L’alleanza progressista parte favorita nella corsa elettorale che culminerà a fine 2004. Dopo i disastri causati dalla politica economica di stampo liberista orchestrata dal FMI e diligentemente applicata dai partiti politici tradizionali, Blancos e Colorados, il cambio di rotta sembra possibile.
Uruguay. L’anno della svolta?
Di Gianni Tarquini
Il referendum per il diritto all'acqua
La sera di giovedì 3 giugno 2004 l'Ufficio Nazionale Elettorale ha annunciato il raggiungimento delle 247.141 firme valide necessarie per lo svolgimento del referendum sulla riforma degli articoli 47, 188 e lettera Z della Costituzione. Il plebiscito, promosso dalla Commissione Pro Difesa dell'Acqua, vuole rendere l'accesso all'acqua diritto fondamentale garantito e impedire, così, la privatizzazione di questo servizio pubblico.
E' un'altra vittoria del fronte progressista e dei movimenti (tra i partecipanti ricordiamo i sindacati di OSE, ente pubblico per la gestione delle risorse idriche, e di Ancap, ente nazionale per i combustibili, la confederazione sindacale nazionale Pit-Cnt, la Fucvam - Federazione unitaria delle cooperative di abitazioni per l'aiuto mutualistico-, la Feuu - Federazione degli studenti universitari-, Redes Amigos de la Tierra) che da un anno portavano avanti questa campagna di raccolta delle firme che, per raggiungere il suo scopo, prevedeva la copertura di ben il 10% dei cittadini iscritti al Registro civico nazionale. Il primo risultato è stato raggiunto e si aggiunge al freno imposto alla privatizzazione dell'acqua nella provincia di Maldonado, durante l'ultimo anno, e alle storiche vittorie in altri due referendum: nel 1992 contro la privatizzazione dei servizi pubblici e il 7 dicembre del 2003, con il 62,2%, contro la legge Ancap che il governo in carica aveva voluto per privatizzare il settore petrolifero d'importazione, raffinazione di crudo ed esportazione.
L'esito favorevole del voto nel prossimo plebiscito bloccherebbe definitamene i tentativi di concessione a gestori privati e stranieri dell'acqua di uso pubblico, già in parte intrapresi dall'attuale governo dell'Uruguay il quale, con una Carta d'intenti firmata nel giugno 2002 con il Fondo monetario Internazionale, introdusse l'acqua come garanzia per il pagamento dei debiti contratti e, nel marzo 2003, presentò un progetto di Legge per la "Regolamentazione dei servizi di acqua potabile e delle bonifiche" per favorirne la cessione della gestione a imprese private. Questo progetto di legge non prevede l'obbligo, per i privati, della distribuzione e della connessione alle tubature dove non lo ritenga possibile (ovvero conveniente), mentre prevede l'obbligo, per le persone raggiunte dal servizio, alla connessione e la perseguibilità giudiziaria contro chi non dovesse pagare quanto stabilito dal prestatore del servizio. Con una legge di questo tipo l'impresa deciderebbe l'accesso o meno all'acqua per intere zone, potrebbe fissare le tariffe e imporre l'acquisizione del servizio.
31 ottobre, l'appuntamento con la svolta
Dopo la formalizzazione della Corte elettorale si attende la primavera dell'emisfero sud del mondo quando, esattamente il 31 ottobre, si svolgerà il referendum costituzionale insieme alle importanti elezioni parlamentari e al primo turno delle presidenziali già fissate. Sembra essere l'appuntamento, magari rinviato di qualche settimana, al ballottaggio per la scelta del nuovo Presidente della nazione, con una svolta, decisiva per il piccolo Uruguay, ma importante anche per gli assetti geopolitici di tutto il continente sud dell'America.
Oltre alla concreta possibilità di vedere riconosciuto come diritto umano l'accesso all'acqua per tutti i cittadini, in contrasto con i tentativi di considerare questa fonte di vita come bene economico mercantile, sostenuti dalla Banca Mondiale, dal World Water Forum e dalle multinazionali del settore (vedi www.contrattoacqua.it e dossier acqua di Selvas), la gran maggioranza della stampa e degli analisti politici, i sondaggi e la gente nei caffè da' quasi per certa la vittoria di Tabaré Vàzquez, ex sindaco di Montevideo e candidato a Presidente della Repubblica per "Encuentro Progresista - Frente Amplio - Nueva Mayorìa". Vàzquez è favorito dalla larga alleanza di tutte le forze progressiste, dalla buona amministrazione della capitale, sua e del suo successore, e dai fallimenti delle politiche applicate dai Governi precedenti che, negli ultimi 5 anni, hanno portato ad una caduta a picco dei livelli economici che facevano del paese uno dei più sviluppati di tutto il sud America.
I fallimenti della politica neoliberista
I dati forniti dal "Banco Central de Uruguay" (www.bcu.gub.uy), e tutti gli indici da sempre utilizzati dai sostenitori del libero mercato, evidenziano con chiarezza come la liberalizzazione economica degli anni '90 abbia portato la Repubblica Orientale sull'orlo del collasso economico, trascinata dalla crisi dell'Argentina, dal debito pubblico lasciato lievitare per frenare l'inflazione e dallo sforzo fatto per attrarre capitali esteri, senza remore per quelli speculativi e senza freni per la svendita di aziende e beni locali. Il PIL nazionale è calato di quasi il 20% dal 1998 al 2002, con lieve recupero nel 2003; la capacità produttiva crollata del 20% con tendenza negativa anche nel 2003 e picchi del 40% riguardanti l'industria e il commercio, gli investimenti dimezzati, le esportazioni scese fino a un 33% nel 2002, la disoccupazione salita al 17%, i salari reali con una perdita del 25%; il debito pubblico passato dal 40,8% del PIL nel 1999 al 112,12 nel 2003 con conseguenza che i suoi interessi sono passati dal 7,96% del presupposto statale annuale del 1998 al 22,43% del 2003 (quasi un quarto di quanto lo Stato ha a disposizione).
E l'inettitudine dei Governi
Una serie di fallimenti che non lasciano spazi per una difesa di circostanza e che hanno convinto molte persone della necessità del cambiamento. Persone colpite direttamente dall'illusione di un facile arricchimento e deluse dai tradizionali partiti politici, Blancos e Colorados, che hanno dominato la scena politica degli ultimi decenni senza essere capaci di proporre nemmeno la difesa degli interessi nazionali di maggior rilievo.
Questa inettitudine si è evidenziata con l'incapacità di cogliere le novità emerse con coraggio nei vicini Brasile e, soprattutto, Argentina dove la gente ha scelto governi nuovi proprio per segnare uno scarto dai disastrosi del passato. Con il Presidente in carica Battle che, come se nulla fosse accaduto, ha sostenuto pubblicamente il ritorno di Menem in Argentina nel 2003, appoggia l'idea statunitense dell'ALCA e cincischia sul rilancio del Mercosur come bastione per arginare la forza acquisita e aggressiva delle multinazionali. Oltre alle conseguenze economiche l'Uruguay sta così pagando anche un eccessivo allineamento agli USA, da cui deriva una minor capacità strategica geopolitica con i paesi confinanti, dell'area o storicamente "vicini".
L'appoggio alle politiche dell'amministrazione nordamericana va oltre le questioni mondiali e riguarda, ancora una volta, interessi strategici nazionali, come dimostra la denuncia di alcuni ex militari e del quotidiano "La Repùblica" ( "La Repùblica" di Montevideo del 16/06/2003) sulla mancata consegna ad ANCAP (ente nazionale per i combustibili) e Dinamage (Direzione nazionale di mineralogia e geologia) dei risultati relativi agli esami sui giacimenti acquiferi e sui campioni geologici eseguiti, su tutto il territorio dell'Uruguay e senza limitazioni, all'inizio degli anni '90 da militari statunitensi, dopo richiesta dell'Ambasciatore USA e con un'autorizzazione concessa con voto di Blancos e Colorados (il Presidente in carica era il blanco Luis Alberto Lacalle) (sull'importanza delle riserve acquifere sudamericane e l'interesse degli USA vedi "Disputa per l'oro azzurro" della Prof.Elsa M. Bruzzone su Selvas 26/02/2004).
Un sondaggio svoltosi da poche settimane e relativo al sostegno che hanno dalla popolazione i Presidenti in carica del sudamerica vede Jorge Battle al penultimo posto con un appoggio da parte di un misero 7% degli uruguayani (davanti solo a Toledo, Presidente del Perù, con il 6%), mentre Kirchner e Lula, nonostante le difficoltà del peso ereditato, veleggiano tranquilli in sintonia con gran parte del paese che governano.
Tutto sembra muovere verso un governo progressista. Facendo attenzione alle trappole che verranno tese, ai riciclaggi già in atto, alle sirene che intoneranno i loro canti per una spartizione del potere e per far sì che "tutto cambia perché nulla cambi", puntiamo sulla lucidità degli uruguayani che potrebbe porre un argine necessario per frenare la voracità degli interessi economico-finanziari globalizzatori, per ridare fiducia alla popolazione e frenare il flusso migratorio che, dopo secoli di accoglienza, vede una fuga dall'Uruguay, per dare un po' più di solidità a un'alleanza dei paesi del sudamerica che vogliono difendere gli interessi nazionali e della gente dalle pretese ingorde dei più ricchi del pianeta.