione autonoma. Numerosi artisti, musicisti, attivisti per la pace ed esponenti religio si sono diretti verso la regione, e insieme ai residenti hanno riparato e occupato alcune case, creando il “Villaggio della Pace”.

Padre Mun, del Comitato Sudcoreano contro l’ampliamento della della base statunitense a Pyeongtaek, in un’intervista telefonica con Radio Mundo Real, ha detto che i coltivatori di riso e gli attivisti per la pace si sono “barricati all’interno di una scuola elementare, resistendo agli intensi attacchi della polizia antisommossa coreana e della polizia militare”.

Dal 6 marzo, la polizia sta prelevando con la forza contadini e attivisti dalla scuola di Daechuhri, centro del Movimento contro la confisca delle terre (dei contadini) e contro l’ampliamento della base militare statunitense.

“In questo preciso momento, la polizia ci sta circondando. Da un minuto all’altro, saremo costretti a uscire e verremo arrestati. Ma la nostra lotta non si fermerà fino a quando il governo non metterà fine alla requisizione delle terre dei contadini”, ha aggiunto Padre Mun.

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Indipendentisti portoricani protestano contro l'FBI
Mercoledì 8 marzo 2006
Protesta durante l’inaugurazione del mondiale di baseball

Indipendentisti portoricani hanno protestato martedì scorso contro lo "stato coloniale" del Paese e hanno denunciato le attività del Federal Bureau of Investigation (FBI), accusato di aver commesso "continue persecuzioni, vessazioni ed omicidi" sull'isola.
Circa 3000 attivisti appartenenti a gruppi diversi della sinistra hanno protestato all'esterno dello stadio Hiram Bithorn a San Juan, la capitale del Paese, durante l'inaugurazione del campionato mondiale di baseball.
Secondo il leader indipendentista Rubén Berríos, i giorni della colonizzazione "sono contati". Ha inoltre accusato il governo portoricano di essere uno "schiavo dell'impero". Berríos ha sottolineato che "il mondo intero" deve sapere che il popolo portoricano "è arrabbiato" a causa della "costante interferenza degli Usa negli affari del Paese".
Alla mobilitazione ha partecipato anche Elma Beatriz Rosa, la vedova del leader indipendentista Filiberto Ojeda Ríos, il quale è stato ucciso a settembre durante un'operazione dell'FBI.
Elma Beatriz Rosa ha affermato che i portoricani "hanno subito sulla loro pelle" gli abusi da parte del governo statunitense e prevede che l'amministrazione Usa "porterà avanti le persecuzioni" contro gli indipendentisti.
Inoltre, un gruppo di avvocati ha denunciato una serie di "insoliti incidenti" avvenuti lunedì scorso a danno delle case dei leader indipendentisti.
All'Associated Press hanno riferito che si tratta di una "persecuzione politica" dell'FBI, simile a quella realizzata "a Puerto Rico dall'amministrazione Usa negli anni '70”.
Secondo il procuratore Roxana Badillo gli agenti dell'FBI hanno condotto delle incursioni mirate nei confronti degli indipendentisti impadronendosi di "computer e testi".

Fonte dell’Informazione: Univisión

Traduzione di Marina Callegari e revisione di Cecilia Silveri - Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Indigeni peruviani protestano contro l’attività in miniera
Mercoledì 8 marzo 2006

Le comunità indigene peruviane hanno denunciato che la contaminazione da mercurio e cianuro, provocata dall’attività della compagnia Minera Afrodita, che opera nella provincia di Condorcanqui nel nord del Paese, nella regione al confine con l’Ecuador, lede “in modo grave” la salute di circa tredici mila abitanti, per la maggior parte contadini ed indigeni.
Secondo un comunicato degli indigeni, membri dell’Associazione Interetnica di Sviluppo della Foresta Peruviana, da otto anni l’azienda contamina i fiumi e i campi di questa regione amazzonica.
Il comunicato aggiunge che l’attività dell’azienda, che si occupa dell’estrazione di oro, non dà “alcun beneficio” alla popolazione locale, e provoca solo “morte, impoverimento delle terre coltivate e distruzione delle risorse biologiche”.
La popolazione colpita esige che le autorità per la tutela dell’ambiente dichiarino lo stato di “emergenza ambientale” e prestino “assistenza medica immediata” ai bambini, che sembra corrano maggiori pericoli a causa degli “alti livelli di contaminazione”.
Gli indigeni hanno concesso un periodo di trenta giorni all’azienda di Condorcanqui per lasciare l’area e hanno chiesto alle autorità di “imporre sanzioni reali” per i danni provocati.
Hanno inoltre aggiunto che se le loro richieste non verranno ascoltate, prenderanno “misure più drastiche”, dando al governo peruviano la responsabilità delle possibili conseguenze del conflitto.
Minera Afrodita ha un permesso del governo peruviano per esplorare circa due mila ettari nella regione della Cordillera del Cóndor, sulla quale ha investito inizialmente un capitale di oltre due milioni di dollari.
Secondo i dati della stessa azienda, la fase di estrazione dell’oro, frutterebbe mensilmente più di dodici milioni di dollari.

Fonte: Prensa Indígena

Traduzione di Cecilia Silveri e revisione di Sonia Chialastri – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Organizzazioni ecuadoriane denunciano legami tra la Texaco e le Forze Armate
Mercoledì, 8 Marzo 2006
Luis Yanza

La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), l’Assemblea Permanente dei Diritti Umani di questo paese e l’Assemblea delle Vittime della Texaco, multinazionale petrolifera, hanno denunciato lunedì una fitta rete di relazioni tra questa compagnia e le Forze Armate ecuadoriane.
Le organizzazioni hanno inviato un comunicato alla stampa affinché prendesse parte alla conferenza in cui i loro rappresentanti hanno mostrato i benefici concessi alla Texaco dalle Forze Armate dell’Ecuador.
Le denunce sono state presentate dal presidente della CONAIE, Luis Macas, dal rappresentante dell’Assemblea Permanente dei Diritti Umani, Alexis Ponce, e da un membro dell’Assemblea delle Vittime della Texaco, Luis Yanza.
L’invito delle organizzazioni che hanno indetto la conferenza denuncerebbe “le relazioni nascoste tra le Forze Armate ecuadoriane e una multinazionale petrolifera, rese note all’opinione pubblica in momenti in cui è in discussione il ruolo dell’istituzione militare e le conseguenze letali dell’inquinamento causato dal petrolio nell’Amazzonia ecuadoriana”.
Secondo il quotidiano ecuadoriano El Universo, i promotori di tale denuncia hanno accusato la Chevron-Texaco di “usare le Forze Armate” per ritardare il processo nei suoi confronti per presunti danni ambientali, in corso presso la Corte Superiore di Giustizia di Sucumbíos, provincia del nord-est dell’Ecuador.
Alexis Ponce ritiene che la Chevron-Texaco “abbia manipolato ed utilizzato” le Forze Armate per ottenere una “falsa relazione” da parte dell’Intelligence militare, che ha fatto sì che il giudice della causa contro la compagnia sospendesse un’ispezione nella provincia di Orellana, confinante con quella di Sucumbíos, nell’ottobre 2005. Quel documento, secondo Ponce, è stato firmato da un comandante militare.
La CONAIE, l’Assemblea Permanente dei Diritti Umani e le Vittime della Texaco denuciano inoltre il fatto che gli avvocati della compagnia petrolifera alloggino in una villa lussuosa di un gruppo delle Forze Armate, la cui base militare si trova a Lago Agrio, capitale di Sucumbíos.
Secondo El Universo, il rappresentante legale della Chevron Texaco in Ecuador, Rodrigo Pérez, ha dichiarato che esiste un accordo, firmato nel marzo 2004, per la costruzione di installazioni a Lago Agrio di ville destinate ad alloggi per i tecnici della Texaco.
In base all’agenzia Prensa Latina, lo scorso martedì il ministro ecuadoriano della Difesa, Oswaldo Jarrín, ha negato che le Forze Armate abbiano alcun contratto con le compagnie petrolifere private che operano nella zona amazzonica.

Traduzione di Sonia Chialastri e revisone di Cecilia Silveri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Migliaia di persone hanno manifestato in Kenia contro gli attacchi
alla libertà di stampa

Martedì, 7 marzo 2006

Copie bruciate del giornale keniota Standard dopo gli attacchi delle
forze dell'ordine della settimana scorsa.

Migliaia di manifestanti hanno marciato per le strade di Nairobi,
capitale del Kenia, per protestare contro gli attacchi perpetrati
dalla polizia la settimana scorsa contro i mezzi stampa e che hanno
portato non solo alla confisca delle attrezzature, l'arresto dei
giornalisti e delle trasmissioni, ma anche alla distruzione di vario
materiale appartenente al giornale Standard. Si tratta del giornale
più antico del Kenia e ultimamente aveva criticato il governo del presidente Kibaki
per i recenti scandali per corruzione. Fino agli attacchi della
settimana scorsa, il governo aveva accusato il giornale di inventarsi
gli articoli. Simili proteste si sono registrate anche in altre
grandi città del Paese, come Mombasa y Kisumu.
Prima degli attacchi, tre giornalisti dello Standard erano stati arrestati per aver
scritto un articolo sul presidente Kibaki ed erano stati accusati per
aver "pubblicato dichiarazioni allarmanti." I giornalisti sono stati
liberati dietro cauzione.

Traduzione di Loredana Stefanelli e revisione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Documenti e dichiarazioni: per il giorno internazionale della donna
Martedì, 7 marzo 2006

Per il giorno internazionale della donna, noi contadine ci
mobilitiamo ed invitiamo tutte le studentesse, le operaie e le lavoratrici
al Club Central Norte, Monte Quemado, Santiago del Estero.
L'8 marzo "Giorno internazionale della donna".
Si discuterà sullo sviluppo, il progresso, la violenza, il
nostro modo di vedere la sessualità, gli affetti e la costruzione
di una vita libera.
Chiederemo pubblicamente alle mogli degli imprenditori di Conexa S.A.,
di Madera Dura del Norte S.A. e dell'impresa di disboscamento Londero
Hnos. quale progresso portino.
Perché se il progresso è quello di Cristoforo Colombo, che ha
lasciato dietro di sé il genocidio di milioni di nostri connazionali,
che se ne vadano.

Traduzione di Loredana Stefanelli e revisione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

"Movimiento Campesino di Santiago del Estero/Valeria Farías"
Martedì, 7 marzo 2006

Il governo della provincia argentina di Santiago del Estero, nel nord
del Paese, e i rappresentanti di alcune organizzazioni di contadini
hanno deciso di creare un registro che dovrebbe dare avvio alla
cessione delle proprietà ai contadini che reclamano terre da
coltivare. Tra le organizzazioni contadine spicca il Movimiento
Campesino di Santiago del Estero (MOCASE).
I contadini dovranno iscriversinel cosiddetto "registro degli
aspiranti alla regolarizzazione del possesso di terre" ed essere in
possesso di alcuni requisiti che permetteranno loro di accedere alle
proprietà.
Domenica scorsa, la Mesa Provincial de Tierras, in cui confluiscono
le organizzazioni dei contadini ed il MOCASE, ha annunciato con un
comunicato stampa che la creazione di questo nuovo registro non è
altro che il risultato della lotta constante dei contadini di
Santiago del Estero.

Traduzione di Loredana Stefanelli e revisione di Cecilia Silveri – progetto Terre Madri
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Toledo e Bush ratificano il Trattato di Libero Commercio
Martedi' 7 marzo 2006

Il presidente peruviano ,Alejandro Toledo, incontrerà il presidente americano George W Bush, a Washington venerdì prossimo, per definire la data della firma del Trattato sul libero commercio (TLC), i cui negoziati si sono conclusi lo scorso dicembre.
Un comunicato stampa della Casa Bianca afferma che questo incontro rappresenta " una buona occasione", per Bush, "per  esprimere" il proprio apprezzamento riguardo l’autorevolezza nella "promozione della democrazia" in America Latina da parte di Toledo.
A quanto sostiene Washington, il governo peruviano è stato un promotore "dell'espansione del libero commercio e della crescita economica" nel continente.
Il periodo concordato di 90 giorni tra la fine dei negoziati - da entrambe le parti definiti "molto proficui" - e la ratifica dell'accordo termina la prima settimana di aprile.
Toledo ha chiesto con decisione ai propri legislatori di ratificare il TLC prima del cambio di governo - previsto per luglio 2006 - in quanto il trattato sarebbe l'unico modo di "generare maggiore occupazione e facilitare la penetrazione dei prodotti peruviani nel mercato statunitense".
Varie organizzazioni sociali peruviane stanno preparando un referendum per sottoporre l´accordo alle decisioni del popolo, essendo convinte che la sua ratifica inciderà negativamente sugli interessi del paese.
Gli oppositori dell´accordo - che tra l´altro sostengono la campagna "TLC, non così"- sono convinti che il settore agricolo sarà quello maggiormente colpito dalla liberalizzazione del commercio.
Sostengono inoltre che il governo non ha reso pubblico l´intero testo dell´accordo e che i negoziati sono stati condotti troppo rapidamente e senza una seria analisi tecnica.
Tuttavia, alcuni portavoce del governo peruviano hanno affermato che, dopo la ratifica del TLC, verrà lanciata una campagna di informazione diretta alla popolazione per illustrare tutti i benefici derivanti dal trattato stesso.


Traduzione di Giuseppina Vecchia (revisione Gianni Tarquini) - progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal -
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Annunciano un nuovo megaprogetto idroelettrico in Messico
Martedi' 7 marzo 2006

Il presidente messicano Vicente Fox ha annunciato la costruzione di una centrale idroelettrica La Yesca , nello stato di Nayarit, al centro del Paese, ed ha dichiarato che la partecipazione del capitale privato per tutta la durata della sua gestione ha permesso la realizzazione dei “maggiori investmenti” infrastrutturali nella storia del Paese.Il mandatario ha assicurato che la costruzione di La Yesca genererà circa 10 mila posti di lavoro, e “molteplici benefici” in settori quali turismo, pesca, agricoltura e trasporti.I portavoce dell’azienda promotrice dello sviluppo e l’impiego in America Latina (Ideal), di proprietà dell’imprenditore messicano multimilionario Carlos Slim, proprietario anche della compagnia di telecomunicazioni Telmex, hanno annunciato che l’impresa ha intenzione di partecipare al progetto.Secondo quanto affermato da Fox, il bando della gara d’appalto per la costruzione dell’opera, il cui costo stimato è di circa 850 milioni di dollari, verrà pubblicato il 15 marzo. “Era da venti anni che in Messico non si sviluppavano progetti idroelettrici”, ha detto il presidente, ma ha anche riconosciuto che i recenti conflitti tra contadini per la diga La Parota , nello stato di Guerrero, non hanno permesso l’avanzamento del progetto.Il controverso progetto La Parota , che avrà dimensioni simili a La Yesca , ha provocato sin dall’inizio duri scontri tra oppositori e promotori dell’opera.D’altra parte, il direttore della Commissione Federale dell’Elettricità, Alfredo Elías Ayub, ha dichiarato che il progetto La Yesca , che inizierà nel 2010, sarà “più semplice” da promuoverà rispetto a La Parota.Secondo il funzionario le opere non provocheranno “alcun rifiuto”, visto che praticamente “non ci sono comunità” nell’area interessata che potrebbero essere danneggiate dall’attività idroelettrica.

Traduzione di Cecilia Silveri (revisione Gianni Tarquini)- progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –
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Evo Morales emana una legge per la convocazione di un'Assemblea Costituente e di un referendum
Martedi' 7 marzo 2006

Rispondendo a una delle principali richieste dei movimenti sociali boliviani, lunedì scorso il presidente della Bolivia Evo Morales ha emanato una legge per la convocazione di un'Assemblea Costituente; con la stessa legge ha indetto un referendum attraverso il quale i cittadini di ogni dipartimento decideranno della loro autonomia.
L'elezione dei membri dell'Assemblea Costituente e il referendum avranno luogo il 2 luglio. Al momento della promulgazione, nel palazzo presidenziale di La Paz , erano presenti rappresentati dei minatori, di indigeni, contadini, sindacalisti e politici.

Uno dei principali obiettivi dell'Assemblea è quello di porre fine ai "contratti" che sfruttano le risorse naturali, perché queste possano tornare nelle mani dello stato.
La legge di convocazione di un'Assemblea Costituente definisce alcuni punti importanti, come le modalità di elezione dei costituenti e il loro numero, nonché l'ambito dei loro poteri.
L'Assemblea conterà 255 membri, tre per ognuna delle 70 circoscrizioni del Paese e cinque per ognuno dei nove dipartimenti.
Obiettivo principale dell'Assemblea, che aprirà i suoi lavori il 6 agosto, è quello di scrivere una nuova Costituzione che verrà poi sottoposta a referendum per essere votata dal popolo boliviano.
Le decisioni dell'Assemblea saranno approvate dal voto dei due terzi dei suoi membri e il tempo massimo in cui rimarrà in carica sarà un anno.
Secondo il giornale La Patria , Evo Morales ha chiamato il popolo boliviano a elaborare delle proposte per il Paese che vorrebbero, proposte da presentare agli uffici regionali dei consigli che lavoreranno alla preparazione della nuova Costituzioni, che apriranno nei nove dipartimenti della Bolivia.
Il giornale boliviano Los Tiempos riferisce che Morales ha invitato i suoi concittadini a essere « i soldati di una rivoluzione culturale e democratica » elaborando e presentando le loro proposte all'esame dell'Assemblea Costituente.
Il presidente ha annunciato che il popolo boliviano realizzerà « profondi cambiamenti che consentiranno il perseguimento dell'eguaglianza, della giustizia; giustizia e più giustiza; uguaglianza e più uguaglianza. Noi, poveri della Bolivia, vogliamo solo vivere bene. » ha concluso.
Per quanto riguarda la legge per il referendum, La Patria spiega che nei dipartimenti nei quali vincerà il "SÌ" verrà messa in atto una nuova forma di governo locale, con una legislazione che definirà il raggio d'azione legale ed economico dei dipartimenti.
Da molto tempo i comuni del dipartimento di Santa Cruz, nella regione orientale del Paese, chiedono l'autonomia per il loro dipartimento. Evo Morales ha affermato che intende arrivare ad una autonomia « con reciprocità e solidarietà ».

Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per la Pace (revisione Gianni Tarquini) Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundorea lwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

In migliaia protestano contro il Primo Ministro in Tailandia
Lunedì 6 marzo 2006

Domenica, circa 100.000 tailandesi hanno protestato davanti il Palazzo di Governo nella località di Sunam Luag, con l’obiettivo di destituire il Primo Ministro Thaksin Shinawatra. La mobilitazione, organizzata dall’Alleanza dei Popoli per la Democrazia (PAD) è stato il primo “spiegamento di disobbedienza civile su grande scala” dal lancio della sua campagna.
La polizia antisommossa ha cercato di impedire il passaggio della mobilitazione verso il Palazzo di Governo, ma a seguito di negoziazioni portate avanti al momento, le autorità hanno concesso il passaggio ai manifestanti, che hanno terminato la marcia senza inconvenienti.
D’accordo con il giornale tailandese The Nation, Sondhi Limthongkul, principale referente della campagna contro il Primo Ministro, ha affermato che le mobilitazioni non cesseranno e i manifestanti continueranno farsi vedere finché Thaksin non rinuncerà.
La maggior parte dei manifestanti appartiene alla classe media di Bangkok e delle province del sud del Paese, dove la popolarità di Thaksin è molto bassa.
Venerdì, anche i simpatizzanti di Thaksin hanno organizzato una manifestazione. Migliaia di persone si sono mobilitate dalle campagne verso la città, con l’obiettivo di esprimere il proprio appoggio al Primo Ministro. Secondo Limthongkul, Thaksin gode ancora di un certo appoggio nelle campagne, perché “manipola” le notizie e la maggioranza della popolazione non ha accesso all’informazione necessaria per conoscere la vera faccia del Primo Ministro.
Dal canto loro, ieri un centinaio di accademici hanno inviato una petizione al Re per far designare un nuovo Primo Ministro e realizzare delle riforme politiche.
Suriyasai Katasila, coordinatore dell’Allenza, ha assicurato che il suo gruppo vuole “elevare Thaksin dal suo incarico in accordo con il sistema democratico, invece di richiedere l’intervento del Re”.
La Tailandia ha una storia di eventi politici turbolenti. A maggio del 1992 centinaia di migliaia di persone hanno manifestato contro un Primo Ministro nominato a seguito di un colpo di stato; il risultato di queste manifestazioni è stato di 48 persone assassinate dopo una violenta repressione. Le intense manifestazioni hanno motivato una riforma costituzionale che stabilisce che la carica di Primo Ministro deve essere designata tramite elezioni.

Fonte:
http://www.nationmultimedia.com/index.php

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Organizzazioni guatemalteche contro il muro di frontiera
Lunedì 6 marzo 2006

Migliaia di centroamericani vengono assassinati mentre cercano di oltrepassare il confine con gli Stati Uniti.
Le organizzazioni sociali del Guatemala promuovono la creazione di un “fronte comune centroamericano” contro il muro di frontiera che il governo statunitense vuole costruire al confine con il Messico.
Una coalizione di vari gruppi di questo Paese hanno raccolto oltre dieci mila firme, che verranno consegnate a tutti i senatori statunitensi nell’ambito di una “Campagna per la vita, contro il muro”.
Secondo quanto affermato da Carlos Barreda, membro del Collettivo delle Organizzazioni Sociali Guatemalteche, il muro, che avrà un’estensione di 1.100 chilometri, è “controproducente in termini etici e morali”.
Secondo Barreda, la nuova legislazione che stanno discutendo i senatori statunitensi “aumenterà sensibilmente lo sfruttamento” dei dodici milioni di stranieri senza documenti che si trovano nel Paese.
L’attivista ha inoltre aggiunto che la cosiddetta Legge di Tutela di Frontiera, Antiterrorismo e Controllo dell’Immigrazione, che è già stata approvata dalla Camera dei Rappresentanti, “criminalizza gli immigrati” e favorisce le deportazioni.
Irene Palma, membro dell’Istituto Centroamericano per gli Studi Sociali e lo Sviluppo del Guatemala, ha pronosticato che la legge sull’immigrazione “avrà un grave impatto” sulle famiglie guatemalteche. “Circa il 17% delle famiglie in Guatemala riceve entrate dai propri componenti”, ha dichiarato.
Palma ha stimato che negli Stati Uniti vivono oltre 1,1 milioni di guatemaltechi, dei quali circa 700 mila sono senza documenti.
Il documento che le organizzazioni consegneranno ai legislatori statunitensi avverte che le conseguenze del muro di frontiera sull’economia del Guatemala saranno “peggiori di quelle dell’uragano Stan”.

Fonte dell’informazione:
Prensa Latina, Prensa Libre (Guatemala)

Vedi note relative su Radio Mundo Real:
Il muro di frontiera genera resistenze

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Scontro tra i campesinos e il governo paraguaiano
Lunedì 6 Marzo 2006

Famiglia campesina nel dipartimento paraguaiano di San Pedro.
Gruppi di campesinos residenti nel dipartimento di San Pedro in Paraguay, situato nella zona centrale del paese, richiedono all’agenzia statale per l’ambiente Segretaría del Ambiente di “regolarizzare” la questione di proprietà nei confronti di un migliaio di ettari di terreno che essi attualmente occupano e da cui rischiano di essere sloggiati.
Le autorità paraguaiane, dal canto loro, affermano che i campesinos sarebbero insediati in una riserva forestale e che la loro presenza in tale zona deturpa le aree selvatiche protette.
Alcuni portavoce dell’agenzia per l’ambiente segnalano che i contadini non hanno “adempiuto a lavoro loro assegnato”, ragion per cui hanno l’obbligo di abbandonare i terreni.
Il segretario della sezione coinvolta, Alfredo Molinas, ha denunciato “l’invasione” della riserva forestale operata dai campesinos dichiarando inoltre che, nonostante gli incontri tenuti con gli occupanti, non era stato possibile concordare soluzione alcuna.
Il funzionario ha rivelato che alcuni dei trasgressori della riserva presentano a loro carico denunce penali per traffico illecito di legname, furti di bestiame e tentati omicidi oltre ad altri reati.
I campesinos, che da più di venti giorni sono accampati di fronte all’edificio dell’ufficio pubblico nella capitale Asunción, hanno respinto in blocco le accuse e hanno avvertito che proseguiranno le loro modalità di lotta. Secondo quanto sostengono, le autorità governative si sarebbero impegnate a trovare una soluzione che non è mai arrivata.
A metà del mese di febbraio, una coalizione composta dalle organizzazioni di campesinos di San Pedro ha presentato una denuncia ai danni delle attività condotte in questa zona da parte delle Organizzazioni per la Difesa e la Sicurezza, dipendenti dal Ministero dell’Interno, le quali, secondo quanto sostengono, sarebbero colpevoli di torture e assassini nei confronti degli abitanti.
Secondo quanto dichiarato in tale occasione, il governo paraguaiano criminalizza la lotta sociale e permette, allo stesso tempo, ai gruppi di paramilitari di effettuare operazioni di “demolizione senza disporre di ordinanza di tribunale, torture e persino esecuzioni”.


Traduzione di Ilaria Maccaroni per i "Traduttori per la Pace:”
Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Finale deludente per la conferenza internazionale a Parigi sull’aiuto allo sviluppo Lunedì 6 marzo 2006

Le idee di Kofi Annan non piacciono agli Stati Uniti.
La conferenza internazionale “Solidarietà e globalizzazione: finanziamenti innovativi per lo sviluppo e contro le pandemie”, svoltasi a Parigi tra il 28 febbraio e il 1º marzo, si è conclusa in maniera piuttosto deludente, poiché solamente 13 dei 109 paesi partecipanti, per esempio, hanno accettato di introdurre una tassa sui biglietti aerei. L’incontro, al quale hanno partecipato 109 paesi, 18 organizzazioni internazionali e circa 60 ONG, aveva come obiettivo quello di trovare nuove fonti di finanziamento per promuovere programmi di sviluppo e contro la povertà.
Una di queste fonti è l’introduzione di una tassa di solidarietà sui biglietti aerei, progetto che è stato promosso soprattutto da Francia e Brasile e che si basa su una dichiarazione dell’ONU sottoscritta nel 2005 da 79 paesi.
La Francia sarà il primo paese a trasformare il progetto in legge nazionale a metà di quest’anno. Per ogni biglietto aereo sarà prevista una tassa compresa tra 1 e 40 euro, a seconda della distanza e del tipo di volo. Gli altri paesi che si sono impegnati ad implementare tale imposta sono Regno Unito, Norvegia, Lussemburgo, Cipro, Congo, Costa d’Avorio, Madagascar, Mauritius, Giordania, Brasile, Cile e Nicaragua.
Le tasse saranno utilizzate per finanziare l’acquisto di medicinali per limitare epidemie quali AIDS, tubercolosi e malaria nei paesi più poveri del mondo. Sebbene molti paesi abbiano firmato la dichiarazione sulle fonti innovative di finanziamento dello sviluppo il 14 settembre 2005 a New York, di fatto si rifiutano di mettere in pratica l’attuale progetto. In questo caso concreto, si teme che tale misura comporti delle perdite alle compagnie aeree, le quali sono note per avere un grande ascendente politico e per essere in grado di esercitare pressione sui governi. Riguardo a questa specifica opportunità, hanno dichiarato che preferiscono aspettare che altri paesi aderiscano all’iniziativa.
Almeno altri 25 paesi appoggiano l’idea del finanziamento innovativo attraverso il pagamento di denaro.
Da parte loro, Stati Uniti e Canada si oppongono strenuamente a questo progetto, così come anche l’Associazione Internazionale per il Trasporto Aereo – nella quale convergono le società aeree - criticando il fatto che danneggerebbe i loro profitti. Kofi Annan – Segretario Generale dell’ONU - patrocina l’iniziativa francese, ma ribadisce che i paesi sviluppati devono offrire maggiori risorse per la lotta contro la povertà in Africa, America Latina e Asia. L’ONU si pone l’obiettivo di ridurre la percentuale di povertà assoluta di circa il 50% fino al 2015. Tuttavia, i paesi industrializzati non sembrano disposti a mettere a disposizione il denaro sufficiente per raggiungere tale scopo.

Fonti: http://www.diplomatie.gouv.fr http://www.spiegel.de http://www.20min.ch/

Tradotto da Arianna Ghetti – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal

Lotta per la chiusura di un deposito di rifiuti in Salvador
Lunedì 6 Marzo 2006

L’organizzazione ambientalista “CESTA –Amigos de la Tierra El Salvador” lavora insieme agli abitanti della località Salinas de Ayacachapa, nella Provincia di Sonsonate, per ottenere la chiusura di un deposito di rifiuti che inquina l’ambiente e mette a rischio la salute della popolazione.
Gli abitanti di Salinas de Ayacachapa, municipio de Cuisnahuat, hanno realizzato una serie di mobilitazioni finalizzate ad impedire che i camion pieni di spazzatura possano accedere alla zona di discarica, che da oltre sei anni si trova in questa regione.
L’Unità anti-sommossa della Polizia Nazionale, reparto tristemente famoso in El Salvador per la sua violenza, è intervenuta più volte per reprimere le manifestazioni degli abitanti di Salinas de Ayacachapa.

Traduzione di Daniela Chiabrera per i "Traduttori per la Pace:”
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Organizzazioni ambientaliste denunciano bombardamenti in una zona di grande ricchezza ecologica.
Lunedì, 6 marzo 2006.

L’organizzazione politica e ambientalista Iniziativa Ambiental ha denunciato, tramite un comunicato stampa, che alcune forze militari stanno effettuando bombardamenti aerei nel Parco Nazionale Naturale Sierra de la Macarena, situato nel dipartimento di Meta, al centro della Colombia, mettendo in questo modo a rischio la vita di quasi 11.000 abitanti e distruggendo ecosistemi estremamente fragili.
Iniziativa Ambiental, che opera soprattutto in Colombia, esprime il proprio rifiuto ad utilizzare la violenza per risolvere i conflitti ed afferma che il diritto alla vita deve prevalere sull’uso delle armi.
Secondo il mezzo stampa Actualidad Étnica, il parco Sierra de la Macarena risulta sotto la giurisdizione dei municipi di La Macarena, Mesetas, Vistahermosa, San Juan de Arama e Puerto Rico.
Il comunicato di Inciativa Ambiental afferma quanto segue:
“Preoccupati e costernati per gli ultimi avventimenti legati ai primi bombardamenti al Parco Nazionale Naturale ‘La Macarena’ e in quanto membri della comunità ambientalista, pretendiamo la sospensione immediata di queste operazioni.”
Secondo Iniziativa Ambientalista, i bombardamenti sono stati decisi “dal governo di Álvaro Uribe Vélez, in risposta al fallimento della strategia militare che avrebbe dovuto garantire la sicurezza degli estirpatori manuali di foglie di coca.”
L’organizzazione mette in evidenza come i bombardamenti siano “un attentato al patrimonio ecologico, preservato per decenni grazie allo sforzo di diverse persone, organizzazioni ed istituzioni.”
Secondo Iniziativa Ambientalista, le Forze armate colombiane assicurano che gli attacchi non sono indiscriminati ma sono effettuati solo in alcuni punti per proteggere gli estirpatori manuali delle piantagioni di coca.
Tuttavia, per l’organizzazione ambientalista, questa spiegazione risulta alquanto contraddittoria dal momento che con questi bombardamenti si distrugge l’ambiente, che invece si cercava di proteggere quando si erano abbandonate le fumigazioni per sradicare le coltivazioni con l’uso delle mani.

Fonte foto: http://www.parquesnacionales.gov.co

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Tradotto da Loredana Stefanelli – progetto Terre Madri –
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La Giustizia ecuadoregna ha liberato Lucio Gutiérrez
Lunedì, 6 marzo 2006.

Venerdì scorso la Corte Suprema di Quito ha ordinato la scarcerazione di Lucio Gutiérrez, ex presidente dell'Ecuador, in seguito all'annullamento del procedimento a suo carico per il reato di attentato contro la sicurezza dello stato.
Ne dà informazione questo venerdì la versione web del giornale equadoregno Hoy, che spiega come un `agenzia internazionale di un'emittente via cavo sia venuta a conoscenza della sentenza prima che la notizia fosse ufficiale.
Lucio Gutiérrez era stato rimosso dalla sua funzione di presidente dell'Ecuador nell'aprile del 2005, in seguito a una forte pressione sociale che richiedeva la cessazione del suo mandato.
Secondo Hoy, la sentenza giudiziaria nel caso Gutiérrez recita che "si è deciso di soprassedere definitivamente per l'inesistenza di un'accusa specifica da parte dello Stato, che in questo caso avrebbe dovuto essere avanzata dal suo difensore naturale, cioè il procuratore".
I mezzi d'informazione nazionali e internazionali avevano già annunciato l'imminenza della liberazione di Gutiérrez.
La colombiana Radio Caracul spiega che Gutiérrez dovrebbe essere rimesso in libertà probabilmente questo stesso venerdì e anche nel caso in cui vi fosse un ricorso in appello alla sentenza, questo non modificherebbe l'ordine di scarcerazione in favore di Gutiérrez.
Prima che si conoscesse la sentenza della Corte Suprema, alcuni rappresentanti del governo equadoregno, presieduto da Alfredo Palacio, avevano dichiarato la loro sorpresa per quella che sembrava una decisione imminente e che poi si è concretata.
In giugno del 2005 Lucio Gutiérrez rilasciò alcune dichiarazioni pubbliche in cui sostenne di essere stato vittima di un colpo di stato e diede la colpa della sua caduta, tra gli altri, a Alfredo Palacios. Gutiérrez rivendicò di essere lui il legittimo presidente.
L'allora presidente del governo, Mauricio Gándara, si basò su queste dichiarazioni dell'ex presidente per denunciarlo di attentare alla sicurezza dello stato.
Gutiérrez si rifugiò in Brasile e poi negli Stati Uniti, in Perù e Colombia prima di tornare in Ecuador nell'ottobre del 2005.
Lucio Gutiérrez si presenterà come candidato alla presidenza dell'Ecuador per il Partido Sociedad Patriótica nelle elezioni del prossimo ottobre.

Tradotto da: Maria Cristina Bitti per Terre Madri
Progetto Terre Madri-Traduttori per la Pace-RadioMundoReal
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Una ONG colombiana denuncia la firma di un contratto di estrazione mineraria senza consultare le popolazioni indigene coinvolte.
Lunedì, 6 marzo 2006.

L’organizzazione non governativa colombiana Comisión Intereclesial de Justicia y Paz, ha denunciato che il governo provinciale di Antioquia, regione che si trova nella zona ovest del paese, ha firmato una concessione di sfruttamento minerario con l’impresa Muriel Mining Corporation senza consultare previamente le popolazioni indigene che vivono nella zona in cui la Compagnia lavorerà.
L’impresa, con sede negli Stati Uniti, aprirà una miniera di rame ed oro, oltre che di altri minerali, nelle aree limitrofe ai due comuni di Murindó e Antioquia e a quello di Carmen del Darién della vicina provincia del Chocó.
La denuncia della ONG Justicia y Paz è stata fatta a metà febbraio. Riporta che “il giorno 4 febbraio del 2005, l’allora Governatore della Provincia di Antioquia, Aníbal Gaviria Correa, e James Álvaro Valdiri Reyes, in qualità di rappresentante della filiale colombiana della Muriel Mining Corporation (...), hanno sottoscritto un contratto di concessione per lo sfruttamento di una miniera di rame, oro, molibdeno e altri minerali, con una estensione iniziale di 2000 ettari (...), per una durata prorogabile di 30 anni”.
Secondo Justicia y Paz le mappe e i piani del progetto dimostrano che, circa una quarta parte della miniera, occupa settori dei territori della Riserva Indigena di Uradá – Jiguamiandó e del Consiglio Comunitario de la Cuenca del Rió Jiguamiandó, a Carmen del Darién.
I tre quarti restanti coincidono con la Riserva Indigena Embera – Katío e il Comune di Murindó. Le comunità indigene che saranno danneggiate dalle attività minerarie della Compagnia statunitense non sono mai state consultate per conoscere la loro opinione rispetto al progetto.
”Anche se lo Stato colombiano ha firmato l’Accordo 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui Popoli Indigeni (...), le comunità afrodiscendenti del Consiglio comunitario di Jiguamiandò non sono state avvertite, informate o consultate da nessun Ente pubblico sulla sottoscrizione del contratto menzionato e sullo sfruttamento minerario che si realizzerà sui circa 500 ettari del loro territorio comunitario."
Né, d’altra parte, le comunità sono state invitate a partecipare alle trattative, alle audizioni e alle consultazioni pubbliche per la concessione del contratto. Inoltre, durante tutto il procedimento di assegnazione non sono stati determinati gli impatti economici, sociali e culturali per le comunità indigene o afrodiscendenti”, aggiunge la ONG colombiana.
Per l’organizzazione la Compagnia statunitense è ancora nella fase di esplorazione, che durerà ben tre anni. Dopodichè Muriel Mining Corporation avrà altri tre anni per realizzare le infrastrutture necessarie per poter iniziare lo sfruttamento vero e proprio.
Justicia e Paz afferma che né l’Istituto Colombiano di Geologia e Sfruttamento Minerario né il Ministero dell’Ambiente hanno concesso contratti di alcun tipo all’impresa per lo sfruttamento della zona di Carmen del Darién. Allo stesso modo non è stata data alcuna autorizzazione ambientale per l’attività mineraria nell’area in cui dovrebbe operare Muriel Mining Corporation.

Traduzione di Nadia Angelucci per Terre Madri
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NEWS DELLA SETTIMANA DAL 1 AL 3 MARZO 2006

Proseguono le trattative per la costruzione del "grande gasdotto del sud"
Venerdì 3 marzo 2006

Giovedì scorso a Caracas, la capitale venezuelana, si è tenuto un incontro al quale hanno partecipato una ventina di funzionari dei governi di Argentina, Brasile e Venezuela per portare avanti i colloqui tecnici sul progetto per l'energia denominato "grande gasdotto del sud".
Il gasdotto, lungo 8000 chilometri, partirà del Venezuela per raggiungere l'Argentina attraverso l'Amazzonia e a detta dei suoi promotori «alimenterà la crescente richiesta di gas della regione»".
I portavoce dei tre governi hanno riferito che durante l'incontro di Caracas, svoltosi a porte chiuse, si è discusso dei problemi connessi «alla tecnologia, al modello economico e agli aspetti sociali e ambientali».
Il viceministro degli esteri venezuelano Pavel Rondon ha affermato che il gasdotto contribuirà allo sviluppo e al miglioramento degli standard di vita delle comunità delle zone circostanti.
Rondon ha aggiunto anche che questa iniziativa rappresenta una risposta alla grave crisi energetica globale.
Secondo i piani preliminari del progetto, nel 2012 il gasdotto trasporterà in Brasile, Uruguay e Argentina circa 150 milioni di metri cubi di gas venezuelano.
La conferma della costruzione del gasdotto, il cui costo stimato è di circa 20 miliardi di dollari, è stata data a metà gennaio a Brasilia, la capitale brasiliana nella quale i presidenti di Brasile, Venezuela e Argentina hanno discusso i problemi relativi all'integrazione energetica dei loro Paesi.
Durante il vertice tra i capi di stato il presidente venezuelano Chavez, principale promotore del progetto, ha parlato del grande gasdotto del sud come di un elemento decisivo nel tentativo di «ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti».
Dai gruppi ambientalisti dei tre Paesi è giunto l'avvertimento a considerare i possibili effetti negativi sulla foresta amazzonica e sulle comunità che in essa vivono.
Essi ritengono che il piano di attraversamento dell'Amazzonia dovrebbe preoccupare la popolazione perché l'Amazzonia è il principale "polmone" del pianeta.

Fonti:
América Económica, Prensa Gráfica.
Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per la Pace (rev. ) Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundorealwww.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Proteste in Nicaragua in difesa delle risorse energetiche
Venerdì 3 Marzo 2006

Diverse organizzazioni sociali del Nicaragua stanno preparando per il mese di Marzo varie iniziative di protesta in tutto il paese, nel contesto di una campagna internazionale per la “Difesa dell’Acqua, l’Energia e contro le Dighe”.
Secondo quanto affermato, le mobilitazioni, che avranno luogo in nove dipartimenti nicaraguensi, intendono “denunciare gli effetti negativi” derivanti dai processi di privatizzazione delle risorse energetiche in Nicaragua.
Le iniziative sono state promosse da varie organizzazioni di consumatori, dai sindacati e dalla coalizione ‘Convergencia de los Movimientos de Pueblos de las Américas’ (COMPA) [Convergenza dei Movimenti dei Popoli delle Americhe – NdT].
La maggior parte delle denunce sono indirizzate all’operato della multinazionale energetica Unión Fenosa, con sede in Spagna, che, affermano, “accumula ricchezze che ammontano a milioni di dollari”, mentre migliaia di nicaraguensi “non hanno accesso” ai servizi primari di energia elettrica.
Le organizzazioni accusano la società multinazionale di imporre “costi eccessivi” sulle sue tariffe e di “trarre profitto” dai recenti cambiamenti legislativi attuati nel paese, tra cui l’esenzione dalle imposte per numerose multinazionali.
Dichiarano inoltre che Unión Fenosa commette “gravi irregolarità”, come per esempio “fatturazioni eccessive per energia non consumata", o riscossione di tasse per illuminazioni pubbliche in zone nelle quali “tale servizio non esiste".
Secondo quanto riportano gli attivisti, queste iniziative culmineranno in una “mobilitazione nazionale” in difesa delle risorse energetiche prevista per il 22 marzo, Giornata Mondiale dell’Acqua.
Denunciate irregolarità nel rifornimento elettrico.

Tradotto da Arianna Ghetti, Revisione di Orsetta Spinola – progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

TLC: business are business
Giovedì, 02 marzo 2006

No al TLC in Colombia
Rete Colombiana di Azione contro il Libero Commercio e l’ALCA, Recalca.
Nell’agosto del 2003, durante una riunione nel Palazzo del Nariño, il
rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Robert Zoellick, ha detto
al presidente Alvaro Uribe e ad un gruppo di imprenditori che erano i
colombiani a promuovere il TLC, e non il suo paese, e che tutti
avrebbero dovuto comprendere che “libero commercio significa: libero commercio”.
E per indorare la pillola ha aggiunto: “Siamo soci e amici”.
La Colombia intendeva negoziare un semplice accordo commerciale,
escludendo i paesi andini, ma gli USA decisero che si dovevano includere Perù ed
Ecuador… e così fu.
La Colombia riteneva che il punto di partenza per i negoziati dovesse
essere la Atpdea, la legge sulle preferenze tariffarie unilaterali, ma gli
Stati Uniti decisero che si doveva cominciare da zero. E così fu.
La Colombia si illudeva di poter negoziare la soppressione di alcuni
sussidi e aiuti offerti dagli Stati Uniti ai propri produttori agricoli, dacché
ciò rappresentava l’unica strada per competere con la produzione di tale
paese.
Gli Stati Uniti risposero che l’argomento andava discusso nell’OMC, e
non in seno al TLC andino. E così fu, la Colombia, da parte sua, concesse la
protezione agricola delle fasce andine dei prezzi senza ricevere nulla
in cambio.
La Colombia si illudeva di rappresentare, per gli Stati Uniti,
l’Israele dell’America Latina, e volle includere questo elemento fra i punti del
negoziato. Ma sbagliò: una cosa è il Dipartimento del Commercio, e una
cosa assai diversa il Dipartimento di Stato.
La Colombia sperava che offrendo incondizionatamente il proprio
sostegno agli Stati Uniti sulla guerra in Iraq e sulla lotta al terrorismo
avrebbe acquistato punti spendibili nei negoziati per il TLC. Ma così non fu, e
i negoziatori USA considerarono sempre il commercio e mai la politica.
La Colombia confidava che la buona disposizione del presidente Bush nei
confronti del presidente Uribe avrebbe comportato alcune concessioni in
materia di libero commercio. Ma essi riuscirono sempre a tenere le due
questioni ben distinte.
La Colombia credeva che il gigante avrebbe preso in considerazione
alcune correzioni riguardo alle asimmetrie di fronte a un paese debole. In
realtà gli Stati Uniti sono l’impero, e l’hanno dimostrato, infichiandosene
della natura dell’interlocutore.
La Colombia si illuse di poter apportare elementi propri al negoziato,
portando innovazioni alla tradizione nordamericana, ma alla fine
dovette confermare che, sui negoziati, gli USA hanno regole proprie, punto.
La Colombia si illudeva che con una significativa mobilitazione
imprenditoriale durante le tornate dei negoziati avrebbe potuto
esercitare pressioni o dimostrare la propria forza nei confronti della
controparte.
Distante dalla realtà. La Colombia credeva di poter negoziare senza un quadro normativo, sul
genere di quello esistente negli Stati Uniti. Se l’avesse applicato il Governo
nazionale l’avrebbe ritenuto un cambiamento sconveniente delle regole
del gioco. I negoziatori Usa, dal canto loro, utilizzano il quadro normativo
come un potente strumento negoziale teso a limitare eventuali concessioni.
La Colombia credeva che dimostrando la propria volontà di firmare
avrebbe potuto ottenere concessioni. Il gesto di “firmare ob torto collo”, come
affermato dal presidente Uribe, non venne interpretato come volontà di
sostenere l’avanzamento del processo, ma come una disposizione alla
concessione incondizionata.
La Colombia riteneva che il carisma personale del presidente Uribe avrebbe
ammorbidito la posizione dei negoziatori USA. In seguito alla visita
questi ultimi non cambiarono di una virgola la loro ferrea posizione.
L’ultima sfiancante e sconfortante tornata di negoziati del TLC, a
Washington, ha riconfermato ciò che non si sarebbe mai dovuto perdere
di vista: se la Colombia desidera realizzare maggiori vendite e
conquistarsi uno spazio nel mercato nordamericano, ha tutti i diritti per farlo,
alle stesse condizioni degli altri paesi. Senza concessione o privilegio alcuno.

Traduzione di Orsetta Spinolla per i "Traduttori per la Pace:”
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Allarme per nuovi disastri a Camisea
Giovedì 2 marzo 2006

Un recente rapporto della società di consulenza internazionale E-Tech ha rivelato che la società Transportadora de Gas de Perú (TGP), di proprietà dello stato, si è resa responsabile di “una serie di omissioni e di irregolarità tecniche” durante la costruzione del gasdotto di Camisea, ubicato nella valle di Urubamba, nella zona sud-orientale del Perù, che sono all’origine delle recenti fuoriuscite di gas naturale liquido.
Secondo la società di consulenza, sei aree del gasdotto sarebbero sul punto di “cedere”, il che provocherebbe “gravi impatti” sull’ambiente e sulle comunità native che vivono nei pressi del gasdotto.
Il rapporto attribuisce tali negligenze a “fattori economici” determinatisi durante la costruzione del gasdotto di Camisea, e al fatto che la TGP, principale amministratrice del progetto, abbia “accelerato i lavori” per riuscire a concluderli entro i termini fissati dal contratto, evitando così la sanzione economica di circa 90 milioni di dollari.
La società statale non disponeva della “manodopera adeguata” per lo svolgimento dei lavori. Secondo il rapporto, la compagnia avrebbe utilizzato “tubature avanzate” da altri progetti simili realizzati in Brasile ed Ecuador. Il documento afferma con certezza che questi materiali erano seriamente corrosi quando sono arrivati in Perù.
La denuncia è stata presentata dall’E-Tech durante la valutazione annuale sul progetto Camisea svolta dalla Banca Interamericana per lo Sviluppo (BID), che nel 2003 concesse un prestito di 75 milioni di dollari per la sua costruzione.
In base a quanto espresso in varie occasioni dai funzionari della TGP, l’organismo multilaterale di credito svolge un “ruolo fondamentale” di verifica affinché i lavori non rechino danno all’ambiente.
I gruppi ambientalisti che osteggiano Camisea accusano la BID di “negligenza” durante le operazioni di monitoraggio e di conservare i fondi per le fasi future del progetto.
Un rapporto presentato lunedì dall’organizzazione peruviana Defensoría del Pueblo attribuisce a Camisea la responsabilità nelle “gravi violazioni ” dei diritti delle comunità native, le più “prive di difese” durante le “frequenti” fuoriuscite chimiche.
Il documento aggiunge che la “vasta deforestazione” dovuta alla costruzione del gasdotto ha danneggiato le “proprietà individuali e comuni” degli abitanti della regione.
Secondo il testo, gli inadempimenti degli obblighi contrattuali da parte delle imprese che sfruttano il giacimento di gas naturale sono il risultato della “debolezza istituzionale dello stato peruviano”.
Camisea è la maggiore riserva energetica del Perù e una delle più grandi dell’America Latina, ed è stata sfruttata dall’agosto del 2004 dai consorzi argentini dalle società argentine Pluspetrol e Techint.

Fonte: El Comercio - Perú 21

Tradotto da Monica Ciurluini e revisione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

Il Dipartimento di Stato USA avverte : la Bolivia ha fatto un passo indietro nella lotta contro il traffico della droga
giovedì 2 marzo, 2006
Evo Morales e la sua posizione: « la coca non è la cocaina »

Secondo il « Rapporto sulle strategie per il controllo internazionale degli stupefacenti » pubblicato mercoledì scorso dal Dipartimento di Stato USA, nel 2005 la Bolivia ha fatto un passo indietro nella lotta contro il traffico di droga.
Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato è stato reso pubblico nella capitale Washington D.C., in ottemperanza all’obbligo legale di informare il Congresso sull’attività svolta nel corso dell’anno nella lotta contro la droga e sulla collaborazione degli altri Paesi in questa campagna.
Secondo l’organismo statunitense anche il Perù ha fatto un passo indietro nella lotta contro la droga.
Il rapporto sottolinea invece i buoni risultati ottenuti nella lotta contro il traffico di droga in Colombia. Con questo paese gli Stati Uniti stanno portando avanti una strategia militare congiunta per combattere il narcotraffico, denominata « Plan Colombia ».
Stando al giornale boliviano Los Tiempos, il rapporto del Dipartimento di Stato USA fa notare come in Bolivia l’instabilità sociale abbia « ostacolato gravemente la capacità del governo di contrastare l’incremento della coltivazione delle foglie di coca », che costituisce la materia prima della cocaina.
Per gli Stati Uniti, in Bolivia la produzione di coca nel 2005 è aumentata dell’8%, realizzando il quarto incremento annuale consecutivo.
Secondo Los Tiempos il rapporto dice anche che negli ultimi cinque anni la Bolivia ha avuto cinque diversi presidenti che « hanno deciso di risolvere il confronto con i coltivatori di coca attraverso negoziazioni e concessioni anziché applicando la legge o procedendo forzatamente alla distruzione delle coltivazioni ».
Il Dipartimento di Stato USA ha avvertito il presidente boliviano Evo Morales che la lotta contro il traffico di droga è « decisiva » per i buoni rapporti tra la Bolivia e gli Stati Uniti.
Il governo boliviano ha valutato le osservazioni sulla Bolivia contenute nel rapporto ma non ha ancora espresso una posizione ufficiale sulla questione.
Secondo il giornale Boliviano La Razón, nel dicembre scorso, subito dopo essere stato eletto presidente della Bolivia, Evo Morales affermò che « la coca non è la cocaina, i coltivatori di coca non sono narcotrafficanti e chi utilizza la coca non è un tossicodipendente. Questo deve essere chiaro ».
Morales annunciò che la produzione di coca sarebbe stata distribuita dove è maggiore la richiesta per gli usi legali e sani. Il presidente boliviano avvisò che non permetterà agli Stati Uniti di installare basi militari sul territorio della Bolivia con il pretesto della lotta al traffico di droga.

Traduzione di Marina Callegari per i Traduttori per laPace (rev. Gianni Tarquini di Terre Madri)
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Un gruppo di deputati argentini denuncia REPSOL YPF per frode
contabile
2 marzo 2006-03-03

Tre deputati argentini del partito di opposizione Afirmación para
una República Igualitaria (ARI) hanno chiesto alla Comisión Nacional
de Valores del governo di svolgere un'indagine sulla compagnia
petrolifera spagnola-argentina Repsol YPF per una presunte frode nei
confronti dei suoi azionisti.
Elisa Carrió, Eduardo Macaluse e Fabian Ríos hanno presentato alla
Commissione un documento in cui dettagliano le loro accuse all'impresa
petrolifera. Inoltre hanno annunciato di voler presentare una
denuncia penale nei confronti di Rapsol YPF per il presunto reato di
contrabbando di idrocarburi.
I rappresentanti della compagnia, nel gennaio scorso, avevano
annunciato una diminuzione del 25% nelle riserve certe di
idrocarburi. In Argentina la diminuzione è del 42% e in Bolivia di
53 punti di percentuale.
I deputati argentini hanno consegnato il documento alla Comisión
Nacional de Valores il 22 febbraio. In esso accusano Repsol YPF di
fornire ai propri azionisti informazioni "false", che nasconderebbero la
diminuzione nelle sue riserve certe di idrocarburi.
Secondo il giornale argentino La Nación, i legislatori di Afirmación
para una Repubblica Igualitaria spiegano, nel documento consegnato
alla Comisión Nacional de Valores, che "l'informazione fornita da
Repsol è falsa e ingannevole, dato che la società stava esagerando
le sue riserve certe".
La società avrebbe presentato sul mercato dati sbagliati allo scopo
di incrementare "artificialmente" i valori delle proprie azioni, che
sono quotate in borsa a Buenos Aires, capitale dell'Argentina,
Madrid, capitale della Spagna, e New York, città del nordest degli
Stati Uniti.
I deputati argentini aggiungono che in Bolivia Repsol YPF ha
contabilizzato come riserve di idrocarburi certe anche quelle che
sono solo probabili.
La Nación aggiunge che il documento presentato dai deputati
argentini dice che le riserve "sono una misurazione fondamentale per
gli azionisti di una compagnia petrolifera che cercano di calcolarne
le prospettive di crescita".
"Bisogna segnalare che in queste denunce si aggiunge che nel periodo
dal 28 luglio 2005 al 27 gennaio 2006 Repsol YPF produsse parecchio
materiale falso e rilasciò dichiarazioni ingannevoli…", aggiungono i
legislatori.
Carrió, Macaluse e Ríos spiegano anche che "i contratti di Repsol
con clienti esistenti probabilmente non si rinnoveranno per le
complicazioni nell'estrazione del gas in alcuni giacimenti in
Argentina".
La Dogana Nazionale della Bolivia, a metà marzo, ha accusato la filiale
boliviana di Repsol YPF di aver estratto illegalmente 230.400 barili
di petrolio di 169 litri tra giugno del 2004 e luglio del 2005,
equivalenti alla somma di nove milioni di dollari.

Tradotto da: Maria Cristina Bitti – Traduttori per la pace (revisione Gianni Tarquini, Terre Madri)
Progetto Terre Madri – Traduttori Per la Pace – Radiomundoreal
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Ricerca condotta dall'Istituto brasiliano dell'ambiente
Mercoledì 1 Marzo 2006

Una ricerca condotta dall'Istituto brasiliano dell'ambiente e delle risorse rinnovabili (IBAMA) nel Parco Iguazu, un'area naturale protetta, nella parte ovest dello Stato del Parana, ha confermato che la soia geneticamente modificata piantata intorno al parco è responsabile dell'inquinamento genetico di molte specie vegetali nell'area.
Piantare soia geneticamente modificata intorno al parco è proibito dalla legge. L’IBAMA, il Ministero dell'agricoltura e la polizia forestale sono stati costretti a intervenire dopo che la ONG brasiliana Terra de Direitos ha presentato molte denunce.
L'operazione chiamata "Parco Libero" e condotta dall'ufficio locale dell'IBAMA in Parana nell'ultima settimana di febbraio, ha rilevato alcune violazioni alla normativa vigente e inquinamento da organismi geneticamente modificati.

Tradotto da Marina Callegari- progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Organismo messicano direttamente collegato al Governo crede che l’acqua sia un bene economico
Mercoledì 1 marzo 2006

Secondo Gastón Luken l’acqua non è di tutti e non è importante sapere se è un bene sociale o economico.
Il presidente del Consiglio Consultivo sull’Acqua del Messico, Gastón Luken, ha dichiarato che l’acqua non è un bene comune, quanto piuttosto un bene economico e che non importa chi lo amministri, purché lo faccia bene.
Il Consiglio Consultivo sull’Acqua è un organismo formato da oltre 20 consiglieri che, da quanto risulta dalla pagina web, lavorano per “promuovere ed appoggiare lo scambio strategico necessario per ottenere un uso razionale e una gestione sostenibile dell’acqua in Messico”. I consiglieri che compongono il Consiglio sono nominati dal Governo messicano.
L’organismo è stato costituito come associazione civile nel marzo del 2000, su invito della presidenza del Messico, guidata fino a novembre di quest’anno da Ernesto Zedillo, e della Commissione Nazionale sull’Acqua, istituzione governativa incaricata di amministrare e preservare le risorse idriche del Paese.
Il Consiglio Consultivo sull’Acqua è uno degli organizzatori del IV Forum Mondiale sull’Acqua, che si terrà dal 16 al 22 marzo a Città del Messico, la capitale del paese.
Diverse organizzazioni sociali messicane hanno avvertito che il Forum è solo un incontro in cui le autorità del Paese continueranno a lavorare per privatizzare l’acqua.
Secondo il quotidiano messicano La Jornada, Gastón Luken ha dichiarato che “ciò che è di tutti non è di nessuno” e ha aggiunto “non importa chi amministra l’acqua, quanto piuttosto che il suo utilizzo sia efficiente”.
Il presidente del Consiglio Consultivo sull’Acqua crede che la discussione sul fatto che l’acqua sia un bene economico o sociale, o tutte e due insieme, è una “questione inutile”. “L’acqua costa perché non è un bene comune, è un bene economico”, ha aggiunto Luken.
La Jornada informa inoltre che Luken, che in passato ha lavorato nell’ambito imprenditoriale dedicato al settore dei servizi di acqua potabile e bonifica, ha dichiarato che il Consiglio Consultivo non cerca la privatizzazione di questa risorsa.
Tuttavia, Luken non crede sia importante che i servizi legati all’acqua siano gestiti da enti pubblici o privati.
Luken ha sostenuto: “non vedo l’acqua come un imprenditore. Stiamo molto attenti, e soprattutto voi media, a non farla diventare una controversia. Non ci dobbiamo perdere nella definizione di chi la gestisca: se il settore privato o il governo; o dire un concetto incantevole come: la gestisce la società”.
“Ciò che è di tutti non è di nessuno, ed esistono molti esempi in questo Paese. Queste sono catene che ci stanno impedendo di avere un Paese moderno”, ha aggiunto.
Secondo La Jornada, il direttore esecutivo del Consiglio Consultivo sull’Acqua, Eduardo Vázquez, ha dichiarato che questa risorsa è “sia un bene sociale che un diritto umano”, ma che sono necessari molti investimenti per farla arrivare alla popolazione.
Vázquez ha inoltre aggiunto che in Messico “12 milioni di persone non hanno acqua potabile e 24 milioni non hanno fognature”.


Tradotto da Cecilia Silveri e revisione di Sonia Chialastri - progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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Documenti e dichiarazioni: Dichiarazione della Prima Assemblea Nazionale in Difesa della Terra e dell’Acqua e Contro la sua Privatizzazione
Mercoledì 1 Marzo 2006

“L’acqua non si vende, si difende” recita uno degli slogan dei movimenti sociali latinoamericani. L’Assemblea Nazionale in Difesa della Terra e dell’Acqua e Contro la sua Privatizzazione, composta da circa 100 tra organizzazioni, movimenti e reti messicane, ha divulgato una dichiarazione nella quale espone diverse considerazioni sul proprio operato, assieme ad alcune denunce, e presenta il suo piano di azione in vista del IV Forum Mondiale dell’Acqua, che si svolgerà dal 16 al 22 marzo a Città del Messico, capitale di questo paese.
Nel documento, pubblicato alla fine di gennaio, l’Assemblea Nazionale in Difesa della Terra e
dell’Acqua e Contro la sua Privatizzazione formalizza la propria nascita.
Scarica il documento in formato PDF.


Tradotto da Arianna Ghetti Revisione Orsetta Spinola – progetto Terre Madri –
Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

La Colombia e gli Stati Uniti chiudono i negoziati concordando il Trattato di Libero Commercio
Mercoledì 1 Marzo 2006

Lo scorso lunedì si è finalmente chiuso, dopo 21 mesi di trattative, il processo per l’istituzione di un Trattato di Libero Commercio (TLC) tra Colombia e Stati Uniti. I fautori colombiani di tale accordo (il presidente Álvaro Uribe in primo luogo, seguito dal Ministro per il Commercio Estero Jorge Humberto Botero) vogliono che entri in vigore a partire dal 1 Gennaio 2007 e, a tal fine, dovrà ricevere la previa ratifica da parte del Congresso.
Secondo quanto dichiarato dal Ministro dell’Agricoltura Andrés Felipe Arias “questa è una data storica per la Colombia e in modo particolare per il settore agricolo”
I sindacati dei produttori avicoli e cerealicoli hanno già manifestato il loro scontento rispetto ai termini dell’accordo agricolo raggiunto. Lo scorso lunedì il presidente Uribe ha annunciato, dall’emittente televisiva nazionale, l’adozione di misure governative di sostegno ai settori che subiranno gli effetti peggiori della concorrenza dei prodotti agricoli provenienti dagli Stati Uniti.
Riguardo al settore cerealicolo, sono significative le concessioni elargite dalla Colombia alle imprese statunitensi produttrici di mais, riso, grano e soia, giacché 5 miliardi di tonnellate di questi cereali verranno importate nel paese in cambio di un incremento delle derrate di zucchero e tabacco che verranno immesse sul mercato statunitense libere da imposte doganali.
Riguardo il settore industriale, invece, il 99,9% dei prodotti colombiani verrà immesso sul mercato statunitense senza essere soggetto a imposte doganali.
Il sito web colombiano Portafolio.com (che ha un’opinione favorevole all’accordo commerciale raggiunto con gli Stati Uniti) ha enumerato le esigenze manifestate dall’équipe dei diplomatici colombiani nel corso dell’ultima tornata dei negoziati e la risposta da parte degli Stati Uniti.
Rispetto al mais, è stato concordato l’ingresso sul mercato colombiano di 2 milioni di tonnellate di derrate non soggette a imposte doganali: l’offerta dei negoziatori colombiani è stata di 500 mila tonnellate e un’ assicurazione sull’acquisto della produzione nazionale. Nulla di tutto questo è stato contemplato. Anche il Perù da parte sua, ha concesso agli Stati Uniti l’ingresso sul mercato di 500 mila tonnellate di prodotti cerealicoli liberi da imposte doganali.
Rispetto alla produzione avicola, è stata concessa agli Stati Uniti una quota di 26 mila tonnellate di cosce di pollo. I negoziatori colombiani ne offrivano invece solo 7 mila.
Riguardo lo zucchero, la Colombia richiedeva l’ingresso sul mercato statunitense di circa 500 mila tonnellate di derrate ma è riuscita ha concordare una cifra a mala pena pari a 50 mila tonnellate.
Infine, rispetto al settore del riso, i negoziatori colombiani proponevano una cifra massima di 30 mila tonnellate ma alla fine, è stato concesso agli Stati Uniti l’ingresso di 89 mila tonnellate di cereali totalmente liberi da imposte doganali.
Nonostante questo panorama di concessioni dietro concessioni, il presidente Uribe ha affermato che riguardo al TLC non è possibile parlare in Colombia di “vincitori e vinti”, ma piuttosto di “chi guadagna di più e chi di meno” e che prima o poi “guadagneranno tutti”.
La Centrale Unitaria dei Lavoratori colombiani ha già annunciato, per mercoledì, una manifestazione nazionale contro il TLC che mobiliterà tutti i settori sociali che rifiutano l’accordo.
Il fronte sociale contro il TLC è appoggiato dalle centrali sindacali, dai movimenti studenteschi, dalle associazioni contadine e dei piccoli produttori agricoli, da ambientalisti e indigeni.
Tra le reazioni nel mondo della politica, il sindaco di Bogotà –capitale del paese-, Luis Eduardo Garzón, ha affermato che il TLC dovrebbe essere sottoposto alla decisione dei cittadini mediante un meccanismo di consulta popolare, oltre che alla ratificazione del Congresso.
D’altra parte, Horacio Serpa, precandidato alla presidenza e avversario di Uribe nelle prossime elezzioni, ha sottolineato di opporsi “con tutta l’anima” al TLC con gli Stati Uniti.

Traduzione di Ilaria Maccaroni, Rossana Amico (rev. Daniela Cabrera) per i Traduttori per la Pace:”
Progetto Terre Madri - Traduttori Per la Pace - Radiomundoreal
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